Ipocrisia.
Cosa devo perdere ancora?
Cosa ho da perdere ancora?
Cosa ho?
“Come
puoi, tu, giudicare
Qualcuno che
è di gran
lunga superiore a te?”
La tua finta filosofia
da intelligente fallito
mi disorienta.
“Comandi
tutti,
fossi stato
in loro ti
avrei già mandato a fare in culo.”
Ma non ero particolarmente bella,
né particolarmente simpatica,
né particolarmente intelligente.
{Me lo continuavate a ripetere}
Però, cazzo, ero una minaccia.
Una minaccia?
“Sei
una catastrofe
nucleare
che si
dipinge fuoco d’artificio,
quanto sei finta?”
Mi ero palesata,
avevo aperto la mia cassa toracica;
con le sue unghie solide e laccate
lei mi aveva strappato il cuore
con il suo kit da
Angelica opportunista.
Lo avevate esaminato insieme
e ci avevate spento tutte le mie sigarette sopra.
“Ma
cos’hai fatto
per
meritarti tutto
ciò?
Pensaci.”
Mi avevate solo ricacciato
il cuore carbonizzato
{avevo fumato molto}
nel mediastino,
attraverso le costole;
allora la mia lungimiranza
era svanita
e la vendetta bruciava.
Quanti sogni…
Avrei voluto
essere al posto di qualcun altro,
non essere mai più fredda
e
sciogliermi
{disgelo}
sul pavimento di pietra
dove
quel ragazzo scheletrico
bruciava soldi
nei propri polmoni.
“Lei
è così sensibile,
non
c’è confronto…
Se dite
certe cose non
la conoscete,
dite nero
ciò di
bianco.”
E queste convinzioni?
Esplica.
Struttura
un equo dialogo
nel quale
prenditi il beneficio del dubbio.
Dillo,
Dillo,
Dillo!
Era
tutta invidia
volevi
solo
poter
vivere
una vita non tua
mentre
loro erano così felici.
La
mia vita ideale non era molto.
C’ero
io che passavo le mie
giornate
ad
ascoltare Charles Aznavour
e
cantare in francese
e il
ragazzo
del
pavimento
della
liquefazione
mi
accarezzava i capelli.
Ero consapevole
del
fatto
che
avrei dovuto arrendermi,
ma questo
lo sapevate tutti
{e ridevate alle
mie spalle}.
Non ce
la faccio ad arrendermi
a non
vivere nei sogni.
Il mio
mondo mi piace,
lasciatemi in pace.
Lasciatemi stare.
Lasciatemi.
Ora.