(Don’t)
Forget Where You Belong
La
preparazione per la notte di Effie può durare anche più due ore:
togliersi la maschera di trucco che ogni giorno deve indossare è un
lavoro che va fatto con minuzia e precisione ed Effie ci tiene a farlo
personalmente, avendo sempre avuto cura ed amore per la sua pelle; dopo presta
le sue attenzioni alla sua vistosa acconciatura. Benché sia una semplice
parrucca, la lava e la pettina, rendendola presentabile per il cambio di colore
e di forma che dovrà subire il giorno successivo.
Effie,
alla fine di quel lungo trattamento, si guarda allo specchio e non si
riconosce. I lisci capelli biondi sono morbidamente appoggiati sulle spalle,
senza alcun glitter o colore, le guance pallide sono colorate soltanto dal suo
calore naturale, gli occhi chiari non sono coperti dalle quattro paia di ciglia
finte che indossa e dai quintali di ombretto ed, infine, le labbra rosate
s’intravedono appena, ormai sfiorite dal continuo uso di rossetti ultra-colorati.
Effie non
si piace, probabilmente perché il mondo – anzi Capitol City
– le ha insegnato che al naturale lei non debba piacersi.
Il treno
scorre veloce, imperturbabile alle tragedie di quei giorni. Quei poveri
ragazzi! Non credeva che avrebbe potuto provare ancora qualcosa come la stretta
allo stomaco che aveva sentito nel pronunciare il nome di Katniss o le lacrime
che avevano minacciato di uscire quando aveva dovuto annunciare ciò che
tutti sapevano: Katniss e Peeta erano nuovamente i tributi del Distretto 12.
Nel freddo
della sua cabina – nonostante sia certa che siano climatizzate –
Effie, vestita di una lunga e semplice vestaglia rossa, ricorda di aver
lasciato tutta la sua programmazione per la giornata seguente nella cabina
ristorante.
Imprecando
per la dimenticanza, è costretta ad alzarsi, sollevandosi al pensiero
che comunque nessuno possa vederla in quelle condizioni.
Una volta
giunta lì e recuperata al volo la cartella, si appresta a tornare
indietro, senza neanche aver aperto la luce della stanza; tuttavia le basta
sentire un tintinnio ormai familiare per rendersi conto di non essere sola.
Infatti,
qualche secondo dopo, una flebile luce si diffonde per la stanza ed Effie,
girandosi, vede la figura di Haymitch intento nella sua solita attività:
trangugiare bicchieri e bicchieri di qualche super liquore, con lo sguardo
perso nel vuoto del suo bicchiere e il corpo malamente abbandonato sulla
poltrona.
«Possibile
che tu non riesca mai a smettere di bere?» irrompe Effie, riuscendo a
rendere la sua voce squillante nonostante ne stia controllando il tono.
Haymitch
si riscuote, puntando lo sguardo in quello di lei e stropicciando gli occhi,
come se non fosse convinto di quello che vede. È in quel momento che
Effie si ricorda del suo stato totalmente impresentabile e terrificante!
Apre gli
occhi per lo stupore di essersi fatta cogliere in fallo e sarebbe già al
sicuro chiusa dentro la sua cabina, se la voce di Haymitch non l’avesse
chiamata.
«Effie?»
«Mio
Dio, sei così ubriaco da non riconoscermi! Vattene a dormire, invece di
stare al buio qui dentro. Domani sarà una lunga giornata!»
«Solitamente
non mi accorgo che hai gli occhi azzurri.» è l’unica
risposta, totalmente discostante dal suo rimprovero, che riceve.
«Non
guardi bene.»
«Non
ti fai guardare bene.» ribatte lui, prontamente.
Effie si
stringe, incrociando le braccia e mettendo la cartella di fronte alla piccola
scollatura che porta, vergognandosi di essersi dovuta far vedere così da
quell’ubriacone.
«Beh,
stai qui quanto vuoi. Io vado a dormire.»
Haymitch
però, con una straordinaria agilità che non credeva più
gli appartenesse, si alza e la tira dal braccio, impedendole di andarsene.
La
bottiglia di rum cade a terra, infrangendosi al contatto col suolo e
frammentandosi in milioni di pezzettini di vetro.
Effie
dovrebbe gridare, protestare perché quell’uomo non sa davvero farne una giusta. Effie
dovrebbe, ma non una parola esce dalle sue labbra pallide se non un leggero
sussulto quando la presa dell’uomo inizia a farle male.
C’è
qualcosa di vagamente surreale nello specchiarsi negli occhi di Haymitch.
È quasi palpabile il dolore che scorre dalle sue iridi chiare, insieme a
un numero fin troppo alto di rimpianti e rimorsi.
«Sei
molto più bella così, dolcezza.»
L’alito
impregnato di alcool la investe ed Effie gira il viso contrariata, sia
dall’odore che dal complimento.
«Menzogne.»
dichiara, liberandosi dalla presa che Haymitch ha indebolito.
«Non
mi pare che io mi crei problemi a dirti se sei brutta, come in effetti sei la
maggior parte del tempo che ti guardo.»
«La
tua maleducazione non ha limite alcuno.» commenta irritata, ma sentendosi
stranamente poco desiderosa di allontanarlo da lei.
Haymitch
ride, di un riso nervoso e melanconico, chiedendosi perché Effie debba
soffocare la sua personalità. La risposta sembra facile, dato che
è nata e cresciuta a Capitol City, città che sembra avere come
unico scopo il coprire i veri sentimenti per confezionarne altri nella mente
delle persone.
Probabilmente
è per questo che si travestono tutti come pagliacci.
Gli
è stato insegnato che sono sbagliati e si devono migliorare.
«Dovresti
provare ad andare in giro così. Senza tutti quegli inutili
ornamenti.»
«Certo!»
la risata che si avverte nella risposta è colma di malcelata amarezza.
«Così tutti mi criticherebbero, giustamente, per il mio pessimo
modo di vestirmi!»
«Non
dovresti dare retta ai giudizi di quei cretini.»
Haymitch
sa che seguiranno urla sommesse che riusciranno comunque a trapanargli i
timpani e si prepara mentalmente, ma Effie si limita a sospirare.
«Io
faccio parte di quei cretini, Haymitch. Cosa che un ingrato come te, del
Distretto 12, non può capire.»
«Non
è vero!»
Effie
indietreggia leggermente, spaventata da quell’urlo improvviso.
«Ti
inducono soltanto a dire queste, tu non le pensi Effie.»
«Vederti
delirare così mi convince sempre di più che la scelta più
sana sia la sobrietà…»
«Se
le pensassi davvero, non vorresti far parte di questa strada.»
«Di
male in peggio…»
«Allora
rispondimi: ti rendi conto di far parte di un team composto da te e altre tre,
dico ben tre, persone che vengono dal Distretto 12 e sono fermamente convinte
che la tua città sia marcia e piena di persone ignobili, ridicole e
vuote?»
Effie non
reagisce stavolta: il sarcasmo non può salvarla, perché Haymitch
ha ragione.
Perché
sa bene quanto siano sbagliati gli Hunger Games che con tanto zelo presenta,
perché se davvero credesse, come tutte le persone a Capitol City, che
siano un’iniziativa utile a Panem, avrebbe gioito della sorte capitata a
Peeta e Katniss. Ma quelle che aveva sentito nei suoi occhi non erano lacrime
di gioia, ma di puro dispiacere.
«Tu
la pensi come noi Effie. Ecco perché ti senti parte di noi.»
Haymitch
arretra, evitando il vetro e stappando l’ennesima bottiglia di rum
– o tequila? Non se lo domanda neanche -.
«Eppure
non credevo fosse possibile, sai. Una donna come te, cresciuta e imbottita
dell’ideologia di Capitol City, garante perfino di uno dei Distretti per
gli Hunger Games, che riesce a mantenere un cuore ed un proprio pensiero. Sono
stupito, dolcezza.»
«Stai
parlando e traendo le tue conclusioni da solo, Haymitch. Te ne sei
accorto?»
Mitch
ride, riuscendo ad arrivare alla poltrona senza tagliarsi i piedi e si siede
nuovamente su di essa.
«Tu
non mi hai contestato. Il che è già di per sé un gran
successo: Effie Trinket che non polemizza e mi dà ragione.»
«Discutere
con te non porta a nulla. Buonanotte.»
Effie,
stavolta, lascia la stanza, non accorgendosi di Haymitch che segue il suo
profilo dileguarsi, domandandosi davvero perché insista
nell’indossare quei vestiti a palloncino che le coprono tutto quello che lei potrebbe
tranquillamente ben mostrare. Sorride
di quel pensiero, considerando come in tanti anni che la conosca non avesse mai
avuto un’immagine erotica di lei.
Forse
perché non l’aveva mai vista per come realmente è,
probabilmente perché ormai neanche lei sa guardarsi e riconoscersi.
Si alza,
constatando che sarebbe davvero il momento che smettesse di bere per quella
sera, come Effie gli ha consigliato.
Ingoia un
ultimo bicchiere di rum e ride nuovamente di sé stesso: da quando dà retta a quello che dice
Effie?
La donna,
rientrata nella sua cabina, si sente confusa e con la testa dolorante. Il suo
sguardo incontra lo specchio, dove rimira nuovamente la sua immagine e,
stavolta, le vengono in mente i complimenti di Haymitch e, per qualche secondo,
crede davvero a lui e non a tutto
quello che le dicono da quando ha tre anni.
Arrossisce
lievemente, rimproverandosi subito per quella mancanza di contegno, ma le sue
guance non più pallide sono una prova fin troppo evidente che nessuna
formalità può cancellare.
Ed Effie
il perché non se lo chiede, non è mai stata abituata a chiedere
“perché”.
“La
curiosità può essere pericolosa, è giusto vedere quel che
ci è concesso, senza fare domande” soleva dirle sua madre, chiuse
nella sua ideologia.
Uno
sguardo all’orologio la fa subito dirigere verso il letto, perché
domani sarà davvero una lunga giornata.
Eppure i
suoi ultimi pensieri concordando sul fatto che questi Hunger Games saranno
diversi, che tutto sta mutando.
Visualizzando
l’immagine di Haymitch, inizia a capire che qualcosa sta cambiando anche
dentro al suo cuore.
Salve, ci tenevo a precisare due cosettine in
queste (si spera) piccole note d’autore.
Intanto, confesso il mio peccato: non ho letto i libri, ancora. Per cui
capisco benissimo che la mia comprensione psicologia di questi due personaggi
è significativamente ridotta :(
Se ci fosse una zona per Hunger Games – Film, l’avrei postata lì, ma
purtroppo giustamente è presente solo questa.
Quindi i sicurissimi errori che avrò fatto nel tratteggiare Effie e Haymitch sono dovuti
probabilmente a questa mia mancanza.
Solitamente tendo a documentarmi a fondo (anche per l’impellente curiosità
di leggermi i libri), ma dalla visione dell’ultimo film, ho notato una
chimica che non sono riuscita ad ignorare.
Nel primo film non l’ho avvertita perché Effie
mi sembrava priva di spessore, invece gli atteggiamenti in questo film mi fanno
pensare che ci sia di più dentro
di lei (nonostante non abbia idea della sua storia, ma presumo possa
assomigliare a quella che ho immaginato).
E poi, per me, gli opposti irrimediabilmente si attraggono. Sia dannata x°D
Basta, spero vi piaccia, non faccia troppo schifo, che i personaggi non siano
troppo OOC e spero tantissimo mi lasciate un piccolo commentino :3
Baci.
EclipseOfHeart ~
P.S. ultimissima noticina
sul titolo: ho voluto evidenziare il contrasto tra dimentica dove appartieni (Capitol City) e (non) dimenticare (l’ideologia del
Distretto 12).
Troppe pippe
mentali, lo so x°D.