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Autore: B Rabbit    16/12/2013    1 recensioni
“Cosa sta succedendo?”, si chiese, accorgendosi solo in quel momento del suono dei suoi pensieri.
Poi, una lacrima di voce cadde nel silenzio, increspando la superficie liquida e malleabile della sua anima.
« Mamma …! »

[Leo (Altro personaggio) , Leo's mum (Nuovo personaggio) - Leggete a vostro rischio e pericolo]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Conte del Millennio, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando le preghiere si tramutano
in maledizioni





Confusione ed estraneità.
La mente non focalizzava più nulla. Era come sentirsi strappata via da tutti e dal mondo.
Solo silenzio e freddo innaturale.
La fronte avvampava, come se un essere sopra ogni immaginazione le avesse inciso la pelle con una lama sottile e acuminata.
Sentiva solo bruciore, però, nessuna sfumatura di dolore.
Un senso di preoccupante irrequietezza le aleggiò nel petto.
“Cosa sta succedendo?”, si chiese, accorgendosi solo in quel momento del suono dei suoi pensieri.
Poi, una lacrima di voce cadde nel silenzio, increspando la superficie liquida e malleabile della sua anima.


« Mamma …! »



Aprì gli occhi – o almeno pensò di farlo – e dinanzi a lei spuntarono ombre e linee confuse, ma una goccia di nitidezza cadde in suo soccorso, propagandosi lentamente dal centro del suo campo visivo, aiutandola a capire.
Ruotò istintivamente il capo – “Perché è rigido e pesante? Cosa sono questi scricchiolii?” – . E lì lo vide.
Una piccola vita le tremava di fronte – “Perché di nuovo questa stanza?” – come una delicata fiammella di candela.
Un bambino la guardava, e nei suoi occhi spenti ma vividi di lacrime brillava il desiderio intenso di avvicinarsi a lei, eppure un timore riguardoso lo limitava in quel quadratino di pavimentazione.
«Mamma…?» sussurrò debolmente la creatura indifesa, e due perle chiarissime tornarono a bagnargli gli occhi azzurri.

Era il suo bambino.
Il bimbo dai capelli di grano che tanto amava abbracciare, quando era notte e gli raccontava le storielle della buonanotte tra carezze e baci.
Il baricentro dell’esistenza che fu e che sarà, perché madre si è per sempre.

Lo chiamò per nome – «Leo …?» – e si stupì del tono stridulo che deturpò la sua voce, priva della solita nota dolce e vellutata che con la sua morbidezza riusciva a cullava e calmare i pianti e le paure del suo tesoro.
Anche il piccolo se ne accorse e, con voce sottile, fragile, chiamò sua madre più volte, una per ogni passo che faceva verso di lei.
Quel suono le infuse coraggio per parlare ancora.
«Leo, come …?»
Ora la piccola figura era vicinissima, quasi un palmo li separavano.
Allungò incerto le mani verso di lei, verso sua madre, e un leggero stupore si specchiò nei suoi grandi occhi azzurri.
«Sei fredda…» sussurrò, e con incredibile forza nascose il dolore che gli arcuava le labbra all’ingiù.
«Hai la voce strana…» continuò, cercando di dominare la voce e di sopprimere le lacrime. «Forse devi solo riabituarti a parlare»
Improvvisò una risata sottile, impregnata di grande tristezza.
«Leo…»
La donna cercò di allungare il braccio per poterlo tranquillizzare, però la spaventavano i cigolii provenienti dalla sua spalla sinistra.
Avvicinò l’arto verso il suo bambino, lentamente, ma all’improvviso si fermò.
Osservò il suo braccio.
«Cosa…?»
Era nero. Sottile, lucido e liscio.
Era come di ferro, duro e resistente.
Non era di pelle e muscoli. Non era fragile e caldo.
«Sophia»
Un senso di terrore la scosse.
Il fanciullo abbassò il capo e singhiozzò forte.
La madre ruotò lentamente la testa verso quella voce bassa, verso l’angolo buio rinnegato dalla luce della piccola finestra che rischiarava la stanza.
Un sorriso grottesco la salutò in modo buffo e dietro le piccole lenti rotonde due occhi dorati e raccapriccianti la scrutarono.
La figura avanzò lentamente, stringendo nella mano guantata un bizzarro ombrello rosa.
«Questo splendido giovanotto ti ha riportata indietro» le disse, fermandosi di fianco al bimbo spaventato. «Ti ama davvero tanto, sai? Ti ha richiamata appena dopo il tuo funerale»
La donna comprese la verità dietro le sue parole.
«Sono un Akuma» riuscì a dire facendo scattare la mascella di metallo.
«Si» confermò lo sconosciuto.
Era prigioniera.
Il bimbo strinse fra le dita la stoffa della giacchetta nera.
L’uomo fece roteare l’ombrello con la mano sinistra. «Sarò scortese, lo so, ma… il tempo stringe»
La struttura nera che conteneva Sophia tremò.
La creatura alzò il visino rigato dalle lacrime e posò gli occhi in quelli dell’eccentrica figura. «Cosa vuol dire, signor Conte?»
Una risata contenuta riecheggiò nella piccola stanza.
Non lo aveva mai notato, Leo, ma tremò appena constatò l’immobilità dell’enorme bocca dell’uomo nonostante le parole e le risate formulate dalla sua voce bassa e gentile.
Il Lord alzò lentamente la grande mano e, facendo schioccare le dita, ignorò la domanda e guardò il suo nuovo giocattolo con occhi agghiaccianti.
«Sophia» disse piano, facendo qualche passo indietro. «Questo è il mio primo ordine…»
Leo girò lentamente la testa verso sua madre e la guardò con occhi spaventati. «Mamma…?»




«Uccidilo»




Le giunture ruotarono appena su loro stesse e gli arti si mossero da soli.
Vide delle lame scattare dall’estremità delle sue braccia.
Il bimbo inciampò all’indietro e gemette terrorizzato, indietreggiando con gli avambracci che strisciavano sul pavimento impolverato.
La madre percepiva l’ombra di alcune lacrime bruciarle sotto quella maschera. Le era doloroso non poter piangere.
«No… non vog-»
Gridò forte stringendosi gli arti alle costole nere, ma subito loro si riportarono in avanti, lugubremente illuminati dalla luce evanescente della luna.
Il suo udito fu ferito da urla che la donna non avrebbe mai voluto sentire, così forti che mai sarebbero dovute fuoriuscire dalla bocca della sua gioia.
«Leo… scappa» le ginocchia si piegarono in avanti per avvicinarsi il più possibile al piccolo corpicino. Sophia cadde carponi di fronte a lui, e il bambino indietreggiò d’istinto per fuggire, ma colpì il divanetto con la schiena.
«Vai v-via…»
Il fanciullo alzò gli occhi e guardò sua madre.
«Ti prego, fuggi!»
Le regalò un sorriso.
«Ti voglio bene, mamma»

Due urla, entrambi di sofferenza, e poi sono lamenti straziati.









«Happy birthday to you, Sophia»



















*seduta su un Tim-comodino*
Vi è mai capitato di sentirvi delle schifezzine rinsecchite?
Oppure una merdiccia secca, mostro, non so…
Ecco, io mi sento così.
Ma Santa Claus ç^ç
E maledetti scleri pomeridiani…
Non ho nulla da dirvi, se non che mi sento una schifezza per ciò che ho pensato, scritto e poi postato.
Spero che la one-shot sia chiara e che non faccia orrore come la mia anima.
Vo’ via
*va via trascinandosi insieme a Tim*


  
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