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Autore: Nitrogen    11/12/2013    13 recensioni
Quella richiesta, che in realtà altro non era che un ordine celato dalla calma con cui era stato imposto, era per me la cosa più bella che potessi dirmi: dovevo solo ucciderlo dopo averlo torturato, azione che non mi preoccupava affatto; non esisteva nulla di più semplice per la mia testa.
[Partecipante al contest "Lettera di un assassino" del gruppo FB "La crème de la crème di EFP"]
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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One-shot partecipante al contest "Lettera di un assassino" indetto dal gruppo Facebook "La créme dela créme di EFP".
 






Io non sono un assassino
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Papà,

so a cosa stai pensando in questo momento: mio figlio è un vigliacco, non ha nemmeno il coraggio di parlare faccia a faccia con il suo vecchio. Vorrei dirti che ti sbagli, ma la realtà è proprio questa, che temo tu possa uccidermi dopo uno scatto d’ira causato da quel che ho intenzione di dirti; un metodo tradizionale come una lettera mi sembrava la scelta migliore da fare in una situazione simile e spero, più che altro, tu possa premiare la mia prudenza anziché stracciare il foglio senza leggerlo.
Non è stato semplice essere tuo figlio, ma non me ne sono mai lamentato: tua moglie, l’unica donna che ti ho mai visto baciare, è stata una madre incredibilmente amorevole che ha saputo parlare di te rendendoti una specie di eroe agli occhi miei e di mia sorella. Sì, tu che passi le giornate ordinando ai tuoi subordinati di compiere razzie, minacce e omicidi come se non ci fosse un domani eri un eroe ai nostri occhi. Eri l’uomo più buono che potesse esistere sulla faccia della Terra.
Ho trascorso la mia infanzia maneggiando pugnali di ogni tipo, sparando con proiettili veri i bersagli che facevi istallare per i tuoi adorati figlioli, imitando i tuoi gesti nell’attesa del giorno in cui mi avresti chiesto di venire con te.
Ricordi cosa mi hai detto tre giorni fa tramite un tuo sottoposto?
“È il momento di dimostrare a tuo padre quanto vali”.
Delle parole semplici, niente di eccessivamente strano: le avrebbe potute dire un qualunque padre a suo figlio, anche se probabilmente la richiesta sarebbe stata leggermente diversa da quella che mi hai fatto tu.
“Uccidi quest’uomo”, hai detto senza giri di parole vedendomi entrare nello scantinato.
Lentamente”, hai aggiunto quando ho istintivamente preso in mano una pistola qualunque riposta sul tavolo.
Quello scantinato dove mi hai sempre proibito di entrare stava per diventare teatro di una carneficina priva di senso, svolta dal tuo primogenito ormai giunto all’età ‘giusta’ per diventare un assassino, ed io non riuscivo a star fermo per l’eccitazione: solo l’idea di poter finalmente renderti fiero di me mi faceva felice; vedere i volti dei tuoi amici a quella cerimonia di passaggio, poi, non faceva altro che farmi salire l’adrenalina e la voglia di spaccargli la faccia alle stelle.
“È il tuo momento, mostra a tutti di chi sei figlio”.
Quella richiesta, che in realtà altro non era che un ordine celato dalla calma con cui era stato imposto, era per me la cosa più bella che potessi dirmi: dovevo solo ucciderlo dopo averlo torturato, azione che non mi preoccupava affatto; non esisteva nulla di più semplice per la mia testa.
Mi hai visto, mi sono avvicinato al tavolo alla tua sinistra con il sorriso sulle labbra, accarezzando gli arnesi ben lavati e riposti con cura sulla superficie metallica senza temere neanche per un istante di usarli: preferivo di gran lunga l’idea di sbrigarmela alla svelta e di non sporcarmi le mani o i vestiti, ma se mi fossi lamentato della tua decisione di ucciderlo lentamente avresti probabilmente inveito contro di me dandomi della femminuccia; hai sempre preferito vedere il terrore negli occhi delle tue vittime che mandarle al Creatore con un colpo solo.
Conoscendo il tuo amore immenso per le armi bianche, la scelta è stata fin troppo facile e prevedibile. Un coltello, un semplice coltello  mi sarebbe bastato per farlo piangere.
“Subirai le pene dell’Inferno prima di arrivarci, stronzo.”
“Non scherzare, ragazzino. Tu non sei un assassino.”
Un’affermazione chiara, diretta e concisa che ha fatto mancare un battito a tutti, te compreso. Invece di implorare pietà per la sua vita, quell’uomo insolente si è beffato di tuo figlio di fronte a un pubblico piuttosto vasto di tuoi pari. ‘Che mancanza di rispetto’, avrai pensato esattamente come me, ecco perché ho iniziato a riempirlo di pugni facendo così tornare a scorrere il sangue nelle vene di ogni presente.
È così semplice rendervi felici, basta che vediate un po’ di sangue scivolare sul pavimento o macchiare qualche indumento e sorridete come bambini che hanno ricevuto il regalo da loro tanto desiderato.
“Ragazzino, tu non sei un assassino.”
Voi avete iniziato a ridere, ma se solo l’aveste guardato come l’ho guardato io avreste capito che non mentiva e anche quanto poco gli importava delle vostre prese in giro: io ho avuto paura, papà, perché negli occhi di quell’uomo non c’era alcun timore di morire, e non l’avrei mai creduto possibile.
Domande, avrei voluto riempirlo di domande o almeno chiedergli perché continuasse a ripetere quella frase; ho rinunciato perché voi ‘grandi’ non facevate altro che incitarmi alla violenza e io non sapevo chiedervi di aspettare nemmeno il tempo per le ultime due chiacchiere di quella povera vittima.
Le sue parole contro le mie convinzioni e le vostre volontà mi mandavano fuori di testa.
Sai quando ho iniziato a sentirmi meglio? Non appena ho affondato la lama nel suo braccio sinistro,  facendo tagli piccoli che via via divenivano sempre più profondi e doloranti.
I gemiti tramutati in urla, il sudore che imperlava la sua fronte e attaccava i capelli ad essa, il respiro che da regolare iniziava ad essere rapido e pesante. Questo ho sognato per notti intere prima di quel giorno, e di questo mi sono nutrito per minuti che parvero interminabili.
Osservando questo spettacolo raccapricciante mi sentivo isolato dal mondo, dai vostri incoraggiamenti che mi irritavano, dalle affermazioni dell’uomo che non riuscivo a comprendere. Mi sentivo in pace con me stesso, soddisfatto dal modo in cui lentamente lo stavo abbandonando alle pene dell’inferno come gli avevo promesso; ma la parte migliore arrivò quando infilai i guanti per usare la soda caustica, quando i gemiti non potevano più essere controllati nemmeno dal suo ammirevole autocontrollo.
Ne basta così poca per rovinare il candido rosa di una persona, non l’avevo mai vista in azione: la pelle iniziava ad arrossarsi, a cambiare improvvisamente come se fosse una delle magie più belle mai viste fino a quel momento; e le urla che facevano da sottofondo a quel momento, altro non erano che la ciliegina su quella splendida torta.
Mi sentivo il padrone del mondo in quegli istanti, e sarai probabilmente fiero di me leggendo queste poche righe dove lo dico. Eppure quell’atmosfera surreale che mi aveva catturato, era svanita di colpo, con l’ennesima affermazione di quell’uomo incatenato alla sedia.
“Uccidimi pure, uccidimi nel modo più atroce possibile... Ma sappi che non sarai mai un assassino, perché tu non sei nato per questo.”
E il mio coltello ha affondato la carne del suo petto, lasciando che il sangue affluito in quella zona venisse sparato contro la mia pallida camicia messa per l’occasione.
Ho agito seguendo le tue indicazioni, macchiando irrimediabilmente il mio animo di una pena capitale solo per dimostrarti quanto io ti fossi devoto. Ho trattenuto una lacrima, ma quando ho visto le mie mani sporche di quel rosso così vivo, mi sono sentito come accecato. Ho compreso in quella frazione di secondo il mio errore, il mio stupido errore a cui non avrei mai potuto porre rimedio e mi si è stretta la gola.
Ho pensato che essendo tuo figlio, un attacco di panico per un omicidio fosse fuori discussione, e non credo di sbagliarmi.
Mi sono dunque voltato verso di te, convinto che un tuo sorriso o una tua pacca sulla spalla mi avrebbero fatto dimenticare il crimine da me commesso.
Ho ucciso per te e adesso te ne starai vantando con qualcuno come hai fatto anche quella sera, mentre io morivo dentro per il mio peccato.
Papà, quell’uomo non si sbagliava: io non sono come te, non sono quel figlio che speravi io diventassi, non riuscirei mai a seguire le tue orme.
Io non sono un assassino, mi dispiace.
 
Tuo figlio,

Evan.



 


──Note dell'autore──
Io non ho mai scritto una lettera pensando di essere qualcun altro, in realtà non ho nemmeno mai pensato una mia one-shot potesse essere una lettera... A questo punto, mai dire mai, insomma.
Chiedo scusa per gli eventuali errori, se il testo è poco scorrevole e quant'altro, ma ho fatto davvero tanta fatica a scrivere una lettera, per me è stato un "paletto" orribile; quasi mi sentivo in catena. E non avevo mai scritto di un assassino pentito, di solito mi do alla violenza gratuita senza personaggi che si sentano in colpa.
Spero di non dover scrivere altre lettere in futuro, ma anche che questa vi piaccia almeno un po' da farvi venir voglia di recensirla.
Ci ho messo tanta fatica anche se non si direbbe, e ho il terrore di rileggerla per vedere che disastro ho creato.


「Nitrogen」
 
   
 
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