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Autore: vampiredrug    19/12/2013    9 recensioni
Si sa, il Natale non è Natale senza regali e senza parenti... ma quando i regali arrivano da CERTI parenti, le cose possono prendere una piega veramente inaspettata!
Spin-off di "Il duro prezzo dell'arte" (che è un ibrido fra AU RPF e AU Supernatural), la storia si svolge circa un anno e mezzo dopo la fine della storia principale.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'IL DURO PREZZO DELL'ARTE'
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Jensen Winchester/Castiel Collins
Genere: romantico, fluff, slice of life
Warning: slash, AU, spin-off
Words:
5294
Beta, supporto psicologico, bastone della mia vecchiaia: Aniel

Questa doveva essere una shottina minuscola per augurare Buon Natale a tutte le persone che hanno letto IDPDA e che ricordando Jens e il suo Prof con affetto, invece ha riempito 12 pagine di Word.
Sono senza freni, ma non è questo il problema.
Il problema è che devo aver sbattuto la testa da qualche parte. Ma tipo fortissimo.
Perché non so da dove sia saltato fuori tutto questo, ma uno tsunami di fluff vi travolgerà.
Quella sfaccendata della mia beta (che ancora non ha finito la MIA destiel di Natale, e veda di darsi una mossa! XD) ne ha autorizzato la pubblicazione, quindi per carie, spese dentistiche e danni morali prendetevela con lei.
Io vi ho avvisate.
Non dedico questa fic al suo esame  perché ormai è appurato che le mie oneshot le portano una sfiga micidiale...  :(

 


 

A VERY SUPERNATURAL CHRISTMAS



 
Il silenzio tombale che accolse Jensen, di ritorno al loft al termine di un pomeriggio di svogliatissimo ma non-più-procrastinabile shopping natalizio in centro, lo preoccupò. Lo preoccupò molto più del casino infernale che si era lasciato alle spalle quando era uscito qualche ora addietro.
 
Lo preoccupò tanto da fargli quasi cadere di mano buste stracolme e pacchetti, che depositò malamente a terra all’ingresso, dirigendosi guardingo verso la cucina senza trovarvi Castiel, ma solo un imbarazzante numero di scatole della propria pasticceria preferita, Delicatessen, ordinatamente impilate sul tavolo.
 
Le sue torte erano già arrivate.
Tutte e sette.
Male, molto male.
Dannati fattorini.
Da quando in qua facevano le consegne addirittura in anticipo, si chiese infastidito.

Ma non era il momento di soffermarsi ad imprecare sulla solerzia delle consegne a domicilio newyorchesi, dal momento che Castiel era quasi sicuramente morto.
Non poteva essere altrimenti visto che, da giorni, quella era la prima volta in cui nell’appartamento non echeggiavano a tutto volume le note di “All I want for Christmas is you”.

Temendo il peggio, ovvero che il professore nell’ennesimo raptus decorativo si fosse arrampicato su una libreria nel tentativo di appendere altri festoni e fosse caduto fracassandosi quella testolina arruffata, superò la zona studio spingendosi fino al salotto.
 
Ed eccola là, la suddetta testolina arruffata, che sbucava oltre lo schienale del divano, apparentemente intenta ad osservare le fiamme del camino.
 
Constatato che, perlomeno, Castiel non giaceva scompostamente in una pozza di sangue sul parquet, Jensen si rilassò e si concesse il lusso di spiarlo un poco, visto che non accennava minimamente a muoversi, giusto per capire cosa diamine stesse succedendo.

Da una settimana a quella parte, infatti, il prof era entrato in modalità “casalinga disperata”, permettendo alla propria indole organizzatrice e perfezionista di prendere il sopravvento sul comune buonsenso: quel Natale, infatti, sarebbe stato IL Natale.

Il Natale in cui le rispettive famiglie al gran completo avrebbero fatto la reciproca conoscenza, e Cass desiderava sopra ogni altra cosa che tutto fosse perfetto.
Visto che non poteva in alcun modo controllare Balthazar e Gabriel, se non narcotizzandoli con proiettili da caccia grossa, voleva almeno essere certo di avere il controllo su tutto il resto.
 
E tutto il resto significava… bé, tutto il resto.

Così aveva avuto inizio un serratissimo tour de force fatto di telefonate, acquisti, liste e pulizie che avevano trasformato l’appartamento in un campo di battaglia.
A qualsiasi ora del giorno, infatti, Jensen poteva avere la certezza di trovare l’altro intento a cucinare e surgelare bizzarri antipastini o biscotti di panpepato, a compilare complessi diagrammi incrociati d’intolleranze alimentari e a pulire ossessivamente l’appartamento, per poterlo quindi decorare con una tale quantità di lucine da mandare in corto l’impianto elettrico dell’intero stabile.
Quando poi si era passati alla fase “albero e pacchetti”, il caos aveva raggiunto il culmine: il pavimento si era uniformente ricoperto di glitter e aghi di pino odorosi (e appiccicosi. E aguzzi, grazie tante) di resina, in ogni angolo erano comparse pile di carta stropicciata, buste sfavillanti, fiocchetti, vischio e palline colorate, mentre la piccola Misha (alla quale non pareva vero di avere a disposizione una tale quantità di oggetti crepitanti e luccicosi da distruggere) sfrecciava qua e là come un’indemoniata trascinandosi dietro metri e metri di nastro ingarbugliato e ormai inutilizzabile.
 
E ora invece, dopo giorni d’inquietante ipercinesi, Castiel sedeva a gambe incrociate sul pavimento, anzi, su Bestia Morta, immobile e senza sembrare affaccendato in alcunché.
Jensen, dalla propria posizione, non poteva neppure vedere se avesse o meno gli occhi aperti.
Forse, alla fin fine, la stanchezza aveva avuto la meglio ed era crollato.
O più probabilmente era entrato in coma diabetico a causa della sovraesposizione alla zuccherosa atmosfera natalizia, a cui lui era piuttosto insofferente.
L’unica cosa che realmente apprezzava del Natale erano le colossali abbuffate ad alto tasso calorico e gli annessi pisolini fuori orario.
E la cioccolata calda.
Oh, e il pigro sesso pomeridiano. Oh sì, pensò con un ghigno soddisfatto, rammentando la “merenda con sorpresa” del giorno precedente.
Bé, forse le feste non erano poi così male, in fondo.


Aggirando silenziosamente il divano che si frapponeva tra sé e il prof, Jensen potè constatare che quest’ultimo era sveglio… bè, più o meno, dal momento che stava osservando con sguardo vitreo un piccolo pacco di cartone ancora imballato, posato a terra di fronte a sé.

- Ehi Cass… tutto bene? - mormorò, inginocchiandosi sulla pelle d’orso accanto al professore e posandogli una mano sulla spalla.

L’altro sembrò tornare di colpo alla realtà, abbozzando un sorriso in direzione del compagno.
 
- Oh. Oh, Jens, sei qui. Non ti ho nemmeno sentito entrare. -
 
- Non mi stupisce, sembravi sotto ipnosi! Cosa c’è in quella scatola? -
 
- Non ne ho idea. -
 
- E credi che, fissandola abbastanza a lungo, si aprirà da sola? -
 
- È un regalo di Balthazar. - specificò Castiel, come se questo spiegasse ogni cosa.
 
- Ah. Oh. -
 
- Eh. -
 
- Un regalo-regalo, o uno di quei regali? -
 
- Balth ci ha forse mai fatto un vero regalo? - esalò il prof con un sospiro mesto.
 
Jensen scavò nella memoria, cercando di pensare positivo.

- Bè… cioè… in fondo, Bestia Morta er- tentò in tono incoraggiante, immediatamente interrotto dal professore.
 
- Oh, andiamo Jens, Bestia Morta è stato solamente il primo di una serie di regali sempre più imbarazzanti! -
 
- Che dici Cass? Lui non può sapere cosa abbiamo fatto su quella pelle d’orso… -
 
- Fidati, lui lo sa. Sa sempre tutto. Tutto! - mormorò Castiel, esasperato - Come faremo ad esporre il regalo sotto l’albero? Balth certamente se lo aspetta, e ci saranno tutti gli altri! Io… io non posso farlo, Jens. Tengo troppo a questo Natale, e non voglio passarlo spiegando a Jo o a Genevieve come mai mio fratello maggiore e sessuomane ci ha regalato un set di vibratori di un noto designer svedese! -
 
Le spalle di Jensen si abbassarono un po’ non appena realizzò che il professore aveva tutte le ragioni per essere preoccupato, e un brivido discese lungo la sua spina dorsale nell’immaginare l’espressione di Ellen di fronte ad un’eventualità del genere.
 
- Se può consolarti, Cass, non credo che ci regalerà due volte la stessa cosa… - accennò con un sorriso per nulla convincente - E poi, se ci pensi bene, Balth ci ha fatto anche dei regali utili… -
 
- Parli dell’altalena per fare sesso? -
 
- Non proprio, no. -
 
- Allora intendi le manette e il completo da poliziotto... -
 
- Ehm, no… ma sono certo che… - ammise Jensen, spremendosi le meningi - Ci sono! - esclamò poi, dandosi una pacca sulla fronte - La videocamera! La videocamera è stato un bel pensiero no? -
 
- Come no, se poi non l’avesse corredata con il manuale che insegnava a girare porno casalinghi in maniera professionale, e con quello su come fare dell’ottimo sesso a tre [1], sarebbe stata davvero un’idea carina. -
 
- Dai Cass, la scatola è piccola, cosa potrà mai averci ficcato dentro? -
 
- Tu non conosci mio fratello. -
 
- Ti garantisco che quel poco che conosco mi basta e avanza, ma non ho alcuna intenzione di vederti in stato catatonico fino a Natale per colpa di questo stupido pacco! - esclamò Jensen con decisione, posandosi in grembo la scatola ed iniziando senza tante cerimonie a strappare la carta che l’avvolgeva sotto lo sguardo atterrito di Castiel.
 
Dopo essersi liberato di carta, nastro adesivo e una quantità esagerata di chips da imballo, ne estrasse una semplice custodia da dvd, che osservò incuriosito rigirandosela tra le mani.
 
La copertina, anche se ben fatta, era chiaramente stata realizzata artigianalmente con Photoshop o qualcosa del genere e, sopra ad una foto un po’ sgranata di quello che Jensen riconobbe come un Castiel ragazzino, in costume su un’anonima spiaggia, titolava “Cape Cod, agosto 1985”.

Sollevando le sopracciglia, voltò la copertina in direzione di Castiel, che però l’osservò con espressione neutra, senza sembrarne particolarmente colpito.
 
- Ti dice qualcosa? - chiese.
 
- Niente di niente… - mormorò l’altro scuotendo la testa, tentando di richiamare alla mente qualche particolare illuminante che spiegasse quello strambo regalo - Ricordo solo che era la settimana del mio undicesimo compleanno e che Gabe e Balthazar mi hanno portato nella nostra casa al mare per festeggiare noi tre soli, ma non capisco perché Balth mi abbia mandato questo dvd. Non mi pare sia successo nulla d’eclatante, e a quanto ricordo non ci siamo nemmeno divertiti così tanto, quella volta… -
 
- Bè, immagino che non ci rimanga altro da fare se non guardarlo e svelare il mistero, giusto? - suggerì Jensen, pratico, dirigendosi verso il lettore sotto la tv e aprendo la custodia, da cui cadde una busta indirizzata a Castiel.
 
Dopo averla porta al professore, Jensen l’osservò aprirla e leggere il biglietto senza mutare espressione.
 
- Allora? - domandò, sempre più curioso.
 
Castiel per tutta risposta gli passò il cartoncino, così che potesse leggerlo da sé.
 
Il testo era molto breve, poche righe vergate a mano nell’elegante calligrafia inclinata di Balthazar.
 
- “Caro Cassy, durante il trasloco al nuovo appartamento sono saltati fuori dei vecchi nastri di famiglia in Super 8, ed in preda ad un attacco di sentimentalismo mi sono messo a guardarli (se mai lo dirai ad anima viva negherò e poi manderò dei sicari ad eliminarti, naturalmente). Fatto sta che ho trovato questo e te l’ho fatto riversare su dvd. Credo che tu debba assolutamente vederlo… ti auguro un meraviglioso Natale, fratellino. Balth.” - mormorò Jensen, leggendo a fior di labbra - In effetti, a parte la promessa d’una morte violenta, non dice nulla di più di quanto già non sappiamo, e cioè… niente. - commentò poi, poggiando il biglietto sul tavolino da caffé accanto al divano e puntando di nuovo al lettore dvd, dove inserì il dischetto.

- Pronto Cass? - chiese, sedendosi a terra accanto al professore e porgendogli il telecomando - Vuoi che faccia i popcorn? -
 
- Non credo ce ne sia bisogno, Jens, grazie. - replicò l’altro senza entusiasmo, premendo il tasto play e avvicinandosi un poco a Jensen in modo da poggiare la spalla contro la sua.
 
Il video, dopo qualche crepitio, iniziò senza alcun tipo d’introduzione se non il titolo che compariva sulla copertina e, come spesso accadeva con quel genere di riprese, le varie scene si susseguivano senza soluzione di continuità o filo logico, con dei tagli fra una e l’altra che avrebbero fatto rivoltare Kubrick nella tomba.
Una sorta di patina velava le immagini, denunciando quanto effettivamente il nastro fosse datato, ma almeno non era eccessivamente sgranato, anche se l’audio ogni tanto perdeva qualche colpo e occasionalmente l’inquadratura sembrasse la scelta arbitraria di un ubriaco.
 
Jensen si voltò verso Castiel, inclinando teatralmente la testa per seguire la strana angolazione che il video stava assumendo mentre seguiva un giovane Gabriel lanciare un frisbee ad un cane sulla spiaggia.
 
- Chi è il regista di questo capolavoro? - domandò ridacchiando.

- Dal momento che nell’inquadratura compare Gabe, direi Balthazar… -

- Quanti anni aveva a quei tempi? -

- Dunque… Gabriel ne aveva quindici, quindi Balth… circa diciotto o diciannove, credo. -

- In che senso, “credo”? - chiese Jensen, inarcando un sopracciglio.
 
Castiel si strinse nelle spalle.
 
- Balth mente sull’età da quando lo conosco. -
 
- Dovevo immaginarlo, rientra perfettamente nel personaggio. - mormorò Jensen con un sospiro rassegnato, baciandogli una tempia - In ogni caso è una fortuna che sappia scrivere e non si sia dovuto affidare alle proprie doti da cameraman per sopravvivere, non è certo Spielberg… -
 
- Se è per questo, nemmeno il video  è esattamente “Quarto Potere”… - commentò Castiel con un piccolo sorriso imbarazzato, rannicchiandosi tra le braccia di Jensen quando sullo schermo apparve una giovanissima e spensierata versione di se stesso intenta a correre lungo un pontile di legno cercando di far volare un aquilone, mentre Gabriel in calzoncini corti ed infradito lo seguiva svogliatamente piluccando dello zucchero filato.

Sapeva che Jensen era perfettamente a conoscenza della sua infanzia un po’ solitaria, ma il prof si sentiva stranamente vulnerabile, esposto, permettendogli quell’incursione nel proprio malinconico passato. Non era mai stato un tipo allegro come Gabriel o sicuro di sé come Balthazar, anzi, fin da piccolo aveva mostrato un carattere tanto serio e riservato da temere che l’altro potesse trovarlo un po’ patetico.
 
Al contrario Jensen, osservando l’embrione, la promessa di ciò che Castiel sarebbe diventato, venne travolto da un’ondata di orgoglio e tenerezza.
Eccolo, l’uomo che gli aveva cambiato la vita, proprio davanti ai suoi occhi, mentre mangiava un gelato e sorrideva timido verso l’obiettivo.
 
Il ragazzino magro e dallo sguardo un po’ triste che lo fissava dal video si era trasformato nella persona fantastica e generosa che riempiva d’amore la sua esistenza, pensò, stringendolo un po’ più forte e posandogli un bacio sui capelli. Castiel emise un miagolio appagato, strusciando la testa nell’incavo del collo di Jens, irrigidendosi però quasi subito quando sullo schermo comparve un soddisfattissimo Gabriel, intento a sotterrare fino al mento il fratello minore nella sabbia umida. Dopo averla compattata per bene, aveva posato un secchiello rovesciato sulla testa di Castiel e ci si era seduto sopra, iniziando a leggere un fumetto e facendo l’occhiolino alla videocamera.

- Ma che… ? - chiese Jensen, sdegnato, voltandosi verso l’altro in cerca di spiegazioni.
 
- Uno dei soliti scherzi idioti di Gabe. - spiegò Castiel, risentito - Mi aveva detto che avremmo giocato all’Apocalisse Zombie e che mi avrebbe seppellito in modo che potessi, cito, “risorgere dalla tomba come nel video di Thriller”, invece sapeva benissimo che la sabbia bagnata era troppo pesante e mi avrebbe intrappolato. Mi ha lasciato sotto quel secchiello per quasi dieci minuti, credevo che sarei morto soffocato. Non capisco proprio perché Balth voglia umiliarmi ricordandomi quest’episodio… - sbuffò con un certo disappunto nella voce.

Ma Jensen non lo stava più ascoltando, fissando ipnotizzato la tv.
 
- Oh mio Dio… - mormorò con un filo di voce - … Quello…. quello è Jared. -
 
- Ma che dici, Jens? Quello è Gabe. -

- No, no, guarda dietro, sullo sfondo… - insistette l’altro, puntando l’indice in direzione del video.

Effettivamente, a qualche metro di distanza da Gabriel che faceva il buffone, un bimbetto grassoccio sui tre o quattro anni pasticciava con le formine in una pozza di sabbia bagnata.
 
- Jared? - domandò il professore con aria scettica, stentando a credere che quel minuscolo ammasso di ciccia e piegoline potesse mai essersi trasformato nel gigante che entrambi conoscevano - Jens, non per disilluderti, ma i bambini da piccoli sono tutti uguali, e il video è talmente sfocato che-
 
- Mi stai dicendo che non so riconoscere mio fratello? - lo interruppe l’altro, piccato.
 
- Ma no, dai, non prendertela, non intendevo dire questo, solo che… oh. Oddio. - replicò il professore, interrompendosi a metà della frase e stentando a credere ai propri occhi, perché ad invadere completamente il monitor erano comparse pelle arrossata, una marea di lentiggini e due occhioni dall’espressione birichina d’una sfumatura di verde che avrebbe riconosciuto tra mille.
 
- Ma… ma cosa… come…? - balbettò Castiel, nel seguire l’inquadratura allargarsi e abbracciare interamente l’esile corpo di Jensen bambino, che si sbracciò a salutare facendo una linguaccia all’obiettivo prima di essere sollevato di peso da una giovane donna bruna, che si profondeva in mille scuse per l’incursione, ed essere depositato nuovamente accanto al fratello.

Mentre il filmino proseguiva ed in primo piano Gabriel continuava placido a leggere il proprio fumetto, dando ogni tanto qualche colpetto al secchiello giusto per assicurarsi che il Castiel undicenne fosse ancora vivo, la sua versione trentaquattrenne osservò sullo sfondo quella che suppose essere Ellen ficcare un berretto sulla testolina biondissima di Jensen e poi spalmarlo da capo a piedi con una crema della consistenza del calcestruzzo, prima di lasciarlo libero di tornare a giocare.
 
Si divincolò dall’abbraccio, voltandosi lentamente verso il compagno, sul cui volto trovò la sua stessa espressione smarrita.
 
- Mio. Dio. Ora… ora ricordo… - sussurrò questi dopo qualche istante, incapace di accettare quello che stava vedendo - Quell’estate mio padre ci lasciò da Ellen per quasi due mesi, e visto che in casa la stavamo facendo impazzire decise di portarci al mare per qualche giorno. Avevo otto anni… -
 
- Tu… non posso crederci, tu sei Bruce. - mormorò Castiel, sopraffatto dall’emozione, mentre i ricordi tornavano a galla come bolle dal fondo di uno stagno.
 
Jensen lo fissò senza capire.

- Bruce? - ripeté.
 
- Mi avevi detto di chiamarti così. - spiegò semplicemente il professore - E mi prendevi in giro perché avevi sentito Balthazar chiamarmi Cassy. Dicevi che avevo un nome da bambina. -
 
- Oh, ma certo! - esclamò Jensen arrossendo un poco al ricordo della propria innocente sfacciataggine - Era il mio “periodo Bruce”! Avevo appena imparato a leggere, e ovviamente mi ero buttato sui fumetti. Ne leggevo a tonnellate e adoravo Batman… avrei dato qualsiasi cosa per essere come lui, e ricordo che per mesi ho raccontato a chiunque di chiamarmi Bruce [2]… - ammise poi con una certa dose d’imbarazzo, imbarazzo che però Castiel non ebbe modo di notare, completamente rapito dal video.
 
Nell’inquadratura successiva, infatti, stava correndo lungo la spiaggia ululando come un pazzo, mentre Jensen lo tallonava da vicino urlando ancora più forte e bersagliandolo di gavettoni.
A furia di guardarsi alle spalle era inciampato e finito a terra, e l’altro gli si era buttato addosso a volo d’angelo senza la minima esitazione. Avevano lottato per un po’ nella sabbia, senza fiato, e dopo averne ingurgitata una certa quantità ed essersi impanati entrambi come cotolette, non avevano avuto altra scelta se non gettarsi in acqua ridendo, sotto lo sguardo vigile e severo di Ellen.
 
Castiel non riusciva a staccare gli occhi dalla propria immagine, dalle proprie guance arrossate e dagli occhi luccicanti di gioia. Sembrava così felice, con Jensen. Così spensierato.
Non ricordava di esserlo stato.
Non lo era più stato.
Per anni.
Come aveva potuto? Come aveva potuto dimenticare una delle giornate più belle della propria giovane vita?
Come aveva potuto relegare “Bruce”, il fantastico amico di un solo pomeriggio, in qualche oscuro angolino del proprio cervello e poi, semplicemente, scordarsene?
 
- Jens, questa cosa è… - farfugliò con un filo di voce, scuotendo leggermente il capo e stentando ad accettarla, o a trovare le parole.
 
- … Soprannaturale. - terminò Jensen per lui, osservando se stesso in lacrime accanto ad un canotto, mezzo sgonfio ed evidentemente bucato, mentre il proprio futuro amore cercava di ripararlo con un chewingum rosa, serio e concentrato, nel tentativo di farlo smettere di piangere - Eri tu. Eri già tu… -
 
- Tu… - sussurrò Castiel, la voce incrinata dalla commozione, mentre sul suo viso si andava allargando un enorme sorriso - Tu riuscivi a rendermi felice già da allora… -
 
- E tu già da allora cercavi in tutti i modi di aiutarmi… allora è proprio un vizio, il tuo. - tentò di sdrammatizzare Jensen, tradito però dalla pelle d’oca che gli faceva formicolare le braccia, posandogli una mano sul viso e accarezzandolo piano.
 
In silenzio continuarono a seguire i propri giovanissimi alter-ego giocare e ridere insieme fino all’ultima scena del filmino, un primissimo piano di Castiel con gli occhi blu lucidi di lacrime mentre osservava Ellen allontanarsi tenendo per mano Jared e Jensen, che puntava i piedini facendosi letteralmente trascinare e continuava a voltarsi indietro e a salutare l’amico con un faccino triste.
Quando ormai il terzetto era sparito all’orizzonte, il piccolo Castiel aveva raccolto qualcosa dalla sabbia e se l’era ficcata in tasca, dopo averla stretta nel pugno per qualche istante, ed infine lo schermo era diventato nero, tornando al menù principale.
 
Né uno né l’altro riuscirono a dire una parola per un bel po’.
Si era creata un’atmosfera ovattata d’incredulità che fu il professore ad infrangere per primo, scivolando via dall’abbraccio di Jensen ed inginocchiandosi tra le sue gambe.
Gli prese delicatamente il viso tra le mani, appoggiando la fronte contro la sua.
 
- E io che credevo di averti amato fin da quando ti ho incontrato da Starbucks… - mormorò, strofinando piano il naso contro quello di Jensen - Invece… invece ti amavo da prima. Ti amavo da sempre… -
 
- Cass… - mormorò questi ad occhi chiusi, sporgendosi alla ricerca d’un bacio.

- Sposami. - sussurrò Castiel sulle sue labbra, d’istinto, sorprendendo anche se stesso.
 
Jensen si ritrasse leggermente, in modo da intercettarne lo sguardo.
 
- Cosa? - chiese, credendo d’aver capito male.
 
- Ho detto sposami. - ripeté il professore, con voce ferma e un sorriso irresistibile - Sposami, Jens. -
 
- Fai… fai sul serio? - balbettò Jensen, preso alla sprovvista.
 
- Mai stato più serio. - confermò Castiel senza riuscire a smettere di sorridere.
 
Jensen gli sorrise di rimando, arrossendo un pochino e abbassando lo sguardo.
 
- Sei sicuro? - domandò, osservandolo da sotto le ciglia.
 
- Certo. -
 
- Niente rimpianti? -
 
- L’unico rimpianto che ho, è non avertelo chiesto prima… allora, che mi dici? Ti va di diventare il signor Collins? -
 
- A dire la verità, no. -
 
La voce di Castiel tremolò d’incertezza.
 
- … N-no? -
 
- Sarai tu a diventare il signor Winchester, Cass. - specificò Jensen con un ghigno trionfante.
 
- Oh, questo lo vedremo. - promise il professore - Mi stai dicendo che… accetti? - chiese poi in tono speranzoso.
 
- Certo che accetto. Sarei un idiota se mi lasciassi scappare un bocconcino come te… - ridacchiò l’altro, subito zittito dal prof con un lungo bacio pieno di passione.
 
- Quindi… era questa la grande sorpresa di Natale di cui mi parlavi da giorni? - chiese dopo qualche minuto, quando si staccarono, con il fiato un po’ corto.
 
- Ehm… no. In realtà, ecco… ti avrei regalato un corso di chitarra. - confessò Castiel, con una smorfia imbarazzata - Questo non era, come dire… preventivato. Non ho un anello da darti, Jens… - spiegò, mogio, osservando le proprie mani vuote a testa bassa - Non ho proprio nulla, in effetti, se non una promessa… anzi… sì che ce l’ho! - esclamò ad un tratto, illuminandosi ed alzandosi in piedi, per poi dileguarsi a tutta velocità in direzione della loro camera da letto.
 
- Aspettami lì! - urlò dall’altro capo dell’appartamento, mentre rivoltava il proprio armadio in cerca d’una piccola scatola di legno che giaceva sul fondo e che l’aveva seguito in mille traslochi, e a Jensen non restò altro da fare se non attendere paziente.
 
Quando l’altro fece ritorno, con un sorriso esagerato ed una mano dietro la schiena, lo fissò incuriosito, cercando di capire cosa diavolo stesse architettando.
 
Il professore non disse una parola, si limitò a prendergli una mano e a posarvi qualcosa di piccolo e metallico, almeno a giudicare dalla sensazione di freddo che Jensen avvertì contro la pelle, richiudendovi poi le dita sopra. Alla fin fine, la proposta di Castiel non era stata poi così improvvisata, pensò con un sorrisetto.
 
Quando lentamente riaprì le dita immaginando di trovarvi un anello, però, Jensen non riuscì a credere ai propri occhi: poggiato sul suo palmo, c’era un minuscolo oggetto che aveva perso ventitre anni prima e che credeva non avrebbe rivisto mai più.
Fissando inebetito lo strano amuleto con le corna, cercò di dire qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Alzò uno sguardo interrogativo su Castiel, che si strinse nelle spalle, orgoglioso e imbarazzato allo stesso tempo.

- È tuo, vero? - chiese.
 
- Certo… certo che è mio. Era il mio portafortuna, ci tenevo tantissimo. In spiaggia non lo indossavo mai perché mi dava fastidio quando correvo… dev’essermi scivolato dalla tasca dei calzoncini. Io… non posso crederci, Cass. -
 
- L’ho trovato quando ormai te n’eri andato. È quello che ho raccolto alla fine del filmino. - spiegò.
 
- E l’hai conservato per tutto questo tempo… - mormorò, incapace di farsene una ragione.
 
- Era l’unica cosa che mi restava di te, come potevo gettarla via? - disse Castiel con semplicità - Non ho mai avuto molti amici Jens, soprattutto da piccolo. A parte Balth e Gabe ero piuttosto solo, e non hai idea di quanto quella giornata sia importante. Di quanto tu, sia stato importante. Legare con te in maniera così immediata e spontanea, così naturale, a suo tempo ha significato davvero tanto. -

- E allora perché non ti ricordavi di me? - domandò l’altro, senza alcuna sfumatura d’accusa nella voce, solo pura curiosità.
 
- Non lo so, io… credo sia stato una specie di meccanismo di autodifesa. I giorni seguenti, lì a Cape Cod, sono stati molto tristi senza di te. Mi mancavi. Mi mancavi talmente tanto che dopo qualche tempo, a casa, quando i ricordi hanno cominciato a sbiadire, ho pensato addirittura che fossi una specie di amico immaginario, figurati…
 
- Bè, questo non è per niente immaginario, Cass. - mormorò Jensen, riappropriandosi del professore e abbracciandolo, facendolo poggiare con la schiena sul proprio petto, mentre lo stringeva forte ridacchiando soddisfatto - Solo una cosa non capisco. Perché diavolo Balthazar ti ha spedito il nastro? Non poteva semplicemente consegnartelo a mano il giorno di Natale?

Il sorriso che sembrava non voler più abbandonare il viso di Castiel si addolcì.

- Voleva che lo guardassi da solo con te. - dichiarò, con la certezza di stare dicendo il vero - Voleva che fosse un momento solo nostro. Che fosse speciale. Voleva regalarmi la magia… - spiegò, voltando leggermente la testa e baciando Jensen appena sotto l’orecchio, facendolo sospirare.
 
- Che ne diresti se anch’io ti regalassi un po’ di magia? - suggerì maliziosamente, lasciando scivolare una mano sul cavallo dei pantaloni del compagno.
 
- Se ti comporti così Babbo Natale ti porterà solo carbone… - sussurrò il prof, tracciando un piccolo sentiero con la lingua lungo il collo di Jensen, che si fece sfuggire un gemito, e schiacciandoglisi contro in modo da strusciare il fondoschiena sulla sua erezione.
 
- Benissimo… lo useremo per il camino… - sussurrò questi, bisognoso, facendolo sdraiare sul tappeto - … o lo lanceremo sugli ospiti per sbarazzarcene e tornarcene a letto a scopare… - ansimò iniziando a sbottonargli i jeans - Ora, se vuoi finire sulla lista dei buoni, apri le gambe… -
 

 
Un paio di giorni dopo l’atmosfera, al loft, era esattamente quella per cui Castiel aveva lavorato tanto: l’appartamento sembrava un mondo incantato, illuminato da mille lucine, musica festosa risuonava nell’aria, l’albero era enorme e magnificamente decorato, Misha trotterellava in giro distribuendo fusa con un campanellino appeso al collo che incredibilmente non aveva ancora ingoiato e tutti gli ospiti erano piacevolmente brilli, saturi di champagne e dello speciale zabaione che Bobby correggeva col whisky.

Il parentado, forse per qualche miracolo di Natale, non solo si era incontrato, ma si era anche piaciuto: Castiel sospettava che Anna si fosse presa una mezza cotta per Jensen, perché si materializzava ovunque lui fosse e non faceva che ridacchiare come una ragazzina ogni volta che apriva bocca.
Bobby, dal canto suo, aveva trovato incredibilmente seducente il carattere sbrigativo e senza fronzoli di Ellen, facendole una corte serrata per tutta la sera e Gabriel, in maniera del tutto inaspettata e probabilmente a causa dell’overdose di torta recapitata dallo zelante fattorino di Delicatessen, non fece che ricoprire di attenzioni Genevieve, incinta di quattro mesi, trattandola come una principessa e ricordando ai presenti, ad intervalli di dieci minuti circa, che stavano per diventare tutti quanti zii e che Bei Capelli stava perpetrando la stirpe dei giganti dalle chiome lucenti regalando al mondo un nuovo erede.
 
Ad un tratto Jensen, guardandosi attorno e notando Castiel confabulare fitto fitto con Jared, si rese conto che solo due persone mancavano all’appello.
Dopo una veloce occhiata in giro si precipitò in cucina, preoccupato, dove trovò Jo appollaiata sul bancone intenta a ridere di gusto con un calice di champagne tra le mani, la testa reclinata all’indietro e Balthazar un po’ troppo vicino.
Ripetendosi mentalmente che a Natale uccidere i parenti, anche se acquisiti, non era buona educazione, manifestò la propria presenza schiarendosi ostentatamente la voce.
 
- Scusate se v’interrompo… - mormorò suadente, frapponendosi fra Jo e lo spaventapasseri in smoking (seriamente, chi diavolo si presentava ad un’informale festa in famiglia con un fottutissimo smoking?) - Jo, piccola, cercavi altro champagne? Ce ne sono due bottiglie ancora in fresco nel cestello del ghiaccio, di là con tutti gli altri… - sottolineò riuscendo nel frattempo, con una sola alzata di sopracciglio, ad intimare alla giovane di alzare le tende, e di corsa, e a minacciare contemporaneamente Balthazar di morte.
 
- Uh, io… credo… credo che andrò ad incipriarmi il naso! - cinguettò Jo con una risatina imbarazzata, saltando giù dal ripiano della cucina e dirigendosi di gran carriera verso gli schiamazzi provenienti dal soggiorno.
 
- Per la cronaca, non ho fatto assolutamente nulla alla tua cuginetta… - dichiarò Balthazar, con il solito tono arrogante, una volta rimasto solo con Jensen.
 
- Per la cronaca, lei non è la mia cuginetta, è praticamente una sorella, e se solo ti azzardi a respirare nella sua direzione Balth, giuro che ti pentirai di avermi mai conosciuto. - ringhiò l’altro.
 
- A proposito… a quanto pare è da un bel po’ che ci conosciamo, giusto? - commentò l’altro facendogli l’occhiolino, per nulla turbato dalle minacce di Jensen, che reagì con un certo imbarazzo, arrossendo e tossicchiando senza sapere bene che dire.
 
Ancora faticava a collegare l’affetto e la sensibilità che si celavano dietro all’invio di quel dvd a quel disgraziato di Balthazar… già non riusciva a capacitarsi che potesse avere anche solo un filamento di DNA in comune con Castiel, figurarsi tollerare il fatto che, sotto sotto, fosse un sentimentale figlio di buona donna pieno di premure e buoni sentimenti!

- Bé… riguardo a questo, io… ecco noi… cioè, io e Cass… volevamo… - farfugliò, completamente nel pallone. Non era così che se l’era immaginato, dannazione! E dov’era Castiel? Si stava facendo le trecce con suo fratello?
 
- Non sforzarti Winchster, non vorrei che ti venisse un aneurisma… -
 
Jensen ricacciò indietro la voglia di mandarlo a farsi fottere.

- Ehm, no, seriamente Balth. Noi… anzi no, io volevo ringraziarti per quello che hai fatto, ecco. Per il tuo regalo. -
 
- Figurati… - bofonchiò l’altro, minimizzando il tutto con un gesto della mano.

- Sei… uhm, sei davvero un buon fratello per Cass, sono contento che ci sia tu, nella sua vita. - mormorò con un certo sforzo - Certo, umanamente resti un cazzone ma… - esitò.

- … Ma? - ripeté Balthazar, incuriosito.

Dopo aver preso un lungo respiro, Jensen termino la frase.
 
- … Ma sarò onorato di avere questo cazzone al mio fianco, all’altare, quando sposerò suo fratello. -

La mascella di Balthazar quasi toccò terra per lo stupore, ma recuperò in fretta il solito aplomb mentre il suo viso andava illuminandosi esattamente come l’albero di Natale nella stanza accanto.
 
- Mi stai dicendo che tu… che voi…? -
 
- Sì. - confermò semplicemente Jensen, felice ed orgoglioso.
 
- Lo sa qualcun altro? - s’informò sottovoce il maggiore dei Collins, avvicinandosi eccessivamente con aria da cospiratore.
 
- Credo che in questo momento Castiel stia chiedendo la stessa cosa a Jared…. - replicò Jensen a disagio, indietreggiando e riappropriandosi del proprio spazio personale.
 
- Lasciami indovinare… te l’ha chiesto lui, vero? -
 
- In effetti, sì. -
 
- Ci avrei scommesso… - ridacchiò l’altro con l’aria di chi la sapeva lunga. - Ahhh, Cassy, sei talmente prevedibile… - mormorò quasi tra sé e sé.
 
- Perciò che mi dici, accetti? -
 
Il volto di Balthazar si aprì in un sorriso franco, sincero. Enorme.
 
- Non riuscireste a tenermi lontano nemmeno con la forza. Avete la mia benedizione. - dichiarò solenne, prendendo la mano di Jensen e stringendola con calore tra le proprie - Questo vuol dire che diventeremo fratelli? - insinuò con la sua solita faccia da schiaffi.
 
- Ehi, non ti allargare, saremo solo cognati! - sghignazzò Jensen, tirandoselo contro e stringendolo in un abbraccio.
 
- Mi avete fatto un grandissimo regalo, ragazzi. - mormorò Balthazar, pacato, battendo qualche pacca sulle spalle del neo quasi-cognato-non-allarghiamoci-oltre.
 
- Niente in confronto a quello che hai fatto tu a me… - replicò l’altro sottovoce.
 
- Era solo un dvd. -
 
- Sto parlando di tuo fratello. -
 
- Lo so. -
 
- Buon Natale, Balthazar. -
 
- Buon Natale, Winchester. -
 
 
 
FINE
 
 
[1] Mi riferisco al libro scritto dalla moglie di Misha, The Threesome Handbook: A Practical Guide to Sleeping with Three.

[2] Chiaramente è un riferimento a Bruce Wayne, alias Batman, ma lo sapete tutte. Amen.   ù__ù



NDA: e buon Natale a voi! A chi ha letto questa storia perché era curiosa di sapere che fine avessero fatto Castiel e Splendore e a chi ci è incappato per caso, non ci ha capito niente e non ha la più pallida idea di cosa stia parlando!
Un ringraziamento particolare va a xena89, che per le mie storie c'è sempre e da tempo immemore, facendomi scoppiare d'orgoglio e imbarazzo, e ad EmmaAlicia79, che ha fangirlato durissimo leggendo IDPDA in un solo giorno e che mi fa morire dal ridere ogni volta che apre bocca! Iri <3
   
 
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