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Autore: Mick_ioamoikiwi    13/12/2013    1 recensioni
Amber Donoval, 29 anni, New York.
Non è una ragazza normale, nemmeno quella che passa inosservata tra la folla. In parecchi si girano a guardarla, senza che lei ricambi i loro sguardi. A volte riesce a esprimere solo dolore e tristezza, ma una cosa sola la distingue: ha ucciso nove persone.
[introduzione di Casey Novak universo Law and Order SVU]
Genere: Drammatico, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Avrò la mia vendetta.

 
«Ora le farò una semplice domanda, mio caro agente da strapazzo. E la prego di rispondermi sinceramente. Lei ha mai vissuto episodi di, diciamo, bullismo, mentre era al liceo?»
La domanda di Amber piombò su di lui come come una doccia gelida. Albert Johnsonn  si sentì strappato via dalla realtà e riportato indietro di almeno vent’anni: la testa che va sott’acqua e ci rimane sotto per almeno due minuti, fino a che la gola non brucia per mancanza di ossigeno. E va giù: per due, tre volte. Poi una mano possente che la ritira fuori per l’ennesima volta. L’aria puzza di piscio e disinfettante per pavimenti, ma i polmoni chiedono aria, una boccata avida e via, di nuovo sott’acqua, entra nelle narici un’altra volta, le grida che chiedono aiuto vengono soffocate nella tazza del cesso, poi il vuoto. Un blocco di memoria per un episodio di shock, la mente che si chiude per proteggersi  da ormai vent’anni.
«Agente Johnsonn!» una voce femminile lo riportò al presente. «Ha sentito cosa le ho chiesto?»
I ricordi spiacevoli di un adolescenza infernale lo fecero rimanere intontito. «Sì Amber, ho sentito.»
«Allora, qual è la sua risposta?» una leggera curiosità le balzò negli occhi.
«Non posso biasimarla. La risposta è sì, ne ho sofferto anche io purtroppo, ma non vedo cosa possa c’entrare con lei.»
Amber si mise a sedere comodamente sulla sedia.
«Vede, la questione è semplice: cinque anni e tredici giorni fa andai ad una festicciola inaugurata da una compagna di classe, “una cosa innocua” mi disse, “andiamo al bar e poi facciamo un po’ di festa da me, è un pigiama party tra amiche”, arrivai là, al bar sulla cinquantunesima, affittato esclusivamente per noi per tutta la serata, mi trovai in mezzo a una ventina di persone, per lo più ragazzi di un paio d’anni più grandi di me. Mi sono ubriacata perché mi sentivo sola, non conoscevo nessuno, così ho iniziato a parlare con questo ragazzo che mi avrà offerto almeno un paio di drink di troppo, siamo andati nel bagno per fare “festa” intimamente, poi sono arrivati altri tre ragazzi, uno stava fuori. Ci sorpresero a pomiciare allegramente e così si “unirono” a noi. Mi fecero spogliare a forza, e poi una botta ciascuno, ripetutamente, e forse anche tre per volta. Mi scattarono delle foto quella sera, e il giorno dopo ogni ragazzo o ragazza della mia scuola ne era venuta a conoscenza.» gli occhi le ribollivano di rabbia, lo si capiva anche dalla voce che tremava.
«Qui non si parla di sesso, ma di stupro: è un crimine, non una bazzecola da nulla, doveva denunciarli!»
«Ci ho provato e sa cosa mi hanno risposto? “A me questa sembra solo una serata tra amici molto intimi”, si è messo a ridermi in faccia e mi ha rispedito a casa con una lattina di aranciata!»
«I suoi genitori lo sapevano?» chiese Johnsonn.
«Sono scappata di casa a dodici anni.»
«Liti in famiglia?»
«Un padre spesso ubriaco e una famiglia ridotta al lastrico...dopo le foto a scuola tutti mi chiamavano troia orfanella. I commenti che facevano e che ho dovuto subire e ascoltare, le risate e le dita puntate contro di me. MI SONO TROVATA L’ARMADIETTO RIEMPITO DI PENI DI GOMMA E MESSAGGI DI RICHIESTE SESSUALI!».
Si era alzata in piedi e agitava le braccia in aria. Era furibonda, l’agente di polizia che le stava seduto davanti poteva solo immaginare come si poteva sentire, come biasimarla? Aveva subito torture peggiori della testa nel cesso.
«Capisco i suoi sentimenti, ma...»
«Lei mi capisce?! Mi sono trovata due settimane dopo con un test di gravidanza positivo in mano! Ho mandato a puttane tutta la mia vita e la mia carriera scolastica per colpa di cinque fottuti bastardi!» Amber lo guardava ansiosa, in attesa di uno sguardo compassionevole.
«La vendetta non è un buon motivo per uccidere qualcuno.» Una risposta che nemmeno lei si aspettava di ricevere.
«Lei dice di no? Da quel giorno ho dovuto arrangiarmi da sola, nessuno mi voleva aiutare, nemmeno starmi vicino. Persino i miei amici hanno cominciato a considerarmi una troia, non ho più nessuno!» Aveva le lacrime agli occhi.
«Ho imparato a non provare più sentimenti, a smettere con quelle troiate dell’amore che esiste per tutti; appena mio figlio è nato gli ho trovato subito una famiglia che lo amasse perché io non potevo farlo, non ne sarei stata in grado e poi perché farlo crescere con una madre che ha una reputazione così? Gli avrei rovinato la vita e non potevo permetterlo, anche se mi è costato molto. Sono quasi cinque anni che vivo nel rimorso di non poterlo vedere. Sua madre mi manda una sua foto ogni mese, ma ciò non fa che aumentare il dolore che ho provato.» Fece una pausa, asciugandosi una lacrima.
«Avrei potuto essere la persona più felice di questa Terra e invece, eccomi qua, a parlare con uno sbirro del Bronx. Ho solo ventinove anni, maledizione, io non dovrei essere qui.» Aveva di nuovo gli occhi lucidi ma era brava a nasconderlo.
«Se confessi adesso forse posso evitarti la pena di morte, le prove contro di te sono inconfutabili, lasciati aiutare.»
Amber lo guardava con disprezzo.
«Il procuratore mi deve un favore e potrei...»
«Non lo voglio il tuo favore, signor piedipiatti. Ho già vinto, la pena di morte per me sarebbe solo una gran liberazione, la soluzione per una cosa che ho paura di fare da sola.»
«Dimmi almeno una cosa, perché hai ucciso le loro fidanzate?»
«Perché quelle troiette gli avrebbero dato una famiglia, io non l’ho potuta avere a causa dei loro fidanzati...E perché il ragazzo che amavo mi disse che non mi avrebbe più considerata a causa di quelle stramaledette foto. Io non ho potuto farmi una famiglia con lui, non vedo perché loro sì. Le ho uccise perché non volevo vederle felici al posto mio.»
«Perché hai amputato i testicoli?».
Amber lo guardò ridendo.
«Quella è stata la parte più divertente, hanno strillato tutti quanti come femminucce. Ho dovuto abbandonare mio figlio per amore, per il suo bene, non avrei più potuto vederlo, loro allora non avrebbero più avuto figli: occhio per occhio, dente per dente.»
«Se il tuo scopo era quello di farli soffrire, perché ucciderli?»
«Per lo stesso motivo per cui lei avrebbe ammazzato quelli che la infastidivano al liceo, e non mi dica che non ha pensato almeno una volta di fargliela pagare, perché mentirebbe a sé stesso.» E dopotutto Amber aveva ragione. Albert si sentiva più simile a lei di quanto avesse mai immaginato.
«Tuttavia quel bastardo di Nick doveva fare l’eroe e non morire, tanto si ricorderà tutta la vita della cara vecchia Amber.»
«Poteva dargli il colpo di grazia, perché non l’ha fatto?»
«Il test di paternità era suo, l’ho scoperto appena mio figlio è nato. Era il padre di mio figlio. Voglio che lui un giorno lo conosca e che gli sputi in faccia. Voglio che sappia quanto suo padre fosse uno schifoso avanzo di merda.»
La porta si aprì nello stesso istante, facendo entrare l’aria gelida del corridoio del dipartimento, appena venti metri dal reparto di patologia forense.
Sulla porta della stanza c’era un uomo sulla cinquantina con capelli radi e brizzolati, indossava un completo italiano di Armani da mille dollari. Gli occhiali tondi poggiavano maldestramente sul naso appuntito e corto, aveva la voce nasale. Amber si agitò visibilmente.
«D’accordo gente, il colloquio è finito.»
«Papà?! –Amber era allibita– Cosa diavolo vuoi da me? Sono vent’anni che non ci vediamo e ora piombi qui come se ti importasse di me?!»
«A me è sempre importato del nostro rapporto, questo sia ben chiaro.»
«Chiaro, papà? Vattene, io non ho chiesto un avvocato, né tantomeno che fossi tu a difendermi!»
«Tesoro mio, so io cos’è meglio per te.»
«Ah sicuro, come quando tornavi a casa ubriaco perso?» Amber assunse un velato tono di sfida.
«Sono cambiato dall’ultima volta che mi hai visto.» guardò la figlia «E vedo che anche tu sei cambiata molto, Amber.» Sembrava a disagio nel pronunciare il nome della figlia.
«Vattene papà, io e te non dobbiamo dirci niente.»
«Signor Donoval, sua figlia non ha chiesto un avvocato quindi devo chiederle di uscire.» intervenne Johnsonn.
«No, Amber viene via con me, su, muoviti.»
«NO! Confesso tutto quanto! Firmerò la deposizione ma non mi faccia andare con quest’uomo!» si sarebbe messa in ginocchio se avesse potuto, stava implorando aiuto, come quando lui si trovava da solo mentre gli altri lo picchiavano.
«Mi dispiace Amber, ma la risposta è no. Non è lucida e consapevole delle sue azioni e in tribunale potrebbero screditarla con gli occhi chiusi, se vuole confessare lo faccia domattina, ci pensi su stanotte.» Doveva mantenere il pugno di ferro però.
Amber scattò in piedi, afferrò il tavolo e lo spinse verso Johnsonn , il quale sentì una scossa al fianco destro.
«Avanti, mi arresti!» stava letteralmente impazzendo.
Il padre di Amber tentò di mettersi in mezzo per protestare ma il poliziotto fu più veloce e prese le manette dalla cintura dei jeans.
«Mi dispiace veramente di doverlo fare, ma non mi dai altra scelta, Amber Donoval, è in arresto per aggressione a pubblico ufficiale, ha il diritto di stare in silenzio, tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei in tribunale, ha diritto a un avvocato, se non...»
«Ho ucciso io quelle persone! E ho anche attentato alla vita di Nicholas Chandler. Sono colpevole di tutti i reati a me imputati.»
«Amber ti prego non farlo! Fatti aiutare!» implorò il padre, Amber lo fulminò con un occhiataccia.
«Non ho rimpianti per ciò che ho fatto, sono contenta di aver rovinato le loro famiglie!»
«Questo lo tenga per il giudice signorina Donoval, alla corte di New York piacciono queste faide.» la voce del vice procuratore distrettuale Casey Novak tuonò nella stanza.
«Casey, cosa ci fai qui?» il detective Johnsonn era sorpreso.
«Sono tornata nel giro, la sua situazione ormai è una condanna certa, è sicura di ciò che dice? Vuole davvero arrivare in tribunale?»
«Ho appena detto che sono colpevole, non ha forse sentito?»
«Mi sembra quasi impossibile che una ragazza come lei abbia avuto la spietatezza di fare questo.»
«Non mi crede?»
«Le prove dicono il contrario, e io mi fido di loro. Le confessioni quasi mai sono attendibili al cento per cento.»
«Perfetto, allora mi trascini pure in tribunale.»
«Come vuole.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Martedì 11 ottobre 2009, ore 10.15, tribunale. Processo di Amber Donoval.
 
L’aula di tribunale era piena di gente: giornalisti e cronisti della stampa non sapevano più chi guardare, tra il giudice bramoso di giustizia o l’imputata che sorrideva beffarda, quasi incurante della sentenza che ormai pendeva incombente sulla sua testa. I genitori delle sette vittime era lividi di pianto e rossi di rabbia.
La madre della fidanzata della seconda vittima continuava a urlarle contro “lurida puttana, hai ucciso la mia bambina”, Amber si era girata e le aveva detto semplicemente “l’avrebbe uccisa il suo fidanzato, le ho solo risparmiato del dolore inutile”. I genitori del ragazzo vennero immediatamente allontanati dall’aula, imprecavano e minacciavano di morte l’imputata.     
«Se non la smettete vi sbatto tutti in cella, e lei, signorina Donoval, farebbe meglio a contenersi. La sua situazione è già grave di per sé.» disse il giudice grave.
«se posso prendere parola signor giudice, sono consapevole del fatto che certamente avrò l’ergastolo se non la pena di morte, con tutto il rispetto non vedo cosa ci facciamo qui. Mi hanno chiesto una confessione e gliel’ho data ,ma poi mi sento dire che è inutile.»
«Siamo qui, signorina Donoval, perché lei, si presuppone o come ha recentemente affermato, ha ucciso nove persone e ha attentato alla vita di una decima. Qualcosa da ridire?»
«Sì, rimpiango di non aver ucciso l’ultima con le mie stesse mani.»









Spazio kiwi.
Buongiorno a tutti, sono tornata con una nuova fan fiction, non propriamente così ma vabbhe sono dettagli.
Stavolta c'è solo l'entrata di Casey Novak (universo Law and Order - Special Victim Unit).
Che dire, grazie a tutti quelli che recensiranno! Un bacio dal vostro kiwi.
 
   
 
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