USANZE TERRESTRI
Era
uscito da poco dalla doccia calda e rilassante che si era concesso dopo il
giorno appena trascorso.
Era
il 24 Dicembre sera, inutile dire che, per i festeggiamenti natalizi, Bulma aveva invitato alla Capsule Corporation tutti i suoi amici. Esatto, suoi, perché il
Principe li riteneva inutili, deboli, privi di dignità, forse compagni
di battaglia, ma mai amici. L’unico che poteva meritarsi questo titolo era
Goku, ma nessuno, se non il Principe, in cuor suo, lo sapeva.
Aveva
cenato con Yamcha, Crilin, Muten, Pual, Oscar, Goku –con al
seguito moglie e figli-, tutti, tranne Junior.
Sospirò
esausto infilandosi i pantaloni del pigiama.
Ecco,
Junior era l’unico a meritarsi la sua stima. Orgoglio, intelligenza e,
soprattutto, razionalità. Di tutto questo era dotato il namecciano,
e il Principe non poteva che riconoscere la sua netta superiorità rispetto a
quella marmaglia che, nonostante fossero le nove di sera, continuava a vociare
nel salone dell’enorme edificio.
Li
odiava, li odiava tutti. Quanto desiderava vederli moribondi in un lago di
sangue?
Schioccò
la lingua contro il palato.
Non
era il caso, Bulma poi l’avrebbe mandato in bianco
fino alla laurea di Trunks, e lui non ne aveva
voglia.
Afferrò
la maglia del pigiama e la mise sotto il cuscino. La temperatura della Capsule
Corporation era sempre confortevole, ma non per questo Vegeta restò a torso
nudo. Fuori nevicava e la strada iniziava ad imbiancarsi, il giardino era già
candido, e il saiyan non avrebbe avuto problemi ad
uscire, così, scalzo e senza maglia.
Inarcò
leggermente le spalle facendo scrocchiare le vertebre della schiena. Stessa sorte
toccò al collo che, dopo essersi piegato da ambo le parti, fece lo stesso
rumore.
L’uomo
sospirò di sollievo, era stato fermo troppo tempo seduto a tavola. Quanto era
passato? Un’ora? Due? Era comunque troppo per i suoi canoni.
Lui,
abituato a trangugiare enormi quantità di cibo in breve tempo per non sottrarlo
agli allenamenti, era stato costretto a restare seduto a tavola con gli ospiti.
Ah,
quella serpe, cosa gli faceva fare!
Per
fortuna era riuscito a sgusciare via da quell’inferno. Stava per mettersi a
letto, quando passò il Dottor Brief che, stiracchiandosi e sbadigliando, si
stava dirigendo nella sua stanza. Vegeta lo intravide, mentre le larghe maniche
del suo camice bianco gli scoprivano le esili braccia. Nel mentre, l’altro si
voltò a guardarlo.
“Anche
tu ti ritiri, eh Vegeta?” sorrise tenendo una sigaretta, l’ennesima di quell’interminabile
giorno, tra le labbra. “Buonanotte” disse ancora, poi proseguì lungo il
corridoio.
Vegeta
non rispose, limitandosi a guardare l’uomo scomparire dietro al muro. Gli faceva
un po’ pena, in fondo. Era un tipo geniale, lo riconosceva, e sotto certi versi
erano anche un po’ simili. Non era un uomo mondano, amava la tranquillità ed
era piuttosto taciturno. Lo aveva visto più volte, la mattina presto, starsene
sulla sua poltrona in salotto a sfogliare il giornale. A quell’ora solo loro
due erano svegli, e Vegeta si era stupito, la prima volta, di vedere quel
vecchio già in piedi per starsene un po’ in pace. Gli faceva pena perché la
sorte gli aveva mandato un uragano di figlia, povero disgraziato.
Scostò
le coperte e si infilò nell’accogliente letto matrimoniale che, da una decina d’anni
circa, condivideva con Bulma. Si coprì fino al mento
e si girò su un fianco, chiudendo gli occhi. Non passarono cinque secondi, ne
era certo, che dal piano inferiore giunse un urlo collettivo.
Dalle
labbra del principe uscì un ringhio irritato, poi si coprì fin sopra la testa. Cosa
doveva fare per avere un po’ di silenzio?!
“Yamcha! Ringrazia di non aver preso il lampadario con il
tappo dello spumante!” eccola lì, quella gallina, sempre ad urlare!
Intuì
che non avrebbe chiuso occhio prima che quei maledettissimi insetti se ne
fossero andati, e conoscendo Bulma, li avrebbe
intrattenuti lì oltre la mezzanotte.
***
Era
sul punto di appisolarsi, sentiva le palpebre pesanti e a malapena udiva il suo
stesso respiro. La porta della loro stanza si aprì piano, ma lui si accorse dei
passi delicati della donna che, dopo essersi cambiata, lo raggiunse sotto le
coperte. Il saiyan era girato verso l’interno del
letto, aveva gli occhi chiusi e lei ne approfittò per mettersi contro di lui,
un po’ per affetto, un po’ per scaldarsi.
“Ho
caldo” la sua voce profonda e assonnata le fece riaprire gli occhi, ma non si
scostò.
“Solo
tu hai caldo a Dicembre, Vegeta. E sei anche seminudo” rispose lei poco dopo.
“Perché
solo io sono un saiyan” detto ciò si girò sulla
schiena, trovando piacere nell’appoggiarsi su una parte fresca del materasso. Lei
sospirò restandogli vicina, lui intanto girò il capo per capire che ore
fossero. Le 2:00.
“Che
non si ripeta più come stasera. Posso capire i vostri stupidi festeggiamenti,
le cene e altre idiozie, ma il mio sonno non deve essere disturbato da esseri
inferiori come quelli!” sibilò con odio. Gliel’avrebbero pagata cara, poco ma
sicuro!
“Quando
la smetterai di fare questi stupidi discorsi? Sei tu il musone che non
festeggia mai nulla” nel dirlo si sistemò meglio sotto le coperte senza dare
peso alle parole che diceva.
“Io
non ho nulla da festeggiare” lo disse spontaneamente. Perché mai avrebbe dovuto
farlo? Non ne aveva motivo e mai ne aveva avuti. Nemmeno da soldato aveva
potuto gioire delle sue vittorie, poiché sebbene impiegasse due giorni per
conquistare un pianeta che ne prevedeva minimo cinque, le sue imprese eroiche
venivano comunque sminuite e derise.
Nemmeno
di quel poco che ricordava della vita da Principe, no, nemmeno in quelle
circostanze aveva mai festeggiato.
“Tutti
festeggiano qualcosa almeno una volta. Anche se avevate altre usanze, scommetto
che anche voi saiyan l’abbiate fatto, almeno una
volta”.
Vegeta
fissava il soffitto pensieroso. Che avesse ragione? Forse gli altri saiyan avevano festeggiato quando suo padre, il Re, aveva
annunciato di avere un erede. Lui comunque non aveva festeggiato, nemmeno in
quella rara circostanza.
“Non
è possibile, Vegeta! Un compleanno, una vittoria, una conquista! Mai niente di
tutto questo? Non ci credo” continuò lei.
“Perché
mai festeggiare un processo naturale che ti avvicina alla morte?” rispose
serio. Lei non rispose, si rese conto che non era una risposta provocatoria la
sua, non stavolta, almeno. Forse su quello aveva ragione, forse erano i
terrestri ad essere un po’ superficiali in certe occasioni. Sospirò.
“Nemmeno
il matrimonio dei tuoi?” osò dire sperando di non toccare un tasto dolente “In
fondo erano il Re e la Regina” deglutì, sperando di non incupirlo più di quanto
il suo carattere gli dettasse di fare.
Stranamente
lui rispose subito.
“E
perché mai?” e anche stavolta la risposta gli uscì dal cuore, forse un po’
ingenuamente. Perché mai degli individui dovevano festeggiare un evento
riguardante altre persone? Certo, i suoi genitori erano decisamente più
importanti rispetto ai sudditi, e un matrimonio nella famiglia reale suscitava
certamente più interesse di quello tra altri due saiyan,
però la domanda restava la stessa: perché festeggiare? Ufficializzare un’unione
comportava questo, per i terrestri? Non riusciva a spiegarselo, proprio non
capiva. Era il suo modo di pensare ad essere sbagliato o era quello degli
umani?
“Beh…
Perché è un evento speciale. Sai, i Re che millenni fa governavano sulla Terra,
organizzavano banchetti, balli e feste quando si sposavano. Di solito si
univano con sovrani di altri Paesi per sancire alleanze. Anche da voi
funzionava così?” venne colta improvvisamente da un’irrefrenabile curiosità sul
suo passato. Sapeva solo che erano degli scimmioni sanguinari e rozzi, ma pure
loro dovevano avere una cultura, delle usanze, e lei ne era affascinata.
“Affatto.
Sul mio pianeta un saiyan reale sposava
esclusivamente un esemplare reale” semplice e lineare. Dov’era il problema? Bulma si girò su un fianco per osservarlo meglio.
“Quindi anche tua madre era di famiglia reale?” che domanda sciocca.
“Ovviamente.
Non solo di sangue, ma anche nello stile di combattimento. Era la donna saiyan più forte del pianeta, e come di regola sposò l’uomo
più forte del pianeta” era orgoglioso della madre, si capiva da come ne
parlava. Ma poi perché doveva spiegare certe banalità?
“E
tuo padre non organizzò un banchetto dopo la cerimonia? Che successe dopo le
nozze?” chiese ingenuamente. Lui soffocò una risata derisoria, non voleva
risponderle in modo volgare, anche se a volte se le cercava proprio.
“Concepirono
me.” diretto e senza peli sulla lingua, come sempre, del resto. Piegò un
braccio mettendoselo dietro la testa e lei ne approfittò per appoggiarsi meglio
a lui che, stavolta, non disse niente.
“So
che è difficile da capire per te, come lo è per me immaginare le vostre usanze,
ma festeggiare il Natale significa scambiarsi doni con amici e parenti, stare
in famiglia, divertirsi… I tuoi non ti hanno mai fatto un regalo?” non sperava
tanto nel padre, quanto nella madre del compagno.
“Sì,
quando avevo cinque anni, mio padre mi diede la mia prima armatura ufficiale, segno che a
parer suo ero pronto a combattere nell’esercito” lei rimase in silenzio,
ragionando sulle parole dell’uomo. Come poteva parlare di feste, regali e
allegria a lui, che già a cinque anni era pronto per entrare nell’esercito? Ciò
stava a significare che aveva iniziato l’addestramento molto prima, forse a due
anni, e che la sua educazione era incentrata solo ed esclusivamente su quello.
Pensò
alla madre di Vegeta. Se la immaginava elegante e altezzosa, un po’ come lui, e
cercò di vedere un lato umano e un minimo di istinto materno. Sicuramente lo
aveva avuto. Certo, aveva dovuto reprimerlo a causa delle regole del loro pianeta, ma
era sicura che lo adorava, suo figlio. Sorrise.
“Com’era
tua madre?” sussurrò appena.
“Bellissima”
le parole gli uscirono veloci, le disse d’impulso senza neanche pensarci. Se la
ricordava bene, il suo viso era nitido nella sua mente. Ricordava perfettamente
i suoi capelli scurissimi, mossi e folti coprirle metà schiena. I lineamenti
del viso erano delicati, cosa rara per le donne della sua razza, il naso era
stretto e leggermente allungato, gli occhi grandi e neri. Il fisico era snello
e agile, non troppo muscoloso, ma capace di scatenare una grande forza.
Ai
suoi occhi era bellissima, e ora che ci rifletteva meglio, non riusciva a
trovare aggettivo più adatto.
Bulma sorrise
ancora, intenerita.
“Allora
pensa a lei, immagina di averla qui, festeggiare è ciò che faresti se fosse qui”
non aggiunse altro, poiché sapeva che con quelle parole, Vegeta ne avrebbe
compreso perfettamente il significato. Lui accennò un sorriso,
ma non rispose.
Immaginò
di abbracciare la madre, di stringerla forte come faceva quando era bambino,
lontano dagli occhi del padre che, di sicuro, avrebbe disapprovato.
Si
addormentò così, abbracciando l’amata e con l’immagine di se stesso stretto
alla madre.
FINE
*Spazio autrice*
Buonasera! Ho partorito questa one-shot stasera, ispirata al periodo natalizio.
Spero sia stata gradita, grazie di
cuore a chi ha speso cinque minuti per dedicarla a questa piccola storiella.
A presto e Buon Natale a tutti!