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Autore: cheedori    07/12/2013    4 recensioni
In caduta libera.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Kate Hudson, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Meds


everytime I rise I see you falling

can you find me space, find me space






Mi sveglio solo dopo qualche ora, il sole che filtra dalle tende, alto nel cielo.

La finestra che affaccia sulla terrazza è aperta - giusto un soffio, tanto quanto basta per permettere ad una corrente gelida di solleticarmi una spalla sopra il lenzuolo. Dominic non è a letto. Le coperte dal suo lato sono stropicciate come un nido, ma il profumo della sua pelle attacca come un cancro, impregna la stoffa dei cuscini, l'aria che respiro, sogna il fantasma della sua presenza al mio fianco.

Lo trovo appoggiato al davanzale, poco distante, le spalle rivolte verso di me per tre quarti; non mi guarda, non si è nemmeno accorto che non dormo più; scruta il mare invece, i gabbiani, le macchie sul vetro. Forse pensa.

C'è qualcosa che somiglia a discreta eleganza nel modo in cui piega una gamba sottile contro il muro - dita che grattano distrattamente l'osso sulla caviglia. Ha addosso una vecchia t-shirt di mio fratello Paul, una maglietta di Superman che deve aver trovato rovistando in qualche cassetto mentre ancora dormivo; è di un azzurro strano, sbiadito, chiazzata di verde in parecchi punti e così grande che gli arriva oltre ai gomiti e quasi a metà coscia; mi ricorda di quando la domenica mattina scendevamo a fare colazione sul molo con la nonna e Paul ordinava sempre il pane tostato coi fagioli.

“Dom,” provo a chiamarlo; vorrei dirgli di tornare a letto perché fa freddo. Tutto quello che riesco a produrre però è un colpo di tosse.

“Hey,” fa lui. Si arrampica mollemente giù dal davanzale, occhi che si posano ovunque nella stanza tranne che su di me. “Ora chiudo, avevo aperto solo per fumare.”

“Tranquillo,” gli dico. Poi tossisco ancora.

C’è puzza di sigaretta nell’aria - di Marlboro Red, quelle lunghe - un aroma che difficilmente si armonizza con quello più delicato dell’Earl Grey. Dom si abbassa sul tavolino per recuperare la teiera ancora fumante, riempie una tazza fino all’orlo e ci aggiunge due zollette.

“Ho fatto il tè,” mi informa inutilmente.

“Mh,” dico.

Non so se ringraziarlo o prenderlo a sberle; alla fine accetto la tazza che mi porge e decido di ignorarlo mentre mi si siede accanto, labbra tirate in un sorriso appena accennato.

“Come ti senti?” chiede.

“Non lo so,” rispondo onestamente.

Il tè brucia forte in gola; è una sensazione al limite del piacevole, un fiume bollente che si batte per estinguere quel che rimane dell’incendio di urla di qualche ora fa. Prendo un respiro e lo mando giù tutto in una volta, a grandi sorsi, Dom che finalmente mi guarda sopra l’oceano di lentiggini che gli macchiano la faccia.

“Dobbiamo ancora parlare,” gli dico quando ho finito.

Non è più un gioco. Non lo è mai stato.

“Dammi.”

Dom mi sfila la tazza ormai vuota dalle mani, sorride ancora - “scusa,” dice - si allunga su di me per posarla sul comodino al mio fianco; la maglietta che indossa si solleva come un velo, scoprendo per un attimo il profilo della sua intimità contro una coscia nuda.

“Ti ho baciato,” ricordo a quel punto. Lui si blocca, le dita ancora strette attorno al manico di ceramica, capelli che mi solleticano il petto lì dove mi sfiora con la testa.

“Matt…”

“Ti ho baciato,” ripeto.

Dom non dice niente per un lungo minuto, se respira non fa rumore; alla fine mi scavalca del tutto e si rimette in piedi, ripescando con mani nervose il pacchetto di sigarette che ha lasciato sul tavolino affianco alla teiera.

“Non deve succedere più,” dice con una strana furia. “Non -”

"Non ne parliamo," lo interrompo, "non è successo niente," ma poi si rilassa un poco quando forzo un sorriso sulla bocca. “Mi accendi una sigaretta?” gli chiedo a mo’ di scusa.

“No, hai la gola già rovinata,” mi fa notare.

“E di chi sarebbe la colpa?”

“Tua, Matt,” taglia corto lui. “Volevi chiedermi di nuovo dell’altra sera?”

“Sì,” faccio. “Più o meno - devi parlarne con la polizia.”

Dom sembra non capire all’inizio; le sue sopracciglia si corrugano in una smorfia ignorante, le spalle fingono indifferenza, persino la sigaretta che ha in bocca sembra non avere la più pallida idea di cosa stiamo parlando. In effetti non ce l’ha, ma quello solo perché generalmente le sigarette non hanno pensieri reconditi.

“Quel tizio ti sta ricattando,” insisto. “Dimmi solo sì o no.”

Cristo…”

“Dom.”

Ci mette un po’, ma alla fine annuisce. Si versa un’altra tazza di tè - più per tenersi impegnato che per reale desiderio, credo - poi ne offre una anche a me. Rifiuto senza dire grazie.

“Ti ha aveva già fatto del male?” gli chiedo.

Nessuna risposta.

“Quel figlio di puttana... Dom, devi -”

“Devo un cazzo, Matt. Non parlare se non sai come stanno i fatti.”

“Ma perché -”

“Perché è così, ci sono cose che tu non sai -”

“Dimmele, porca puttana, perché tutti questi segreti, lo sai che a me puoi dire tutto!”

“No, Matt. Tu non sai di cosa è capace quello lì,” dice Dom all’improvviso.

Non ci vedo più.

In un attimo sono da lui e lo spingo contro il muro, poi lo tiro per la maglietta e ce lo sbatto di nuovo. La tazza ancora piena ruzzola sul tappeto già sporco di cenere; me la prendo anche con l’abat-jour, lo sgabello, il vecchio portagioie di mia madre.

“E ALLORA SPIEGAMI - SE NON LO SO DIMMELO TU, CAZZO!” urlo.

Dom apre la bocca diverse volte ma tutto quello che riesce a dire è: “Matt, ti prego, calmati!”. Non ci riesco, però - lo prendo a schiaffi, due, forti, sulla guancia.

“Sono stufo di doverti leggere nella testa,” gli sputo addosso. “Delle tue bugie, dei tuoi cazzo di pro-”

“Mi sono scopato una minorenne!” grida lui alla fine.

Per un attimo mi sento come se fossi stato io quello a ricevere il colpo - sono lo sgabello rovesciato sulla moquette, gli orecchini di perla sotto al letto; crollo. Dom si aggrappa con forza al bracciolo della poltrona, cade di lato. Lo osservo mentre si piega, un braccio stretto attorno allo stomaco per aiutarsi a respirare - o impedirsi di vomitare - o forse entrambe.

“Pensavo fosse uno scherzo quando me l’ha detto,” inizia a spiegare. “Io… io ero strafatto. Non ci capivo niente. Lui ci ha ripresi, ha detto che avrebbe spedito il video in rete… voleva che facessi delle cose… gli servivano contatti…”

Lo ascolto per metà, la testa che mi scoppia.

“Ha minacciato di rovinarmi. Me, la band… te, Matt...”

Non è vero, è tutto uno scherzo…

“Cos’altro potevo fare?”

Potevi venire dritto da me, potevamo risolverla insieme questa cosa!

“Matt, ti prego… ti prego...”

Cristo...

Le conto sulle dita di una mano le volte in cui ho visto Dom in questo stato; sembra pazzo, cattivo, la bocca che trema come una foglia; parla in fretta, sussurrando, la voce arrochita dallo sforzo.

“Non ce la facevo più… era tutto troppo, e mi sentivo così - tu - ero - Matty, ero così solo e quella roba… mi aiutava a non pensarci...”

È tutto rosso in faccia, Dom, i capelli ritti sulla testa lì dove li ha tirati prima; mi guarda ora come mi ha sempre guardato - con occhi grandi come il mare, esperti nella lettura così come chiusi all’interpretazione. Attorno a quelle pozze così belle ci sono già delle rughe - quanto tempo è passato da quando ci siamo conosciuti?

Così solo…

Dio, sono un coglione.

“Scusa,” gli dico cercando le sue dita con le mie. “Scusa Dom, non so cosa mi sia preso.”

“Non devi - non - sono io a dovermi scusare, Matt, non volevo tenertelo segreto ma tu… tu avevi già le tue cose per la testa, io -”

“Dom,” lo interrompo. Ho le mani fredde e uno schifo immenso nel cuore - perché fa così male quando si tratta di lui?

“Ho perso il conto delle volte in cui te l’ho detto, ma,” gli prendo la testa tra le mani, poggiando la mia fronte alla sua un po’ accaldata. “Cazzo, Dom, ci vuole così tanto a capire che io sto male quando tu stai male?”

Dom piange adesso - lo fa nel suo modo strano, tutto singhiozzi e senza lacrime. Lo abbraccio un po’, l’odore di naftalina della maglietta forte nelle narici.

“Vedrai, risolveremo tutto,” gli dico. “Parleremo con un avvocato, troveremo un’accordo…”

“Matt, perché mi…perché tu -”

“Hey, calmati ora dai. Prendi un bel respiro e -”

“Perché mi hai baciato?” singhiozza. “Stamattina - prima - perché lo hai fatto?”

“Dom…”

“PERCHÉ CAZZO?” urla.

La realtà mi colpisce in quel momento - dura e precisa, come se qualcuno avesse finalmente scostato le tende dalla Mona Lisa e scoperto che cazzo c’avesse tanto da ridere poi.

“Tu sei innamorato di me,” dico stupidamente.

Cristo -”

Dom mi spinge via con urgenza, inciampa nel tavolino, da lì afferra la teiera che manda in frantumi contro la parete - poi si china e vomita sul tappeto.

Mia nonna era stata la prima a dirlo, diversi anni fa, tra lo scherzo e il sospetto tipico degli anziani ficcanaso: “quel ragazzino ha occhi solo per te”. Il secondo era stato proprio Chris: “riccioli d’oro pende dalle tue labbra,” aveva detto. Tom ci aveva dato direttamente dei ricchioni; mio padre aveva invece scelto di odiarlo da subito; Tanya mi aveva lasciato quando aveva scoperto delle orgie miste che facevo con lui; Gaia mi aveva accusato di “dipendenza morbosa da batterista”; Kate si diverte ancora a ricordarmi con frequenza odierna che lei è solo la seconda bionda della mia vita. Dom - lui invece non ha mai detto niente; ma cosa vuoi andare a raccontare ad un sordo, alla fine?

Mi avvicino solo dopo qualche minuto di indecisione, gattoni al suo fianco, scopro con sollievo che toccare una mano sulla sua spalla non comporta necessariamente la fine del mondo; Dom sta ancora vomitando la cena che non ha digerito l’altra sera, ma per qualche strana ragione la cosa non mi ripugna come dovrebbe.

“Sono un coglione,” gli comunico con una certa fretta - poi, vedendo che non risponde: “quando hai finito fammi un segno,” aggiungo.

Dom mi dà un pugno sulla gamba, ma sta ancora vomitando, quindi deduco che non sia quello il segnale. Mi faccio più vicino, però, e con l’altra mano gli sposto i capelli dalla fronte, asciugando il sudore raccolto lì.

“Mi dispiace,” dico. “Sai - erm, questa cosa fa un po’ schifo. Voglio dire, non tu - cioè, anche. Ne hai un po’ sul mento, a proposito.”

“Dio, Bellamy, taci - ugh, che schifo.”

“È quello che ho detto.”

“Tu parli troppo.”

“È che ho un cervello che va troppo veloce, ogni tanto devo svuotargli la memoria.”

“Sei un’idiota.”

“Che in greco antico non significa affatto scemo, è più tipo “particolare”. Lo sapevi?”

“No.”

“Ora lo sai. Hai finito?”

“No.”

“Ma non stai più vomitando…”

“Cristo, ma vuoi stare zitto?”

Non è come nei film - non è nemmeno come nei romanzi, che di solito sono scritti meglio dei film. Se la nostra vita fosse stata una commedia dal titolo: “Rockstar Confuse & un Poco Ricchione”, a questo punto della trama Dom avrebbe alzato la testa e mi avrebbe ficcato una lingua al dentifricio in gola. O sul mento, dipende dall’inquadratura.

Ma Dom - il mio Dom, quello vero, smoccolante e vomitoso - ha appena tirato via la mia mano dalla sua fronte e mi sta riempendo di botte e insulti.

“Sei uno stronzo - lo sapevi, tu lo hai sempre saputo! - hai fatto finta di niente per tutto questo tempo -”

“Chi è lo stronzo che non me l’ha detto prima? Cosa sono io, una specie di indovino?”

“E secondo te avrei dovuto mandare tutto a puttane solo perché - solo perché -”

“Se tu me l’avessi detto - se tu solo me l’avessi fatto capire invece di metterti a fare tutti quei giochetti -”

“Cosa,” mi interrompe Dom, dandomi una spallata così forte che mi fa perdere l’equilibrio. Cado di schiena sulla parte di tappeto pulita - Dom mi è addosso solo pochi attimi dopo, schiacciandomi per terra col suo peso.

“Tu che cosa Matt?” sibila.

La verità scappa dalle mie labbra prima ancora che riesca a rendermi conto di aver formulato un pensiero del genere.

“Io non avrei mai avuto un figlio da lei,” mormoro. Fa male, ma non solo a me.

La faccia di Dom si contorce in una smorfia di dolore, mentre la gravità porta le sue lacrime sul mio viso. “Sei uno stronzo,” mi dice. “Sei un figlio di puttana, sei -”

Ma poi non lo so cos’altro sono, perché stavolta è Dom ad arrendersi per primo.

“Voglio baciarti,” confessa. “Ma non posso, sarebbe completamente vile.”

Sto per dirgli che non m’importa nulla di tradire Kate a questo punto, ma poi lui fa una cosa strana e sputa per terra al mio fianco.

“Fattelo bastare,” dice tornando più vicino.

“Mi fai assolutamente schifo,” dico io.

E poi lo bacio.




*




AH! HA! HAAA!

Non ve l’aspettavate, vero? Dunque, AGGIORNAMENTO CACCA PER FANFIC CACCA TIME! (dovrei avere una sigla speciale per questo tipo di avvenimenti, una roba tipo Jimmy Verdoora Rhapsody - se non sapete di cosa sto parlando, cliccate qui per farvi un’idea spaventosamente precisa del mio senso dell’umorismo ► IPNOTIZZA I CAVALLIIIIIII )

Dunque, un paio di note:

DO: ho scritto questa m***a in tipo 4 ore escluse pausa cena (ho riempito di fumo tutta la casa solo per arrostirmi un filetto di salmone, il gatto ha fatto festa grande insomma) e soprattutto A DISTANZA DI EONI dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo (tanto che son dovuta andare a rileggermelo perché non mi ricordavo più cosa fosse accaduto *shame on me*). Il succo è che mi scuso per la generale caccosaggine (e brevità? pare piccino), ma era un parto necessario, ecco.

RE: rifiutare senza dire grazie in Inghilterra è praticamente un reato, è come bestemmiare contro Betty: questo dovrebbe farvi capire quanto sia scazzato Mecchu.

MI: fa male la testa;

FA: schifo ‘sto capitolo (SRSLY BOCCA-VOMITO??!!!!=””)

SOL: sta per sorgere, sento gli uccellini cantare. Comunque la citazione in cima al capitolo è tratta da Passive Aggressive dei Placebo. Volevo citare direttamente il titolo, ma vabè.

LA: qui presente autrice è chiaramente una bastarda sadica di prima categoria, POVERO DOM OGGI È ANCHE IL SUO COMPLEANNO AUGURI STELLA MILLE DI QUESTI DORATI GIORNI ♥♥♥

SI: oh, in fondo a parte una cosa che si chiama MATT STAI IGNORANDO TUTTE LE TUE RESPONSABILITA’ DI PADRE FAMIGLIA CHE M***A CHE SEI direi che c’è quasi aria di festa in questo capitolo! *rivedere punto in cui discuto il mio particolare senso dell’umorismo*


Infine ho una dedica particolare perché ci sono persone a cui voglio più male che alle altre - questo capitolo è per nainai perché nonostante dica di odiare il BellDom in privato mi minaccia se non aggiorno.


Pace, gente. ♥


  
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