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Autore: Diomache    15/05/2008    12 recensioni
[… ]Erano stati amici sin bambini, quando lei era ancora un piccolo batuffolo di capelli e ciccia e lui un piccolo arrogante con le ginocchia sempre sbucciate, amici a scuola, adolescenti insieme, avevano affrontato il liceo facendo la strada insieme tutti i giorni, poi si salutavano all’entrata, lui le dava un pizzico sulle guance e lei gli strizzava l’occhio.
Amicizia.
Nessuno ci credeva veramente. […]
Ma c’è un momento nella vita in cui tutti i nodi vengono al pettine.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Just Friends

 

 

Just Friends? Pretty much…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La macchina imboccò la seconda traversa, poi girò a sinistra e di nuovo sulla destra. Le strade erano deserte, il cielo limpido sopra di loro perché era le cinque del mattino e lì, in quella piccola frazione a sud di Phoenix chi non era in discoteca era a letto, a fare la sauna tra  leggere lenzuola bianche che pure, in quei giorni, sembravano pesanti come piumoni.

Era caldo in Arizona.

Troppo caldo, tanto che Russiel aveva dovuto spalancare il finestrino dell’auto di Max e stare per tutto il tragitto quasi con la testa di fuori alla ricerca d’ossigeno.

Adesso, lontani dai rumori della discoteca e da quelli dei loro amici che fino ad un secondo prima avevano ingombrato l’auto guidata dal suo migliore amico, era tornato finalmente il silenzio.

Russiel se lo godé fino in fondo, respirò forte l’aria che entrava nella piccola auto, chiudendo gli occhi e assaporando quei piccoli attimi d’intimità che tanto le sarebbero mancati d’ora in avanti.

Quello era il momento più bello di ogni serata.

E lo era per entrambi ma nessuno dei due avrebbe mai avuto il coraggio per confessarlo all’altro, era logico.

Certo, la discoteca, l’alba sul mare, le bevute in compagnia, tutto era fantastico e meraviglioso però se c’era qualcosa che ad entrambi sarebbe mancato più di ogni altra cosa al mondo erano proprio quegli attimi.

Era quando, riaccompagnati tutti a casa, finalmente lei e Max rimanevano soli in macchina, quando non dovevano più parlare, quando si poteva restare in silenzio, ad ascoltare i propri pensieri. Lei con gli occhi neri fissi fuori sul paesaggio stepposo e civilizzato, lui con lo sguardo magnetico fisso sulla strada e la coda dell’occhio rivolta verso di lei, per spiarla ogni tanto.

Erano momenti belli, sereni, in cui si sentiva la pienezza dell’amicizia che li legava da tanto, troppo tempo.

Vivevano vicini e per questo erano stati amici sin bambini, quando lei era ancora un piccolo batuffolo di capelli e ciccia e lui un piccolo arrogante con le ginocchia sempre sbucciate, amici a scuola, di quelli che si tiravano le palline di carta con la cerbottana, che si aiutavano nei compiti in classe, lei che passava tutto il giorno sui libri e che faceva una tragedia per ogni voto che non fosse una A, lui che non apriva mai nemmeno il diario ma tutte A le aveva comunque, al massimo qualche B.

Erano stati amici ed adolescenti insieme quando lei aveva iniziato a dimagrire e a sorridere un po’ di più, quando lui aveva contato i primi brufoli sul suo viso. Amici nonostante i coretti dei loro compagni quando li vedevano ascoltare l’i-pod insieme, quando disegnavano sui muri del bagno tutte R e M intrecciate da mille cuoricini orrendi. Lui le era stato amico quando Russiel era stata sola mentre i suoi genitori si separavano, e lei non l’aveva lasciato nemmeno quando lui si era fidanzato con Cindy, la sua peggiore nemica.

Avevano affrontato il liceo facendo la strada insieme tutti i giorni anche se Max la faceva con la musica nelle orecchie e Russiel ripetendo la lezione e poi si salutavano all’entrata, lui le dava un pizzico sulle guance e lei gli strizzava l’occhio.

Amicizia.

Nessuno ci credeva veramente.  Nemmeno Cindy perché alla fine aveva lasciato Max.

“Tu e quella stupida della tua amica!” aveva urlato per tutto il liceo, nei corridoi pieni di studenti affaccendati  negli armadietti. “Piantala con lei o sarò io a piantarla con te! Chiaro?”

Tutti gli occhi erano stati su Russiel. Una ragazza graziosa ma nemmeno lontanamente bella quanto Cindy, lei, di media altezza, occhi neri e capelli biondo cenere che le scivolavano lisci lungo le spalle, jeans e un cerchietto rosso.

Nessuno poteva credere che Max preferisse lei ad una come Cindy Clatford.

“Cindy, calmati.” I verdi occhi di Max esprimevano solo in parte la rabbia e il dispiacere che provava. “Dai, andiamo a parlarne da un’altra parte.”

“No! Tu… tu hai una venerazione per quella, ma non ti rendi conto? Possibile che parli solo di lei, che hai foto solamente sue! Io non ce la faccio più! Non voglio essere continuamente paragonata a lei, a quella stupida e alle sue manie da saputella! Va da lei e sta con lei, vi meritate a vicenda!”

Venerazione.

Non avevano mai pensato al loro rapporto in quei termini.

Perché sarebbe stato sbagliato, lo sapevano entrambi. Russiel non venerava Max, anzi, come poteva gli sbandierava in faccia ogni suo odiosissimo difetto e lo stesso faceva lui che la portava a correre ogni due o tre giorni perché doveva dimagrire.

Non si veneravano.

Ma si volevano bene. Tanto complicato da capire?

“è domani il compleanno di Max?”

Gli occhi neri di Rus si erano spostati dal libro a Meggie, una sua cara amica. “Si. Domani.”

“Che gli hai comprato?”

Russiel sorrise e scrollò le spalle. “Niente.”

Per il suo diciottesimo compleanno, Russiel aveva deciso che avrebbe fatto per Max ciò che non avrebbe fatto mai per nessun altro al mondo.  Era troppo timida e troppo educata per fare una cosa del genere, ma poiché era il compleanno del suo migliore amico e poiché glielo aveva promesso, l’avrebbe fatto.

Per lui.

“Avanti, Rus.” L’incitò, spingendola lievemente con il braccio verso il gruppo di ragazzi.

La ragazza esitava, aveva le guance rosate di imbarazzo. “Ti odio, Max. Guarda che cosa mi tocca fare.”

“E la nostra vendetta?”

“La tua vendetta, semmai.”

“Ehi oggi è il mio compleanno. Avevi detto che lo avresti fatto per me.”

La giovane chiuse gli occhi ed inspirò. Poi li riaprì e focalizzò lo sguardo su George Klive e la sua nuova ultima ragazza, Daisy. Ah, una piccola nota: Max sbavava per Daisy da mesi, in quei tempi.

Russiel si avvicinò al duo e con un pizzico di coraggio prese il braccio di George. E poi si alzò verso di lui, schioccandogli un bacio sulla guancia. Quest’ultimo protestò, indignato. “Ehi!”

“George.” Riprese lei, maliziosa, “Serata divertente. Alla prossima.”

La scenetta si era conclusa con un sonoro schiaffo da parte di Daisy Wippol proprio nel punto in cui si erano posate due istanti prima le labbra di Rus.

Complicità.

Ma non erano mai andati oltre.

Perché non aveva senso farlo, avrebbero rovinato tutto.

“Che rapporto c’è tra te e Max?” le aveva chiesto Tom un giorno, a bruciapelo, con un braccio appoggiato al suo armadietto. Tom faceva la classe parallela alla sua, l’ultimo anno, come lei. Russiel aveva sorriso e si era scostata i capelli dietro un’orecchia. “Perché? Non credi che sia vera amicizia?”

“Non esiste amicizia tra un uomo e una donna.”

E Russiel aveva riso, stringendo due libri al petto. “E invece sì. Esiste, che tu ci creda o no.”

“Dimostramelo. Esci con me.”

I suoi occhi neri si tinsero di malizia. “E andiamo dove?”

Max osservava la scena.

Gelosia.

Non ce n’era stata poi tanta.

Giusto all’inizio, quando vedeva Thomas cercare Russiel nei corridoi, quando li vedeva avvinghiati in cortile, quando sentiva per caso i racconti piccanti che Rus faceva alle sue amiche, diventando tutta rossa. Tra le cose, anche Rus aveva dovuto sentire uno strano magone allo stomaco quando lui  si baciava Cindy, quindi doveva essere normale, in fondo era logico. Solo che adesso Russiel sembrava più bella, più raggiante, più magra anche se la bilancia diceva che non era scesa nemmeno un etto, e Max si domandava se fosse davvero cambiata lei o se più probabilmente era cambiato il suo modo di guardarla.

Era stata una sensazione per nulla piacevole e pericolosa soprattutto perché aveva risvegliato qualcosa di strano in lui.

Una pulsione verso di lei.

Attrazione.

Una sera l’aveva osservata mentre si pettinava i capelli, doveva uscire con Thomas. Aveva spazzolato i lunghi capelli biondo cenere con il naso storto. “Quanto sono brutti. Dovrei tagliarli, ho fare qualche riflesso, non ti pare?” Max era vicino a lei, così tanto da potersi specchiare nei suoi occhi neri.

In situazioni normali il Max che conosceva le avrebbe risposto. “Sì e in fretta. Sono indecenti.” Ed era ciò che lei si aspettava da lui, per questo rimase scioccata quando lui le accarezzò i lunghi capelli con un movimento piuttosto sensuale. “Sono bellissimi invece.”

Russiel spalancò gli occhi.

Max l’avrebbe baciata. Se Tom non fosse arrivato un secondo dopo.

E se, tre giorni dopo, non fosse piombata Hillary nella sua vita. Una ragazza briosa ed eccentrica che mise le cose a posto.

Russiel tornò l’amica del cuore. La confidente, la sorella.

Affetto.

Ecco che cosa c’era tra loro e che cosa nessuno dei due avrebbe mai voluto rovinare.

Mai.

 

“Accosta Max.”

La piccola auto rallentò fino a fermarsi, proprio sotto casa di Russiel. Erano tornati a casa finalmente. “Merda” commentò la ragazza. “Sai quante volte mi ha già chiamato mia madre? Sei!!!!”

Max rise poggiando una mano sulla spalla di lei. “Consolati. Da domani non lo farà più. Mica che le dirai ogni volta che esci, in California, vero?”

“Fossi matta!” esclamò, i neri occhi che luccicavano nel buio dell’auto. “Mi verrebbe a controllare di persona, non puoi capire come diventa apprensiva quando non mi ha sotto controllo o…”

“si invece. Credo di conoscere bene la signora Dalloflay.”

“…o se sa che non ci sei tu.” Deglutì. “Con me.”

Max abbassò lo sguardo. “Avrai qualcun altro a San Francisco. Infondo quello è il miglior college che un genietto come te possa frequentare, quindi non farti scrupoli. Te l’ho detto tante volte. Mira e spara. Fa centro nel tuo obiettivo, Rus. Te lo meriti.”

Ma la voce gli tremava mente lo diceva.

La giovane sorrise, socchiudendo gli occhi perlati di lacrime. “Tra i due sei tu il vero genio. Lo sai.”

“Un genio che ha poca voglia di studiare, però.”

Lei gli prese improvvisamente il braccio. “Dimmi che mi chiamerai. Che verrai a trovarmi e.. oh, anch’io verrò, giuro. Dimmi che ci sentiremo ogni giorno, che mi penserai qualche volta.”

Il suo sguardo magnetico fissava la ragazza. “Sempre, Rus.”

“Ma non fare innervosire Hillary. È la ragazza più decente che tu abbia mai avuto, tienitela stretta, ok?”

“Sarà fatto.” Le accarezzò una guancia. “E tu non scoparti tutto il college, intesi?”

Lei diventò color porpora. “Cos.. no! Io non mi scoperò proprio nessuno!” si allontanò da lui. “e.. tu sei proprio un maleducato! Sai quanto io..”

“Ehi. Era una battuta.”

La giovane parve calmarsi. “D’accordo. Allora ci sentiamo domani? Mi accompagnerai in aeroporto?”

Max negò con il capo. “Sei impossibile. Non ti ricordi che ti ci porta Thomas? Che faccio io? Tengo la candela? Già troppe volte ho rischiato un pugno da parte sua, non vorrei…”

Lei s’agitò sul sedile. “Ah, va bene! E chi si ricordava! Allora passa da me domattina!”

“Non devi salutare tutta la tua famiglia domani?”

“Ma tu sei di famiglia! Sei un fratello per me, sei…”

“…dai, Rus. Ci sono anche le tue zie, non mi pare il caso. Zia Gloria ha faticato ad accettare l’idea di te e Thomas, non vorrei confondere troppo le acque.”

Lei scoppiò a ridere di gusto, ricordando immagini divertenti ed aneddoti che purtroppo riguardavano solo lei e Tom.

Max sentì di nuovo, dopo tanto tempo, male dentro. Male nel vederla così bella e nel saperla lontana.

Male perché sapeva che in fondo non aveva il diritto di stare con lei domani, l’ultimo giorno prima della partenza, perché lui era solo il suo migliore amico, avevano la precedenza il ragazzo, la famiglia. Lui era l’unico che la conoscesse veramente per quello che era, ed era l’unico a non avere nessun diritto su di lei, non poteva avanzare alcuna pretesa, poteva stare male per la sua partenza ma non troppo perché agli occhi di tutti sarebbe stato.. diciamo.. equivoco.

“Ok.” Sospirò lei riprendendosi e mettendo i lunghi capelli dietro le orecchie. Non li aveva più tagliati, né aveva fatto alcun riflesso, nonostante Tom glielo avesse consigliato tante volte. “Puoi chiamarmi, però. Ci sentiamo verso le undici?”

“Se mi sveglio….” Sorrise. “Dai, scherzo. Certo, ti chiamo.”

Lei annuì.

Poi gli volò fra le braccia per l’ennesima volta in quei giorni e lo strinse forte a sé. “Mi mancherai.”

A fatica Max pronunciò quell’ “Anche tu.”

Da morire.

Ma non glielo disse, lo tenne per sé.

Quando lei si distanziò, lui non la lasciò andare via. Volle restare qualche secondo ad osservarla, a sentire il suo profumo, a contemplare i suoi occhi.

Ossessione.

Si chiese se la loro amicizia fosse questo, in fondo. Ossessione.

E la baciò.

Probabilmente stava facendo la più grossa cazzata della sua vita, ma ormai era tardi, le loro labbra erano già congiunte. Premette su quelle morbide di lei finché Russiel non le schiuse. Sentì di aver compiuto quasi un sacrilegio, ma un sacrilegio bellissimo. Quel bacio sapeva più di un pianto, era uno sfogo, era …affetto??

Si baciarono con foga, quasi arrabbiati, confusi, per un piccolo istante Max credette di aver trovato l’eden, il paradiso.

Si sentì così vuoto quando si sciolsero, che avrebbe voluto morire.

Russiel sembrava solo stanca, non era arrabbiata né confusa.

Sorrise. “Lo sapevo, Max.” rideva ed era magnifica. “Baci da Dio.”

Lui scoppiò a ridere con lei.

Il prossimo bacio glielo diede sulla fronte. “Ti voglio bene.”

Lei chiuse gli occhi quando lui le sfiorò la pelle. “Anch’io.”

“Chiamami, ok?”

Non attese risposta, come ogni sabato sera della loro lunga amicizia, uscì dall’auto, chiuse lo sportello, si voltò verso di lui facendogli ciao con la mano e poi di corsa verso casa perché la madre doveva averla chiamata almeno altre tre volte nel frattempo.

E lui, come ogni serata passata insieme, anche se quella era l’ultima, la seguì con lo sguardo finché non scomparve dalla sua vista.

Aveva gli occhi lucidi di sentimento per la sua migliore amica.

Non si chiese di che sentimento si trattasse.

Era meglio non scoprirlo.

 

 

 

 

Fine.

 

 

***

 

Non chiedetemi il motivo di questa storia… mi è uscita così, un’ispirazione folgorante che non ho potuto fare a meno di scrivere. 

Spero sinceramente che vi sia piaciuta, comunque, ma sentitevi liberi di scrivere qualunque opinione, come sempre, aspetto le vostre impressioni!

Un bacio

Diomache

 

 

 

 

 

 

 

  
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