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Autore: syssy5    09/12/2013    4 recensioni
La dimora di Gaia è in pericolo, riuscirà il suo avvocato a salvare la sua casa?
[ Questa storia si è classificata seconda al contest ‘Iter mentis per imagines pro historia scribenda’ indetto da darllenwr sul forum di EFP ]
[ Questa storia si è classificata prima al contest ‘ADA ~ Associazione Divinità Anonime’ indetto da Delirious Rose sul forum di EFP ]
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gaia


Il profumo di freschi fiori di campo le arrivò alle narici come ogni mattina; erano passati secoli da quando era nata, era vecchia quanto il mondo, ma ancora oggi adorava risvegliarsi in mezzo alla natura. Si alzò appoggiando le mani dietro di sé e la sua testa fece capolino tra il mare di petali; elegantemente trasportata da un alito di vento si ritrovò in piedi, vestita con un candido abito dalla gonna ampia e riccamente decorato. Sembrava fatto di fiocchi di nuvole, tanto appariva leggero. Allo stesso modo anche la giovane appariva eterea, con foglie tra i capelli e fiori nelle mani; ma era la semplicità a farla da padrone: il suo viso era semplice, come pure le sue forme, lievemente accennate come fosse un frutto acerbo, in attesa di maturarsi del tutto.
Inspirò a lungo per assaporare ogni minima fragranza emanata dal campo che era stato il suo letto e dal piccolo boschetto che da sempre era la sua casa e che in quel momento la avvolgeva con fare materno; aprì gli occhi dopo essersi riempita le narici e nel suo sguardo apparve una scintilla nuova, estranea: era ora di tornare alla civiltà. Si diresse verso nord, là dove sapeva trovarsi la strada che portava in città. Al primo passo il suo vestito scompare e per un attimo rimase nuda, al secondo comparve un completo elegante, al terzo i suoi lunghi capelli si acconciarono in uno stretto chignon.
Raggiunse la strada e un vecchio capanno apparentemente abbandonato, vi entrò e ne uscì poco dopo al volante di una berlina lievemente impolverata. Controllò attentamente che tutto fosse a posto, poi pigiò sull'acceleratore e l'auto scattò in avanti: voleva fare presto per evitare il traffico mattutino e quindi scampare dall'arrivare in ritardo al lavoro.

* * *

Sperava di aver eluso il solito ingorgo delle otto, invece restò bloccata al secondo semaforo da un gruppo di pendolari; tamburellava sul volante per smorzare la tensione, si guardò nello specchietto retrovisore e poi sbuffò. La fila procedette di qualche passo e si fermò nuovamente. Lei odiava le città, in momenti come quello si ritrovava a chiedersi perché avesse scelto quella vita, cosa l'aveva spinta ad affrontare anni di università, altrettanti di gavetta per poter infine diventare un architetto; quella domanda restava sospesa nella sua mente per pochi brevi secondi, prima che la risposta giungesse celere e senza possibilità di repliche: ‘il tuo mondo stava cadendo a pezzi, la tua casa stava per essere distrutta, l'unico modo che avevi per aiutare la tua essenza a sopravvivere era aiutarla costruendo edifici il più possibile a norma d'ambiente; non solo’ si disse ‘ricorda sempre delle associazioni cui fai parte, sono tutte volte a preservare la tua anima, a preservare te’. Persa in queste riflessioni non si accorse che aveva già oltrepassato l'incrocio incriminato e che ora il traffico era più scorrevole.
Arrivare all'imponente palazzo di vetro che ospitava il suo studio fu un sollievo. Dopo aver parcheggiato l'auto, prese la sua valigetta e si apprestò a entrare. Salutò cordialmente Alessandra alla reception come ogni giorno, prima di dirigersi verso l'ascensore.
La società per cui lavorava possedeva un po' di tutto, per questo la sede era in un palazzo così vistoso e con così tanti dipenderti; c'era la sezione che si occupava di immobili dove lei lavorava, quella che si occupava di investimenti, una divisione che si occupava di assistenza sociale e da poco stavano aprendo anche una piccola editoria. In quel modo poteva tenere sotto controllo diversi aspetti della civiltà stando semplicemente nello stesso luogo.
Non vi erano mura, ogni stanza era separata dalle altre da spessi muri di vetro, dentro ai quali correvano rampicanti che arrivavano fino all'ultimo piano, dando così all'intera struttura il senso di essere quasi all'aperto. Il suo ufficio era sito al diciottesimo piano, più o meno a metà dell'edificio, ma non ci volle molto per raggiungerlo. Tuttavia non fece in tempo a muovere più di un passo fuori dall'ascensore, che il suo capo la chiamò per discutere di un nuovo progetto.
― Sarà qualcosa di veramente grandioso, ti piacerà vedrai. ― aveva iniziato tutto concitato ― Vedi questa zona? ― stava dicendo, indicando una macchia verde su una cartina che aveva appena srotolato sulla scrivania ― Sarà qui che sorgerà la nostra ultima creazione... Gaia, mi stai ascoltando? ― le chiese poi, notando il suo sguardo smarrito che ancora fissava la mappa.
La giovane era rimasta senza parole, il luogo in cui sarebbe dovuto nascere un nuovo palazzo altri non era che la sua casa, il boschetto dove andava a dormire tutte le notti, il prato fiorito che la accoglieva e la cullava dall'alba dei tempi.
― Certo, bisognerà abbattere qualche vecchio albero morto da secoli, ma non è un'impresa impossibile come può apparire all'inizio. Allora, cosa ne pensi?
― Signor Andrenacci, io veramente... ecco, non sono sicura che questo posto sia così vecchio come dite. Siete sicuro di voler costruire proprio qui?
― Assolutamente ― rispose ― è il posto perfetto.
― E abbiamo già tutti i permessi necessari? ― chiese ancora in un vano tentativo di arrampicarsi sugli specchi ― Quel luogo non appartiene già a qualcuno?
― È una zona di nessuno. Ho già parlato con chi di dovere, una volta completato il progetto potremmo procedere all'istante.

* * *

Il mondo le era crollato addosso quando aveva capito che non avrebbe potuto far nulla per salvare la sua dimora. Avrebbe dovuto provvedere ad acquistare quel terreno con un nome fittizio a suo tempo, si era crogiolata nel fatto che quel boschetto poteva essere considerato intoccabile per la rara flora che ci viveva; si era sbagliata.
Non aveva amici, né qualcuno con cui confidarsi, ma doveva raccontare tutto a una persona fidata che potesse aiutarla ad avere i documenti e impedire la distruzione della sua casa, e soprattutto che potesse credere alla sua storia. L'unico che le venne in mente – che potesse aiutarla in queste questioni legali – era il suo avvocato. Lo chiamò in pausa pranzo per fissare un appuntamento.
― È davvero urgente, non puoi vedermi più tardi? ― lo stava implorando.
― Gaia, ti sento davvero scossa. Va tutto bene? ― La voce dell'uomo arrivò distorta dal telefono.
― No, non va tutto bene Giuliano. Ti prego, dimmi che posso passare più tardi.
― Alle 19, non un minuto prima, non un minuto dopo. ― acconsentì, sospirando.
― Grazie, grazie mille. Dopo saprai tutto, sul serio. Saprai tutto ciò che c'è da sapere su di me. ― gli disse prima di riagganciare. Non sapeva se aveva fatto la scelta giusta, rivelare il suo passato a un comune essere umano era rischioso, ma conosceva il suo avvocato da così tanto tempo che poteva benissimo chiamarlo ‘amico’.
Riuscire a concentrarsi quel pomeriggio, fu altrettanto difficile come la stessa mattina; non era soddisfatta del suo rendimento in quella giornata, ma era giustificata dalla situazione in cui si trovava e non vedeva l'ora di sentire qualche parola di conforto, di avere qualche aiuto insperato. Quando giunse l'ora dell'appuntamento, arrivò invece la paura: cos'avrebbe pensato Giuliano quando gli avrebbe rivelato la sua natura? Si sarebbe spaventato, o peggio, l'avrebbe presa per pazza? Tremava quando giunse ai piedi del palazzo del suo avvocato, ma non di freddo.
Fissando la siepe all'ingresso si fece coraggio ed entrò. L'atrio era altrettanto spazioso e arioso quanto quello dove lei stessa lavorava; si avvicinò alla reception e si fece annunciare, poco dopo una porta si aprì e un uomo ne uscì.
― Arrivederci signor Del Colle. ― la voce dell'avvocato proveniva dall'interno della stanza. Gaia si avvicinò ed entrò prima che la porta si richiudesse.
― Ciao Giuliano.
― Gaia, eccoti. Come va ora? Oggi al telefono mi hai fatto quasi spaventare. ― disse lui alzandosi dalla sedia e andandole incontro.
― Perché lo sono, sono spaventata a morte. Ho ricevuto una brutta notizia oggi e non so come porvi rimedio; solo tu mi puoi aiutare. ― rispose lei, lasciandosi condurre verso una delle sedie dello studio.
― Dimmi tutto. ― replicò lui, riprendendo il suo posto dietro la scrivania.
― La mia casa è in pericolo... ― iniziò, poi si interruppe: aveva paura a continuare.
― Qualcuno ti ha minacciata? Ti stanno perseguitando in qualche modo? ― Gaia scosse la testa ― Parlami, se non mi dici cosa sta succedendo non posso aiutarti.
Prese coraggio e disse ― Prima devo farti vedere.
Tirò fuori dalla tasca uno dei fiori che aveva colto dalla siepe fuori dal palazzo, lo tenne sul palmo della mano e lo mostrò a Giuliano.
― Cosa dovrei vedere? ― chiese lui, non capendo.
― Guarda con attenzione. ― Gaia indicò con l'altra mano il piccolo bocciolo finché non fu certa che il suo avvocato potesse percepire il piccolo movimento, simile al pulsare di un cuore, che proveniva da quel fiore; come se volesse sbocciare di botto, ma continuasse ad avere dei ripensamenti.
― Che diavoleria è mai quella? ― Era scettico e sull'orlo dell'isteria, proprio la reazione che la ragazza temeva.
― Posso controllare le piante... e le cose viventi e non viventi... e le forze naturali in genere. Ho bisogno di un buon amico che mi creda, ti prego: credi!
L'uomo saltò dalla sedia, probabilmente stava pensando che fosse davvero pazza; le parve anche di vederlo indietreggiare quasi fosse inorridito.
― Non l'ho mai detto a nessuno proprio perché temevo questa reazione, ma ora la mia casa è in pericolo e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a salvarla. ― A queste parole si alzò a sua volta per andargli incontro, mentre i suoi vestiti e il suo aspetto cambiavano, e si ritrovò con fiori e foglie intrecciati tra i capelli e con la sua candida veste ― Sono Gaia, la dea della natura, e ho bisogno del tuo aiuto.
Nel tentativo di sfuggirle e vagamente sotto shock, Giuliano si voltò di scatto e andò a sbattere contro l'anta aperta di un mobile, cadendo lungo disteso e perdendo i sensi.

* * *

― Che strano sogno ho fatto... ― Aveva ancora gli occhi chiusi e si capiva che stava parlando più a se stesso che a qualcuno.
― Non era un sogno. ― Gaia era seduta a gambe accavallate, a qualche metro da lui, in attesa che si svegliasse. L'aveva disteso in mezzo ai fiori, nel suo letto e lo osservava paziente.
Giuliano aprì gli occhi e trovò la dea con quell'aspetto che l'aveva così tanto spaventato. Si prese qualche minuto per osservarla con più attenzione: era una normalissima donna, ma riusciva a intuire qualcosa di diverso, una sorta di bellezza eterea che apparteneva esclusivamente a lei. Per un attimo si chiese cosa in quella donna aveva avuto il potere di terrorizzarlo, prima che fosse distratto dalle sue parole.
― Benvenuto a casa mia. So di usare un indirizzo fittizio, ma la verità è che la mia vera dimora è questa, fin dall'alba dei tempi, fin da quando generai Urano che ci sovrasta e partorii i Giganti... ed è proprio in quel letto che abbiamo procreato. ― aggiunse, indicando verso l'uomo ― Ora tutto questo sta per scomparire, il mio studio vuole costruire su questo terreno che non appartiene a nessuno; non legalmente intendo. Ti prego, aiutami a salvarlo.
― È tutto vero allora... ― constatò mentre si metteva in piedi.
― Tutto... manterrai il mio segreto, vero? E mi aiuterai? ― Anche lei si alzò per andargli incontro, per supplicarlo.
― Lo farò.
Gaia sorrise, lo oltrepassò e si gettò a braccia aperte tra i fiori. L'altro la seguì, sistemandosi con cura al suo fianco. Si sentiva alquanto pazzo a credere a tutta quella storia assurda, ma come poteva dire di no a una tale bellezza?
― Quanti anni hai? ― le chiese infine, con un tono di voce basso, che però tradiva un pizzico di curiosità.
― Non sai che non si chiede mai l'età a una donna? ― Al suo sguardo però rispose ― Sono vecchia quanto il mondo, ma allo stesso modo sono giovane come una ventenne. Sono costretta a vivere innumerevoli vite, rinnovandomi come si rinnova la natura, invecchiando e morendo come un qualsiasi essere umano e rinascendo ancora e ancora come una fenice. Sono immortale, morirò col mondo, ma in ogni ciclo della mia esistenza posso vivere come un qualsiasi altro essere umano. ― Mentre parlava i suoi occhi passavano in rassegna le stelle nel cielo, come se ci fosse un qualche disegno astrale che solo lei riusciva a vedere.
― Sei così bella... ― Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse fermarle.
― Sono la madre di Afrodite, la dea della bellezza. Beh, non proprio sua madre, ma siamo strettamente imparentate. ― scherzò. Si voltò verso l'uomo che la stava ancora fissando, non aveva staccato gli occhi da lei un solo istante; rimase anche lei a osservarlo in silenzio. Lui si avvicinò, le loro labbra si sfiorarono e i loro respiri si solleticarono a vicenda.
È questo posto...’ pensò lei, non appena il pensiero di star facendo qualcosa di sbagliato arrivò a disturbarla ‘e sono io... è da troppo tempo che non vado con un uomo.
― Perdonami. ― disse quando riuscì a convincersi di smettere ― Tutto questo è un errore, non dovremmo farlo. È colpa mia.
― Non è vero, sono io che ti ho baciata. ― replicò lui, cercando nuovamente la sua bocca.
― Sono io che ti ho spinto a farlo. Tu non te ne rendi conto, ma è il mio bisogno di una relazione a farti questo... effetto.
― No, invece. Lo voglio anch'io.
Prima che potesse replicare tornò a impossessarsi delle sue labbra avido come un assetato che beve da una fonte. Gaia gli gettò le braccia al collo, la sua mente svuotata da qualsiasi pensieri, inebriata solo dall'idea di un uomo, lì, nella culla della creazione di qualsiasi essere vivente.
Fu uno dei momenti più dolci di tutta la sua esistenza, nessun dio aveva mai giaciuto con lei con tanta tenerezza, nessun dio l'aveva mai accarezzata con tanta adorazione, nessun dio le aveva mai sussurrato quelle parole mentre la amava così profondamente e totalitariamente. Il sole del mattino li colse in questo modo, nudi e abbracciati che dormivano dopo una notte di passione e desiderio represso per troppi secoli, che aveva finalmente trovato il proprio sfogo.

* * *

Non erano passati molti giorni e anche se Gaia era in ansia per la sua dimora, lo era ancora di più se pensava a quello che aveva fatto. Non aver più sentito Giuliano da allora, poteva essere sia una cosa positiva che negativa; si sarebbe risparmiata delusione o insulti, ma voleva davvero chiedergli perdono per ciò che avevano fatto, per ciò che lei gli aveva fatto. Tuttavia temeva la sua reazione e continuava a rimandare quella dannatissima telefonata.
Appoggiò una mano sul proprio ventre, un gesto che da sempre l'aveva confortata. Poteva sentirlo, una nuova vita stava nascendo dentro di lei, presto un grande cambiamento avrebbe sconvolto il mondo; non aveva mai procreato con un essere umano, poteva benissimo portare un abominio in grembo, ma non poteva far altro che accettarlo, era la sua natura.
Un suono la riscosse dai suoi pensieri; alzò la cornetta per rispondere e quasi le prese un colpo nel sentire la sua voce.
― È fatta, ho provveduto ad acquistare quel terreno con un nome fittizio. La tua casa è salva. ― Quanto odiava quell'apparecchio, non riusciva mai a comprendere lo stato d'animo delle persone da quel tono distorto che le arrivava.
― Grazi mille, Giuliano, davvero. Senti, io volevo scusarmi per l'altra sera ― decise di prendere la palla al balzo per dire tutto ciò che aveva da dirgli ― ti ho spinto a fare cose che non dovevi per un mio bisogno. Sarò monotona, ma ho bisogno di vederti, devo parlarti e non mi va di dirti certe cose per telefono.
― Altri problemi? ― chiese lui.
― No, nulla di nulla. Solo che... è una cosa un po' troppo delicata e personale da dire al telefono.
― Ho giusto mezz'ora di vuoto, sarò lì fra cinque minuti. ― E riagganciò. In quel momento il signor Andrenacci entrò trafelato per comunicare la cattiva notizia al suo architetto migliore: non si sarebbe fatto nessun palazzo dove sorgeva quel boschetto, dato che il terreno era stato acquistato in via esclusiva da qualcun altro.
Giuliano arrivò puntuale come aveva detto. Bussò alla porta ed entrò non appena ebbe ricevuto il permesso. Gaia era in piedi affacciata alla finestra e gli dava le spalle; non era la splendida fanciulla vestita di fiori e foglie, ma la donna in abito formale che aveva imparato a conoscere. Mosse qualche passo verso di lei, ma si fermò di colpo quando si voltò.
― Guardami ora, ti sembro così bella?
Lui riprese ad avvicinarsi; allungò una mano e le sciolse lo chignon, le intrecciò la mano tra i capelli e rispose ― Lo sei sempre stata.
― Non dovevamo stare insieme ― riprese lei, come se l'uomo non avesse detto nulla ― e soprattutto non dovevamo farlo in quel luogo.
― Perché, cosa c'è di male? Non mi hai costretto a fare niente che non volessi anch'io, se è questo che mi preoccupa.
― Ti ho detto che è lì che sono nata ed è sempre lì che ho concepito tutti i miei figli... voglio che sia chiaro che non esigo nulla da te, ma credo sia corretto che tu sappia: sono incinta.
A quella rivelazione Giuliano fece un passo indietro, trovò la scrivania e vi si appoggiò per evitare di cadere dallo stupore. Gaia gli si avvicinò prima di riprendere.
― Non devi sentirti in colpa verso di me o in dovere per questa creatura che porto in grembo, me la sono cercata io, da sola. Non voglio nemmeno che tu ti senta padre se non vuoi esserlo.
― Io... padre? ― Non era certo di aver recuperato la propria voce.
― No, se non vuoi. Questa nuova vita è la prima che ho generato con un essere umano, sarà un semidio, forse qualcosa che in natura ancora non esiste. Volevo solo che lo sapessi.
― Ma... sei proprio sicura di quello che dici? Sei sicura di essere incinta? ― chiese ancora lui sempre più sconvolto.
― Ho generato decine e decine di vita, so sentire una gravidanza. E poi sono una dea, non dimenticarlo. Ora però credo sia meglio che tu vada, non hai un appuntamento tra poco? ― Voleva chiudere il discorso e voleva chiuderlo subito, prima che potesse accadere qualcosa da farla star male. Si voltò per tornare verso la finestra, sistemandosi i capelli sciolti.
In quel momento Giuliano riuscì a vedere tutta la magnificenza che la contraddistingueva, la divinità nascosta dentro una piccola donna fragile. La piccola donna fragile che lo aveva ammaliato prima ancora di conoscere il suo passato.
Le si avvicinò con due ampie falcate, la voltò e la baciò, impedendole di rifare l'acconciatura, anzi, spettinandola ancora di più, mentre affondava le sue mani in quella chioma setosa; la strinse a sé, sollevandola e trasportandola lontano dal vetro.
― Sono con te, non provare ad escludermi dalla tua vita.
Gaia poté sentire il suo sorriso sulle labbra mentre tornava a baciarla; le sue paure si erano finalmente placate, la nuova vita dentro di sé le dava nuova forza, finalmente poteva dirsi felice.



Ammetto che scrivere questa storia è stato difficilissimo, avevo il personaggio, ma non avevo la trama e per quanto io mi sia sforzata di non farlo, non sono riuscita a non andare sul romantico; personalmente non sono soddisfatta di come è venuta, nel senso che avevo aspettative maggiori per questa storia che ora mi sento di giudicare solo come "carina" (ma di certo non tra le mie migliori), al pubblico l'ardua sentenza.
I contest a cui partecipa sono: ‘‘ADA ~ Associazione Divinità Anonime’ indetto da Delirious Rose, in cui dovevo scrivere una storia che avesse come protagonista un dio di un qualsiasi pantheon e un suo aspetto (io ho scelto Gaia come essenza della natura) e ‘Iter mentis per imagines pro historia scribenda’ indetto da darllenwr, in cui dovevo usare l'immagine di cui sopra.
I font che usati sono: IvyDisplayCaps (alternativo: Mistral) per il titolo e Book Antiqua (alternativo: Cambria) per il testo.
Per ora vi saluto e, come sempre, vi invito a recensire. ^_^
syssy5

   
 
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