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Autore: Lilies    09/12/2013    6 recensioni
Tutto mi è familiare. Il buio della notte, il potente miscuglio di paura e gioia estrema. La selvaggia felicità impressa sul volto addormentato di Peeta, sorridente anche nell'incoscienza. La culla nell'angolo che racchiude una nuova vita.
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Rebirth (Peeta/Katniss)'
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In punta di piedi


Katniss EverdeenPeeta Mellarkmostruosamente fluff





La prima volta che l'ho sentita muoversi dentro di me, sono stata letteralmente divorata da un terrore che pareva antico quanto la vita stessa.1 C'era di nuovo qualcosa che avrebbero potuto portarmi via. Adesso, nel silenzio di questa notte di fine maggio, Peeta riposa al mio fianco, sorridendo beato anche nel sonno, e la bambina dorme nella sua culla qui vicino. Non ha nemmeno ventiquattr'ore di vita. Fresca come una goccia di pioggia.

La mia bambina.

Mi sono rifiutata di chiamarla così, mia, per tanto tempo. Non potevo, perché Prim era la mia sorellina, Finnick era mio amico, Peeta il mio fidanzato. E in un modo o nell'altro me li hanno strappati via, tutti. Prim se la sono portata via le bombe; Finnick, il povero Finnick, squartato da un branco di ibridi. Annie ha partorito poco dopo la fine della ribellione, e suo figlio è la reincarnazione vivente di Finnick. Stessi occhi verde-oceano, stesso sorriso rassicurante. E io non riesco ancora ad accettare il fatto di averlo abbandonato. Il mio sonno è infestato anche da incubi di lui che, grondante di sangue, mi supplica di non lasciarlo indietro. E le mie urla agghiaccianti hanno svegliato Peeta più di una volta. Peeta. Peeta che ha sofferto infinitamente per via del veleno degli aghi inseguitori. Peeta che ha cercato con tutte le sue forze di uscire da quel baratro in cui il depistaggio l'aveva gettato contro la sua volontà, per tornare da me.

Niente che sia mio è mai stato realmente al sicuro.

Ma questa piccola creatura, che è completamente nuova e viva e non ha idea di ciò che il mondo ha in serbo per lei, lei è mia. Proprio mia. Così infinitamente mia che mi ricorda che c'è ancora qualcosa di buono nel mondo, qualcosa per cui valga la pena essere felici.

Mi sottraggo delicatamente all'abbraccio di Peeta. Deve dormire davvero profondamente; a parte il petto, che si muove appena con i suoi sospiri, il resto del suo corpo è completamente immobile. Il piccolo sorriso che gli increspa le labbra anche se non è cosciente mi fa sorridere di riflesso, inconsapevolmente. Immagino cosa stia sognando. E sorrido di nuovo.

Cautamente, con il silenzio di un cacciatore nato, cerco di sporgermi oltre il bordo della culla. Mia madre si è offerta di inviarmene una nuova di zecca dall'ospedale, ma io non mi fido molto delle cose nuove. La vecchia culla mia e di Prim è stata distrutta dai bombardamenti, ma questa è appartenuta a Finn, il figlio di Annie. E non esiste persona di cui mi fidi di più.

Sbircio all'interno della culla, il cuore che batte in modo assurdamente veloce, perché non posso ancora credere che lei sia reale, che qualcosa di così innocente e di così perfetto possa essere stato affidato proprio a me, dopo tutto quello che ho distrutto. Ma lei è lì, indifesa e bellissima, il respiro profondo, le manine strette in minuscoli pugnetti. Sono ancora scioccata dall'enorme quantità di amore di cui mi sento pervadere ogni volta che il mio sguardo si posa su di lei. Ha i capelli scuri come quelli delle poche foto che ho trovato di me stessa da neonata, ma i suoi occhi sono di uno speciale tipo di azzurro, incantevoli e lucenti, come quelli di Peeta. Sono così felice che abbia i suoi occhi.

Qualcosa zampilla dentro di me, qualcosa di più forte e potente delle lacrime. Peeta ha insistito per chiudere le finestre. Nel caso la bambina prenda freddo, ha detto. Ma le tende sono ancora tirate, e lasciano che la luce lunare illumini questo minuscolo fagottino che non ha mai sentito parlare di Capitol City e degli Hunger Games e non dovrà mai vivere con la paura della Mietitura o degli incubi. Quest'anima così pura non verrà perseguitata dai fantasmi, come invece lo sono io. Voglio proteggerla, tenerla al sicuro, assicurarmi che si senta sempre amata e protetta. Non mi sono sentita così da quando Prim...

Prim. Il solo pensiero mi fa stringere simultaneamente i pugni per impedire ai singhiozzi di prendere il sopravvento. Quanto avrebbe amato questa piccola creatura. Quanto sarebbe stata brava a prendersi cura di lei, con le sue delicate mani risanatrici. Perché, a parte la testolina scura, ogni cosa di mia figlia mi ricorda Prim. Il suo stesso faccino dolce, la sua stessa purezza, ciò che provo per lei è lo stesso che provavo, che provo, per la mia sorellina. È strano ciò che sento, un miscuglio di incontenibile gioia ed infinita tristezza. Mi sento attraversare il petto da un dolore lancinante.

Ma poi accade qualcosa di magico, e la piccola neonata che dormiva nella culla ereditata dal figlio di uno dei miei più cari amici apre gli occhi. E il pianto a cui mi sono preparata non arriva. Batte le palpebre un paio di volte, e le sue ciglia sono così piccole, ma riesco a vederle lo stesso mentre impattano contro le guance rosa. Mi guarda come se sapesse già tutto, come se sapesse che ho un bisogno quasi vitale di questo momento tra noi due, solo tra me e lei, per ricordarmi che darla alla luce è stata la cosa giusta sin dall'inizio.

Perché Panem è un posto migliore, oggi. Cinna e Finnick e Boggs e dio solo sa quanti altri sono morti per assicurarsi che questo accadesse. E la mia bambina, mia figlia, sarà la prima a poter beneficiare del meraviglioso mondo che abbiamo creato. Lei non renderà vano il loro sacrificio. La sollevo delicatamente dalla culla, beandomi del suo calore, sconvolta che qualcosa di così genuino e piccolo e vivo riesca a rendermi felice di essere sopravvissuta.

Infine, dopo tanta attesa, un'unica, lucente lacrima salata mi attraversa la guancia.



◊◊◊



Tutto mi è familiare. Il buio della notte, il potente miscuglio di paura e gioia estrema. La selvaggia felicità impressa sul volto addormentato di Peeta, sorridente anche nell'incoscienza. La culla nell'angolo che racchiude una nuova vita.

Mi è difficile credere che siano passati già due anni dalla nascita di nostra figlia. Neanche il tempo di un battito di ciglia, che il suo arrivo ha migliorato le nostre vite in maniera incontrovertibile. La mia vita, la vita di Peeta, persino quella di mia madre, che ogni tanto viene a trovarci. La bambina ha iniziato a parlare da qualche settimana, ma non è ancora abbastanza grande da riuscire a chiedere spiegazioni riguardo agli incubi, alle cicatrici disseminate sui nostri corpi, al perché io e il suo papà andiamo in visita di così tante tombe. E io sono felice. Per quello ci sarà tempo.

E adesso ne è arrivato un altro. Un maschietto. Aspettare lui è stato un po' più facile. Non molto, però.2 Durante la gravidanza ho sofferto ancora di quei terribili incubi in cui mi vedevo strappare via i miei figli dalle braccia, ma ne è valsa la pena. È venuto al mondo di mattina presto, il mio bambino. A differenza della femminuccia, nata alle ultime luci del giorno, quando il cielo era dipinto di rosa e di un tenue arancione. Il piccolo ha una nuvola di riccioli biondi e i suoi occhi sono di un insolito blu nebbioso. Mia madre dice che presto diventeranno grigi. I tipici occhi da Giacimento. Sono così felice. Perché gli occhi grigi che questo maschietto ha ereditato non sono i miei. Ma di mio padre. Mio padre, che vive ancora attraverso la voce melodiosa della nostra piccola e lo sguardo vispo e attento del maschietto.

E questa è la cosa meravigliosa dei miei figli, e in realtà di tutti i bambini. Quando vengono al mondo, riportano in vita piccoli pezzi di famiglia che credevi di aver perso per sempre. Questo piccolo ha gli occhi di mio padre. La bambina ha il sorriso di Prim. Peeta dice che i suoi brillanti occhi azzurri sono come quelli di suo padre.

Mio padre, la mia sorellina, il padre di Peeta. Sono tornati da noi. E Peeta è così felice.

Devo così tanto a Peeta. Mi ha fatto capire che avere dei bambini non è una condanna a morte per nessuno di noi, non significa più vivere costantemente consumati dal terrore per la prospettiva di nuovi Hunger Games e di nuove Mietiture, com'è accaduto ai nostri genitori. Ci è voluto tanto tempo prima che riuscisse a convincermi, perché il peso di ciò che ho vissuto in passato a causa di Capitol City grava ancora sulle mie spalle, e lo farà per sempre; gli incubi che mi perseguitano mi strappano al sonno nel cuore della notte ancora oggi. Però Peeta aveva ragione. Dannatamente ragione. Un figlio ti cambia la vita per sempre. In meglio. E lui è così felice quando la bambina riesce a farmi tornare la voglia di cantare qualcosa, e io lo amo così tanto. Quando gli ho detto di essere di nuovo incinta, è impazzito di gioia. Ho temuto che un infarto me l'avrebbe portato via, da tanto si era fatto prendere dall'euforia. E stamattina, quando ho dato alla luce nostro figlio, non ho mai visto nessuno più felice di Peeta; né prima di essere spedita nella nostra prima arena, né dopo. Nemmeno a Capitol City dopo la vittoria dei ribelli, con tutta quella gente in festa per le strade.

Adesso c'è lui, il nostro piccolo maschietto, che dorme nella culla che appena due anni fa è stata occupata dalla bambina, dalla sua sorellina. Quand'ero incinta, ho sempre evitato di usare la parola sorella, perché mi ricordava troppo la paura e il dolore e la mia terribile perdita. Prim, la mia sorellina che non c'è più. È stato difficile accettare la sua morte, mi ci sono voluti anni. E alla fine è stato solo grazie a Ranuncolo, quel gattaccio pulcioso che tanto mi odia, se sono riuscita ad andare avanti. Una notte, svegliata dai miei personali demoni, ero corsa nella stanza di mia figlia, per controllare che non me l'avessero davvero portata via, come la mia mente mi aveva mostrato. E Ranuncolo era lì, raggomitolato in fondo al suo lettino, lo sguardo vigile e attento, e vegliava su di lei. È stato allora che ho pianto definitivamente tutte le mie lacrime e realizzato che Prim non sarebbe mai più comparsa sulla porta di casa con il lembo della camicetta fuori dalla gonna come la codina di una paperella.

Ma ora, al buio della nostra stanza da letto, lo sussurro piano, “Sorella”, pensando che mio figlio ne ha finalmente una.

E va bene così. Perché le sorelle sono una cosa stupenda. Una cosa meravigliosa. E ciò che lega i miei bambini, che non sono consapevoli di nulla, non farà mai provare loro tutta l'angoscia e il terrore che ho provato io ogni volta che Prim era lontana da me. Questo loro legame mi ricorda, invece, quando le ho regalato la piccola e sfortunata capretta Lady per il suo compleanno, mi ricorda le conversazioni sussurrate nel buio della nostra cameretta, la sua testolina incastrata sotto il mio mento, il modo in cui ci tenevamo per mano quando eravamo piccole, le collane di corda fabbricate all'insaputa di nostra madre, le canzoni canticchiate nei momenti di noia, mi ricorda come nostro padre riuscisse a tenerci entrambe tra le sue braccia e ci stringesse a sé in uno dei suoi caldi abbracci, esattamente come fa oggi Peeta con me e la nostra bambina. Sono così contenta che i miei figli abbiano tutto questo. Significa che potranno vivere la loro vita al meglio, in nome di ciò che li lega l'uno all'altra.

Perché è ciò che anche loro faranno. Proteggersi a vicenda.

Non sono pietrificata dal terrore come lo ero due anni fa, quando me ne stavo in questo stesso punto e fissavo atterrita questa stessa culla, osservando la bambina così simile al piccolo eppure così diversa, chiedendomi se avessi fatto la scelta giusta. In realtà c'è ancora un po' di paura, dentro di me, ma è mescolata all'amore; c'è anche qualcosa che mi spaventa terribilmente, nell'essere così fortunata e felice. Una nuova creatura mi è stata affidata, e ho paura, perché in passato ogni cosa che ho amato mi è stata strappata via, in un modo o nell'altro. E ora ho questi due bambini, i miei bambini, che amo più di qualsiasi altra cosa. E sono così grata eppure tanto spaventata al tempo stesso.

Mio figlio si stiracchia nella sua culla emettendo un buffo versetto, e il suo viso paffuto è così dolce, così fresco, così bello come quello di sua sorella, che ancora una volta mi sento pervasa da quest'assurda gioia che mi rassicura, perché mettere al mondo i bambini è una bella cosa. Probabilmente la migliore. Sfioro dolcemente guancia del mio bambino con un dito, meravigliata ed insieme tranquillizzata dalla sua innocenza, dal modo in cui lui sia all'oscuro di tutto ciò che mi tormenta, da come loro, i miei, i nostri bambini, non verranno mai perseguitati da nessuno. Perché ciò che è successo a noi, a Peeta e me, è qualcosa che nessuno avrà mai più la sfortuna di affrontare, finalmente.





Nda: Salve a tutti!
Non ho molto da dire, se non che è la prima storia che pubblico in questo fandom.
È oscenamente fluff, ne sono consapevole, ma spero piaccia comunque. Katniss è abbastanza complicata da gestire, me ne sono resa conto mentre scrivevo... credo di averla inquadrata decentemente, ma lascio a voi tributes veterani il verdetto (che è meglio) ;)
Ditemi cosa ne pensate, sia se vi è piaciuta sia se vi ha fatto schifo! Mi fareste un gran regalo :)
Ciao ciao, un bacione! :*
Lilies

Note: 1-2 tratto dall'epilogo di Hunger Games: Il canto della rivolta, pag. 421 (Suzanne Collins)

  
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