We are undying, we are forever.
Ogni tanto gli
ricapitava di sognare l’Arena – non così spesso, a dir la verità. Si
rammaricava per non essere così perseguitato dai suoi incubi come immaginava dovesse essere, come se non fosse
abbastanza dispiaciuto per quello che era successo, qualche anno prima, in
quella foresta tropicale.
Ma quando
succedeva, quando quelle cascate limpide si mostravano dietro le sue palpebre
come l’allegoria delle sue lacrime, rimanere svegli era l’unico modo per
cercare di combattere quei mostri, e forse vincere. Ma in cose come quelle non
si vinceva mai, né da dormienti né da vegli.
Lyosha cercava ogni
volta di non spaventarsi, di non cadere nel tranello dei suoi ricordi che lo
intrappolavano nell’angoscia di anni
prima. Non doveva avere paura dei
suoi sogni, dei suoi ricordi, di quel treno su cui era partito ogni anno con i
tributi del Distretto 8, tutti morti.
Cercava di non
pensare alle crepe del suo cuore, al viso di Lexi che
aveva quasi amato durante quelle
settimane a Capitol City, al sorriso di Ariel che
aveva fatto capolino sul suo viso come un bocciolo nella neve anche dentro
l’Arena, più volte, per trasmettergli quel messaggio che lo faceva andare
avanti: ti voglio bene.
Cercava di non
vedere la cicatrice sul braccio, le sue due dita mancanti sostituite da protesi
progettate con l’aiuto di un Vincitore del Distretto 3. Quando la mattina si
ritrovava davanti allo specchio, o per qualche motivo uno spezzone dei suoi Hunger Games venivano ripresi in
qualche programma televisivo, quando vedeva sé
stesso nei panni di un assassino innocente stringeva il pugno, e il metallo
delle dita finte gli gelavano le ossa del palmo, ricordandogli la loro
ingombrante presenza: guarda che cosa hai
fatto per sopravvivere, cosa hai fatto per Ariel, per Capitol
City. Lo aveva fatto per la Capitale, perché la Capitale voleva un
Vincitore, e quel Vincitore era diventato lui.
We were the ones who weren’t afraid
We were the broken hearted
We were the scars that won’t fade away
How did we let go
Lloyd lo aveva
avvisato: era diventato schiavo di Capitol City nel
momento in cui era stato pronunciato il suo nome alla Mietitura. Aveva ragione.
Aveva ragione a dire che aveva perso tutto – ed era così. Ariel e Janna, la madre, erano tutto quello che aveva veramente, ed
ora erano morte.
E Lyosha reagiva chiudendosi in casa, sedendosi davanti al
camino e cucendo su un vecchio lenzuolo i suoi mostri, l’Arena prendeva vita
filo dopo filo, come un ricamo, in fondo una piccola sagoma nera rappresentava
Ariel, sempre più lontana. L’unica
sua foto era la stessa che aveva Capitol City, quella
che sfilava su tutti i tendoni del Distretto 8 durante il Tour della Vittoria.
Voleva
nascondersi, fuggire da tutto – desiderava le stesse cose di anni prima, tra le
foglie verdi e l’aria umida. L’Arena non era mai stata così viva in vita sua,
avrebbe potuto giurare di vederle ancora, quelle bacche sugli alberi o gli
uccelli sopra la sua testa.
How did we forget that we don’t have to hide
We won’t believe the lies again
We won’t be paralyzed
I
Settantaquattresimi Giochi erano stati un faro
di speranza per tutti – e Lyosha aveva rivisto in
Katniss Everdeen e Peeta Mellark il suo desiderio di
salvare la sorella, di essere bravo e coraggioso come loro. Sentiva un fuoco nascere dentro di lui, il canto delle
Ghiandaie Imitatrici urlare vita.
Quello che i due del Distretto 12 pretendevano dal Primo Stratega di quei anni
– quello che i due del Distretto 12 hanno ottenuto.
Uscì in strada
dopo il «i Vincitori dei Settantaquattresimi Hunger Games!», aveva bussato alla porta di Lloyd più e più volte,
ricevendo risposta solo un paio di minuti dopo quando la donna gli aprì
scocciata l’uscio.
«Che ti prende?»
l’espressione indescrivibile di Lyosha, qualcosa come
una felicità smisurata mista alla tensione e alla frenesia la colpì come un
treno, si appoggiò allo stipite della porta, aspettando una risposta che arrivò
quasi subito.
«Hanno vinto in due. Hanno
vinto Capitol City».
Lloyd afferrò il
magro braccio del suo ex-tributo, trascinandolo in casa, «era ora che qualcuno
iniziasse a combattere» gli aveva mormorato piano, prima di farlo sedere su un
tavolo e farsi raccontare ogni cosa di quell’edizione, che aveva smesso di
seguire quando i suoi tributi erano morti – come tutte le volte in cui aveva
fatto da Mentore.
Non sapeva
perché Katniss avesse fatto quel gesto suicida,
comprendendo anche Peeta e il loro aulico amore – ma
sapeva che Lyosha, come lei, come tutti i Vincitori,
come tutti gli uomini e le donne di Panem avevano
iniziato a pensare ad una battaglia, una rivolta.
Si doveva fare
la storia. Loro erano la storia. Lloyd voleva
essere la storia – immortale e fiera.
We can be who we are
Now we are alive
We can fight they cannot contain us
It’s who we are
We are undying
We are forever
Il fuoco regnava
sovrano al Distretto 8, mentre i Pacificatori tentavano di calmare persone
troppo arrabbiate e deluse per
fermarsi davanti ad una frusta o ad una pistola. Lyosha
era lì, tra quelle persone, evitando malamente i colpi dai soldati di Capitol
City.
Sfilò dalla
borsa di plastica che era riuscito a recuperare la tavola di legno con sopra la
spilla di Katniss,
il simbolo della rivolta. Della loro rivolta.
Lo alzò al
cielo, consapevole del rischio che stava correndo, dei Pacificatori che si
radunavano in fila davanti a lui, delle telecamere che lo riprendevano chiuso
nella sua giacca un po’ troppo gonfia, avvolto dai suoi guanti di lana.
Guardami. Guardaci,
Capitol.
Gli occhi blu
brillavano, poi qualcosa scoppiò tra i Pacificatori e la mano di Lloyd lo portò
via da lì, tra le dita Lyosha teneva ancora la
Ghiandaia.
We won’t hide our faces from the light
Eliminate the space between us
It’s who we are
We are forever
It’s who we are
{ who we are }
NOTE D’AUTRICE ◊ «viviamo e respiriamo parole»
Nulla da dire! Ho detto che avrei
scritto una one-shot su Lyosha
e, come promesso, eccola qui.
La canzone sopracitata mi ha fatto
pensare molto a Lyosha e, quando ho visto questa
nella scena del film dove mostravano una telecamera sul Distretto 8, insomma,
il mio cuore è esploso. Per la cronaca, Lyosha sì, ha partecipato attivamente alla rivolta e ne è uscito vivo. Ho voluto darvi un
minimo di idea di quello che potrebbe succedere, ovviamente in modo molto
blando e poetico.
Die on the front page, just like the stars; ovvero la long-fic sui
Giochi di Lyosha, nel caso qualcuno fosse interessato
:3
E, sempre se vi interessa, guardate questo gruppo!
La fan fiction era già pubblicata,
sì, ma ho dovuto toglierla e ripubblicarla causa errore di lyrics.
♥
Sperando vi sia piaciuta almeno un
po’ ♥
radioactive,