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Autore: MeiyoMakoto    17/12/2013    1 recensioni
Emarginati? Certo.
Sradicati dalla società, anzi.
Gareth Laurel, espatriato ancora bambino, che insieme alla madre ha seppellito parecchie risposte mai ottenute. Adesso, dopo trent'anni, tocca andarsele a cercare da solo.
Orion e Judith Vicar, bollati come poco di buono senza battere ciglio, lei con un finto Marchio Nero tatuato provocatoriamente sul braccio sinistro e lui girando per strada a pugni stretti.
E tutto senza una spiegazione. Finora.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Stavo giocando in salotto la notte in cui la mia vita venne messa sottosopra.
‘Guarda, mamma, sono un lupo mannaro!’, esultai agitando la coda che papà mi aveva fabbricato dalla manica di una vecchia pelliccia.
Halloween era la festa preferita di mio padre: adorava fabbricare decorazioni e costumi, rimodellando tutta la paccottiglia su cui riusciva a mettere le mani.
‘Fantastico, tesoro.’, sorrise stanca la mamma, spalancando le braccia in modo che io potessi tuffarmici dentro.
Non l’avevo mai vista sorridere davvero: occasionalmente socchiudeva le labbra tirate solo per farmi credere che andasse tutto bene. Avevo cinque anni, e funzionava ancora. Convincere papà era un altro paio di maniche.
‘Vado io.’, disse lui quando qualcuno batté qualche colpo sulla porta.
Mamma annuì distrattamente e si mise a cercare un cestino in cui mettere le caramelle. Mi portava sempre a fare dolcetto o scherzetto dopo cena, per la gioia di papà che non vedeva l’ora che il vicinato ammirasse le sue creazioni.
Io mi affacciai alla porta che portava all’ingresso, curioso di chi potesse farci visita la notte di Halloween. Vidi mio padre trasalire socchiudendo la porta.
‘Rosier.’,  mormorò.
‘Dov’è Nala?’, domandò per tutta risposta una rauca voce maschile.
Papà si accigliò.
‘Che te ne importa?’, ringhiò.
‘Cristo, Elliott!’, imprecò l’uomo spingendolo da parte per intrufolarsi in casa. ‘Non ho tempo per le tue stupidaggini!’
Papà lo strattonò per un braccio, ma Rosier si divincolò.
‘Nala!’, chiamò.
Mia madre emerse dalla cucina con un canestrello di bambù in mano. Lei e Rosier rimasero per un instante a fissarsi in silenzio. Mio padre strinse i pugni e attese.
Nala Jean Laurel era di una bellezza mozzafiato -non c’è da meravigliarsi se Rosier era rimasto impietrito. I capelli mossi, color miele, erano raccolti in una disordinata coda alta; gli occhi, freddi come il cielo invernale e dello stesso colore, divennero due fessure alla vista del nuovo arrivato.
‘Che ci fai qui?’, ringhiò.
Vidi la schiena di papà abbassarsi impercettibilmente: la sua tensione si era un po’ allentata. Non ero ancora abbastanza grande da capire che mio padre si era sentito intimidito da Rosier: alto, bruno e decisamente attraente, la sua presenza non poteva essere gradita al basso e occhialuto Elliott Laurel.
‘Dovete andarvene, Nala.’, rispose Rosier riscuotendosi. ‘Subito.’
‘Che è successo?’, chiese mia madre.
‘Il Signore Oscuro è morto. Verranno a prendervi.’
‘Noi non abbiamo niente a che fare con lui.’, intervenne mio padre. ‘Nala non frequenta più i cani come te.’
Doveva essere proprio agitato se si era permesso di insultare i Mangiamorte; a quei tempi, un commento del genere avrebbe segnato il suo ultimo respiro. Ma Rosier aveva altro per la testa.
‘Stai zitto, Elliott.’, lo interruppe mamma. ‘Evan ha ragione. Fai la valigia e partiamo.’
‘Non c’è tempo per la valigia.’, la corresse Rosier. ‘Prendi il bambino e scappa, con o senza questo imbecille.’
Detto questo, corse in strada e si Smaterializzò. Mamma si affrettò a chiudere la porta.
‘Di che stava parlando, Nala?’, chiese mio padre. ‘Cosa c’entra Gareth?’
Lo sguardo dei miei genitori saettò verso di me.
‘È in pericolo.’, rispose lei prendendomi in braccio. ‘E anch’io. Andrà tutto bene, ma solo se andiamo il più lontano possibile da qui entro stanotte.’
‘E io?’
‘Tu fai come ti pare.’
Lui esitò.
‘Mi avevi detto di avere smesso con questa gente.’
‘Non si smette di essere una Mangiamorte, Elliott, che tu lo voglia o meno. Allora, che fai? Mi aiuti a proteggere nostro figlio o scappi?’


New York era troppo grande, troppo caotica, troppo affollata. Non mi piaceva. Ma il fratello di mia madre, Edmund, viveva lì, e non avevamo altra scelta se non dividere un appartamento con lui e tre suo amici. L’odore di erba mi dava la nausea.
‘Dov’è papà?’, chiesi per l’ennesima volta mentre mamma mi rimboccava le coperte.
‘Se me lo chiedi un’altra volta giuro che ti do uno schiaffo.’
‘Perché siamo andati via?’
‘Perché volevo vedere lo zio Edmund. Non ti piace qui?’
‘Non so… Sono tutti simpatici, ma ogni tanto fanno cose strane… E tu non usi più la bacchetta…’
‘Sai che non devi parlare della mia bacchetta.’
C’erano molte cose di cui non potevo più parlare nella mia nuova vita da newyorkese. Ma mi adattai.

  
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