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Autore: Fragolina84    08/12/2013    1 recensioni
"Non c'era possibilità di vivere senza di lei, tanto che il primo impulso fu quello di staccare il reattore dalla piastra nel suo petto e lasciare che le schegge ancora nel suo corpo trovassero la strada verso il suo cuore. O quello che restava del suo cuore, perché Victoria l'aveva appena fatto a pezzi. Sarebbe bastata una settimana, poi tutto sarebbe finito"
Per il titolo di questo lavoro mi sono inchinata all’inglese. Trovo che I belong to you sia più musicale della sua traduzione in italiano: io appartengo a te.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Victoria andò di persona ad accogliere il dottor Barnes.
«Buongiorno, dottore» lo salutò.
Era in ansia da quella mattina, quando lui l’aveva chiamata chiedendole se poteva passare con gli esiti dei suoi esami. Anzi, a ben pensarci era in ansia da una settimana, da quell’inatteso svenimento.
Erano passati ormai cinque mesi e la donna si era ripresa completamente dall’avvelenamento da stricnina. In ospedale le avevano subito somministrato la benzodiazepina che aveva contrastato con successo gli effetti del veleno. Era stata presa appena in tempo e il veleno non aveva lasciato conseguenze.
Dopo una decina di giorni di ospedale, Victoria era stata dimessa ed era tornata a stare con Tony anche se per la ripresa completa c’era voluto molto di più. Comunque, la tranquillità di villa Stark e l’amore di Tony erano stati un’ottima medicina e Victoria era da poco ritornata in teatro.
Il clamore suscitato da quella storia aveva riempito le pagine dei giornali per diverse settimane. Tony aveva immediatamente fatto una dichiarazione nella quale aveva spiegato i motivi per cui Victoria si era allontanata da lui. Non aveva affatto cercato di minimizzare il ruolo che Christopher Roberts aveva avuto nella faccenda, non mancando di consegnare alle autorità competenti i filmati che Jarvis aveva registrato.
Attualmente, Roberts si trovava in carcere, in attesa di processo. Era stato provato che era affetto da gravi disturbi mentali e Victoria non l’aveva più rivisto da allora né sarebbe più entrata in contatto con lui. Il tutto grazie all’influenza del suo fidanzato che aveva ottenuto che Victoria non dovesse essere presente al processo.
Victoria era tornata al lavoro da due settimane, nonostante le proteste di Tony che aveva ceduto solo quando la donna aveva acconsentito che due guardie del corpo la seguissero costantemente.
Aveva pensato che, dopo il suo forzato allentamento dalle scene, sarebbe stato difficile trovare di nuovo qualcuno disposto ad ammetterla nel proprio spettacolo. Non avrebbe potuto sbagliare di più. I fatti recenti assicuravano un’ottima pubblicità a qualsiasi spettacolo a cui lei avesse preso parte e due giorni prima aveva sostenuto l’ennesimo provino. Aveva finito e stava tornando alla macchina con Gary e Brian quando aveva avuto un mancamento.
Gary era stato velocissimo a prenderla fra le braccia prima che cadesse. Si era trattato solo di un leggero malessere e la donna, disdegnando di andare in ospedale, si era fatta portare dal dottor Barnes. Non voleva che alla cosa fosse dato troppo risalto e pregò le sue guardie del corpo e il dottore di non raccontare nulla a Tony.
Dopo ciò che era successo era iperprotettivo e avrebbe finito per preoccuparsi tanto per quello che sicuramente era un semplice malessere dovuto alla stanchezza e allo stress.
Ora accolse il dottor Barnes e lo invitò a sedersi. Tony era nel seminterrato ma Victoria aveva pregato Jarvis di non dirgli che il dottore stava arrivando. Voleva prima capire di cosa si trattava.
«Posso offrirle qualcosa da bere, dottore?» chiese, ma l’uomo scosse la testa.
«Sono soltanto di passaggio, Victoria. Ma preferivo venire a dirle di persona gli esiti degli esami che abbiamo fatto l’altro ieri».
«Qualcosa non va, dottore? Qualche conseguenza del veleno?» domandò preoccupata e Barnes scosse la testa, sorridendo.
«No, mia cara. Direi che si è ristabilita completamente».
«Allora si è trattato solo di un po’ di stress?» chiese, vagamente irritata: ma perché non veniva al sodo e non le diceva di cosa si trattava, senza farla stare in ansia?
«Direi che c’è qualcosa di più». Fece una pausa, come un prestigiatore che voglia far salire la suspense. «Lei è incinta, Victoria».
La donna sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta. Incinta? Com’era possibile?
A ben pensarci, era possibilissimo. Anzi, era strano che non fosse accaduto prima. Certo, dopo la brutta esperienza che aveva vissuto, Tony l’aveva trattata come una bambola di porcellana per diverse settimane, come se temesse di romperla. Ma da un paio di mesi la loro vita intima era ripresa come prima dell’incidente. Istintivamente sfiorò il ventre con la mano.
«Di quanto?» chiese, con voce che suonò strana ai suoi stessi orecchi.
«Quattro settimane, circa».
Sì, era leggermente in ritardo, ma dopo l’avvelenamento il suo ciclo non si era ancora regolarizzato e non ci aveva fatto caso. Il fatto di essere incinta non le aveva mai nemmeno sfiorato la mente.
Barnes notò la sua espressione: «Sembra sconvolta, Victoria» disse preoccupato e la donna si riscosse.
«No. È solo che non me l’aspettavo. Non era previsto, ecco».
No, decisamente non era previsto. E all’improvviso ebbe paura della reazione di Tony. Non avevano mai parlato di matrimonio, men che meno di figli. E ora c’era un bambino in viaggio. Il loro bambino. Victoria sorrise fra sé.
Barnes guardò l’orologio. «Ora devo andare, Victoria. E immagino che lei sarà impaziente di dirlo a Tony».
«Sì, certo. La ringrazio, dottor Barnes».
L’uomo si avviò verso la porta e uscì. Le fece di nuovo le congratulazioni e se ne andò a bordo della sua Mercedes, lasciando Victoria alle prese con uno spinoso problema.
«Oh beh» mormorò fra sé. «Non c’è un modo semplice».
Poteva scendere nel seminterrato dove Tony stava sicuramente armeggiando sull’ultimo modello di armatura, ma ragionò che là sotto c’erano troppi oggetti con cui Tony avrebbe potuto farsi male, in caso la notizia l’avesse sconvolto un po’ troppo.
Così lo chiamò con l’interfono.
«Tesoro, puoi salire un momento, per favore?»
«Arrivo» rispose lui. E due minuti più tardi saliva le scale, mentre il cuore le martellava nel petto come un cavallo al galoppo.
Lui la baciò sulle labbra come se non la vedesse da settimane e poi la scrutò per qualche istante. Era talmente sintonizzato su di lei che si accorse subito che era preda di una forte emozione.
«Che succede?» domandò, inarcando un sopracciglio.
Victoria lo prese per mano e lo trascinò fino al divano, dove sedettero entrambi.
«Tony, dobbiamo parlare».
«Se stai per dirmi che vuoi lasciarmi per un altro cretino, sappi che…» ma Victoria non lo fece proseguire, posandogli la mano sulle labbra.
«È una cosa seria» disse e lui le baciò le dita.
«Ti ascolto».
«Però devi promettermi che non scapperai a nasconderti dentro una delle tue armature».
Tony sbuffò. «L’ho fatto una volta ed ero ubriaco fradicio. Mi trovi davvero così instabile?»
Victoria esitò. Come poteva dirglielo così brutalmente? Tony… sono incinta. Certo, era vero che non poteva avere un infarto, grazie al reattore che gli brillava al centro del petto, però…
Decise di prenderla alla larga.
«Sai, Tony: credo che avremo bisogno di una stanza in più, al piano di sopra».
«Sei diventata così pigra che vuoi una cucina anche al piano di sopra?»
«Non scherzare! Ti ho detto che è una cosa seria».
Tony si strinse nelle spalle. «Hai ragione, ci avevo pensato anche io» proruppe poi.
Victoria aggrottò le sopracciglia.
«Sì, è da un po’ che ci penso. La sauna e il bagno turco sarebbero comodi anche di sopra».
La donna scosse la testa, chiudendo gli occhi.
«No, Tony. Non parlo di una sauna»
«La smetti di parlare per enigmi? Dimmi cosa ci vuoi in questa stanza e l’avrai».
Il tipico atteggiamento alla Tony Stark.
«Vedi, Tony: c’è una cosa che non potrà assolutamente mancare in questa stanza».
«Sarebbe?»
«Una culla».
«Tutto qui?» chiese lui. «E che problema vuoi che ci sia? Anche se non vedo l’utilità di…»
Victoria fu acutamente consapevole del momento in cui lui si rese conto di quello che significava. Vide mille emozioni agitarsi nei suoi occhi nocciola. Vide il suo sguardo posarsi sul suo ventre. Lo vide, forse per la prima volta da quando lo conosceva, restare senza parole.
Poi lui pronunciò una sola parola. «No».
Il mondo di Victoria tremò. Certo, quel bambino non era una cosa programmata, ma aveva pensato che lui ne sarebbe stato contento almeno quanto lei. Ma ora, quella parola, aveva mandato tutto in frantumi.
Eppure, c’era qualcosa che strideva. Tony stava sorridendo e scuoteva la testa.
«No» ripeté, «non doveva andare così».
Si alzò in piedi e Victoria pensò che sarebbe scappato a nascondersi dietro la sua seconda identità. Lui però si chinò su di lei. «Aspetta qui» disse e infilò la scala che portava al piano di sopra, salendo i gradini a due a due.
Tornò pochi secondi dopo, le prese delicatamente le mani e la fece alzare. Adesso era lui quello emozionato e Victoria non ne capì il perché finché lui non posò un ginocchio a terra davanti a lei.
«Ora, ti prego, non parlare» esordì. «Avrei dovuto farlo prima» disse poi.
Chinò il capo, fece un profondo respiro e alzò la testa, fissando lo sguardo nelle verdi profondità degli occhi di lei.
«Anche se è stata dura ammetterlo, mi sono innamorato di te la prima volta che ti ho vista. Era come se sapessi con certezza che era te che avevo aspettato fino a quel momento. E in quei tre mesi di prigionia in Afghanistan, c’era il tuo viso davanti ai miei occhi in ogni momento, eri tu che mi sostenevi».
Victoria sentì una lacrima scenderle sul viso.
«Ho lottato per tornare da te. E quando sono sceso da quel C17, sapevo con certezza che niente avrebbe potuto separarci. Quello era il momento giusto, ma mi sono lasciato prendere dal panico. Improvvisamente, avevo paura che tu dicessi di no. E ho taciuto».
Victoria scosse la testa e si asciugò le lacrime con la mano.
«Avrei dovuto chiedertelo allora, ma sono stato codardo. E ho rischiato di perderti, di nuovo. Non voglio più che accada, Victoria. Voglio che tu sia mia, in ogni modo possibile. Anche questo» concluse, prendendo una scatolina di velluto blu dalla tasca dei pantaloni.
La aprì e prese l’anello, uno splendido solitario di Damiani, incastonato su una delicata montatura di platino. Era un diamante di straordinaria purezza e sfavillò di tutti i colori dell’arcobaleno quando la luce del sole lo colpì. Tony l’aveva comprato un paio di mesi prima, quando erano stati insieme in Italia.
Glielo infilò all’anulare sinistro e la fissò per un lungo momento.
«Vuole sposarmi, signorina Johnson?»
La donna si inginocchiò davanti a lui.
«Mille volte sì, signor Stark» proruppe, e lo baciò.
Fu un bacio lungo e tenero e quando si staccarono rimasero abbracciati, a sfiorarsi il naso con il naso, ad occhi chiusi.
«Non posso crederci» disse lui ad un certo punto. «Ieri progettavo un modo per portarti a letto facendoti pensare che fosse una tua idea, oggi ti ho chiesto di sposarmi e domani diventerò padre».
«La cosa ti spaventa?» chiese la donna.
Lui sogghignò. «L’unica cosa che mi spaventa è dover passare la luna di miele a cambiare pannolini a nostro figlio. Perciò sarà il caso che ci sbrighiamo con questo matrimonio!»
  
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