Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Jo_The Ripper    12/12/2013    2 recensioni
“Se stai parlando del destino, sappi che non esiste; se esiste, allora lo abbiamo costruito noi stessi.”
Mikasa non riuscì a trovare parole per ribattere, così stettero ancora fermi sotto gli scrosci, l’uno perso nel silenzio dell’altra.

[Attenzione, questa one shot è basata sugli eventi del capitolo 50. Contiene Spoiler.]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Questi personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Hajime Isayama. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.

Questo mondo è un posto crudele…e bellissimo.

Is this gonna be our end?
I can feel the light
Somewhere in the darkness
I'll follow you
I'll follow you
Nero – Into the past

[È questa la nostra fine?/ Posso sentire la luce/ Da qualche parte nell’oscurità/ Io ti seguirò/ Io ti seguirò]

A Mikasa Ackerman piaceva molto la pioggia.
Due persone ne erano a conoscenza, e lei non ci teneva a rendere questa sua passione di pubblico dominio, dato il suo carattere riservato.
Da quando le sue mani si erano sporcate per la prima volta del sangue di quei mostri che funestavano le loro terre, si era sentita sporca, come se ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato in lei. Aveva provato a cancellare i segni degli scontri strofinandosi le mani fino a creare ferite nella pelle delicata, ma quel sentimento persisteva, rendendo vani i suoi sforzi.

Un giorno, dopo l’ennesima battaglia, erano tutti riuniti al quartier generale della Legione Ricognitiva. Quando ebbe svolto le mansioni che il caporale Rivaille le aveva assegnato, Mikasa si sedette davanti alla finestra, ad osservare pigramente il cielo gravido di nubi plumbee che man mano andavano addensandosi.
Tutti gli altri erano sparpagliati nelle camerate, alle sue orecchie arrivavano il vociare, le risa e le lamentele che rendevano l’atmosfera di quei giorni cupi, più lieta.
Ben presto la pioggia cominciò a scendere, dapprima leggera, poi sempre più pesante ed insistente. Per la ragazza fu come avvertire il canto melodico ed irresistibile di una sirena. Si alzò, spalancò la finestra del primo piano, salì sul davanzale e saltò leggera.
Atterrò con grazia sull’erba bagnata e cominciò a camminare verso il boschetto. Al suo limitare chiuse gli occhi e si sedette contro la ruvida corteccia di una quercia.
Tutto il mondo era diventato un luogo tranquillo, dove solo il suono ovattato della pioggia ed il leggero fruscio del vento tra gli alberi, spezzavano la quiete.
Mikasa tese le mani con i palmi rivolti verso l’alto e sollevò il capo al cielo. Il temporale la bagnava completamente e la cosa non sembrava turbarla minimamente. Anzi, per la prima volta percepì che l’oscurità, il sangue e il freddo si allontanavano da lei.
Quella sensazione di sollievo la provava solo quando sapeva che Eren era al sicuro.
“Cosa diavolo stai facendo sotto quest'acquazzone?” la voce del suo fratello adottivo la fece scattare sull’attenti e si trovò a fronteggiarlo.
Eren la fissava con i suoi grandi occhi verdi, nei quali si potevano leggere a grandi lettere disappunto misto a curiosità della situazione.
Mikasa si sentì avvampare. Lo sguardo del ragazzo era l’unico che non riusciva a sostenere. Distolse in fretta gli occhi dai suoi, puntandoli su un’ interessante pietruzza bianca.
“Io stavo solo…” le parole le si bloccarono in gola. “…niente, lascia stare.” Si affrettò a chiudere il discorso con tono pratico. “Se vuoi andare vai, io resto ancora un po’ qui.”
“Non pensarci neanche, ora entri dentro con me.” Disse Eren risoluto, abbassandosi al suo livello, accorciando lo spazio che li divideva.
Mikasa dapprima si irrigidì a quella inaspettata vicinanza, ma poi si rilassò. Ricordò quante volte era stata lei ad osservarlo dormire tranquillo, disteso sotto un albero nel distretto di Shingashina.
Sorrise debolmente e si diede della sciocca perché si era di nuovo fatta trascinare nel tunnel di quei pensieri. E quei pensieri, solitamente, sfociavano in un gran mal di testa.
Non c’era alcuna certezza che Eren la considerasse più di una sorella adottiva, un’amica di infanzia, una compagna con la quale dividere le disavventure della loro divisione di ricognizione.
Eren, dal canto suo, continuava a chiedersi cosa fosse saltato in mente di fare a Mikasa, ma dentro di sé sapeva di poterla comprendere. A tutti capitava di desiderare un momento di raccoglimento per riordinare i pensieri, elaborare i lutti, trovare una ragione per andare avanti in quell’epoca così oscura.
Si sistemò, quindi, accanto a lei, sedendosi con le ginocchia premute contro il torace. Vide un uccellino rintanarsi nel suo nido per sfuggire alla pioggia e distese le labbra in un sorriso sghembo.
“Sai Mikasa, mi sono sempre chiesto perché gli uccelli stiano nello stesso posto quando possono viaggiare ovunque sulla Terra, andare lontano, lasciarsi tutto alle spalle. Poi mi faccio la stessa identica domanda.”
La ragazza lo guardò sottecchi ed annuì. La loro vita, da quando i giganti avevano distrutto la loro casa, era stata confusa e disordinata. Ma se avessero potuto ricominciare lentamente tutto da capo, avrebbero scoperto ciò che cercavano realmente.
“Hai mai pensato che viviamo esattamente nel modo in cui siamo tenuti a vivere?” replicò lei, improvvisamente a disagio.
Eren sollevò un sopracciglio e scosse la testa.
“Se stai parlando del destino, sappi che non esiste; se esiste, allora lo abbiamo costruito noi stessi.”
La forza del suo messaggio si insinuò fin sotto la pelle di lei. In quel momento, nonostante piovesse a dirotto, Mikasa si accorse, non senza un certo sconcerto, che Eren brillava di luce propria. Con una semplice affermazione e senza alcun gesto ostentato, il coraggio e l’ardore emanavano da lui riempiendo lo spazio circostante. Non riuscì a trovare parole per ribattere, così stettero ancora fermi sotto gli scrosci, l’uno perso nel silenzio dell’altra.
Fu un fulmine, caduto a pochi metri da loro, ad interrompere quel momento.
Eren fece leva sulle gambe e si alzò, stirandosi il retro dei pantaloni ormai inzuppati.
“Direi che è ora di rientrare, non vorrei finire fulminato qui sotto.” Allungò la mano per afferrare i vestiti di Mikasa e fece un leggero sforzo per tirarla verso di lui. Lei assecondò il movimento e insieme iniziarono a camminare. La ragazza guardò come le dita stringevano il tessuto e provò un guizzo caldo all’altezza dello stomaco. Quella era un’altra delle prove inconfutabili che si sarebbe lasciata condurre docilmente in qualsiasi luogo lui avesse voluto, senza provare alcun rimpianto.

Quando furono arrivati in prossimità della loro base, un brivido freddo corse lungo la schiena di Eren. Constatò, infatti, che Rivaille non avrebbe gradito che il pavimento lindo si sporcasse con tutto il loro sgocciolare, e sospirò teatralmente al pensiero che gli sarebbero toccati una bella lavata di capo ed, ovviamente, una pulita di tutta la tenuta.
Ignorando la seccatura e l’irritazione che quella bravata avrebbe portato, si girò ad osservare Mikasa prima di rimettere piede all’interno.
La ragazza aveva i capelli incollati al viso, resi ancora più scuri dalle gocce di pioggia, le guance leggermente arrossate e gli occhi persi ad indagare qualcosa che lui non poteva cogliere. Non gli era mai parsa così fragile e distante come allora.
Si preoccupò, e con delicatezza inusuale, le scostò i capelli dalla fronte.

“Non hai la febbre, ma sembra che tu non stia bene. Riposati, altrimenti domani mattina non riuscirai nemmeno a muoverti dal letto.” Le raccomandò.
Mikasa fu riportata sulla Terra dal suo mondo di sogni e gli rispose prontamente, dopo lo smarrimento iniziale derivato da quel gesto inaspettato.
“Hai ragione, hai ancora bisogno di me. Devo continuare a salvarti.” Lo punzecchiò bonaria.
Eren storse il naso e brontolò sommessamente, come al solito punto nell’orgoglio, ma il suo fastidio non durò a lungo. Le sorrise e la salutò con un: “Sono un gigante e sono più forte di te, la tua è tutta invidia!”

*

Mikasa non ebbe difficoltà a capire come mai quell’episodio le fosse riaffiorato alla mente. Era successo esattamente come quando stava per essere divorata da un titano, prima dell’intervento di Eren, trasformatosi per la prima volta.
Ruotò leggermente il capo verso il ragazzo che stava inginocchiato al suo fianco, i pugni ad afferrare manciate di terra ed erba, le lacrime che cadevano al suolo. Urlava disperato, impotente, ferito nel più profondo della sua anima.
Attorno a lei, il fragore dei passi dei giganti faceva tremare la terra, le urla agonizzanti dei soldati che venivano catturati gettavano i restanti in un brutale avvilimento, l’odore ferroso del sangue permeava l’aria. Da lontano poteva sentire degli ordini gridati da ufficiali di grado maggiore, ma in quella situazione di panico, qualsiasi ordine non veniva recepito a dovere.
Mikasa sollevò lo sguardo fino a visualizzare il gigante che teneva stretto tra le mani quel che restava del corpo smembrato di Hannes. Il corpo mastodontico e grottesco della bestia si contorceva strappando pelle, muscoli e ossa con brutalità animalesca, il sangue colava sul mento e rendeva il suo sorriso maligno un vero e proprio ghigno partorito da un profondo abisso d’Inferno. Gli occhi ostili del titano li puntarono, accarezzando il pensiero di gustare la loro carne.
Per un breve attimo la ragazza si chiese se effettivamente fosse giunta al capolinea. E quella le sembrò una giornata troppo bella per sprecarla con un evento rimandabile come la morte. Continuava a vederne troppa, a dispetto della sua giovane età.
Scacciò quindi quel pensiero e si focalizzò solo su Eren.
Ora più che mai  necessitava del suo aiuto.
Aveva perso la rotta e lei doveva reindirizzarlo, perché un suo cedimento avrebbe significato anche la sua fine. Se lui avesse rinunciato ai suoi sogni, allora anche lei li avrebbe abbandonati.
Se lui fosse morto, allora non sarebbe più valso la pena vivere. Lo aveva detto anche ad Armin, il suo unico desiderio era quello di restargli accanto, nonostante il ragazzo si sforzasse di camminare sulle proprie gambe e lasciarla indietro.

Mikasa Ackerman non era mai stata una persona loquace. Per lei i gesti, gli sguardi, erano le cose che contavano davvero. Ma in quell’istante, mentre tutto crollava inesorabilmente, sentì che doveva parlare.
Non avrebbe più potuto avere la possibilità di farlo; sarebbe potuta soccombere a quel mondo tanto crudele che stava cercando di cambiare.
“Eren…” lo guardò, vide il suo dolore, seppe che doveva riportarlo indietro prima che scivolasse lontano da lei.
“Non andare dove non posso seguirti.” Pensò.
Le parole, stavolta,  vennero pronunciate in modo semplice e naturale.
“Non è vero.” Affermò, ed il ragazzo sollevò gli occhi umidi di lacrime incontrando il suo sorriso.
Mikasa sorrideva. Era uno di quei suoi sorrisi rari, dotati di un particolare conforto, che si incontrano poche volte nella vita. Ebbe la capacità di spiazzarlo. Quel sorriso appena accennato affrontava – o pareva affrontare – l'intero mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto donandogli sicurezza.
Mikasa non si lasciava mai andare a fragorose risa, il suo divertimento era sempre composto, a volte tanto da sembrare frutto di un artificio o di un particolare allenamento. Ma Eren sapeva che lei non mentiva, era semplicemente il suo modo di fare. E quel piccolo gesto bastò a fargli immaginare di essere nel luogo più pacifico esistente.

Attorno a loro il tempo si congelò in frammenti taglienti che racchiudevano altre grida, lacrime miste a sangue e terra, paura e sconfitta.
Eren lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e spalancò la bocca, senza sapere esattamente cosa dire.
“Eren, ascolta. C’è una cosa che vorrei dirti.” Esordì.
Il cuore di Mikasa perse un battito, ma il suo tono di voce restò fermo e tranquillo, nonostante il vortice di emozioni di cui si sentiva prigioniera.
“Grazie per essere qui con me.”
Il suo sorriso si aprì ancora di più, sincero, leale, genuino.
“Grazie…per avermi insegnato a vivere.” Confessò, e avvertì il caldo invaderle il petto. Non esistevano più la paura, il terrore, la spietatezza di quel mondo crudele che aveva forgiato con il suo orrore il carattere di due bambini. Esistevano solo lei ed i suoi sentimenti per Eren.
E Mikasa si sentì libera come quando, a braccia aperte, la pioggia cadeva su di lei, lavandole di dosso tutta la violenza e la lordura del mondo.
A quelle parole gli occhi di Eren si sgranarono di più per lo stupore. Quella che aveva di fronte era davvero la ragazza introversa, forte e non incline al sentimentalismo, cresciuta con lui?
Il ragazzo si rese conto, forse per la prima volta, che Mikasa aveva abbandonato definitivamente ogni traccia della sua adolescenza, sbocciando in una giovane donna.
Una donna che gli stava aprendo il proprio cuore.

Mikasa abbassò lo sguardo ed un tenue rossore le colorì le guance, prima di continuare.
“Grazie…per avermi avvolto in questa sciarpa.” La sollevò leggermente, il simbolo di quella vita che li teneva legati insieme a doppio filo, e le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso sottile. Continuò a sorridere e si avvicinò a lui impercettibilmente, nella speranza che capisse.
Che capisse che condividevano gli stessi sogni, che la sua devozione non derivava da un debito di vita risalente a quando lui l’aveva salvata dai rapitori.
Voleva che lui comprendesse che lei ci sarebbe sempre stata, in questa vita e nell’altra.
Che voleva lottare al suo fianco per fare in modo che la promessa di un futuro non fosse più una minaccia, ma una speranza.
Voleva poter vedere la scia colorata di luci del Nord di cui aveva letto nei libri di Armin, gli oceani salati, le distese di fuoco, di ghiaccio e di sabbia, guardare un rosso cielo estivo senza la costrizione di un muro che strozzava la visuale.
Eren restò senza parole, bloccato al suo posto. Avvertì la scia salata delle lacrime scendere lentamente sulla pelle, ed osservò lo stesso fenomeno sul volto della ragazza. Gli occhi di Mikasa erano di lucida ossidiana grazie al velo acquoso che li copriva, ma erano brillanti, onesti, dolci.
Un raggio cortese di speranza che guidava l’animo turbolento quando il mondo gli era avverso.
Eren avrebbe voluto cancellare quelle lacrime e lasciare che il sorriso di lei restasse per sempre.
Vederla piangere gli faceva male.
Vederla soffrire gli procurava altrettanto dolore.
Lasciò quindi che quello strano potere fluisse nel suo corpo come un’onda. Sentì di nuovo in sé crescere la consapevolezza di non essere più un ragazzino sprovveduto, ma un giovane uomo spinto a combattere per proteggere le persone a lui care, e per poter cambiare il corso delle cose.
Si alzò di scatto, con un’espressione furente e determinata che lasciò Mikasa spiazzata.
“Una cosa del genere…la avvolgerò ogni volta che sarà necessario!” Affermò risoluto, guardandola da sopra la spalla.
Il gigante tese la sua enorme mano, mentre quelle di Eren  fumavano in maniera sinistra.
Mikasa osservò la scena, accovacciata sull’erba, protetta dalla schiena di lui.
“D’ora in poi ogni volta che dovrò farlo…”
Il ragazzo lasciò la frase in sospeso e caricò un pugno che andò a schiantarsi nel palmo del gigante.
Ciò che ne seguì, fu una pura esplosione di energia. Dopo l’attacco di Eren altri giganti si avventarono sul loro simile e cominciarono a sbranarlo.
Non perse tempo, con delicatezza caricò Mikasa dietro di sé e corse via, al sicuro. Lei si strinse a lui e si voltò a guardare il titano che veniva divorato. Altri si paravano dinanzi a loro, ma il ragazzo trasudava uno spirito ed una volontà così forti e combattivi che i giganti venivano respinti dalle sue parole, spostando la loro attenzione su altri e innescando una furibonda lotta.
Una volta sul cavallo, stretta ad Eren ma ancora dolorante per le ferite subite, Mikasa si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e ad altre lacrime.
Pianse di gioia, di tristezza, di euforia e dolore.
Lui, Armin, gli altri, lei… erano vivi.
Ma ogni vittoria si conquista a caro prezzo, e loro avevano perso Hannes e Ymir.
Strinse i denti, si fece forza. Come lei anche i suoi amici stavano cercando di razionalizzare gli eventi che avevano appena avuto luogo.

Una cosa però era certa ed incrollabile: nonostante le perdite ed i nuovi incubi che ne sarebbero seguiti, loro non avrebbero perso la volontà di tener viva la fiamma della speranza di rendere quel mondo crudele di nuovo bellissimo.

***
Salve! Affetta da shipping compulsivo, non ho saputo resistere all’impulso di mettere nero su bianco il mio neonato fangirling. Ho praticamente divorato questa serie, che mi è stata consigliata da un mio amico (bravo ragazzo), ed eccomi qua a fare occhi a cuoricino per questa coppia <3
Amo loro due insieme e, che ve lo dico a fare, penso che Levi Rivaille sia l’uomo della mia vita XD La prossima storia la scriverò su di lui –spero-
Per la storia mi è stata di grande ispirazione la canzone Nero - Into the past, una soundtrack del film Il grande Gatsby.
Spero che questo missing moment sia apprezzato e, perché no, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate in merito. Grazie per la lettura!

  
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