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Autore: 9Pepe4    16/12/2013    3 recensioni
Con qualche difficoltà, Biancaneve si mise a sedere. Poi, con una serietà che stonava sul suo viso infantile, afferrò le mani della sua matrigna.
«Anch’io ci sarò sempre, per voi» promise, con fervore. «Non vi farò mai e poi mai ciò che vi ha fatto il vostro stalliere».
Regina smise di respirare, mentre qualcosa dentro di lei si contraeva, ed esigeva selvaggiamente di chiudere le dita su quel collo candido e strangolare la bambina.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Re Leopold, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza appiglio

Regina, accovacciata su un divanetto di raso, era intenta a sfogliare un libro con espressione assente.
Di solito, non amava uscire dalle proprie stanze, ma quel giorno era arrivata una domestica a riordinarle, ed aveva accompagnato il proprio lavoro con un interminabile chiacchiericcio.
Regina l’aveva tollerata per una decina di minuti, rivolgendole alcuni monosillabi e molti sorrisi forzati.
Quando la conversazione – o meglio, il monologo – si era spostato sulla rimpianta regina Eva, la giovane non aveva più resistito.
Aveva preso il libro, l’anello di Daniel, e se n’era andata.
Non aveva nemmeno salutato, ma dubitava che la donna si fosse accorta della sua scomparsa.
Sospirando appena, girò pagina.
Se non altro, quel salottino aveva il pregio di essere poco frequentato, e di avere una bella finestra che lo illuminava a volontà.
Regina sarebbe persino riuscita ad apprezzarlo, in altre circostanze. Così come stavano le cose, era solo un angolo del palazzo in cui era costretta a vivere, di un posto a cui non apparteneva.
Mentre i suoi occhi si soffermavano su una parola senza vederla davvero, Regina si sentì come se tutta la solitudine che provava minacciasse di piombarle addosso.
D’istinto, alzò una mano a toccare l’anello di Daniel, appeso al suo collo.
La sensazione d’abbandono e il dolore erano ancora forti e brucianti, come se lui fosse stato ucciso solo il giorno prima.
Regina si sentì soffocare. Si piegò in avanti, una mano stretta convulsamente sull’anello, l’altra chiusa sul libro come a voler strappar via ogni pagina.
Il respiro che le usciva dalle labbra dischiuse, ora, era spezzato e irregolare.
Lei serrò gli occhi, esercitando tutto il proprio autocontrollo per non mettersi a piangere, a gridare, o a strapparsi i capelli.
Era tutto inutile. Era inutile il trascorrere del tempo, era inutile tenere occupate le proprie giornate.
Lo strazio sembrava non diminuire mai, la nostalgia era ancora tanto forte da farla star male.
Con un supremo sforzo di volontà, riuscì a trarre un respiro profondo.
Un rumore improvviso la fece sussultare. Regina si ricompose in fretta, raddrizzando la schiena e aprendo gli occhi.
Re Leopold era sulla soglia della stanza, riccamente vestito in argento e bianco. «Disturbo, mia cara?»
“Sorridi, Regina. Sorridi”.
La giovane donna riuscì ad incurvare amorevolmente le labbra. «Certo che no, mio re».
Una parte della sua testa le disse che avrebbe dovuto alzarsi in piedi ed esibirsi in un inchino, ma non era sicura che le sue gambe avrebbero retto, così rimase dov’era.
L’uomo non ne parve turbato. Al contrario, le sorrise con benevolenza ed avanzò verso di lei.
Regina mise da parte il libro, e fece scivolare l’anello di Daniel all’interno della propria scollatura, rivolgendo al re il proprio sguardo.
Quando l’uomo le si accomodò accanto, lei provò l’impulso di spostarsi.
Riuscì a rimanere immobile, tuttavia, e interrogò Leopold con gli occhi. «Che succede?»
Mentre formulava la domanda, fu attraversata dal sospetto che lui la volesse nelle proprie stanze. Quel pensiero bastò per farle scorrere un brivido lungo la colonna vertebrale.
Il tocco dell’uomo la ripugnava. Le notti che trascorrevano insieme erano un incubo, un misto costante di dolore e disgusto e senso di colpa.
L’uomo sospirò. «Biancaneve è malata».
Regina si rilassò. «Oh, no, davvero?» domandò quindi, portandosi una mano al cuore e corrugando la fronte in un’espressione preoccupata.
«Il medico di corte ha detto che non è nulla di grave» la rassicurò subito il re, «e Johanna si è occupata di lei».
A quelle nuove informazioni, Regina sentì una fitta d’insofferenza.
Voleva solo voltarsi verso la finestra e guardare fuori, verso il cielo e le valli…
Se la bambina stava bene e aveva anche chi si occupava di lei, perché mai il re aveva ritenuto utile importunarla?
A dispetto di quelle emozioni, Regina costrinse gli angoli delle proprie labbra ad alzarsi in un sorriso. «Saperlo è un vero sollievo».
Leopold le sorrise di rimando. «Già…» mormorò, prendendo la mano della ragazza tra le proprie.
Regina sentì la pelle d’oca su tutto il braccio, ma obbligò la propria espressione a rimanere tenera e amorevole.
“Sorridi, Regina. Sorridi”.
«Ma sai, mia cara» riprese Leopold, accarezzandole il dorso della mano con il pollice, «Johanna ha molte faccende da sbrigare…»
La giovane si trattenne dal dire che non vedeva dove fosse il problema.
Certamente, a corte, c’era qualcun altro disposto ad occuparsi della piccola principessa. Non c’era persona che non andasse pazza di lei, in fondo.
«Inoltre» proseguì Leopold, «la mia piccola Biancaneve era abituata ad avere sua madre accanto, quando non si sentiva bene».
Un velo di tristezza rannuvolò i suoi occhi.
Il sorriso di Regina gelò, lei sentì dolere la propria mascella.
Cora non si era mai occupata di lei, durante le sue febbri. Certo, aveva sempre assunto i medici più in gamba, e talvolta le aveva somministrato qualche medicina dolciastra, ma non era mai arrivata a tenerle la mano o a vegliare su di lei.
Però, com’era ovvio, Biancaneve aveva sempre avuto il meglio del meglio.
Perché Eva, a quel che pareva, era stata questo: il meglio.
La madre perfetta, la consorte perfetta, la regnante perfetta.
Talvolta, Regina si domandava con rabbia impotente perché il re avesse voluto sposarla, se in ogni modo lei non avrebbe mai potuto competere col ricordo della sua prima moglie.
Non che lei desiderasse davvero l’amore di Leopold… Anche se all’inizio l’aveva quantomeno rispettato per la sua bontà e la sua gentilezza, ora lo disprezzava… Ma era umiliante, sentirsi paragonare continuamente alla precedente sovrana, sapere di essere stata scelta non come moglie, ma come balia per una ragazzina viziata.
Se solo il re non avesse chiesto la sua mano, sua madre non si sarebbe attaccata all’idea di farla diventare regina, e Daniel non sarebbe…
No.
Regina inspirò velocemente.
Non poteva permettersi di pensarci.
«Penso» continuò il re, «che dovreste andare da lei. Sono certo che Biancaneve ne trarrebbe consolazione».
Regina pensò disperatamente ad una scusa per declinare.
Nonostante la scomparsa della madre, sotto la sua pelle continuava a ribollire una rabbia tanto cocente da sgomentarla.
Lei non poteva ignorare il ruolo che Biancaneve aveva avuto nell’uccisione di Daniel. Anzi, più trascorreva del tempo con quella bambina, più le sembrava che la colpa fosse da attribuire alla sua lingua lunga, alla sua incapacità di mantenere un singolo, semplice segreto…
«Mio signore» iniziò Regina – non era mai riuscita a chiamarlo marito mio, «non ritengo che…»
Lui le strinse la mano. «Ve ne prego» le disse. «Mia figlia ha bisogno di voi».
“E io ho bisogno di starle lontano” pensò Regina, sentendosi disperata.
Ma non era quello il ritornello giusto.
“Sorridi, Regina. Sorridi”.
Obbediente, lei fece balenare i propri denti bianchi. «Ma certo».
Tolse la mano da quella del re e si alzò dal divano. Per lo meno, non doveva più sentire le dita di lui attorno alle proprie.
Fece un’aggraziata riverenza, quindi diede le spalle all’uomo e si allontanò rapidamente.
Le stanze di Biancaneve non erano molto lontane.
Regina vi aveva trascorso molto più tempo di quanto avrebbe voluto… Nei propri incubi ad occhi aperti, aveva immaginato di sbattere la testa della bambina contro l’angolo di un tavolo in legno massiccio, di romperle le dita chiudendole nell’anta del grande armadio intarsiato… Di intrappolarle la faccia nelle tende bianche della finestra e soffocarla…
Regina scrollò con forza il capo per liberarsi tanto di quelle immagini quanto della perversa soddisfazione che le procuravano, e volse lo sguardo verso il sontuoso letto a baldacchino che troneggiava al centro della stanza.
Biancaneve era rannicchiata a pancia in giù sul materasso. I suoi capelli scuri erano arruffati, il suo visetto infiammato dalla febbre.
Regina avanzò di un paio di passi. «Biancaneve?» chiamò, con dolcezza.
La bambina aprì gli occhi grandi… e parve rilassarsi non appena la vide. «Siete voi» sussurrò.
La sua giovane matrigna sorrise, andando a sedersi sul bordo del letto. «Sì, mia cara» le disse, allungando una mano ad accarezzarle i capelli. «Sono qui».
Biancaneve le rivolse un piccolo sorriso, poi si girò sulla schiena. «Ho freddo» si lamentò, con voce un po’ piagnucolosa.
Effettivamente, le coltri disfatte la lasciavano quasi completamente scoperta. Regina si allungò su di lei e le rimboccò le lenzuola.
«Ecco qui, mia cara» affermò, mentre una parte di lei desiderava gettare le coperte sopra il viso della bambina, così da non doverla più guardare. «Va meglio?»
Biancaneve trasse un respiro dal naso. «Forse» disse infine. «Credo di sì».
Regina si obbligò a fare un altro sorriso – un sorriso impeccabile, così diverso da quelli radiosi e sinceri che sfoderava prima.
«Non è niente. Vedrai che già domani ti sentirai meglio».
Gli occhi della bambina parvero farsi più lucidi. «M-mia madre… Quando si ammalò, pensai che il giorno dopo… sarebbe stata… bene» concluse, con voce strozzata.
Regina rimase immobile un istante, poi le sue mani tornarono ad accarezzare i capelli di Biancaneve.
«Oh, mia cara» le disse, con voce piena di compassione.
Eppure, dover confortare quella bambina… Dover guarire le sue ferite, mentre la ferita che Biancaneve le aveva causato le faceva ancora sanguinare il cuore… era insopportabile.
«Mi dispiace molto che tu abbia dovuto perdere una persona che ami…»
Contro la sua pelle, l’anello di Daniel era ancora fresco. Improvvisamente, però, le parve quasi rovente.
«Ma non devi temere per la tua vita. Tuo padre mi ha riferito che secondo il medico di corte non hai nulla di grave».
“E se invece fosse stata moribonda?” insinuò una voce in fondo alla sua testa. “Ti sarebbe piaciuto?”
Regina inorridì interiormente. “No” cercò di dirsi, con fermezza. “Certo che no”.
La bambina la riportò al presente, tirando su col naso. «Sì» pigolò. «Sì, Johanna me l’ha detto».
Regina abbassò gli occhi su quel visetto arrossato, e improvvisamente si sentì come… sdoppiata.
Come se ci fossero due lei: una che era commossa da quell’angoscia infantile, l’altra che guardava con freddezza a quella medesima afflizione.
«Vedi, dunque?» si costrinse a chiedere, sfiorando con dita gentili la fronte della bambina. Fronte che era calda, calda, quasi rovente… Mentre la pelle di Daniel era diventata così fredda… «Non devi preoccuparti di nulla. Devi solo pensare a guarire».
Debolmente, Biancaneve annuì.
“Ancora un poco” pensò allora Regina. “Ancora un poco e potrò tornare nelle mie stanze”.
Ma si sbagliava.
Col calare della sera, la febbre di Biancaneve si alzò. Interpellato, il medico di corte sostenne che non era altro che il normale decorso della malattia.
In quanto al re, si presentò al capezzale della bambina per darle un po’ di conforto.
Mentre fissava l’uomo dalla parte opposta del letto, Regina fu folgorata dall’immagine che avrebbero dato ad un eventuale osservatore.
Lei e l’uomo, così solleciti nei riguardi di quella bimba malata… Di certo, dovevano sembrare una famiglia felice…
Quell’idea la devastò.
La sua mente fu attraversata dai frammenti di alcuni sogni che non aveva più osato ricordare.
Un casolare modesto, un pendio erboso. Alcuni cavalli. E bambini, bambini che ridevano, bambini col suo viso e con gli occhi di Daniel…
Daniel.
E invece, si era ritrovata in questa prigione lussuosa, con un marito che non voleva, costretta a far da madre alla ragazzina che aveva segnato la sorte dell’uomo che amava.
Quando il re, dopo aver baciato la fronte di Biancaneve, se ne andò, fu un vero e proprio sollievo.
Regina attese qualche altro minuto, poi accennò ad andarsene a sua volta.
La sua figliastra, però, le afferrò una mano. «Vi prego» la implorò, con voce tremula. «Vi prego, restate».
E così, Regina rimase lì, con la sensazione che le dimensioni della sua prigione si fossero improvvisamente ridotte alla grandezza di una stanza.
Vegliò sulla bambina per tutta la notte, aiutandola a bere quando aveva sete e abbracciandola per alleviare la sua agitazione.
Biancaneve, dal canto suo, dormì ben poco. Tremava e batteva i denti e, tra un lamento e l’altro, cercava il conforto del grembo della sua matrigna.
Verso l’alba, finalmente, si appisolò.
Regina si sentiva completamente esausta.
La notte appena trascorsa le aveva confermato una cosa: lei non era assolutamente nelle condizioni di fare la madre.
Era molto giovane, ed era ferita, confusa, piena di un rancore bruciante e di una rabbia che non attendevano altro che esplodere.
Aveva bisogno di Daniel e delle sue braccia sicure. Ne aveva tanto bisogno che era peggio di un male fisico…
Ma ciò che era fatto era fatto, pensò, guardando rigidamente la bambina addormentata.
Daniel non lo avrebbe avuto mai più.
Allora, forse, aveva bisogno di piangerlo come sua madre non le aveva lasciato il tempo di fare, aveva bisogno di cancellare dal proprio volto quel sorriso disgustosamente perfetto.
Aveva bisogno di fuggire, e di non posare mai più gli occhi su Biancaneve.
La bambina era diventata il costante ricordo di una promessa infranta, delle labbra inerti di Daniel contro la sua bocca disperata.
In quel momento, Biancaneve si stiracchiò appena, svegliandosi…
Quando posò lo sguardo su Regina, si bloccò, e i suoi occhi si allargarono, facendosi tondi come due monete.
«Siete… siete rimasta con me» fiatò la piccola. «Tutta la notte!»
Regina modellò un sorriso sulle proprie labbra insensibili. «Sì».
Biancaneve continuò a fissarla, e nella sua espressione comparve qualcosa che rasentava la venerazione.
Con qualche difficoltà, la bambina si mise a sedere. Poi, con una serietà che stonava sul suo viso infantile, afferrò le mani della sua matrigna.
«Anch’io ci sarò sempre, per voi» promise, con fervore. «Non vi farò mai e poi mai ciò che vi ha fatto il vostro stalliere».
Regina smise di respirare, mentre qualcosa dentro di lei si contraeva, ed esigeva selvaggiamente di chiudere le dita su quel collo candido e strangolare la bambina.
Sentire il respiro che diventava un rantolo raschiante nella sua gola, sentirla dibattersi inutilmente sotto la propria presa…
“Sorridi, Regina. Sorridi”.
La donna obbedì di nuovo e sorrise, togliendo con gentilezza le proprie mani da quelle della figliastra.
«Ti ringrazio, Biancaneve» le disse, in un tono commosso che le suonò stranamente stridulo.
Dentro di lei, vibrava una rabbia gelida e assoluta. Feroce.
La bambina rispose con un sorriso felice, poi si distrasse improvvisamente. «Ho fame» osservò, posandosi una mano sullo stomaco. «È un buon segno?»
Regina si costrinse a far uscire una risata dalla propria gola – l’ultima volta che aveva riso davvero, era stato con lui.
«Sì, penso proprio di sì».
Dentro di sé, però, si sentiva morire. Ora più che mai.
Lei e Biancaneve non parlavano mai di Daniel… Adesso, Regina capì con dolorosa precisione che cosa la bambina doveva pensare di lui.
In fondo, Biancaneve la guardava quasi con adorazione. Era probabile, se non indubbio, che provasse un certo rancore, nei riguardi dell’uomo che – a quanto ne sapeva lei – aveva abbandonato Regina.
La giovane sentì l’impulso di negare tutto, di difendere Daniel sino a perdere la voce, di dire che lui non avrebbe mai fatto una cosa simile.
Il pensiero che qualcuno lo ritenesse in grado di scappare, di abbandonarla… era un’agonia.
Non era riuscita a proteggerlo dalla propria madre. Aveva sposato un altro uomo. Aveva permesso che un altro uomo prendesse la sua femminilità.
E gli aveva dato una colpa che non aveva.
«Credete che mio padre mi permetterà di far colazione nella mia stanza?» cinguettò Biancaneve, beatamente inconsapevole di tutto.
Regina non riuscì a rispondere subito.
E se avesse sputato la verità in faccia alla bambina? Si era inventata quella bugia affinché Biancaneve non fosse stata tormentata dal senso di colpa, ma non aveva mai immaginato che per lei sarebbe stata una simile tortura.
Le sembrava un insulto alla memoria di Daniel.
«Sono certa di sì» disse infine. Vuota.
La bambina sorrise di nuovo, sprizzando contentezza da tutti i pori.
Regina si posò una mano sul petto, laddove si trovava l’anello di Daniel, e si chiese quando ogni suo appiglio si sarebbe sgretolato.















Note:
Evidentemente, rimuginare su Regina mi fa MALE.
Sperando che questo testo non sia insensato e/o ributtante, e di non aver reso OOC i personaggi, ringrazio chi è riuscito ad arrivare sino alla fine =)
Se mai voleste farmi sapere cosa ne pensate, ne sarei più che felice (uh, e non ho ancora iniziato a vedere la terza serie… perciò, per favore, niente spoiler!).
  
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