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Autore: aris_no_nami    05/12/2013    0 recensioni
Un viaggio.
Lei è alla ricerca di quella cosa che manca alla sua vita per essere perfetta. Quella piccola cosa che neppure lei sa cos'è. Si sente incompleta... Come se le mancasse un pezzo di cuore... Un pezzo di felicità...
Con un viaggio, un lungo viaggio, troverà questa piccola cosa?
Troverà la felcità che le manca?
Riuscirà a sentirsi finalmente completa?
Un lungo viaggio che la farà crescere e le farà conoscere tante persone che l'aiuteranno a trovarla. A trovare lei.
La Felicità.
Crossover con tanti artisti coreani ;*
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fui svegliata da un forte battito costante. Aprii un occhio e vidi la porta d’entrata tremare. Mi alzai subito in piedi pronta per un terremoto ma invece notai che qualcuno dall’altra parte la stava sbattendo. Lentamente, e meno allarmata di quanto ero appena svegliata, mi avvicinai ad essa e la aprii. Davanti a me si presentò un ragazzo con i capelli ramati e mossi con un’espressione tra lo sconvolto e il divertito. Addosso aveva solamente un paio di boxer, fortunatamente lunghi, e una canotta.
-Si?
Chiesi strofinandomi gli occhi.
-Mi dispiace disturbarla ma… ecco… è ridicola come cosa… ma mi servirebbe il bagno…
Disse in un inglese un po’ impacciato, strofinandosi le mani.
Io lo osservai attentamente… Aveva quell’aria un po’ disorientata e preoccupata mescolata ad un’espressione divertita che lo facevano sembrare un po’ fatto… e i capelli riccioluti gli conferivano un’aspetto da barboncino infreddolito. Probabilmente doveva avere sui sedici anni…
-E mi spieghi perché dovrei farti entrare senza conoscerti e senza sapere il motivo della tua richiesta?
Gli chiesi con sguardo indagatore.
Il Cucciolo si strinse nelle spalle e abbassò la testa per poi alzarla di scatto ed avere un’espressione ancora più convinta di prima.
-Perché dei ragazzi spietati mi hanno chiuso fuori dalla nostra stanza e ho dormito per metà notte per terra al freddo ed ora me la sto facendo addosso e se non vuole che il corridoio si riempa di color giallo dovrebbe aprirmi la porta e lasciarmi andare in bagno…- si guardò i piedi pr poi tornarmi a guardarmi –Inoltre perché è l’unica persona di questo piano… e perché se andassi giù potrebbero riconosciermi… e perché ho la netta sensazione che lei non sappia chi io sia…- mi appoggiò le mani sulle spalle e annuendo disse –E mettiamo pure che sono troppo cuccioloso per dirmi di no!
Detto ciò si fiondò dentro la mia stanza e si chiuse in bagno. Io rimasi allibita con la porta aperta. era successo tutto così velocemente che non avevo neppure avuto il tempo di bloccarlo. Eppure quel ragazzino… mi ricordava tanto qualcuno…
Chiusi la porta e mi misi davanti al bagno con le braccia incrociate. Quando riaprì la porta mi guardò con un sorrisetto nervoso.
-Adesso dammi un’ottima ragione per cui io non debba denunciarti o portarti dalla polizia.
Dissi seria.
-Be… perché non ci sarebbe niente da denunciare eperchè… se lo facesse…-disse abbassando la voce e guardandosi intorno -…sarebbero cazzi amari… ma tanto amari che non puoi neppure immaginare…
-Ya! Perché non mi parli più formalmente! Mocciosetto che non sei altro!
Sbottai in un perfetto coreano.
Era una cosa che mi succedeva spesso. Quando mi giravano i due minuti parlavo in coreano, pur non essendo la mia lingua madre.
Il ragazzino mi guardò con gli occhi spalancati e si drizzò facendo qualche passo indietro.
-Come hai detto?
Oddio! Fui pervasa da un flashback tremendo che mi oscurò la vista. Quello… ERA IL RAGAZZINO CHE MI AVEVA URTATA QUANDO ERO ARRIVATA NELL’HOTEL! E mi aveva beccata… di sicuro si sarebbe messo a chiedermi come facevo a sapere il coreano… mi avrebbe accusata di aver origliato le conversazioni sue e dei suoi amici… mi avrebbe portata in tribunale e…
-Mocciosetto a chi? Tappa!
Sbottò, anche lui in coreano.
Ok tutto… MA TAPPA NO!
-Ya! Non chiamarmi tappa! Poco ma sicuro hai quindici o quattordici anni!
Urlai, fregandomene altamente di tutte le pare mentali che mi ero fatta fin poco prima.
-Come?! Quindici? Quattordici? Ma tu sai a chi stai parlando?! E comunque, per l’appunto, ho diciotto anni!
Urlò a sua volta avvicinandosi.
-Cosa vuoi sentirti dire?! Bravo?! Ebbene! Bravo! Io ne ho quasi venti! E, sentiamo un po’, chi saresti?!
Lui stava per rispondermi ma poi sembrò ricordarsi improvvisamente di una cosa e aprì la bocca non emettendo alcun suono.
-Allora?!
Lo incitai.
Il ragazzino sembrò indiavolarsi ancora di più e poi brorbottare qualcosa di incomprensibile.
-Come?
-Ho detto che sono una persona di sicuro più incisiva nella società in confronto ad una ragazza come te!
Sbottò.
-Ah be! Grazie mille! Se non lo sapessi questo si chiama narcisismo!
Urlai al tipo che si avviò verso la porta.
Prima di uscire mi ringraziò in una specie di ricnghio e si chiuse la porta alle spalle.
-Che razza di…
Cercai di non badarci più di tanto e mi feci una doccia per svegliarmi. Mi vestii velocemente e presi la mia maccchina fotografica migliore. Misi i miei inseparabili tacchi allucinanti e mi preparai psicologicamente per un’altra giornata in quell’inferno. Ero in piena concentrazione mentale quando cominciarono abussare pesantemente alla porta. Sbuffando andai verso di essa e la aprii, ritrovandomi davanti due tipi biondi, uno coi capelli legati e l’altro con icapelli corti. Entrambi avevano un’aria molto familiare… Be, forse si è capito che ho una pessima memoria…
-Buongiorno. Ci scusi il disturbo ma ci sarebbe una certa persona che dovrebbe fare una certa cosa.
Disse in un iglese da ripetizioni micidiali quello con i capelli corti, guardando dietro la schiena dell’altro che mi fissava molto intesamente.
Improvvisamente mi ricordai dove li avevo già visti… Quello che aveva parlato era uno degli amici del Pisciatore Ambulante, mentre l’altro era il ragazzo al quale avevo chiesto informazioni.
-Già. E questa certa persona deve assolutamente venire fuori. – disse il ragazzo Delle Informazioni in inglese per poi aggiungere in coreno –Jong, se non vieni fuori giuro che ti faccio diventare una femmina in due secondi netti!
Da dietro la sua schiena si sentì un suono strozzato e da essa venne fuori il Pisciatore Ambulante con un’espressione alquanto affranta.
-Excuse me…
Mugugnò.
-Come? Non ho sentito.
Che stronza che ero!
Jong, o come cavolo si chiamava, alzò di poco la testa e potei notare che stava cercando di trattenere le risate, che però presero il sopravvento su di lui ed esplose come una bomba atomica, sotto lo sguardo divertito di Capelli Corti e quello sconsolato di Capelli Lunghi.
-Ma voi siete pazzi…
Dissi più che altro a me stessa chiudendomi la porta alle spalle e avviandomi verso l’ascensore.
-Ya! Aspetta un attimino!
Mi disse quello, bloccandomi per il polso e facendomi girare verso di lui.
-Senti… mi dispiace veramente per prima è che…- si guardò attorno e abbassò la voce -… era una scommessa… una scommessa particolarmente stupida…
Quando ebbe finito si mise a ridere come un’idiota, il che fece sorridere pure me…
-Ah! Ti ho vista!
Disse d’un tratto serio.
-Si! l’ho vista anche io!
Urlò quello con i capelli corti in coreano.
-Dongho! Stai zitto!
Gli urlò dietro lui, sempre in coreano, per poi rivolgersi nuovamente a me in inglese.
-Hai sorriso.
Io mi liberai dalla sua presa e continuai a camminare. Poco più avanti mi fermai e mi girai per salutarli con la manina.
-Comunque loro sono Dongho e Minki! Tu?
Mi urlò Jong.
-Felicity.
Risposi semplicemente. Stavo per entrare nell’ascensore quando urlò nuovamente.
-Io sono Jonghyun!
All’udire quel nome mi immobilizzai immediatamente. Lentamente mi girai verso i tre ma quando feci per tornare verso di loro se n’erano già andati. Velocemente entrai nell’ascensore con un atroce dubbio che mi martellava la testa…
 
-Il nome Jonghyun è molto diffuso in Corea?
Chiesi tutto d’un fiato a Philippe che si mise a ridere.
-Si direi di si. Comunque per oggi…
La sua voce fu sovrastata da vari urli. Mi allontanai il cellulare dall’orecchio per evitare che mi trapanasse i timpani.
-Come?!
-Ho detto che per oggi…
Di nuovo non riuscii a capire quel che cercò di dirmi.
-Cavolo Phill! Non sento niente!
-HO DETTO CHE PER OGGI DEVI VENIR…
La linea cadde miseramente lasciandomi imbambolata.
E che cazzo!
Cercai più e più volte di richiamarlo ma nulla. Non rispondeva. Così cercai di decifrare quel che stava cercando di dirmi. La mia mente bacata, dopo vari esperimenti di frasi assurde, ne partorì una abbastanza realistica: HO DETTO CHE PER OGGI DEVI VENIRE… DA SOLA?
Certa di quella versione mi avviai verso il bar in cui ci eravamo trovati.
Dopo una buona mezz’ora mi ero completamente persa. Non so come mi ritrovai in una zona completamente vuota e anche malconcia. Ad un tratto sentii vari rumori strani alle mie spalle. D’istinto mi girai e vidi poco più indietro dei tipi che mi guardavano con uno sguardo tutt’altro che casto. Cercando di mantenere la calma mi misi a camminare più velocemente. Dietro di me li sentivo sempre più vicini. Senza pensarci un attimo in più mi misi a correre. Quanto odiai in quel momento quei tacchi!
Senza accorgermi del come mi ritrovai a terra con la caviglia dolorante. Alzai lo sguardo e i tipi mi erano davanti che mi guardavano sogghignando. Si stavano avvicinando sempre di più… mi erano vicinissimi quando…
-Hey! Cazzo state facendo?
Chiese una voce dietro di loro.
Io cercai di sporgermi per vedere chi aveva parlato ma i tipi erano troppo e mi coprivano completamente la visuale.
-Oh… ecco che arriva il nostro Casanova… Vuoi divertirti anche te?
Chiese uno di loro.
-Mh… dipende dalla merce… e se lei vuole.
Disse senza alcuna alterazione nella voce.
-Prego…
Disse sempre il solito facendolo passare.
Davanti a me si presentò un ragazzo dagli a mandorla di una bellezza da mozzarti il fiato… Aveva una specie di giacca di pelliccia nera piena di gingilli sopra una candida camicia bianca ed un paio di pantaloni neri.
Il ragazzo mi si accucciò davanti con un sorriso strano.
-Buona merce…
Disse tra se e se.
Tutti gli altri si misero a ridere e a darsi gomitate amichevoli.
-E’ si sa! Il grande Jaehyo ha gusti raffinati!
Il ragazza davanti a me, Jaehyo, mi fece l’occiolino per poi sussurrarmi.
-Ora non metterti ad urlare e cerca di segurmi in ciò che farò…
Detto ciò mi aiutò ad alzarmi da terra e mi ginse la vita con un braccio. Io sentivo il cuore che andava a mille. Avevo una paura folle seguita da una curiosità pazzesca. Poi, lentamente, avvicinò il suo viso al mio e appoggiò le sue labbra alle mie. La sua delicatezza era qualcosa di unico e mai sentito prima… Si staccò leggermente e disse un semplice “ora”. Dopo di che sentii solo vari rumori per poi vedere metà dei strani tipi a terra. Lui si spostò il giusto per farmi vedere la scena, sempre tenendomi stretta: c’erano tre ragazzi, tra i quali uno con i capelli rossi, tutti con strane giacche nere che mi rivolgevano dei sorrisi un po’… inquietanti…
Io guardai Jaehyo con uno sguardo assolutamente sconvolto.
-Ti abbiamo appena salvata. Non chiedere nulla e annuisci e basta.
Io feci come mi disse ed annuii.
-Sorry baby, ma la ragazza è proprioetà dei sottoscritti!
Esclamò quello con i capelli rossi.
-Ah… quindi i Black Dragon si sono accalappiati la novellina… Mi dispiace ma non ci sta bene.
Disse uno di quelli che erano rimasti in piedi per grazzia di quei tre.
Jaehyo mi appoggiò delicamtamente a terra per poi avvicinarsi al tipo.
-Ah no?! Non vi va bene?!
Chiese con quel solito sorriso da gentil’uomo
Il tipo gli si avviccinò fin sotto il muso.
-No. Per niente. L’abbiamo vista prima noi, quindi non se ne fa nulla.
Jaehyo rivolse uno sguardo divertito verso i tre che ridacchiarono tra loro.
-Cazzi amari…
Cantilenò sempre quello coi capelli rossi.
-Bravo Ukwon. Cazzi amari.
Detto ciò il tipo finì a terra col viso devastato in due secondi netti.
-C’è qualcun altro che è contrario?
Chiese sorridendo, come se steszse chiedendo chi voleva un’altra fetta di torta.
Tutti quanti annuirono allontanandosi velocemente. Jaehyo tornò verso di me seguito dagli altri.
-Come ti chiami?
Mi chiese quello che avevo capito chiamarsi Ukwon, aiutandomi ad alzarmi.
-Felicity…
Risposi con voce tremante.
-Felicity… nome bellissimo.
Disse Jaehyo.
-Già! Fighissimo! Di sicuro è meglio del mio! P.O! Dai! Sembra il nome di un pulcino!
Urlò uno accanto a me coi capelli castani.
-Ma perché tu sei un pulcino! Pio pio!
Lo prese ingiro Ukwon provocando un’occhiataccia assassina da P.O.
-Ragazzi basta. Portiamola da noi.
S’intromise Jaehyo, che sembrava essere il capo.
-Come?!
Dicemmo all’unisolo io e il rosso.
-Si è fatta male, razza di idiota!
Lo rimproverò quello con i capelli neri che non aveva ancora aperto bocca.
Ukwon si agitò tanto che per poco non caddi a terra.
-Ok… vista la situazione e la scarsda stabilità del nostro caro diavoletto ti tengo io che è meglio.
Disse il leadere facendomi mettere il braccio intorno al suo collo e cingendomi la vita.
Camminammo per un po’ in silenzio… ma avevo così tante domande per la testa che mi stava per esplodere…
-Chi erano quelli?
Chiesi d’impulso.
-Dei tipi che si divertono a disturbare ragazze e che si credono dei delinquenti solo perché sono tanti e grossi.
Spiegò con tono sprezzante Jaehyo.
-Delle merdine saltellanti!
Disse Ukwon saltellando.
-Bomb, ti prego, bloccalo.
Disse il capo con un’espressione tra lo sconvolto e lo stanco.
Subito quello con i capelli neri bloccò con le braccia il grillo slaterino che si divincolò come una biscia, causando le risate di P.O.
-E voi? Chi siete?
Chiesi.
Tutti e quattro si femrarono lanciandosi occhiate. Jaehyo fece cennò col capo agli altri di andare avanti.
-Hai paura?
Sussurrò avvicinando le sue labbra al mio orecchio, procurandomi vari brividi lungo la schiena.
Io annuii lievemente e, pur non vedendolo in volto, lo sentii sorridere.
-Non ne devi avere, capito?!
Disse lasciandomi un tenerissimo bacio sulla guancia.
Riprendemmo a camminare e raggiungemmo gli altri.
 
Aprirono una porta di ferro verde e ci si presentò davanti un lungo corridoio di cemento armato con goccioline che venivano giù qua e la.
-Non è il massimo dell’aspetto… lo so.
Ammise Jaehyo.
In effetti… era particolarmente scura e solo poche lucette illuminavano il giusto spazio per non andare addosso ai muri.
Dopo poco ci trovammo davanti ad un’altra porta come la prima. Dopo di essa era tutto completamente diverso… Le pareti nere, poltrone rosse e varie sedie vecchie, un tavolo si trovava in mezzo alla vasta stanza, lampadari particolari di vetro nero penzolavano giù dal soffitto… Rimasi inebetita ad osservare la bellezza di quella stanza… sembrava quasi di essere finiti in un tempo lontano o in un castello di un macabro principe…
La mia fobica natura di fotografa venne fuori in due secondi netti. Con una sola mano presi la macchina fotografica dalla mia enorme borsa e cominciai a fotografare tutto ciò che mi ispirava. Quando ebbi finito sentii pesanti du si me gli occhi dei ragazzi.
-Non è che dopo vai dalla polizia e dichiari di aver scovato il nostro covo, vero?! Non dirmi che sei un’infiltrata…
Disse P.O un po’ preoccupato, buttandosi su una delle poltrone.
Io li guardai perplessa… Dalle loro espressioni non sembrava stessero scherzando…
-Io…
Non ebbi il tempo di finire la frase che i ragazzi, escluso Jaehyo, tirarono fuori, da dietro i pantaloni, delle pistole… DELLE PISTOLE!
Io rimasi completamente sconvolta, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Ognuno di loro avevo uno sguardo talmente serio che mi faceva quasi paura. Mi girai verso Jaehyo che mi stava ancora sorreggendo ed anche lui mi osservava con astio.
-No.- disse ad un tratto tornando col suo solito sorriso –Non farebbe nulla del genere e non è un’infiltrata.
-Già. Troppo ingenua. Un’esperta avrebbe già reagito.
Concluse Ukwon, riponendo la pistola.
Jaehyo mi fece sedere sulla poltrona accanto a quella di P.O lasciandomi una carezza sulla testa. Dire che ero scioccata sarebbe dire troppo poco. Non ci stavo capendo nulla… loro erano i buoni o i cattivi?
-Al volo maknae!
Urlò Jaehyo tirando una scatoletta a P.O, il quale la prese al volo.
… MAKNAE?!
Il mio sguardo si illuminò come le lucette dell’albero di natale.
-Siete coreani?!
Chiesi incredula.
-No. Siamo africani. Non vedi la carnagione?!
Disse il più piccolo in tono ironico, causando le risate di tutti gli altri.
-Hey, io mi vado a cambiare! Adios!
Disse Ukwon andandosene in una stanza, seguito da Bomb in un stanza.
-P.O, fai un buon lavoro.
Si raccomandò il leader, per poi sparire anche lui in quella stanza.
Il ragazzo mi guardò con uno sguardo serissimo per poi mettersi a ridere ad accucciarsi davanti a me. Mi tolse la scarpa del piede nel quale mi ero fatta male alla caviglia e ci passò una crema per poi infasciarlo.
-Sei bravo…
Constatai osservando attentamente il suo operato. Aveva una mano leggera e sembrava sapere perfettamente ciò che stava facendo.
-Certo che sono bravo!
Disse con un’espressione un po’ offesa, che lo fece sembrare particolarmente carino, procurando le mie risate più sguaiate.
-Che succede qua?
Chiese Jaehyo, facendo il suo ingresso con una seplice maglia nera ed un paio di jeans.
-Oddio. Sembri quasi normale.
Dissi seria.
-Te lo sei fatta sfuggire. Vero?
-No no, intenzionale.
A quelle parole spalancò gli occhi e mi si buttò addosso.
-Cosa mi hai detto?!
Mi chiese facendomi il sollettico.
Ma io rimasi impassibile come una statua a guardarlo con un sopracciglio alzato.
-Ma tu non sei normale se non soffri il solletico!
Esclamò ridendo.
-Ya! Stai un po’ fermo! Non riesco a lavorare!
Lo rimproverò il più piccolo.
-Ok ok.
Rispose alzandosi e dirigendosi verso un frighetto che non avevo notato.
-Qualcuno di voi ha sentito Zico?
Chiese Ukwon apparendo come prima, solo che szenza la giacca nera.
-E tu ti saresti cambiato?
Gli chiese il piccolo.
La risposta del diavoletto fu un bel dito medio.
-Calma bambini. No, non l’ho sentito… Non so dove si sia andato a ficcare quello la!
Rispose Jaehyo bevendo qualcosa di uno strano colore.
Quanto caotici erano quei tipi? Prima, con le loro belle divise da cattivoni di inqutevano timore, ma adesso che litigavano come dei bambini erano particolarmente buffi per non dire ridicoli.
Dopo una ventina di minuti, nei quali continuarono a lanciarsi frecciatine e battutine che non capivo, P.O aveva finalmente finito con la mia caviglia. Mi rimisi la scarpa e, con un po’ di fatica, mi alzai, pronta per andarmene. Ma quando feci per tornare idnietro fui fermata da Jaehyo, che si fiondò davanti alla porta.
-Scusa?!
Chiesi un po’ scocciata. Ecco, ero tornata quella di “sempre”.
-Dove credi di andare con quel piede?
Mi chiese scuotendo la testa.
-A lavoro. E sono pure in ritardo.
Risposi dando un’occhiata all’orologio che tenevo al polso. Erano già le nove!
-Ok. Però ti accompagnamo noi.
Detto ciò non mi lasciò neppure il tempo di ribattere chemi rimise com’ero fino a prima e in un attimo fummo fuori in strada.
-Posso camminare da sola.
Dissi lasciando il suo collo.
-Yo!
Urlò qualcuno dietro di noi.
Tutti e quattro ci girammo e ci ritrovammo davanti un Bomb col fiatone.
-Ragazzi, sono incazzati neri! Dobbiamo subito tornare alrtimenti sono cazzi amari!
Spiegò ridendo e procurando le risate anche degli altri ragazzi.
-Ok, portiamo Felicity e poi andiamo da loro.- disse Jaehyo cercando di non ridere troppo –Dov’è che lavori?
-Hem, il nome non lo so, ma è uno studio fotografico parecchio grande.
Cercai di farmi capire aumentando il passo per stare dietro a loro.
-Mh. Capito.
Rispose semplicemente prendendomi la mano e camminando ancora più velocemente.
 
-E’ qua?
Mi chiese fermandosi davanti all’entrata del’enorme edificio.
Io annuii sorridendogli.
-Bene. Allora ci si vede.
Mi disse lasciandomi un leggero bacio sulla guancia… Mai l’avesse fatto!
Dalla porta uscirono due ragazzi che si fiondarono tra noi due. Sentii uno strano verso, quasi come un ringhio, da parte di Jaehyo.
-Che cavolo le avete fatto?
Gli chiese, in un veloce coreano, una voce che conoscevo… Jonghyun… Kim Jonghyun…
-L’abbiamo salvata da un gruppo di merde e le abbiamo fasciato la caviglia. Qualcosa di sbagliato?
Si mise in mezzo Ukwon.
-Si. Voi. Dovete starle lontani. Chiaro?
Disse un’altra voce… quella di Minho.
-Certo. Come dite voi.
Disse Jaehyo alzando le mani a mo’ di scusa.
-Andiamocene. Ci si vede Felicity.
Concluse andandosene.
Quando furono lontani, i due ragazzi davanti a me, si girarono e mi fulminarono con lo sguardo.
-E adesso che c’è?
Chiesi sbuffando.
-C’è che quelli non sono persone alle quali stare vicini! Ecco cosa c’è!
Urlò Jonghyun.
-Ma che vuoi tu che non hai fatto altro che spararmi merda!
Urlai a mia volta.
Il ragazzo aprì la bocca senza emettere alcun suono. Senza pensarci un attimo in più entrai velocemente nell’edificio piena di rabbia.
-Ya! Felicity! Ferma!
Urlò Minho raggiungendomi e bloccandomi per il polso.
-Che vuoi tu adesso!
-Cavolo ragazza, calmati! Ti stava solo dando un consiglio!
Tutte le persone che ci passavano accanto non ci badavano più di tanto. Davano un’occhiata e poi continuavano il loro lavoro come se nulla fosse.
-Spiegami perché dovrei stare lontano da lo…
La mia frase fu interrotta da un urlo. Nella folla che camminava si creò un buco nel cui interno la solita bionda del giorno prima stava in piedi davanti ad una ragazza a terra.
-Allora?! Questo come me lo spieghi?! È?!
Urlò la bionda. L’altra ragazza abbassò la testa.
-Allora?!
Tutti quanti erano zitti a guardare quella pietosa sceneggiata. Sentivo, accanto a me, Minho che stava soffocando delle imprecazioni. Mi girai verso di lui e lo trovai con lo sguardo rivolto verso il basso con i pugni chiusi.
-Choi! È questo il tuo cognome, no?! Chi altro è così sfigato da avere un cognome del genere?!
Quella ragazza… mi stava facendo crescere il crimine…
-Minho, come fai di cognome?
Chiesi sottovoce, un po’ preoccupata.
Il ragazzo alzò la testa con uno sguardo di pura rabbia. Partì spedito verso quella bionda siliconata che aveva preso la povera ragazza per i capelli. Minho le tolse la mano e si mise davanti alla mora che si aggrappò alla sua schiena.
-Io.
Disse tranquillamente
-Oh guarda! È arrivato il principe! Quella non sa neppure arrangiarsi! Coreani di merda!
Minho scosse la testa e si mise a ridere.
-La tua volgarità è talmente tanta che mi fai venire conati di vomito al solo guardarti.
Disse una voce in inglese e dalla folla sbucò Taemin con un’espressione serissima.
-Ya! Taemin! Non si offendono le lavoratrici sotto i pali!
Se la rise Jonghyun facendo il suo ingresso, seguito dal damerino dell’altro giorno, il quale si avvicinò alla bionda e sorridendole le fece una carezza in testa.
-Ora vai. Hai fatto la tua scenata.
La ragazza sorrise e se ne andò, così come tutta la folla. I ragazzi si apparetarono sotto una rampa di scale e io mi dovetti spostare per poterli vedere bene.
-Ah! Ragazzi! Non sapete quanto mi sono dovuto trattenere per non strapparle quei capelli schifosi! E guardate! Mi ha unto le mani quell’oca!
Protestò in coreano il damerino, gesticolando solo come una diva sa fare.
-Lo sappiamo, lo sappiamo.
Lo consolò Jonghyun guardandolo con tenerezza.
Minho si spostò da loro e parlò con la ragazza. La guardava con uno sguardo talmente preoccupato che sembrava una madre con la propria figlia.
-Quanto dolci sono?!
Disse una voce dietro di me. Mi girai e un ragazzo dagli occhi a mandorla con i capelli tirati all’indietro e un completo nero mi stava rivolgendo un sorriso dolcissimo.
-Sembrano una coppia innamorata.
Disse guardando Minho e la ragazza che adesso si stavano abbracciando.
-E non lo sono?
Chiesi con un tono di voce piatto.
-Non possono esserlo.
-Perché?
-Caste.
Rispose semplicemente.
-Comunque io sono Jack Lee, piacere di conoscerla.
Si presentò porgendomi la mano che io strinsi.
-Felicity.
-Non ha un cognome?
Scossi la testa ridacchiando, per poi avvicinarmi ai ragazzi.
-Scusate, ma chi era quella?
Chiesi ai tre modelli che mi fulminarono con lo sguardo.
-Ulrike Khlay. Una modella tedesca. Pazza. Schizzata. Isterica. Oca!
Rispose il damerino dai capelli biondi, urlando per l’ultima parola.
-Kibum, calmati. Non dare spettaccolo pure tu.
Se la rise Jonghyun.
-Ok.- s’intromise Taemin –Voi la bloccate e io la ammazzo.
Disse con lo sguardo rivolto la porta dalla quale era uscita.
-Non è il caso.
Disse la ragazza mettendosi al mio fianco e porgendomi la mano.
-Piacere. Io sono Sulli.- si presentò educatamente –Tu devi essere Felicity, l’amica di Philippe, giusto?
Io annuii vedendo il damerino, Kibum, soffocare una frase che capì solo l’altro biondo, visto che si mise a ridere.
-Ho visto che hai fatto la conoscenza del nostro caro Onew.
Mi disse Kibum avvicinandosi.
-Onew?
Chiesi stranita.
-Oh… credo sia il caso tu sappia un po’ di cose…
 
Eravamo seduti tutti e sei su un bar poco distante dal “posto di lavoro”. Era un bel locale tutto in legno bianco e in stile un po’ vintage.
-Dunque – cominciò Kibum –il ragazzo che ti ha parlato era Onew.
Soddisfatto di ciò che aveva detto bevve tranquillamente la sua tazza di caffè nero, ammirando la bellezza del bar.
-Spiego io che è meglio.- s’intromise Jonghyun, lanciando un’occhiataccia all’altro, che non lo badò minimamente –Onew è il nome d’arte di quel tipo. Il suo vero nome è Lee Jinki. È un coregrafo e attore sud coreano poco conosciuto nel suo paese natale perché lavora principalemente all’estero e perché preferisce rimanere nell’anonimato. È da poco tornato da il tour del muscial Evita nel quale ha fatto una parte del corpo di ballo e come aiuto coreografo. Oltetutto sa anche cantare egregiamente.
Mi spiegò, interrompendosi alle volte per bere un sorso di caffè.
-Ma a me si è presentato come Jack Lee…
Dissi più a me stessa che altro.
-E’ il nome che usa all’estero.
Disse Taemin, che da quando ero arrivata non aveva aperto bocca e aveva continuato a fissarmi.
-Be, parliamo di altro… per esempio… Jaehyo… o che ne so io…
Disse Kbum con la tazza davanti alla bocca.
Io cominciai a guardare la mia tazza di cappuccino ancora intatta con un interesse innaturale… stranamente parlare di quel ragazzo e di quel che era successo mi faceva sentire a disagio in una maniera impressionante.
-Voglio essere diretto quindi ti dirò tutto.- sbottò Minho –Molto probabilmente vorrai delle spiegazioni… Ahn Jaehyo, figlio di un riccone cinese. Pyo JiHoon, figlio di una coppia di chirurghi stra ricchi coreani. Kim YooKwon, figlio di un tipo che ha migliaia di hotel in tutto il mondo. Lee MinHyuk o anche chiamato Bomb, figlio di un avvocato e di un banchiere.
Disse tutto d’un fiato.
-Visto che sono così pieni di soldi possono fare di tutto e risulteranno sempre puliti.
Concluse Kibum.
-Già miei cari. Solo che il qui presente Ukwon si è tolto il cognome Kim e suo padrenon lo considera più un figlio, Bomb per poco non veniva accusato dalla madre stessa, P.O se n’è andato di casa appena ha potuto e Jaehyo non vede suo padre da ormai otto anni. Quindi, in definitiva, solo Jaehyo ha i soldi e con quei pochi che ha cerca di far vivere anche noi.
Disse una voce al mio fianco. Mi girai e mi ritrovai davanti Ukwon con una camicia bianca, un grembiulino nero intorno alla vita e un vassoio in mano.
-Il cognome Kim ormai non mi appartiene più.
Disse guardandoci tutti uno ad uno.
-E chi sei allora?
Chiese Sulli sorridendgoli.
-Ahn Ukwon. Così come P.O e Bomb.
I ragazzi sgranarono così tanto gli occhi che per poco non gli caddero.
-Tutti volgiono far passare Jaehyo per una persona cattiva, ma in verità è l’unica che ci ha amati come una famiglia. È la nostra famiglia.
Detto ciò andò su un tavolo poco distante e appoggiò le cose che aveva sul vassoio, ricevendo insulti dalla persona seduta a quel tavolo. Nell’udire quella odiosa voce il mio crimine si alzò noteolmente, tanto che mi alzai e due attimi dopo mi ritrovai davanti alla solita bionda, solo che questa volta aveva la faccia completamente inzuppata di succo d’arancia.
Solo dopo realizzai che ero stata io.
  
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