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Autore: arwen5786    15/05/2008    13 recensioni
Neji si bloccò per un attimo, e lei fu costretta a fermarsi, girandosi a guardarlo lentamente, pronta a trovarsi di contro a un’espressione di palese disprezzo.
E invece Neji la guardava con sincera curiosità.
«Credi davvero che io sia perfetto?» le chiese lui piegando la testa di lato. Sakura rise ironica, in modo gentile.
«Oh Neji, andiamo. Sei l’unico del nostro gruppo ad essere jonin. Affronti ogni cosa con calma e raziocinio. Non dici mai la cosa sbagliata. Sei sempre impeccabile, ammirevole. E sicuramente mezza Konoha si gira a guardarti quando passi per strada. Se questa non è perfezione…»
Ormai l’aveva detto, dando ascolto alla sua parte più nascosta, la vera Sakura che pretendeva sempre di parlare prima di pensare, ma al tempo stesso di capire chi avesse realmente davanti.
Neji la fissò ancora per un istante, e poi si rimise a camminare.

(Quarta classificata al concorso crack pairing indetto da miya86).
Una Neji-Saku, coppia che da sempre mi intriga: spero vi piaccia!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neji Hyuuga, Sakura Haruno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OVER THE APPEARENCE






Da quando Sakura era diventata la migliore ninja medico di Konoha, aveva avuto modo di curare tutti i suoi coetanei.
Era affidabile, metteva ognuno a proprio agio, e in un certo senso era come se stesse conoscendo alcuni di loro più in quegli ultimi anni che nell’intera infanzia e adolescenza.
Venivano da lei e sotto il tocco delle sue mani impastate di chakra si lasciavano andare a confidenze e aneddoti di ogni sorta.
In un clima rilassato.
Era così che Sakura aveva scoperto una persona simpatica come Tenten.

«Guarda Tenten, non so come dirtelo ma se continui ad allenarti con quell’arsenale di armi verrà il giorno in cui non basteranno più le normali cure mediche!» sorrideva Sakura le volte in cui la bruna kunoichi si presentava ricoperta di graffi e tagli. Tenten sorrideva scuotendo la testa, solare e intraprendente come suo solito, facendo cenno che erano solo ferite di poco conto.
«Figurati Sakura, come direbbe Rock Lee, questi allenamenti non fanno altro che fortificarci!»
Sakura l’aveva guardata ironica.
«Ah, non sapevo che ormai concordassi con Lee in piena linea…del resto concordate sempre in tante cose voi due…»
E Tenten, sempre così serena e tranquilla, era diventata rossa come un peperone, balbettando confusa.
«Ma che stai dicendo Sakura…non è…non è vero…»
E Sakura, ridendo, aveva finito di metterle le bende intorno alle braccia.
«Scherzavo Tenten, su…»


Ma non solo. Sakura aveva anche legato molto con Hinata: poche somiglianze, ma la giovane Hyuga era talmente dolce e carina che era praticamente impossibile non affezionarsi ai suoi modo garbati e gentili.
E poi, i ragazzi.
Sakura aveva curato in quegli ultimi quattro anni

perché il tempo veniva misurato ormai così: con Sasuke, senza Sasuke.



più o meno tutti gli shinobi del suo villaggio.
E a volte si presentavano momenti davvero divertenti.
Con Shikamaru, ad esempio.

«Che seccatura. Se non mi avessero mandato in quel paese della malora col cavolo che avrei avuto questa maledetta intossicazione» aveva borbottato una volta mentre Sakura gli prescriveva delle medicine, mentre lui fissava la finestra con sguardo scocciato e le mani premute sullo stomaco.
«Il paese della malora sarebbe Suna?»
«E dove sennò? Fa un caldo pazzesco, il clima è infernale, girano batteri sconosciuti che ogni volta attaccano il mio stomaco…non ne posso più di essere mandato in ambasciata. Che seccatura.»
«Già, come no…» aveva mormorato Sakura alzando gli occhi al cielo. Come se tutti non sapessero che Shikamaru si offriva quasi sempre di andare a Suna per le missioni diplomatiche…e non certo a caso.
«Eh già…per non parlare delle seccature che trovi lì…tipo Temari…»
Ah, la parolina magica. Shikamaru scattava, accigliato, e sbuffava alzando gli occhi al cielo.
«Lei è la peggiore delle seccature, mi sembra ovvio. Che stavi insinuando?»
E Sakura come sempre abbozzava ridendo sotto i baffi.
«Ah, ma figurati…chi insinuava qualcosa, Shikamaru…»


Ma gli esempi potevano essere molteplici.
Sakura aveva scoperto di avere affinità con Kiba, col quale spesso discuteva di animali.
Chiacchierava con piacere con Choji, anche se era il peggior paziente che potesse capitarle, visto che non rispettava mai le regole sui cibi da mangiare durante le convalescenze.
E persino con Shino!
L’impassibile Shino, che non pronunciava parola mai con nessuno, si era assai sbottonato con Sakura.
Incredibile ma vero, si era sciolto abbastanza quelle rare volte che era stato ricoverato in ospedale e Sakura si era occupata di lui.
Parlandole dei suoi insetti, principalmente.
Ma era già qualcosa.
Insomma, Sakura aveva ormai instaurato bei rapporti con tutti.
Aveva il suo punto fermo, Naruto.
L’amica-nemica con la quale bisticciava ogni santo giorno, Ino.
Un amico sincero come poteva essere Rock Lee.
Più tutti gli altri che da sconosciuti erano diventati piacevoli conoscenze.
C’era solo un’eccezione.
Un’unica persona che in tutti quegli anni le aveva rivolto a stento la parola, non parlandole, non giudicandola forse degna di suscitare il proprio interesse.
Un’unica persona con la quale Sakura non aveva alcun tipo di rapporto, se non dei freddi e civili saluti e qualche frase di cortesia.
Neji Hyuga.


Quella mattina era iniziata frenetica fin da subito. Era come se tutte le persone di Konoha avessero deciso di cadere dalle scale, rompersi una gamba, spaccarsi un labbro.
Per non parlare dei ninja: la sala d’attesa era gremita.
Sakura aveva corso ininterrottamente lungo i corridoi, il camice bianco che le scivolava morbido sopra la divisa d’ordinanza, i capelli legati in una coda alta, in mano un sacco di cartelle cliniche.
Arrivata al pomeriggio, era stravolta: non si era fermata un istante, il camice ormai sgualcito e slacciato, i capelli un groviglio ammassato, la fronte imperlata di sudore.
«Sakura-san, c’è una donna che si è rotta il setto nasale nella stanza 113!»
«Sakura-san, due genin con le ossa del bacino fratturate nella 12!»
«Sakura-san, cosa devo fare di questo paziente?»
Quello era però il peggio.
Infermiere.
Inesperte, ancora titubanti. E sempre a tormentare lei, chiaramente.
“Ma dove diavolo è Shizune” si chiese maledicendo silenziosamente la donna, scontrandosi più volte con gente che affollava i corridoi.
Correva talmente a testa bassa che non si accorse nemmeno dello scontro pienamente frontale non appena svoltato l’angolo del piano terra.
E sollevandosi dolorante da terra, massaggiandosi sorpresa la testa, incrociò lo sguardo freddo e impassibile di Neji.
«Oh...tu?» balbetto confusa, lo stupore dipinto sul volto. Tra tutte le persone che poteva incontrare, anzi, scontrare, quella era la più inaspettata, senza alcun dubbio.
Neji si sistemò con un solo gesto il candido kimono di lino, gli occhi chiari lievemente scocciati.
Riacquistò come sempre la solita aria educata ma altera.
«Ti stavo cercando. È per Rock Lee, ha fatto una delle sue stupidaggini» sentenziò con tono composto, storcendo lievemente la bocca.
Sakura emise un grosso sospiro, dandosi un’occhiata in giro: aveva almeno cinque pazienti da curare in quell’istante, forse facendo affidamento su un ipotetico teletrasporto. Ma per Rock Lee poteva permettersi di fare delle eccezioni.
Si sistemò i capelli e seguì Neji lungo il corridoio.
«Cosa gli è successo?» chiese con tono pratico e sbrigativo, nascondendo il disagio che quel ragazzo le metteva addosso
sempre così perfetto, così impassibile
e rivolgendo lo sguardo verso Neji, che camminava a passi ampi e larghi.
«Ha esagerato, come suo solito. Ha fatto un allenamento intensivo, di un’intera giornata, e senza dircelo ha poi preteso di allenarsi con me e Tenten, celandoci che era già allo stremo delle forze. Non mi aveva detto niente, chi poteva immaginare…quello stupido…»
Sakura fece per chiedergli ulteriori informazioni, ma la vista di Rock Lee, accasciato su una panchina, le fece intendere perfettamente le parole di Neji.
Era livido, le bende imbrattate di sangue, numerosi graffi sulle gambe, la tuta sporca e macera.
Accanto a lui, Tenten gli urlava contro rimproverandolo, anche se subito dopo gli prese una mano, dandogli un buffetto tenero sulla guancia.
«Sei proprio un cretino…ma come ti è venuto in mente di chiedere a Neji di provare contro di te lo Juken quando eri così debilitato?! Ma dove hai il cervello?!»
«Ma Tenten, cerca di capirmi…dovevo sondare i miei limiti! L’ha detto anche il maestro Gai che la forza della giovinezza c…»
«Non ricominciare ancora con questa storia! Il maestro Gai non ti ha mai detto di suicidarti, e se fosse qui a Konoha ti farebbe anche lui una bella strigliata!»
Sakura nascose una risata, e si chinò su Rock Lee, che le sorrise amichevole e con aria di scuse.
«Sakura-san! Mi dispiace di crearti problemi ulteriori, è che…insomma…»
«Lee, non una parola di più» gli intimò Sakura con aria bonaria, sciogliendoli le bende e controllando una brutta ecchimosi che aveva sull’avambraccio. Tenten osservava con aria preoccupata, mentre Neji, a braccia conserte, aspettava appoggiato alla parete.
Dopo un rapido esame superficiale, Sakura si rialzò, cercando ancora di pettinarsi i capelli.
Impresa ormai sempre più difficile.
Tanto valeva arrendersi.
«Tenten, porta Rock Lee nella stanza 6, è qui dietro l’angolo. Dì che ho detto io di medicarlo d’urgenza, non dovrebbero fare storie. Neji, tu vieni con me, così ti affido la prescrizione di alcuni analgesici per Rock Lee, se aspetto le infermiere facciamo notte»
Tenten sorrise, aiutando Rock Lee ad alzarsi, mentre Neji, sul viso la stessa espressione indecifrabile di prima, osservò Sakura con negli occhi un’ombra di perplessità.
«Grazie Sakura-san! Sei meravigliosa!» esclamò Rock Lee estasiato, anche se dolorante, zoppicando con un braccio avvinghiato alla compagna di squadra.
Sakura emise un profondo sospiro, appoggiandosi alla panchina, socchiudendo gli occhi.
Due minuti di riposo soltanto. Solo due…
«Allora, questi analgesici?»
Sakura si riscosse all’istante, sgranando gli occhi verdi sul volto indifferente di Neji.
«Certo, certo, scusami…sai, la stanchezza. Seguimi» borbottò alzandosi a fatica.
Maledetto Neji.
Sakura camminò, scansando le persone, ora meno, che affollavano le corsie, facendo cenno a Neji di seguirla.
«Queste medicine a cosa servono, esattamente?»
«Sono degli antidolorifici più forti del solito, non li diamo molto spesso. Ma visto come è conciato Rock Lee, credo che dovrà farne abbondante uso per i prossimi giorni.»
Sakura si interruppe un istante, voltandosi a guardare dritto negli occhi Neji.
È così dannatamente impassibile. Così freddo. Peggio di…di…
«Devi dirmi qualcosa?» le chiese lui cortese e distaccato. Sakura scosse la testa, incerta.
Ancora più imperscrutabile di…di Sasuke-kun.
Scrollò le spalle, mentre entravano in una stanzetta spoglia.
«Solo che mi stupisce come tu abbia potuto attaccare così tranquillamente Rock Lee. Anche se era per un allenamento, anche se non sapevi che si era già massacrato…come hai potuto colpirlo così forte?» chiese dandogli le spalle e rovistando nell’armadietto tra i medicinali.
Neji aggrottò le sopracciglia.
«E’ una domanda sciocca»
«Non è affatto una domanda sciocca» farfugliò Sakura controllando le etichette. «Semplicemente, non riesco a capire come tu abbia potuto farlo. Tutto qui.»
Neji incrociò le braccia, socchiudendo gli occhi lattiginosi.
«Per migliorare bisogna superare i propri limiti. Tanto vale non tentare nemmeno la strada del ninja, se uno non se lo mette in testa fin dall’inizio. Rock Lee è più debole di me, e ne è perfettamente conscio, ecco perché si sforza sempre fino allo stremo delle forze pur di raggiungere il mio livello. E fa bene, l’allenamento è fondamentale. Se fino a qualche anno fa credevo che le scelte di ogni essere umano fossero prestabilite dal destino, col trascorrere del tempo ho capito che, se il destino non aiuta, ci si può fermare da sé. Ma facendo il doppio della fatica altrui. Non mi sembra un concetto così difficile da capire, Sakura…»
«Non sono in disaccordo con quanto hai detto, mi sembra ovvio…è solo che…colpire così un compagno…» replicò Sakura sempre rivolta verso l’armadietto, non volendo girarsi. Celando anche a sé stessa cosa stava realmente pensando in quel momento. Ma fu come se Neji le avesse letto nel pensiero.
«Quel colpo non gli avrebbe fatto così male se non fosse stato stanco e debilitato. E soprattutto, il nostro era un allenamento. Chiamasi allenamento, chiaro? Non ho certo cercato di uccidere il mio migliore amico e compagno di squadra, io».
Quel poco velato riferimento a Sasuke fece rabbrividire per un istante Sakura. Ma solo per un breve istante.
Perché Neji aveva pienamente ragione, ed erano passati i tempi in cui si infuriava per ogni parola detta contro Sasuke. Lo teneva sempre nel cuore, ovviamente, e con Naruto parlava ogni giorno di riportarlo a casa.
Ma non era certo più la figura idolatrata da ragazzina, nonché il ragazzo di cui si era sempre professata innamorata. A lungo andare, anche un cieco può riacquistare la vista.
«Ho trovato gli analgesici…» mormorò Sakura afferrando una scatola blu, ma in quell’istante sentì le gambe cedere, la testa vorticare, il buio davanti a sé.
Prima che perdesse conoscenza, percepì solamente le braccia di Neji che, con grande tempismo, riuscirono ad afferrarla al volo.

«Mmpf…»
Il mugugno di Sakura fece sospirare Neji, che era seduto accanto a lei, tranquillo come suo solito.
«Ma…dove sono?» chiese Sakura realizzando di essere stesa su una panchina fuori dall’ospedale, l’aria ancora calda e il sole tiepido nonostante il tramonto incombente. Si guardò intorno confusa, soprattutto perché ricordava di essere svenuta.
Ma…cosa ci faceva fuori? E soprattutto…cosa ci faceva lì Neji?
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
«Hai avuto un collasso. Sovraccarico da lavoro, suppongo. Nulla di grave, Shizune-san ha però chiesto di portarti fuori per farti prendere un po’ d’aria fresca in attesa che ti riprendessi. Visto che tutti erano occupati e che Naruto non si sa dove sia finito…ho dovuto pensarci io.»
«M-mi dispiace moltissimo…» balbettò Sakura imbarazzata, torcendosi le mani.
Che figura. Era svenuta, e come se non bastasse, in compagnia di una persona che probabilmente la reputava una cretina totale.
Tra tutte le persone che avrebbero potuto trovarsi con lei in quel momento, proprio Neji Hyuga?!
«E di cosa dovresti dispiacerti, scusa?» le chiese lui con fare ironico.
Neji ironico? Possibile?
Sakura si toccò nervosa i capelli- ormai malinconicamente simili alla saggina di una scopa- e si alzò lentamente dalla posizione supina, mettendosi a sedere.
«Naturalmente mi dispiace che ti sia dovuto prendere cura di me. Non era mia intenzione farti perdere tempo. Sul serio…scusami.»
Neji la fissò per qualche breve istante, riportando poi lo sguardo verso il cielo.
«Che scuse sciocche. Per chi mi hai preso? Mica potevo lasciarti per terra in mezzo a una stanza e rifiutarmi di farti rinvenire.»
Di nuovo quella parola, sciocca. Però.
Anni fa era un continuo “sei noiosa”. Adesso scopriva che c’era una persona che reputava ogni parola che dicesse sciocca.
Roba da esserne fiera.
Socchiuse gli occhi, leggermente offesa, ma poi vide la mano di Neji che le tendeva una bottiglietta d’acqua.
«Bevi. È acqua integrata con zuccheri e sali minerali, una schifezza che beve sempre Rock Lee. Pare che però aiuti a recuperare un po’ le energie.»
Sakura lo guardò, sorpresa. E poi la prese con garbo.
«Grazie.»
Stettero alcuni minuti in silenzio. Il sole, sul ciglio dell’orizzonte, faceva ancora capolino, mandando gli ultimi barlumi dorati che creavano curiosi giochi di ombre.
La temperatura continuava ad essere piacevole, nonostante una leggera brezza che andava levandosi, e che giocava con i capelli lunghi di Neji, solitamente sempre pettinati e in ordine. Sakura finì l’acqua, poggiando la bottiglietta sul grembo.
Guardò di sottecchi il ragazzo accanto a lei, sempre intento a guardare il cielo. Non poté fare a meno di pensare che avesse davvero un bel profilo.
Era una constatazione effettiva e molto semplice: si poteva dire tutto di Neji, tranne che non fosse bello.
Una bellezza quasi regale, altera, fredda. I lineamenti cesellati, il corpo tonico, le vesti sempre linde e immacolate.
Come trovarsi a contemplare una statua.
Non un’ avvenenza imbronciata come quella di Sasuke, e nemmeno il fascino un po’ stropicciato di Shikamaru o quello solare di Naruto.
Semplicemente, una bellezza oggettiva. Quasi perfetta.
All’apparenza.
Ma se era necessario basarsi solo sull’esteriorità, certo l’aspetto di Neji rasentava quel lontano e arcaico concetto di perfezione.
«Come mai rivolgi sempre lo sguardo tra gli alberi?»
Sakura pose la domanda fregandosene di apparire, per l’ennesima volta, sciocca; in fondo, non era una divinità quella che si trovava di fronte, ma semplicemente un ragazzo suo coetaneo, anno più anno meno.
Con il quale non aveva mai avuto alcun tipo di rapporto, e che, dentro di sé, era realmente interessata a capire.
Perché difficilmente si potevano trovare persone più riservate e sfuggenti di Neji.
Ed era sinceramente curiosa di intendere perché stesse sempre a guardare tra le fronde degli alberi. Per quanto non lo conoscesse, aveva notato questa sua particolare attitudine negli anni, le volte che il team Kakashi aveva collaborato con il team Gai.
Neji le rivolse uno sguardo leggermente stupito, ma rispose subito, gli occhi chiari sempre rivolti verso l’alto.
«Guardo se ci sono uccelli. L’ho sempre fatto, è un buon esercizio per affinare la vista. Li conto, cerco di avvertire la loro presenza, e poi col byakugan verifico. E vedo se ho fatto un buon lavoro di percezione.»
«Posso chiederti perché proprio gli uccelli?»
Neji abbassò finalmente lo sguardo, guardandola dritta negli occhi.
«Perché sono gli animali più liberi che ci siano. Senza alcun ostacolo o impedimento. Si muovono dove vogliono e quando vogliono, non hanno limiti, o confini. Mi ricordano sempre che la condizione di pura libertà esiste»
Sakura sgranò gli occhi, provocando per un attimo in lui una smorfia. Ma subito dopo sorrise, il sorriso luminoso e cristallino che le era congenito, meravigliando Neji.
Gli fece un cenno di noncuranza.
«E’ che penso di aver capito per la prima volta qualcosa di te dopo tanti anni. E questo mi fa sorridere. Ma sei sicuramente molto diverso da come potevo immaginare, Neji.» sussurrò riflettendo mentre giocava con la bottiglietta vuota.
Per la prima volta, lui sorrise. Impercettibile, leggero, ma pur sempre un sorriso.
«Immagino»
«Non fraintendermi, è che…diamine, era in senso positivo! Eccome…cioè…uff, scusami ancora. Decisamente penserai che sia un’imbecille totale, dopo questa giornata paradossale!» ammiccò Sakura rassegnata.
Ma Neji mostrò il secondo sorriso. Ironico. Ma più ampio.
«Per nulla. Ti ho sempre reputato una persona molto particolare, Sakura. In senso positivo…»
E ancora una volta Sakura si ritrovò a fissarlo. Sbalordita.
Ma cosa stava succedendo?
La brezza intanto si era fatta più fresca, e si trovò a rabbrividire. Neji si alzò dalla panchina.
«Bene, ti sei ripresa, come vedo. Direi che puoi anche tornare a casa.»
Sakura scattò in piedi, raccogliendo i ciuffi dietro le orecchie e annuendo vigorosamente. Fece per andarsene, ma Neji le andò accanto, scrutandola cauto.
«Ma per chi mi hai preso? Ti accompagno a casa, no? Non è nelle mie abitudini lasciare che qualcuno che è appena stato male affronti la strada del ritorno da solo. A maggior ragione se è una ragazza.»
Sakura sorrise sorpresa, facendo una lieve smorfia.
«Della serie noi ragazze non sappiamo badare a noi stesse?»
Neji sbuffò.
«Della serie siete più deboli e fragili in certe circostanze. Dai, andiamo. Casa mia non è lontana dalla tua, se ben ricordo.»
Sakura si incamminò sempre più pensierosa.
Certo che non erano lontani. Ma tutti sapevano dove si trovava l’immaginifica residenza Hyuga, mentre ben pochi dove abitasse lei.
E Neji, incredibilmente, era uno fra quelli.

Camminarono in silenzio per qualche minuto, affiancati.
Sakura sapeva che non c’era nulla di cui essere nervose, ma non poteva fare a meno di pensare che stare accanto a Neji era veramente svilente.
Non c’era nulla che facesse per mettere le persone a proprio agio.
Nulla per apparire meno regale e misurato in ogni cosa che dicesse.
Nulla per minimizzare quanto pensava delle persone.
Il ragazzo si accorse che Sakura era passata a tormentarsi le unghie, e si girò leggermente verso di lei, mentre continuavano a passeggiare illuminati dagli ultimissimi raggi solari.
«Qualcosa non va?»
Sakura si chiese se avesse fatto bene a dirlo o meno, ma dopo quell’incredibile giornata, a quel punto, non aveva più importanza di come lui avrebbe valutato le sue parole.
«E’ che…non ti stanchi mai ad essere perfetto?» gli chiese con occhi bassi dando un piccolo calcio a un sasso per la strada.
Neji si bloccò per un attimo, e lei fu costretta a fermarsi, girandosi a guardarlo lentamente, pronta a trovarsi di contro a un’espressione di palese disprezzo.
E invece Neji la guardava con sincera curiosità.
«Credi davvero che io sia perfetto?» le chiese lui piegando la testa di lato. Sakura rise ironica, in modo gentile.
«Oh Neji, andiamo. Sei l’unico del nostro gruppo ad essere jonin. Affronti ogni cosa con calma e raziocinio. Non dici mai la cosa sbagliata. Sei sempre impeccabile, ammirevole. E sicuramente mezza Konoha si gira a guardarti quando passi per strada. Se questa non è perfezione…»
Ormai l’aveva detto, dando ascolto alla sua parte più nascosta, la vera Sakura che pretendeva sempre di parlare prima di pensare, ma al tempo stesso di capire chi avesse realmente davanti.
Neji la fissò ancora per un istante, e poi si rimise a camminare.
«Che affermazione…»
«Alt, non dire nulla» lo bloccò Sakura superandolo con voce alterata, «sbaglio o la parola era sciocca?»
«Mm…più o meno…»
«Non ne avevo dubbi.» Si bloccò, riconoscendo la soglia della sua casa, ancora spoglia da quando vi si era trasferita lì un anno fa.
Non c’era anima viva in giro, anche perché ormai la temperatura stava facendosi davvero fresca: le stranezze del clima di Konoha, che passava da mite a freddo nel giro di poche ore, o anche mezzore. Bastava solo che il sole tramontasse.
Sakura tirò fuori le chiavi, sussurrando un “grazie di tutto” senza voltarsi verso di lui; non voleva farsi vedere con gli occhi umidi.
Ci sono certi punti che non si riesce più a tollerare con buon animo.
Fece per far scattare la serratura, quando sentì qualcosa bloccarle la mano.
Abbassò lo sguardo, a rallentatore, e vide la mano di Neji premuta delicata sulla sua.
Si girò, in confusione, incontrando i suoi occhi indagatori.
«Sakura, se tu mi avessi fatto finire, ti avrei detto che l’affermazione era sciocca perché pensavo che tu avessi capito che io sono tutto meno che perfetto. È solo tanta apparenza la mia, e solo chi sa vedere dentro di me può cogliere le incertezze e i problemi che mi porto avanti sin da quando sono piccolo. Non esiste la perfezione, anzi.
Vuoi sapere poi la verità? Anche io, prima di parlarti oggi, ho sempre pensato che fossi perfetta. Da qualche anno a questa parte dai l’idea della ragazza tutto d’un pezzo, granitica ma amabile, che lotta per i suoi ideali, che riesce in tutto quello che fa. Nulla della ragazzina petulante e debole dodicenne che sei stata. Eppure, quando ti si conosce…si vede che sei umana. Che qualcosa di quella ragazzina è rimasto. E, credimi, è solo un bene. Ti ammiro, per questo. Ti ammiro per la tua perseveranza, per la tua ostinazione, per la fiducia che hai nel prossimo, ma ti ammiro anche perché tu, a differenza mia, non hai paura ad essere te stessa.»
Neji si bloccò all’istante, divenuto all’improvviso pallido, resosi conto di quanto detto, di essersi sbottonato più di quanto avesse mai fatto in passato.
«Io…non so che mi è preso. Devo andare. Scusa.»
Si girò di scatto, allontanandosi, lasciando impietrita Sakura sulla soglia di casa.
«Neji…aspetta.»
La sua voce, quasi roca, lo costrinse a fermarsi. Sentì i passi leggeri dietro di lui, sempre più vicini.
Stava in piedi, immobile, le labbra trattenute, gli occhi lucidi, le mani lungo i fianchi.
E col cuore in gola avvertì la mano di Sakura sfiorargli la spalla.
«Io…voglio capire chi sei.»
Si girò lentamente, trovandola a pochi centimetri dal viso, e si sentì avvampare.
Mantenendo il suo solito autocontrollo, voltò la testa di scatto, sentendo però venire meno molte delle sue difese.
Sakura sentiva la gola riarsa.
Lo guardava, ma era come se non lo vedesse realmente. Perché si sentiva tremare.
Ed era qualcosa che non aveva mai provato, qualcosa che andava oltre ogni logica.
Non sapeva assolutamente come potesse essersi venuta a crearsi quella situazione, non sapeva perché gli avesse appena detto quelle parole.
Non sapeva perché all’improvviso il cuore le battesse all’impazzata.
Gli afferrò una manica all’improvviso, lasciando Neji di stucco.
«Ho perso Sasuke anche perché non sono stata capace di capirlo. Non ero stata capace di leggere fino in fondo il suo animo. Lo so che è un paragone assurdo, lo so che non ha senso…ma non voglio perderti prima di conoscerti. Sarebbe una cosa…così stupida. Io…io voglio sapere tutto dei tuoi difetti. Voglio sapere le tue debolezze. Voglio…»
Si fermò, ansante, il respiro affannato. Non avrebbe dato alcun torto a Neji se l’avesse presa per una pazza totale.
Gli lasciò la manica.

“Io sono diverso da te e Naruto, Sakura. Ho scelto un’altra strada.”


«Sakura?»
La voce ferma di Neji le diede la forza di guardarlo. E come in trance vide la sua mano sfiorarle una guancia.
«Io non sono come Sasuke»

«Vattene a casa, Sakura.»


«Io non sono perfetto»

«Voglio diventare potente. Sempre più forte.»


«E voglio capire cosa significa fidarsi degli altri.»

«E voglio spezzare ogni mio legame»



Sakura scoppiò a piangere, dal nulla, e senza trattenersi tuffò il volto tra la tunica bianca di Neji, impregnandola di lacrime.
«Scusami…scusami…»
Lui la scostò gentilmente.
«Direi che oggi ti sei scusata anche abbastanza.»
Sakura sollevò il viso, e si asciugò gli occhi, sorridendo suo malgrado.
«Bell’accoppiata…tu hai problemi a mostrare quello che provi, e io il tuo opposto.»
Neji annuì, pensieroso.
«Ma…forse…tu mi fai venir voglia di tirare fuori tutto quello che ho dentro di me» sussurrò arrossendo
Sakura deglutì, sollevando esitante la mano fino a sfiorargli il collo. Sentendo poi la sue dita che a loro volta lambivano incerte il volto esangue.
«E tu mi fai venire voglia di tirartele fuori, queste emozioni.»
«Io…mi piacerebbe.»
Sakura si sollevò sulle punte dei piedi, scostandogli i ciuffi dalle labbra.
«Piacerebbe molto anche a me…Neji.»






Che dire, adoro questa coppia, e sono davvero soddisfatta del posto ottenuto al concorso, visto che renderla in modo ic era arduo: in più la giudice era davvero una signora giudice^^
Come sempre, un bacione alla mia robi, che mi ha dato il beneplacito sulla coppia, ancor prima che nascesse la one-shot^^
Spero vi possa piacere, ovviamente, mi raccomando lasciatemi le vostre impressioni!























  
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