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Autore: hiccup    10/12/2013    4 recensioni
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“Sono a casa,” annuncia Blaine richiudendo la porta dietro di sé con una spallata.
Rimane in attesa di una risposta, ma quando questa non arriva, trattiene un borbottio e si dirige in cucina, posa le borse della spesa sulla tavola e si spoglia della sciarpa calda e della giacca pesante.
Lancia un’occhiata al telefono e vede la spia rossa lampeggiare: messaggi in segreteria telefonica. Sarà di nuovo Kurt e la sua apprensione morbosa. Lo richiamerà più tardi.
[...]
(Seblaine)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Autore: hiccup
Titolo: Echo.
Personaggi: Sebastian Smythe, Blaine Anderson, Kurt Hummel.
Rating: Giallo
Genere: Angst (tanto angst), Drammatico, Introspettivo.
Avvertimenti: Slash, What If.
Note: Sono una brutta persona e probabilmente, anzi quasi sicuramente, mi odierete e vorrete picchiarmi brutalmente e buttarmi giù da un burrone. E sapete una cosa? Probabilmente me lo merito. Perché questa one-shot trasuda così tanto angst che inizio a sentirmi un po’ –forse – in colpa. Diciamo che mi piace scrivere queste cose. Magari è pure clichè, ma devo essere sincera, quindi vi dico che mi è piaciuto scriverla (linciatemi yaaa).
Questa storia non è betata. Non è meravigliosa. Non è niente di che, anzi. Ci saranno errori quasi sicuramente, anche se l’ho ricontrollata qualcosa come mille volte.
E ho pure esagerato con la formattazione, as usual, sigh: le citazioni all’inizio e alla fine sono tratte dalla canzone “Echo” di Jason Walker (magari ascoltatela mentre leggete, se volete), il testo a sinistra è la storia vera e propria che succede ‘qui ed ora’, il testo a destra sono stralci di conversazioni che Blaine recupera dai propri ricordi, infine il testo in viola al centro sono frasi correlate unicamente a sé stesse, che non centrano con la narrazione di sinistra… Uhm, probabilmente non avete capito niente ç_ç Sono pessimaaa. Ma se avete dubbi/domande/correzioni/chiarimenti/qualsiasi cosa non esitate a chiedere.
Vi voglio bene, giuro, non odiatemi troppo, ok?
 
Buona lettura!
 





 
Echo.
 



Hello, hello.
Anybody out there?
'cause I don't hear a sound
Alone, alone.
I don't really know where the world is but I miss it now.


 

 
 


 
Dove diavolo sono le chiavi?
 
Blaine posa sul pianerottolo, il più delicatamente possibile, le quattro borse della spesa, pesanti tanto quanto lui, con un sospiro sollevato per poi infilare le mani nelle ampie tasche della giacca alla disperata ricerca del mazzo di chiavi.
 
 
“Hai tu le chiavi, Sebastian?”
“Certo, dolcezza., ma le tue dove sono?”
“Non ne ho idea… le avrò lasciate sulla mensola in salotto… credo”
“Come fai a perdere le chiavi almeno una volta al giorno?”
“Io non le perdo, Sebastian”
 
 
 
 
 Ci sono cose che rimangono con noi per sempre.
 
 






 
Blaine Anderson si lascia scappare un gemito rassegnato mentre la sua schiena grida di dolore:
da quando ha rinunciato alla sua carriera di attore a Broadway il suo fisico ne ha risentito in modo critico. E non è questione di essere melodrammatici o altro, semplicemente dopo sei mesi senza nessun allenamento si ritrova spezzato in due dopo appena cinque rampe di scale.
 
 
 
“Sicuro di voler abbandonare Broadway?”
“Kurt, è meglio così, fidati di me”
“Ma Blain-”
“Voglio concentrarmi sulla mia vita, lo capisci?”
“Io… sì, Blaine, scusami”
 
 


Anche se sfuggono tra le dita tremanti come sabbia fredda.
 




 




Inizia il declino dei ventisette anni, Blaine Anderson, e tu sei un catorcio arrugginito, mormora l’uomo trovando le chiavi e infilandole nella toppa della porta d’ingresso, dovrei pensare a qualche esercizio di stretching per sciogliere i muscoli, aggiunge chinandosi per sollevare le borse di nuovo, entrando poi nell’appartamento che lui e Sebastian dividono da ormai quasi cinque anni.
 
 
“Avresti mai pensato che saremmo andati a vivere insieme, Seb?”
Mhm non direi, no”
“Sei felice?”
“Sono con te”


 
 
E il dolore è così pulsante e presente che vorresti immergerti in acqua e annegare.
 
 
 





 
All’inizio quell’attico un po’ disastrato, bisognoso di una buona riverniciata o anche due, è parso loro come un’occasione meravigliosa da non perdere assolutamente. Non hanno dovuto pensarci troppo o vedere altri appartamenti: l’hanno comprato all’istante spendendo tutti i loro risparmi fino all’ultimo centesimo; la prima notte l’hanno trascorsa amandosi focosamente su un vecchio materasso cigolante; quelle mura tinteggiante di colori pastello li hanno visti litigare, allontanarsi, avvicinarsi una volta in più, coccolarsi la domenica pomeriggio, urlarsi a vicenda; quelle quattro mura li hanno visti vivere.
 
 
“E’ una casa grande”
“Sei un grande osservatore, eh?”
“Ha un sacco di stanze in più”
“Blaine Sono Sherlock Holmes Anderson, dove vuoi andare a parare?”
“Hai mai pensato di… sì insomma, costruire una famiglia tutta tua?”
“Mia non di certo”
“Oh…”
“Io penso ad una famiglia nostra, a dir la verità



 
Ma continui ad andare avanti.








 
 
Sono a casa,” annuncia Blaine richiudendo la porta dietro di sé con una spallata.
Rimane in attesa di una risposta, ma quando questa non arriva, trattiene un borbottio e si dirige in cucina, posa le borse della spesa sulla tavola e si spoglia della sciarpa calda e della giacca pesante.
Lancia un’occhiata al telefono e vede la spia rossa lampeggiare: messaggi in segreteria telefonica. Sarà di nuovo Kurt e la sua apprensione morbosa. Lo richiamerà più tardi.
Blaine inizia a sistemare le cose appena comprate nella dispensa e nel frigorifero con calma, sorridendo mestamente. Gli piace fare la spesa; ha comprato persino i noodles che piacciono tanto al suo ragazzo.
 
 

 
“Ti rendi conto che non possiamo continuare a compare tutta questa roba, vero?”
“Devo imparare a cucinare”
“Blaine, esiste il cibo take away per qualcosa, sai?”
“Razza di deficiente insensibile”
 


 
Prima o poi passa, dicono.








 
 
 
Sebastian, la cena è pronta,” chiama Blaine per la seconda volta e sbuffa sonoramente portando le mani ai fianchi e lanciando un’occhiataccia al corridoio, “vedi di muoverti altrimenti si raffredda, razza di ritardatario cronico.”
 
 
 
“Sei sempre in ritardo”
“Non fare la mogliettina trascurata, sai che ti amo e che anch’io non vedo l’ora di baciarti e fare l’amore con te”
“Sei incorreggibile. E pure molesto”
“Ne parliamo più tardi a letto, che ne dici?”
 

 
 
In realtà sono tutti quanti dei fottuti bugiardi.










 
 
 
Blaine?” Kurt Hummel socchiude la porta d’ingresso dell’appartamento del suo migliore amico, “Sei in casa, Blaine?”
 
Il ragazzo entra e richiude la porta; ha un doppione della chiave da sempre e Blaine non ha risposto alle sue chiamate per due giorni di fila, quindi è naturale che sia preoccupato.
 
“Blaine?” ripete nuovamente, strofinando le mani l’una sull’altra e cercando di riscaldarsi un po’; nonostante le temperature glaciali ha attraversato mezza New York a piedi pur di evitare il traffico folle della metropoli ed arrivare il prima possibile a Time Square.
 
Kurt?” è poco più di un sussurro quello che Kurt percepisce provenire dalla cucina.
 
“Blain- oh Dio,” il nome dell’amico gli muore in gola all’improvviso e per qualche istante non ha nemmeno il coraggio di respirare.
 
“Kurt,” Blaine Anderson è seduto al tavolo, la testa tra le mani, le dita abbronzate tra i capelli spettinati e sporchi, la pelle arrossata per via dell’alcool, gli occhi lucidi, le guance rigate di lacrime salate e uno sguardo così disperato da strappare il cuore dal petto dell’amico, “Kurt,” ansima reprimendo un singulto.
 
Il giovane si avvicina con un’espressione triste, sforzandosi di inspirare a fondo, “Sono qui, Blaine,” gli dice posandogli una mano sulla spalla e stringendo forte, “sono qui con te, non preoccuparti,” aggiunge storcendo il naso per il tanfo di tequila e qualche altro superalcolico di pessima qualità, per la tavola preparata diligentemente per due persone, per il cibo stantio, per ciò che è rimasto del suo Blaine Anderson.
 
“Dov’è Sebastian, Kurt?” chiede il moro artigliandogli la mano con la sua e inchiodandolo con quegli occhi ambrati e liquidi, “dov’è Sebastian?”
 
“Sono passati sei mesi, Blaine,” risponde Kurt con un soffio, “Sebastian Smythe è morto… Sebastian è morto in quel tremendo incidente in autostrada e-”
 
NO!,” urla Blaine, picchiando violentemente sul tavolo con un pugno, “non può essere… non… Sebastian,” geme iniziando a singhiozzare senza freni.
 
 
E Kurt lo abbraccia con tutto l’amore possibile e immaginabile. Di nuovo. Per l’ennesima volta in quegli ultimi sei mesi d’inferno, durante i quali Blaine si è autodistrutto, perdendosi e cessando di vivere, accontentandosi di sopravvivere all’ombra dei ricordi.
 
 
“Dov’è Sebastian, Kurt? Dove cazzo è?”
“Non è qui, Blaine, mi dispiace”
“Io… Io… Seb-Sebastian… dove….”
“Ti voglio bene, Blaine. Ti voglio bene, mi capisci?”
 
 
 


 
Perché il dolore rimane.
La ferita non si rimargina col tempo, il dolore persiste.
La sabbia scorre via, ma i ricordi rimangono, bagnati da lacrime amare.
 
 



 
 
 
 
*

 

 
Listen, listen.
I would take a whisper if,
that's all you had to give.
But it isn't, isn't,
you could come and save me and,
try to chase the crazy right out of my head.







 
  
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