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Autore: Marlene Ludovikovna    10/12/2013    1 recensioni
| Seconda Guerra Mondiale, Polonia |
- Hermann era un uomo bello, di qualche anno più grande di lei, che aveva fatto carriera nelle SS. Eppure lui non riusciva ad appagarla completamente.
Lei voleva Thomas e rinunciando a lui aveva rinunciato agli ideali d'amore perfetto, di sfarzo, di poetica bellezza. Accettando l'amore di Hermann, che un tempo era sincero, si era promessa di non pensare più a lui.
"Gretel, Gretel, Gretel. Ti amo" Le aveva detto Hermann, togliendole l'innocenza, quando ancora aveva diciotto anni e tutta la vita davanti. E in questo modo lei si era convinta: lo avrebbe sposato.
Ora di anni ne aveva trenta e si sentiva appassita.
Prima adorava sentire il suo nome uscire dalle labbra di lui, dando ad esso un senso, ma adesso detestava il suono della voce di Hermann quando la chiamava. Sembrava che stesse parlando ad un suo soldato, come se stesse dando un ordine.
Lui era consumato da ciò che lo aveva reso grande, lei dalla sua intollerabile tristezza. -
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Intollerabile tristezza. 
 

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.

- Lev Tolstoj


L'infanzia di Hermann era stata solcata da una profonda inquietudine. Si era spesso chiesto quale fosse stato il motivo di tanti abbandoni, di tanta solitudine. Perché non poteva essere felice come lo erano gli altri suoi coetanei?
Nonostante il tempo rubato a quegli anni infelici, sua moglie gli revocava ogni volta la sua solitudine.
Si chiamava Gretel. Come la bambina della favola che nessuno gli aveva mai letto.
Erano queste le giustificazioni che lui si dava per gli omicidi che compieva ogni giorno, per lavoro. La morte era il suo lavoro e ogni volta che tornava a casa e baciava freddamente Gretel si sentiva incredibilmente solo.
Quella solitudine lo spingeva a dare il meglio di sè, quando si trattava di far soffrire gli altri.
La crudeltà lo aveva reso forte davanti agli altri, ma incredibilmente fragile davanti a lei.
Glielo avevano detto: un uomo che non domina la propria moglie non può arrivare da nessuna parte.
Ma con Gretel non riusciva a fare proprio niente perché lei era talmente passiva dal dominarsi da sola.
La vedeva girovagare per le stanze con quella vestaglia color crema, come se fosse un fantasma, la vedeva essere sul punto di odiare i suoi stessi figli, Anna e Lucas.
Hermann con loro era freddo, c'era solo per rimproverarli e in realtà lo stesso faceva con lei.
I suoi occhi azzurri erano spenti, quando lo guardava. Adempiva al suo dovere coniugale una volta al mese e al sesso veniva tolta tutta la gioia.
Gretel si chiedeva spesso dove potesse trovare la sua felicità coniugale, perché quell'uomo le aveva tolto tutto, nutrendosi della sua giovinezza.
Ricordava che all'inizio era innamorata di lui.
Un uomo bello, di qualche anno più grande di lei, che aveva fatto carriera nelle SS. Eppure lui non riusciva ad appagarla completamente.
Lei voleva Thomas e rinunciando a lui aveva rinunciato agli ideali d'amore perfetto, di sfarzo, di poetica bellezza. Accettando l'amore di Hermann, che un tempo era sincero, si era promessa di non pensare più a Tom.
Gretel, Gretel, Gretel. Ti amo. Le aveva detto Hermann, togliendole l'innocenza, quando ancora aveva diciotto anni e tutta la vita davanti. E in questo modo lei si era convinta: lo avrebbe sposato.
Ora di anni ne aveva trenta e si sentiva appassita.
Prima adorava sentire il suo nome uscire dalle labbra di lui, dando ad esso un senso, ma adesso detestava il suono della voce di Hermann quando la chiamava. Sembrava che stesse parlando ad un suo soldato, come se stesse dando un ordine.
Vieni qui, Gretel. La sua voce era rigida, fredda quando le chiedeva di baciarlo.
Lui era consumato da ciò che lo aveva reso grande, lei dalla sua intollerabile tristezza.
All'inizio non ci aveva pensato molto; era un poveraccio e quella era una possibilità di riscattarsi. Non gli importava di dover compiere crudeltà, uccidere persone. Voleva un riscatto sociale e la carriera militare glielo aveva dato.
Ma poi cosa restava di lui dietro alle medaglie e alla svastica? Cosa restava di loro?
Era cenere sull'asfalto, calpestata da tutti.
E la sofferenza di Gretel si rifletteva nella sua angoscia continua. Di notte non dormiva mai, stava sveglio e fumava. Il fumo si espandeva nell'aria, donandogli un senso di tranquillità, anche se solo per poco.
Il corpo nudo di lei, steso sul materasso dopo il sesso non gli recava alcun desiderio.
Poi usciva, andava al lavoro, uccideva persone.
Sentiva di meritare quella sofferenza, dopo tutto ciò che aveva fatto.
Tornava a casa, Gretel era lì. Il suo viso che diventava sempre più infelice, sempre più scarno gli riportava alla mente i volti dei prigionieri che ogni giorno picchiava, distruggendo la loro dignità fino a farli arrivare alla fine del loro drammatico tragitto.
A volte sembrava che il fumo si trasformasse nei loro corpi che danzavano di fronte a lui.
Non avrebbero mai dovuto trasferirsi a Plaszow, non era un buon posto per crescere i bambini... Semplicemente si rendeva conto di aver fatto delle scelte sbagliate e irrimediabili.
Ogni giorno l'immagine si ricostruiva perfettamente davanti a lui.
Gretel e Hermann non avrebbero mai trovato la felicità coniugale perché erano infelici e nella loro infelicità si crogiolavano. All'infinito.
Nelle ceneri si distruggevano.
Gretel si chiedeva la ragione di tanta infelicità e non riusciva mai a trovarla. Doveva trovarla nella morte, ma forse alla fine lei amava Hermann.
Per questo ogni giorno non si curava della sua freddezza, dei suoi modi bruschi.
Ricordava quando l'aveva incontrato per la prima volta.
Lo aveva visto all'uscita della sua scuola e si era innamorata del suo sguardo determinato, ma non riusciva ad essere convinta per le troppe contraddizioni dentro di sè.
Poi era sempre stata succube di ogni sua decisione, fino ad accorgersi che non era quello che voleva e adesso era troppo tardi.
Così le sue giornate si consumavano davanti alla finestra che mostrava la neve, il cielo bianco, le ceneri, il fumo.
E la sua infelicità si trasformava in qualcosa di concreto, vivido. E la colpiva in pieno petto con tutta la sua violenza.
Ed era così; ad ogni ora, in ogni giorno.

 

Angolo Autrice.

Buonsalve, comrades!
... Non so perché io vi abbia salutato in questo modo, comunque... Ciao a tutti.
Inizio con il dire che questo è stato un argomento particolarmente difficile da trattare e riuscire a rendere le sensazioni dei personaggi quindi mi è apparso complesso. L'ispirazione è nata dalla lettura di Anna Karenina, di Tolstoj e da tutti i romanzi di Fitzgerald.
Chi ha letto anche la mia altra shot 'The Power' (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2247614&i=1immagino che avrà notato una somiglianza tra i due personaggi maschili (oltre che per il nome). Ebbene è lo stesso identico personaggio, solo che qui è tempo dopo quando si è reso conto delle oscenità da lui commesse.
Spero che questo mio lavoro sia riuscito e che voi lo abbiate apprezzato.
Un bacio e alla prossima;

Marlene

 
   
 
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