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Autore: radioactive    18/12/2013    3 recensioni
«Lloira» la voce di Woof le giungeva ovattata alle orecchie, «lo so che sei sveglia!» disse – ma la sua voce era gentile. Aprì la bocca per parlare ma qualcosa alla guancia le diede fastidio, ci mise qualche secondo per capire che era un cerotto – ah, sì, il tridente del pescatore. Si ricordava perfettamente del dolore lancinante quando il suo avversario aveva cercato di colpirla alla testa, tagliandole la gota. Mugolò per rispondere al suo mentore, cercò di piegare le gambe e se le ritrovò leggere e lisce al contatto con il lenzuolo bianco. Allora aveva vinto davvero.
| pre-HG ● Lloyd ● SPIN OFF de "Die on the front page, just like the stars" ● 1.124 parole ● DISTRETTO 8 |
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tu lo sai che un fiore può fiorire dal sale.

 

 

 

 

 

«Signori e Signore, la Vincitrice dei Cinquantaquattresimi Hunger Games!».

L’Hovercraft volò sopra di lei, alzando in aria la sabbia in un unico turbinio, non molto lontano il corpo del ragazzo del 4 – quello che lei aveva martoriato – giaceva inerme, senza le dovute attenzioni che si danno al cadavere di un ragazzo.

Ma non le importava, la testa si muoveva assieme al polverone e le palpebre si chiudevano, pesanti, mentre la bile le risalì lungo la gola, costringendola a pregare di non essersi vomitata addosso. Si sentì cadere in avanti, ma non toccò mai la superficie ruvida di quella terra arida, il freddo del metallo le sfiorò le braccia graffiate e le gambe livide e un dolce tepore la cullò fino al suo risveglio.

 

 

«Lloira» la voce di Woof le giungeva ovattata alle orecchie, «lo so che sei sveglia!» disse – ma la sua voce era gentile.

Aprì la bocca per parlare ma qualcosa alla guancia le diede fastidio, ci mise qualche secondo per capire che era un cerotto – ah, sì, il tridente del pescatore. Si ricordava perfettamente del dolore lancinante quando il suo avversario aveva cercato di colpirla alla testa, tagliandole la gota. Mugolò per rispondere al suo mentore, cercò di piegare le gambe e se le ritrovò leggere e lisce al contatto con il lenzuolo bianco.

Allora aveva vinto davvero.

«Dei dottori verranno a controllare la tua guancia  e le altre ferite, ma tra qualche ora dovresti essere libera» informò, quasi con cautela. Conosceva abbastanza Lloira da testimoniare il suo carattere poco simpatico e facilmente irascibile. Inoltre – questo la ragazza non lo sapeva – le avevano somministrato qualcosa per “tenerla a bada”, dicevano, «quello che ha fatto al tributo del quattro, nessuno se lo aspettava da lei, dovevamo sedarla per precauzione».

Un altro mugolio di assenso fece alzare Woof, abbandonandola in stanza. Le immagini dell’Arena colpita dalla siccità erano ancora stampate nella sua testa – cercò di cacciarle via con il pensiero, ma alla sabbia si sostituirono le proprie mani che tenevano il tridente dell’altro, e lui era per terra spaventato quanto lei. Ricordò di aver chiuso gli occhi, di aver urlato e colpito più volte il corpo del ragazzo, forse aveva anche continuato a farlo a pezzi dopo il cannone. Era impazzita.

Strinse le palpebre, rifiutandosi di aprirle – aprirle per cosa? Per scoprire che al proprio risveglio si è sempre dentro lo stesso incubo – che non è finito, ma solo andato avanti?

Si morse le labbra leggermente umide, e si lasciò scappare un grido che riecheggiò al suo interno, facendo vibrare il cuore di dolore. Poi qualcosa scivolò dentro il suo sangue e Lloira ricadde in un sonno che non aveva programmato.

 

 

Il Distretto 8 non era mai sembrato più cupo: le fabbriche di mattoni rossi gettavano fumo nero, i camion andavano e venivano e sui loro fianchi era stampato il simbolo di Panem. Da un magazzino degli uomini si erano caricati sulle spalle rotoli di tessuto grezzo – in lontananza, alla scuola, i bambini uscivano dopo le lezioni e i genitori, o i fratelli più grandi li aspettavano in quel prato incolto, di un verde smorto.

Troppe persone in quelle vie, troppa fame nelle case – troppo fumo nel cielo.

Verso la periferia, fabbriche e negozi lasciavano il posto ai cambi di bachi da seta o per i fiori con il quale si ricavava qualche colorante – per quel che ne sapeva, le piantagioni di fiori erano di un certo tizio che aveva fatto parecchi soldi, tanto da mandare la propria figlia a Capitol City a fare moda, ora era una stilista per gli Hunger Games, o qualcosa del genere. Come salvare la pelle alla propria bambina, eh?

Non poteva giudicarlo: la disperazione era nel viso di quelle persone, dei ragazzi – e lei era uno di questi, ma ora invece di sedici anni ne sentiva centosedici e il dolore che portava sulle spalle non pensava di poterlo provare in una vita.

Il furgone dei Pacificatori la lasciarono all’incrocio tra una via principale e un’altra perpendicolare ad essa, file di case costeggiavano la strada e l’ultima a destra era la sua: avrebbe raccolto le sue cose e chiesto a suo padre di venire ad abitare con lei al Villaggio dei Vincitori.

Con sorpresa, si accorse di poter camminare ancora con le proprie gambe, certo che sì – si disse – ho camminato con scarpe assurde, a piedi nudi sulla pietra e pure sui cadaveri.

Chissà se suo padre aveva guardato tutti gli Hunger Games, se aveva visto come lei era sopravvissuta solo con uno zaino e un misero coltello, come aveva soffocato uno dei concorrenti con della stoffa. Chiuse la mano a pugno e bussò sul legno liscio e luminoso, le vennero ad aprire poco dopo.

 

 

Il padre la abbracciò calorosamente, poggiandole una mano sulla schiena e invitandola ad entrare – la sua cortesia la fece sorridere. In sala, sul divano rosso, davanti alla stufa, una donna dai capelli biondi raccolti in uno chignon le dava le spalle, come incurante della sua presenza.

«Comunque» scandì ad alta voce Lloira, mettendosi le mani sui fianchi fasciati da una comoda camicia, trovata nei cassetti a sua disposizione a Capitol City, «sono tornata, mamma». La cadenza sarcastica che mise nell’ultima parola fece irrigidire la signora che, lentamente, si alzò e raggiunse la Vincitrice: il collo dritto e lo sguardo fiero, come se volesse mostrarsi più grande di quello che era veramente – tra le mani stringeva un tovagliolo su cui stava ricamando le lettere “Lla”.

«Bentornata» minimizzò la matrigna, guardandola negli occhi scuri – ancora più testardi, dopo gli Hunger Games.

Lloira sorrise, accennando ad una risata, «tanto ora ho una casa mia, e con te non ci sto più», quando si girò si accorse che il padre se n’era andato – e da un po’, sembrava. Per questo nessuno ci ha fermato – potrei strapparle i capelli, potrei farlo davvero.

L’idea le sembrava allettante, ma qualcosa catturò nuovamente la sua attenzione, un ricordo debole, che la sua mente stava cercando di cancellare: «non ce la farà mai, caro, forse se fosse nata uomo… grande e forte».

Il fuoco le bruciò nelle vene, e abbassando gli occhi incontrò le tre lettere sul fazzoletto.

«Raccolgo le mie cose e me ne vado» disse, facendo poi una pausa per temporeggiare, «non voglio il tuo stupido fazzoletto, comunque, brucialo e magari vedi di caderci dentro anche tu, nel camino». Quell’impertinenza sembrò irritare la matrigna, ma Lloira non si fermò, «e comunque spiegalo tu a mio padre che vado a cambiare il mio nome in Lloyd, dato che mi vuoi maschio, sarò maschio».

Sorrise felina e fece dietrofront, salendo poi le scale per dirigersi in camera propria. Il fuoco scoppiettò e il fazzoletto finì, come aveva previsto Lloyd, dentro al camino.

Ma non la sua matrigna, quella era ancora viva e vegeta.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE D’AUTRICE «viviamo e respiriamo parole»

 

Come promesso – davvero? – ecco la one-shot su Lloyd, Mentore di Lyosha Isaccs, vincitore dei 72esimi Hunger Games.

Questa OS è amorevolmente dedicata alle papere de Il Forno ergo un gruppo di lettrici/scrittrici sulle fan fiction di codesto fandom e, insomma, se vi va fateci un salto ♥

In realtà, non so se questa shot è comprensibile non conoscendo niente di Lloyd, in tal caso mi scuso immensamente ma non sapevo come fare altrimenti, inoltre ammetto di non essermi impegnata in modo serio e costante per questa fanfic – chiedo perdono.

Insomma, this is all. Sul fazzoletto c’è scritto “Lla” perché la matrigna è talmente balorda da aver sbagliato il nome della figliastra, ma non importa. In questa fan fiction, inoltre, c’è una mia personalissima impressione sul Distretto 8 (ahw ♥) e spero che non cozzi con nessuna delle vostre – ma in caso contrario non saprei che farci, eh.

Ebbene, questo è davvero tutto. Spero che alle mie papere piaccia lo scritto è che amino Lloyd come me :3

 

radioactive,




Il Forno ⌠Hunger Games EFPfanfic⌡
   
 
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