DISCLAIMER
Author: Amaranta B.
Pairs: The Magnificent e una sconosciuta lavorante italiana…
Summary: Lei lavora in una società di
pubbliche relazioni. Lei è lontana da casa. Lei odia tutto quello che fa rima
con amore. Lei non vede l’ora di andarsene da Los Angels. Lui…forse riuscirà a
farle cambiare idea.
Notes: Non conosco Orlando Bloom né gli altri personaggi che compaiono in
questa storia e non intendo offendere lui né quanti lo conoscono. E’ una fanfiction
scritta per scommessa e non ha scopo di lucro. Ammetto che non mi dispiacerebbe
che qualcuno fosse disposto a lucrare le mie insane idee ma in verità mi
accontento di fare compagnia a chi deciderà di leggere.
Spero che
vi piaccia! ;)
Enjoy!!
ACCIDENTALLY IN
LOVE
Nella vita ci sono
giorni pieni di vento e pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di pioggia e
pieni di dolore,
ci sono giorni pieni di lacrime; ma poi ci sono giorni pieni d'amore che ci
danno il coraggio
di andare avanti per tutti gli altri giorni.
~ da Notte infinita ~
“L’aria è strana”,
borbottò Camilla, aggiustandosi il bavero della giacca.
Gwen la guardò con la coda
dell’occhio, “Siamo a Los Angel, dolcezza. L’aria è sempre strana”.
Camilla si strinse nelle
spalle e sorseggiò lentamente il suo caffè nero.
Mai che fosse davvero
caffè.
Se c’era una cosa che
aveva imparato in quei 4 anni in America era questa: gli americani ignorano
cosa sia un buon caffè. Non lo sanno.
“Qualche novità sulla
premiére?”, domandò Gwen.
Camilla scosse la testa,
“No”, mormorò, “Niente di eclatante, almeno. Ho dato a Robert la lista dei nomi
e non credo che si aggiungerà qualcuno. La Victoria’s Secret dovrà fare a meno
della coppia del momento”Gwen l’afferrò per un braccio, impedendogli di
attraversare, “E’ rosso”, spiegò indicandole con un cenno del capo il semaforo.
Attesero insieme il verde,
quindi attraversarono la strada velocemente.
“Robert potrebbe ucciderti
per questo”, osservò Gwen, gettando il suo bicchiere in un cestino.
“Perché stavo per farmi
investire?”, chiese Camilla, sorridendo.
“No, perché non sei
riuscita a convincere i Pitt a venire alla prémiere!”
Camilla sospirò. In quei
quattro anni aveva imparato anche un’altra cosa: gli americani sono cocciuti.
Dannatamente cocciuti.
“Gwen hanno qualcosa come
dodicimila bambini”, brontolò, “Pensi che la prima di un paio di mutande sexy
possa convincerli a lasciare la prole ad una baby sitter sconosciuta?”
“Un paio di mutande
sexy?”, ripeté Gwen sistemando i suoi capelli biondi da perfetta californiana,
“Questa ti varrebbe il posto!”
Camilla ridacchiò, “Penso
che il forfait dei Pitt basti e avanzi!”
Gwen rise a sua volta,
“Forse hai ragione”, prese il rossetto dalla borsa e se lo passò sulle labbra,
“Cosa ti ha detto il loro agente?”, indagò.
Camilla gettò il suo
bicchiere di caffè e si accese una sigaretta, “Che i signori Pitt erano
dispiaciuti di dover declinare l’invito e che speravano che la nostra agenzia
comprendesse i loro problemi di organizzazione. Mi ha anche detto che si
sarebbe premurato di scrivere un biglietto di scuse alla Victoria’s Secret”,
fece una smorfia, “Ma io non ci credo”.
Gwen tirò fuori il suo
badge e si appoggiò alla colonna dell’edificio aspettando che l’amica finisse
di fumare.
“Hai in mente qualcosa per
Robert?”, domandò.
Camilla si specchiò nella
porta a vetri. Si sistemò i capelli e la giacca, buttò la sigaretta ed estrasse
il badge dalla tasca posteriore dei jeans.
“La verità. Se non possono
venire non possiamo mica obbligarli. Checché ne dica Robert, sono persone
normali anche loro. Con famiglie normali e con problemi normali. Se ci tiene
tanto, può prendere il suo dannato SUV e andarli a prelevare direttamente a
casa!”
Gwen scoppiò a ridere,
“Per una volta, sono contenta di aver da fare in archivio!”
Camilla le sorrise e la
seguì all’interno dell’edificio.
Era cosciente che
l’aspettava una lunghissima litigata con Robert, ma sinceramente non ne era
spaventata.
Rispetto ai primi mesi in
cui lavorava all’agenzia, aveva adottato un atteggiamento decisamente più
professionale e, come si suol dire, si era fatta le ossa.
Oggi, dopo tre anni, le
grida del capo non la spaventavano più.
Soprattutto dopo il
successone del party organizzato a novembre dello scorso anno per la casa di
moda di Armani.
Una cosa di classe che
aveva avuto risonanza internazionale.
Anche suo padre,
dall’Italia, l’aveva chiamata tutto eccitato per aver letto il suo nome sul
Corriere della Sera.
Da quel giorno, Camilla
Ardensi, aveva capito di essere quasi arrivata.
E che Robert Mc Nub,
poteva urlare quanto voleva. Lei, aveva sempre la casella di posta intasata di
proposte di lavoro.
E Robert sapeva di non
potersi permettere che un elemento come lei abbandonasse l’agenzia.
Questo era sufficiente a
darle la carica per informarlo che i Pitt non avrebbero partecipato alla
premiére della Victoria’s Secret.
L’ufficio di Robert era un
disastro.
Come Robert, del resto.
Quando entrò, dovette
schivare una pila immensa di fogli che giacevano abbandonati per terra e
spostare un vassoio dalla sedia in cui avrebbe dovuto sedersi.
Robert era intento a
leggere qualcosa al PC, tanto che non le prestò la minima attenzione.
Era questo che Camilla
odiava più di tutto. La sbadataggine del capo.
“Boss, sono qui”, disse.
Robert alzò lo sguardo e
le sorrise, “Ciao Camille!”
“Camilla”, precisò lei
stizzita, “E non mi spiego come mai dopo tre anni tu non abbia ancora imparato
il mio dannato nome!”
Lui ridacchiò, “Sempre pronta
a mordere tu?”
“Non mordo”, obbiettò lei,
“Preciso. E’ diverso!”
Lui prese la sua tazza e
ne bevve una sorsata, “E’ caffè”,
spiegò con una buffa espressione di disgusto,
“Te ne offrirei ma è finito”, pigiò
l’interfono, “Jennifer!”, chiamò,
“Può venirmi
a preparare del caffè?”
“Tu da solo non sei in
grado?”, domandò Camilla, “Deve farlo la tua segretaria? Non sapevo che nel
contratto c’era una clausola che diceva di preparare il caffè del capo!”
Lui le sorrise mostrando i
denti, “Tu hai firmato il contratto da agente, non quello da segretaria”,
asserì.
Camilla rise, “Comincio a
pensare che sia un bene!”
“Se non altro perché
guadagni il doppio”.
Lei scrollò le spalle, “E
ho il doppio delle grane!”
Lui la guardò con
interesse, “Avanti sputa il rospo. Hai in faccia quell’espressione!”
“Quale espressione?”,
domandò lei, curiosa.
“Quella che fai ogni volta
che vuoi passarmi una patata bollente”, la scrutò, “O quando stai per insultarmi.
O quando stai per dirmi qualcosa che non va. O quando hai le mestruazioni!”
Lei rise, gettando la
testa all’indietro, “E’ questo il tuo vantaggio Boss! Mi fai ridere, ed è
questo l’unico motivo che mi convince a restare!”
Lui scosse la testa
rassegnato.
“Avanti Cam, spara!”
Lei deglutì, quindi sparò,
“I Pitt non vengono!”
Nel viso di Robert
passarono una gamma di emozioni contrastanti. Stupore, scoramento, rabbia,
ansia e…furore.
“Non vengono?”, balbettò.
Camilla annuì, mantenendo
un’espressione più o meno tranquilla.
“Hanno problemi con i
bambini. Credo che non sappiano a chi lasciarli”.
Robert sbatté una mano
sulla scrivania, facendo vacillare pericolosamente la sua tazza di caffè, “Ma
sono star, Cristo Santo!”, gridò, “Le star sanno sempre a chi lasciare i
bambini. Le star hanno l’obbligo di lasciare i bambini a qualcuno. Potrebbero
comprarsi un nido con tutte le maestre e mi vieni a dire che non sanno a chi
lasciare quei dannati bambini?”
E Camille s’infuriò.
Com’era prevedibile,
d’altronde.
“Boss, sono genitori. E
hanno l’obbligo di stare con i loro bambini e non di lasciarli appena li
chiamano per la premiére di un paio di mutande. Fossero pure della Victoria’s
Secret!”
Robert la fissò, livido di
rabbia, “Cosa diavolo vai blaterando, Cam? I Pitt erano gli ospiti di punta! Ne andrà della serata!”
“Avevi intenzione di far
sfilare Brad in perizoma?”, tentò di scherzare.
“Avevo intenzione di
fissare una telecamera sulle loro facce e dimostrare che la Mc Nub PR Agency aveva potere!”, precisò
lui.
Camilla scosse il capo,
“E’ una serata perfetta boss! Non ci saranno i Pitt ma ci sono altri volti
noti. E l’organizzazione è pazzesca!”, cercò di rassicuralo, “L’ambientazione è
di classe e gli ospiti sono quasi duecento! Cosa vuoi di più?”
“I Pitt!”, rispose lui,
come un bambino cocciuto.
Camilla sfogliò la sua
agenda, “Senti boss, possiamo stare qui a litigare fino a domani, per me non è
un problema, ma i Pitt non verranno. Posso chiamarti Bloom se ti fa piacere. So
che si trova a Hollywood in questi giorni. Magari tra i suoi impegni riesce ad
infilaci la premiére!”
Robert si mise un dito in
bocca, “Ce l’hai il numero della sua agente?”
“Ovvio che ce l’ho!”
“Allora chiama”, le
ordinò, “Subito. Oggi stesso. E offrigli il massimo del budget ok?”
Camilla lo guardò stupita,
“Il massimo?”
“Se è necessario si”, la
zittì, “E preoccupati di informare tutta la stampa, specialmente quella
giovanile. Voglio che tutti sappiano che Orlando Bloom sarà alla premiére è
chiaro?”
Camille annuì, “Quindi non
intendi licenziarmi?”, domandò quasi dispiaciuta.
“Ardensi”, la chiamò. Ma
il suo cognome italiano, sulla bocca di Robert sembrava stropicciato, “E’
inutile che tenti di sabotare la tua carriera. Ormai mi appartieni!”,
ridacchiò.
Camilla si alzò dalla sua
seduta, facendo una smorfia.
“Non ne essere troppo
sicuro!”, mormorò.
Fece per uscire, ma la
voce di Robert la fermò. Si voltò a guardarlo.
“Di a Jennifer se può
occuparsi del mio caffè”, disse, “E…Camille?
Se ogni tanto fai la gentile, ti assicuro che verresti presa sul serio
comunque!”
Camilla fabbricò un
sorriso finto, “Sai una cosa boss?”
Lui scosse il capo.
“Vaffanculo!”
Robert rise, “Appunto!”,
mormorò.
Ma lei era già uscita.
Camilla parcheggiò la sua
auto nel parcheggio degli Universal Studios.
Aveva parlato con l’agente
di Orlando Bloom, ed era riuscita a farsi fissare un appuntamento con lui quello
stesso pomeriggio.
Camilla sapeva fare il suo
lavoro.
Per averlo alla premiére
doveva parlarci. Di persona. Doveva avercelo davanti e sfoderare tutta la sua
professionalità per convincerlo.
E poi, inutile
nasconderlo, Orlando Bloom era un tipo per il quale si poteva guidare fino a
Burbank. Anche se significava passare almeno due ore con il culo sul sedile di
un auto.
Scese, quindi mostrò il
badge al bouncer che sostava all’ingresso.
“Ho un appuntamento con
Mister Bloom”, spiegò.
Il bouncer sorrise, “Mia moglie
la invidierebbe!”, scherzò.
Camilla sorrise a sua
volta. Sapeva che il suo lavoro le dava dei privilegi di cui gli altri non
potevano godere e, quando poteva, cercava di condividerli.
“Come si chiama sua
moglie?”, domandò.
“Susan”, rispose l’uomo.
Camilla annuì, “Allora
quando esco gli porterò un autografo per lei!”
Il bouncer si illuminò,
“Sarebbe meraviglioso! La ringrazio”
“Si figuri!”, minimizzò
Camilla, “Allora, verso quale studio devo andare?”
“Terzo, ala A, ufficio di
Mister Perkins!”
Camilla annuì, quindi
s’incamminò verso il suo cliente.
Rimpiangeva i primi tempi
del suo lavoro. Quelli in cui, incontrare una celebrità le provocava sempre dei
crampi allo stomaco.
Quelli in cui passava ore
intere a prepararsi per essere al meglio e per dimostrare a tutti che sapeva
fare il suo lavoro.
Adesso, invece, era tutto
più semplice.
Dopo tre anni a contatto
con quel mondo, aveva capito che le celebrità erano persone normali. Con caratteri normali e abitudini normali.
Che potevano essere
arrabbiate, infastidite o semplicemente stanche.
Che avevano giorni
positivi e giorni negativi.
E quella consapevolezza le
aveva permesso di fare al meglio il suo lavoro. I clienti con cui trattava la
rispettavano e le volevano bene perché si fidavano di lei.
Perché la consideravano
una al loro pari.
Con qualche zero in meno
sullo stipendio, ma comunque una persona che sapeva trattare con loro.
E Camilla aveva sempre
fatto in modo che si sentissero a loro agio e non con il fiato sul collo.
Sapeva ricevere un rifiuto e sapeva essere grata quando invece accettavano i
suoi inviti.
Ed era per questo che gli
eventi organizzati dalla Mc Nub PR Agency
erano sempre un gran successo.
Arrivò di fronte
all’ufficio di Perkins, quindi bussò.
Non aveva mai visto
Orlando Bloom dal vivo e dovette ammettere con se stessa che questo la
incuriosiva.
Fu lui ad aprirle la
porta, e Camilla considerò che le foto sui giornali non gli rendevano
giustizia. Non solo era un bel ragazzo. Era un ragazzo luminoso.
“Tu sei Camille Ardensi, vero?”, chiese lui
porgendole la mano.
“Camilla”, precisò con un
sorriso, “Si sono io! E tu sei il famoso Orlando Bloom. Posso darti del tu?”
Lui annuì con un sorriso,
quindi le fece spazio per farla passare.
Si sedettero nel salottino
dell’ufficio, che era grande e ben arredato.
“Bene Orlando”, iniziò lei
senza indugi, “Sono qui per una proposta di lavoro”.
Lui sorrise, ma sembrava
quasi stanco. Camilla abbassò lo sguardo sulla sua agenda. Doveva trovare il
modo di dirgli della premiére senza fargli capire che sarebbe stato, più o
meno, come partecipare ad un servizio di moda.
Doveva rendere la serata
come un incontro piacevole in cui anche un ragazzo giovane come lui poteva
divertirsi. E sapeva perfettamente dove andare a parare.
“Che ne pensi delle
collezioni di Victoria’s Secret?”, domandò a bruciapelo.
Lui ridacchiò con malizia,
“Penso che sono sexy”, disse. E l’accento inglese emerse pesantemente, “E penso
anche che non sto bene in perizoma!”
Camilla rise, “Le tue fan
potrebbero pensarla diversamente!”
Lui la imitò, “Di sicuro!
Anche se penso che mi preferirebbero completamente svestito!”
E come dar loro torto?
Pensò Camilla tra se e se.
“Non ne dubito!”, rispose
invece, “Ma comunque ad un maschietto fa sempre piacere partecipare ad una
sfilata di intimo!”
Lui alzò le braccia, con
uno sguardo malandrino, “Sempre!” confermò, “Mi stai proponendo di partecipare
ad una sfilata di intimo? Come modello?”
Camilla scosse il capo,
“No”, disse.
Lui fece un’espressione
strana. Di delusione, quasi.
“E non perché non
potresti!”, si affrettò ad aggiungere, “Ma perché penso che te la godresti di
più come ospite”, lo fissò negli occhi, “D’onore, magari!”
Lui la guardò scettico,
“Sei mai stata nei camerini di una sfilata d’intimo?”
Camille ridacchiò. Si
c’era stata. E sapeva a cosa alludeva il giovanotto. Donne semi nude che girano
tranquille per i corridoi.
Lo prese in contropiede.
“L’ospite d’onore può
comunque andare nei camerini per salutare le modelle!”.
Lui, a quel punto scoppiò
a ridere, “Allora ci sto!”.
Ma Camilla sapeva che non
stava accettando per quello. Per quel che aveva capito, Orlando Bloom non aveva
bisogno di girare per i camerini di una sfilata d’intimo per poter vedere un
paio di belle donne.
“Ma comunque non dovrai
partecipare ad una sfilata!”
Lui si accasciò sul
divano, “Come no?”, chiese stupito.
“La Victoria’s Secret ha
creato una nuova collezione di perizomi che presenterà ad una premiére la
prossima settimana. Mercoledì sera, per l’esattezza. E noi saremo lieti se tu
volessi partecipare come ospite d’onore alla serata di gala!”
Lui rise, “Una serata di
gala per un paio di mutande?!”
Camilla rise a sua volta,
“Esatto. Ci sarà una cena e poi dieci ragazze sfileranno tra i tavoli per
mostrare al mondo le nuove creazioni”, guardò la scheda, “Non sarà una sfilata
convenzionale!”
Orlando si massaggiò una
tempia, “E perché proprio io?”
Camilla si era immaginata
una domanda del genere, e si era anche preparata una risposta convincente.
Ma forse a causa della
stanchezza, del fatto che quel ragazzo aveva più o meno la sua età, che era
simpatico e che era stanca di mentire, optò per la verità.
“Vuoi la risposta vera
oppure quella che mi hanno imposto di darti?”
Lui sorrise, “Prima la
finta, poi la vera!”
Lei annuì, “Ok la finta:
perché sei un uomo a cui piacciono le cose di classe e la Victoria’s Secret è
un marchio di classe. Perché sei famoso e perché il tuo volto si sposa
perfettamente con la nuova collezione: bello e frizzante!”
Lui batté le mani un paio di volte, “Bella!
Complimenti! Per un paio di mutande mi sarei impegnato di meno, ma grazie!”,
ridacchiò, “Adesso dimmi quella vera!”
“Sei cosciente che se
viene fuori una cosa del genere perdo il lavoro?”, domandò Camilla,
improvvisamente dubbiosa.
“Più di quel che
immagini!”, la rassicurò lui.
“Bene! Allora, il punto è
questo: dovevano venire i Pitt come ospiti di punta, ma hanno da fare con i
bambini e quindi hanno rifiutato. Il mio capo ha avuto una crisi isterica e io
gli ho suggerito di invitare te!”, rise, “Se non altro perché sei single e
potrai apprezzare meglio i modelli!”
“E perché appena la stampa
verrà informata, un miliardo di ragazze si precipiterà a comprare le mutande di
Victoria’s Secret convinte che a me piacciono!” rise anche lui, “E’ una mossa
azzeccata! Ci sto!”
Camilla lasciò andare un
lungo sospiro.
“Per quel che riguarda il
compenso…”
“Possiamo parlarne dopo?
Vorrei un caffè!”
Camilla annuì, “Non c’è
problema!”
Chiuse l’agenda e aspettò
che lui ordinasse i caffè al telefono dell’ufficio. Nel chiudere la borsa vide
il foglio giallo con appuntato il nome della moglie del bouncer.
“Posso chiederti un
favore?”, domandò ad Orlando, quando lo vide tornare verso il salottino.
Lui annuì.
“Potresti firmarmi un
autografo? Per Susan!”, spiegò.
Lui prese un foglio ed una
penna “Una tua amica?”, s’informò.
Lei scosse la testa, “A
dir la verità non la conosco nemmeno. E’ la moglie del bouncer che mi ha fatto
passare. Mi ha detto che lei ti adora così ho promesso di tornare con un
autografo!”
Orlando la guardò con una
buffa espressione, “Sei una strana ragazza, Camille!”
“Camilla!”, mormorò lei.