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Autore: Fantfree    15/12/2013    3 recensioni
Tre storie differenti ed un sacco di destini diversi, alcuni destinati ad incontrarsi, altri destinati a non farlo mai: tre storie davvero speciali ma che, dopotutto, sono anche parte di noi.
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Un ragazzo straniero viene a vivere in Italia con il padre: potrebbe sembrare una banale vicenda, eppure lui è costretto a portarsi appresso la sua sedia a rotelle, a causa di una sconosciuta malattia.
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Un ragazzo pieno di sè, pienamente soddisfatto della sua vita, deve rifare i conti con un'amore nato da una scommessa, un'amore che lo farà meditare su ciò che ha fatto e su ciò che farà.
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Due ragazzi: una ragazza con dei genitori molto apprensivi, che pianificano una vita che non è quella che lei vorrebbe e la seguono in ogni momento, senza mai lasciarla sola; un ragazzo terribilmente solo con dei genitori assenti a causa del loro lavoro, può vantare della ricchezza della famiglia, eppure qualcosa gli manca... Due destini nati per incontrarsi e trovarsi per caso, in una serata che per entrambi si sarebbe potuta evitare.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Salve ragazzi, per chi non mi conosce ancora io sono Fantfree. Sono iscritta da poco a questo sito e per il momento mi sono dedicata a scrivere (e lo sto ancora facendo) storie fantasy. Perchè mi sono cimentata in questa impresa? I fatto è che già da un bel po' mi frullavano per la testa queste tre differenti storie in cui i vari personaggi non hanno niente a che fare fra loro, se non nel contesto in cui vengono descritti. Comunque sia, ora vi spiego del perchè del titolo e del sottotitolo del capitolo. "a, b, c..." Sono le prime tre lettere dell'alfabeto e sono lettere che non hanno più di tanto a che fare l'una con l'altra, e non si possono comporre più di tante parole se le si mette insieme. Perchè dopo queste ci sono tutte le altre lettere, tante altre storie di tante altre vite, destinate ad incontrarsi in contesti differenti. Questo vuol dire che in un modo o nell'altro tutto è collegato, nonostante noi non riusciamo ad accorgercene. E così a, b e c sono collegate fra loro per svariati motivi, senza per forza che si debbano incontrare.
La decisione del primo capitolo, invece, "L'inizio non è mai un inizio" sta semplicemente a dire che, nonostante tutto, quando una storia inizia, è come se ci fosse già stato qualcosa prima, qualcosa di cui noi non ne siamo a conoscenza, è inevitabile. Beh, spero di non avervi seccati con le mie "stacanti" riflessioni, perchè non ne farò più (non di così complicate). 
Allora, buona lettura! :)


Prima Storia (Voglia di vivere) 
Capitolo 1- La nuova scuola

Il ragazzo entrò nella sua nuova classe molto imbarazzato: sperava di conoscere dei compagni più intelligenti, più umani e che non fossero così stronzi come quelli della sua vecchia classe di Manchester.

Si era trasferito da poco in Italia, conoscendo a malapena la lingua, ma era stato accettato. Non aveva niente di diverso dagli altri, ad eccezione di quella sedia che si portava sempre appresso. Col tempo ci aveva fatto l'abitudine, eppure sapeva di non poter mai uscire la sera come facevano gli altri ragazzi, ma a lui questo non importava.

“Italians are funny and friendly” Gli avevano detto. E lui ci sperava davvero moltissimo.

I licei italiani erano delle scuole che fornivano un'ottima preparazione ed a differenza della sua sapeva che gli avrebbero impegnato molto più tempo nello studio: già, quello studio che lui amava ed allo stesso tempo odiava: avrebbe studiato ingegneria, lo sapeva sin da quando era bambino.

Sapeva che il padre avrebbe fatto di tutto per indirizzarlo in una buona scuola e adesso il Politecnico di Torino era scontato.

In fondo al suo cuore ci soffriva, perchè sognava di diventare un bravo dottore, e sapeva che, nonostante andasse davvero bene in matematica, quello non era il suo vero obiettivo.

Eppure non si sarebbe mai permesso di dire nulla, perchè la sua devozione nei confronti del padre era così grande in quanto egli aveva mollato il suo sogno per dare una vita migliore al figlio.

Così come lui, anch'egli ai suoi tempi aveva studiato ingegneria, ma non appena aveva visto l'infermità del figlio aveva abbandonato i suoi studi ed aveva cambiato facoltà, studiando medicina, impegnandosi tantissimo e passandola il prima possibile con il massimo dei voti.

Così quel 110 e lode appariva incorniciato sopra quel muro di casa sua, in bella vista davanti all'ingresso.

Era diventato primario di una prestigiosa sede ospedaliera e aveva sempre continuato a fare ricerche sulle condizioni del figlio.

La madre, gli raccontava, era morta di un malore improvviso quando il ragazzo era molto piccolo e, nonostante ognuno avesse fatto il possibile, non si era riusciti a salvarla.

Il ragazzo pianificava già da tempo un viaggio in Italia, ma non avrebbe mai immaginato di andarci ad abitare.

Gli sembrò che tutto fosse accaduto così in fretta, eppure suo padre già da mesi stava mettendosi d'accordo per iniziare a contribuire nella ricerca di una cosa molo importante. Sul subito il figlio non aveva realizzato di che cosa si trattasse, ma una volta arrivato lì lo capì: suo padre adesso era impegnato a studiare nel campo delle cellule staminali, quelle cellule che avrebbero permesso di farlo tornare a sperare, o a far sperare altre migliaia di vite.

“Ora come ora non ci è possibile curare tuo figlio. Il suo caso non è lieve come gli altri.” Gli avevano detto.

“Studierò vari casi, nella speranza di poter salvare tante vite.” Aveva risposto lui. In fondo in fondo continuava a sperarci.

Adesso suo figlio era lì, in quella scuola, in mezzo agli italiani. La lingua la conosceva a malapena, ma sapeva che un così bravo ragazzo come lui avrebbe avuto pochi problemi ad impararla.

Il ragazzo ripensò al suo passato: ben tre volte ed in tre posti diversi aveva tentato di essere una persona sempre diversa agli occhi degli altri ed aveva fallito.

Sperava vivamente che gli italiani non fossero così, che fossero dei bravi ragazzi, ben disposti ad accettare un nuovo ragazzo nel loro gruppo.

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Seconda Storia (Il ragazzo che non si annoiava mai)
Capitolo 1-Voglia di divertirsi


Pietro in quella scuola era appena arrivato, eppure si era già catalizzato l'attenzione di tutti quanti: un po' per il suo vivace carattere, un po' per il suo aspetto gradevole ed un po' per la sua vivace intelligenza, usata a scapito dei più deboli.

I suoi capelli rossi erano la parte che gli piaceva di più: tantissime persone se li tingevano, lui invece ce li aveva così da sempre.

Metteva abiti alla moda, con un tocco molto personale che lo faceva apparire ancora di più agli occhi degli altri.

I test del Q.I gliene avevano attribuito uno sopra la media: un ragazzo davvero eccellente, con il piccolo difetto di non aver voglia di impegnarsi nello studio.

“Non serve a niente.” Diceva.

Studiava per recuperare le insufficienze, quando queste erano ai livelli minimi e riusciva a tirarsele su con una facilità estrema.

“Non perdo tempo in cose inutili.” Diceva. “I bei momenti della vita non tornano più. Voglio arrivare un giorno a dire: -Ehi, Pietro che bella vita che hai avuto!- e non avere sprecato una buona parte del mio tempo chiuso in una stanza a muovere gli occhi su quelle inutili cose che si chiamano libri.”

Se c'era una cosa di cui poteva andare fiero, era sicuramente la sua costanza a prendere impegni, così da non poter sprecare il suo tempo. Arrivava a casa stremato, ma pienamente soddisfatto di quello che aveva fatto. “Non cambierei per nulla al mondo, nulla!”

Sapeva che il momento più bello da passare a scuola era quello della gita scolastica: nulla toglieva il divertimento di quei momenti, tranne tredici ore di pullman passate a fare niente.

“Rideremo.” Diceva. “Io li farò ridere.”

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Terza Storia (Il sole e la luna)
Capitolo 1-Il viaggio in macchina


<< Stammi bene a sentire. >> Disse sua madre. << Adesso stiamo andando ad una cena di lavoro, voglio che ti comporti bene. >>

<< Ma perchè mi avete portata dietro? >> Domandò lei.

<< Perchè tu da sola non saresti capace di fare nulla, sei ancora piccola, sai? >>

<< Quando mai vi ho deluso? >>

<< Sappiamo che non saresti capace di fare niente da sola. >>

<< Come lo sapete se non avete mai provato? >>

<< Prima di tutto, >> Disse il padre << tu non hai amici. >>

<< Seconda cosa tu non hai un ragazzo, quando tutte le altre sono in giro a divertirsi. >>

<< Ma perchè dovrei averlo? È un obbligo forse? >>

<< Se non hai un ragazzo e non hai amici, noi non possiamo lasciarti così da sola fino all'una di notte. E se poi passa qualcuno? >>

<< Qualcuno in casa? Ma stiamo scherzando? >> Domandò lei vedendosi la casa devastata di ladri, cosa che ovviamente era impossibile. << E poi c'è Lacko a casa. Non potevate lasciarmi con lui? >>

<< Con il cane? Il cane non è una persona! >>

“Lo so ma a volte ti danno più affetto di un fidanzato e più compagnia del tuo migliore amico: solo perchè gli manca la parola non lo considerate come tale?” Domandò.

<< Vedi, Chiara. Lacko è un pastore tedesco che non si comporta come tale. Non è un buon cane da guardia, non è affettuoso, è schivo. E poi lo sai che se sta in casa la sporca tutta. >>

“Forse perchè vive fuori da solo tutto il tempo.” Pensò lei. “Ma se un cane non lecca non vuol dire che non sia affettuoso. Se un cane non vuole essere abbracciato non è perchè non ti vuole bene, se un cane non mangia non è perchè non abbia fame, forse siete voi che gliene date troppo. Lacko è grasso e credo che lo abbia capito anche lui da solo: cavoli, come fate a non arrivarci? Un cane che non mangia lo farà per un buon motivo. E un cane che non rincorre una palla, non è perchè non ne abbia voglia. Semplicemente non lo fa perchè ormai ha passato l'età di quando si divertiva. E se Lacko va d'accordo con il gatto dei vicini, non è strano. Io non ci vedo niente di male in tutto questo.” Pensò lei.

<< E poi credo che le tue manie di stare a studiare e ad appassionarti di cose che non sono affini con i ragazzi della tua età, non lo trovi strano? Anche quando eri piccola parlavi solo di che cosa sia il Sole, la Luna ed il sistema solare. Non ti sembra strana una cosa del genere per un bambino di sei anni? >>

<< Per questo motivo non possiamo lasciarti a casa da sola. E vedi di comportarti come si deve a questa cena di lavoro molto importante, ci tengo ad avere una figlia a posto. >>

La ragazza guardò fuori: inevitabilmente le uscì una lacrima.

Perchè doveva andare ad una cena dove lei non c'entrava niente? Per far fare bella figura ai suoi genitori?

Lamentele, le sue erano solo lamentele. Quella volta che le scarpe le erano andate strette era lei che non riusciva a mettersele, perchè un qualsiasi bambino ci sarebbe riuscito. Sì, ma poi i calli e le bolle chi le avrebbe giustificate?

Oppure ancora, quella volta che mangiò quella pasta così cattiva. Lamentele. Sì, ma il vomito come si spiegava?

Oppure tutte quelle altre volte: lamentele, solo lamentele.

Le venne un colpo al cuore, e sperò che non fossero loro a fargliela fare inconsapevolmente, parlando troppo.  

  
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