Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: EliCF    15/12/2013    0 recensioni
"Ho imparato a riconoscere e tradurre in emozione ogni tutta occhiata, ogni tuo movimento. Immaginavo una folla che guardava adorante il tuo lavoro incompiuto sul cavalletto, distratta solo dai quadri già completati.
Stavo per addormentarmi (se ci fossi riuscito sono certo che avrei sognato te) quando mi ricordai di non aver preso la mia dose di azt. Saltai giù dal divano e rovistai nel cassetto in cui tenevo gli spartiti, alla ricerca del mio barattolino arancione.
Tengo lì le mie pillole perché so che non metteresti mai le mani tra i miei spartiti. Ho fatto leva su un tuo punto debole, Kurt… e mi dispiace. Ma davvero non potevo permettermi che le trovassi. Mi hai parlato spesso del tuo Glee Club e di quanto ami la musica e di quanto sia rimasto deluso quando non sei stato ammesso a quella scuola. Sono sicuro che il ripiego sulla pittura sia stato, appunto, solo un ripiego. Per questo non avresti mai sopportato la vista di un altro spartito, un’altra nota, il simbolo di un altro diesis o un accordo.
La tua malattia era il posto perfetto per nascondere la mia."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Rachel Berry, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 6

Una donna seduta su un pavimento dalle mattonelle a quadroni nascondeva un sorriso al di sotto della maschera color oro che indossava. I bordi erano sottili e il taglio per gli occhi profondo, permetteva di scoprire uno sguardo penetrante anche se parzialmente nascosto. Al collo indossava un collare argentato che riprendeva il disegno della coroncina sottile che le manteneva i capelli, per niente in contrasto con l’avorio del vestito voluminoso. La stoffa si accartocciava sul pavimento come un tappeto, fili d’oro qua e là a riprendere il colore della maschera.

“Penso che questo sia uno dei tuoi quadri migliori, giovanotto.”
Kurt distolse lo sguardo dalla tela e si voltò verso la signora non troppo anziana che, da chissà quanto, lo stava guardando lavorare.

Era presto, poco più tardi dell’alba. Era anche la festa di Santo Stefano, per chi ancora credeva ai santi.

“La ringrazio. Non è ancora terminato.”

Le accennò un sorriso grato, intinse nuovamente il pennello nella tavolozza e tracciò qualche filo dorato in più.

“Vorrei comprarlo,” continuò la donna, “se non ti dispiace.”

L’atmosfera di quella mattina era surreale.
Le luci erano brillanti nonostante fosse appena iniziato un nuovo giorno e la strada era già mediamente trafficata. Il panorama non offriva altro se non palazzi, uffici e ancora palazzi e Kurt ci aveva messo più tempo del normale ad esporre in file ordinate tutte le tele che erano già in vendita. Sorrisi o smorfie, colori tenui o vivaci, l’importante era che appartenessero a donne. Niente paesaggi, niente uomini o bambini. Solo donne, misteriose, belle e soprattutto giovani.

“Sarà pronto prima dell’ora di pranzo,” Kurt annuì, “ve lo terrò da parte fino a che non tornerete per ritirarlo.”

“Mi ricorda un il vestito che indossai per una festa in maschera, sai? I bordi delle maniche, quei colori. Sono particolari che mi hanno riportato alla mente dei ricordi.”

Kurt sorrise nuovamente per ringraziarla.

“Disegni sempre donne, ho visto. Devi essere molto innamorato, perché sembra che si tratti sempre della stessa.”

Kurt trasalì e la signora scosse la testa come per scusarsi.

“Perdonami, sono solo una donna molto curiosa. Passerò più tardi.”

Era vero: immaginava di disegnare una donna, sempre la stessa.
Era un po’ come se invece di quadri fossero fotografie di uno stesso soggetto, incapace di trasformarsi e invecchiare.
Disegnava una donna morta giovane, facendo in modo che rimanesse giovane per sempre.

A lei non sarebbe mai capitato di rivedere se stessa da ragazza, un giorno, dopo essere invecchiata. Non le sarebbe mai capitato quello che era capitato alla signora anziana che gli aveva appena parlato.

Conoscendolo, chiunque avrebbe potuto leggere la sua stessa storia tra le righe della donna che amava raffigurare in ogni suo quadro.

Intanto, gli affari stavano andando non male.
Suo padre credeva che non sarebbe stato capace nemmeno di tenere in mano un pennello, invece si era dimostrato particolarmente incline a quel tipo d’arte.
I corsi di disegno che aveva frequentato nel periodo in cui aveva pensato di iscriversi in quell’università della moda - o qualcosa del genere - si erano rivelati estremamente preziosi, doveva ammetterlo.

La delusione del giorno prima si faceva sentire in ogni pennellata, ma sembrava che con ognuna di queste se ne andasse almeno un po’.
Ci aveva provato, ma non era andata. Per lo meno poteva aver detto di essere rimasto fedele al suo carpe diem.

Ogni pennellata era una domanda, sempre la stessa. Perché?

Si era riscoperto innamorato di quell’uomo, Blaine. Si era ritrovato come aggrovigliato nella sua rete da pescatore esperto, incapace di urlare, chiedere aiuto o pensare, semplicemente.

Aveva già preso tutto di lui, il danno era fatto.
Eppure l’aveva rifiutato.

Kurt era suo, ma Blaine non voleva che lo fosse.
Era un po’ come un regalo troppo costoso che non ci si sente di accettare o un buon voto scolastico ottenuto con l’inganno.
Kurt era suo e non ci sarebbe stato modo di rimediare, eppure Blaine gli aveva detto no, aveva premuto i palmi sul suo petto e lo aveva spinto via.
E Kurt sarebbe rimasto lontano, perché nonostante vivesse sforzandosi di assaporare ogni attimo, sapeva accettare una sconfitta.

Questa gli pesava particolarmente, ma andava bene. Andava bene  perché avrebbe continuato con la sua vita e in cuor suo avrebbe saputo di non aver fatto del male a Blaine…

Oh, non conosceva il suo cognome. Gli era sempre piaciuto chiamare le persone sia per nome che per cognome, peccato.
Il suo colore preferito, il mese della sua nascita, il suo sogno più grande… erano solo dettagli che non avrebbe mai conosciuto.
La giornata era andata alla grande.

Aveva venduto mezza dozzina di quadri, tutti di medie dimensioni, ed era una bella media per essere il ventisei di dicembre.
Aveva raccolto il resto dei lavori in una grossa tela e se li era caricati sottobraccio con un po’ di fatica, stringendosi il più possibile le braccia al petto a causa del freddo.

Rachel lo stava aspettando in casa, un po’ preoccupata.

“E’ tardi,” aveva detto, mentre gli tirava una coperta fin sopra il mento e gli piazzava una tazza di thè tra le mani fredde, “e io ho una cena con i miei compagni di corso. Prometto che farò presto e potremo inaugurare il lettore dvd che i miei ci hanno regalato con Funny Girl, Il Fantasma dell’Opera o Les Miserables. A te la scelta!”

“Solo se non sei troppo stanca” aveva sorriso Kurt.

Stava sorseggiando la bevanda fumante accartocciato sul divano e con lo sguardo perso in chissà quali pensieri quando qualcuno bussò lievemente alla porta.

Inizialmente pensò di averlo solo immaginato: dopotutto, chi diamine avrebbe potuto cercarlo a quell’ora? In un giorno di festa?

Chi diamine avrebbe potuto cercarlo in qualsiasi ora di qualsiasi giorno?

Si convinse di aver sentito male e si riempì la bocca di un altro sorso, nuovamente sovrappensiero.
Bussarono di nuovo e questa volta non poté far finta di niente.

Oh, diamine.

Sarebbe potuta essere Rachel e il suo difetto di dimenticare le chiavi.
Ma no, a quell’ora avrebbe già strillato di aprire il più velocemente possibile perché altrimenti avrebbe tardato alla cena.
Per non parlare dei suoi colpi fastidiosamente nevrotici e netti: quelli che aveva appena sentito ne erano solo una pallida imitazione.

“Spero sia davvero importante, perché mi sto alzando!”

Nel momento in cui vide quello che vide si rese conto che non lo avrebbe mai più dimenticato.
 
Blaine hauncognomemanonloconosco si stringeva in un maglione azzurro e nascondeva i pugni sotto le ascelle. Chiazze rosa gli coloravano il viso dagli zigomi in giù e le labbra rosse spiccavano nel pallore che le luci della strada sembravano accentuare.

Rimase in quella posizione nei secondi che seguirono, poi dischiuse le labbra e sbatté ripetutamente le palpebre come qualcuno che ha bisogno di svegliarsi alla svelta.
Sciolse la posizione aggrovigliata che aveva assunto e rivelò una candela stretta in uno dei due pugni. La tese verso Kurt e sfoggiò un sorriso timido, lo sguardo che viaggiava tra il suo viso e il pavimento.

“Ti- ti dispiacerebbe accendermi la candela?”
*
 
“Conti, bollette da pagare, altri conti, altre bollette da pagare…”
Lady B. sfogliava una pila di fogli ammassati sulla scrivania, poco lontani dalla sua tazza di thé fumante.

“…Oh, che culo! Altre bollette da pagare!”

Sbuffò e contrasse il viso in una smorfia particolarmente inquietante, alla solita luce fioca della lampada da tavolo.

“Come diamine lo pago, questo affitto di merda?”

Una risata sguaiata ruppe il silenzio notturno e la fece sussultare.
Alla prima si aggiunsero altre risatine e qualche colpo di tosse, passi sempre più vicini e rumori di vetro che tintinna.

Lady B. sospirò e abbandonò le scartoffie in cui affondava il naso per accostarsi alla porta di vetro e coprirla con pezzi di cartone, quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Una ragazza visibilmente ubriaca barcollava su un paio di tacchi indicibilmente alti, brandendo una bottiglia di champagne e ridendo sguaiatamente. Doveva essere stata proprio la sua risata a dare il via a quella dei tre ragazzi – due ragazze e un ragazzo – che la seguivano e si sostenevano a vicenda.

Rachel Berry, le pareva si chiamasse. La coinquilina di quel Kurt… sì, doveva essere lei.

Aveva visto Blaine salire a casa del ragazzo e non lo aveva visto più scendere. Il fatto che si fosse trattenuto significava che stesse sicuramente facendo qualcosa di davvero… interessante, con quel Kurt.
L’arrivo della coinquilina ubriaca e in compagnia non avrebbe giovato a nessuno.

“Hei, trampoliera! Sì, bimba col rossetto sui denti, dico a te!”

Rachel brandì una bottiglia di champagne nella direzione del negozio, facendo segno ai suoi compagni di seguirla.

“Che cosa ne dici di abbassare il tono delle tue risate estremamente nasali e fastidiose? Non mi sorprende che siano così sguaiate, vista la nonchalance con cui madre natura ti ha fornito di un naso altrettanto sguaiato!”

Quando la ragazza le fu di fronte, Lady B. riuscì a sentirne la puzza di alcol e la respirò a pieni polmoni. Avrebbe dato l’intero set di unghie finte per un cicchetto.
Si chiese come mai quella ragazzina sfondata di soldi abitasse ancora in quel quartiere di zoticoni che non sanno distinguere una Louis Vuitton originale dalla riproduzione più palese.
Avesse avuto in mano la metà dei soldi che aveva lei, sarebbe scappata a gambe levate.

“Ma guardati, hai il trucco tutto sbavato. Tesoro, qui hai bisogno di una sistemata. Non vorrai andartene in giro conciata in questo modo?”

“Oh no!” esalò Rachel, completamente attratta dalla donna che le parlava dalla soglia del negozio, “Assolutamente no! Sono un’artista, io-“
Poi vomitò sulle scarpe di uno dei suoi amici.

Se ne andò via grugnando un paio di insulti, seguito dagli altri due.

“Avanti, dolcezza. Puzzi come il frigorifero di mia nonna Jacqueline, ma vieni dentro.”

Le afferrò un avambraccio e la tirò dentro barcollando un po’ sui suoi stessi tacchi. Rachel borbottava qualcosa riguardo un tovagliolo su cui aveva scritto un numero di telefono e ben presto iniziò a piangere.

“Dov’è il tovagliolo? Quel ragazzo stupendo mi aveva lasciato il suo numero! Ridammi il tovagliolo, troia!”

Lady B., impietosita dalla scena, ricordò di quando smarrì l’unico cellulare che aveva mai posseduto. Era pieno di numeri che utilizzava le sere in cui si sentiva particolarmente sola.

Fu un lutto così grosso che non comprò mai più un cellulare – decisione dettata dalla mancanza di denaro – e si ripromise di scrivere sempre i numeri sul palmo della mano, per poi trascriverli su una rubrica il giorno dopo.

Ma quello era prima. Poi la sua vita aveva trovato un senso e… lo aveva perso nuovamente.

“Piove” biascicò Rachel con lo sguardo perso sul pavimento. “Oh, quanto piove! Devo trovare un riparo o la mia messa in piega si trasformerà in una di quelle bruttissime parrucche che usano in Hair Spray!”

Si nascose sotto uno dei tavolini di esposizione e Lady B. le allungò la sua tazza di thè prima di tornare alle sue bollette.

“Blaine  Anderson mi deve un grosso favore, oh se me lo deve.”
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: EliCF