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Autore: Miwako_chan    19/12/2013    3 recensioni
Haruka conosce due modi per allontanarsi da un problema: correre o far finta di cedere. Quando nel doposcuola Rin decide di incasinargli la vita per l’ennesima volta, è costretto a mettere in pratica tutta la sua arte.
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Partecipante al "Free! Iwatobi swim club contest" indetto da Ay Nini
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Contest Free!



Nome autore: Miwako_chan
Titolo storia: “Ah, la tua idea, la peggiore”
Fandom: Free! Iwatobi swim club
Personaggio principale: Haruka Nanase
Lettera: B
Animale: Delfino
Avvisi: One-shot, shonen-ai, slice of life








Ah, la tua idea, la peggiore









Sono le cinque e il sole galleggia addormentato nell’arancione. Le ombre scure e affilate di banchi e sedie tagliano in linee verticali l’aula. Sembra così ampia ora che è vuota, eppure Haruka è certo di sentirsi quasi soffocare durante le lezioni più pallose, come se gli mancasse lo spazio per respirare normalmente. La lavagna, posta dietro la cattedra, si estende come un campo da baseball appeso alla parete.

Il suono del gesso che pigia contro la superficie verde è morbido e ovattato, talvolta stridulo, costantemente ritmato da tock strascicati. È un picchiettio che occupa tutto l’ambiente, tagliando il tempo in pezzetti trascurabili.


Ricorda qualcosa di tenero che s’ammazza su un muro di cemento. È Rin.


I kanji bianchi sono disegnati con tratti affrettati, spigolosi, eppure osservandoli nel loro insieme si capisce che nascondono un nucleo piccolo e delicato. Sono Rin.


Qualsiasi cosa faccia, deve per forza mantenersi coerente con se stesso. Il rumore, gli ideogrammi, il gesso stretto tra pollice e indice sono prolungamenti della sua coerenza. Come lo sono gli occhialini che si schiaffa sulla nuca o le canottiere nere bagnate di sudore. Che poi dicono che sia una bella cosa fare le personcine coerenti, del tipo che stanno sempre sulla stessa linea d’azioni e ideali, quelle che non cambiano mai. “Ma se sei Rin Matsuoka è probabile che il discorso non valga” riflette Haruka seduto sul davanzale della finestra. L’aria fresca gli pizzica la pelle attraverso la camicia e sui palmi gli è già rimasto impresso il segno degli infissi.
Non capisce davvero perché Rin debba rappresentare un problema per lui qualsiasi cosa faccia. Lo scuote, gli strappa la terra da sotto i piedi, lo strattona a tal punto da allontanarlo dal suo calmo e rassicurante equilibrio. Il suo abulico, meraviglioso equilibrio. È molto irritante, anche se lo sa che non lo fa poi così apposta.


“Ecco, te l’ho detto” Afferma voltandosi, sul viso il solito e preconfezionato ghigno strafottente.


Nanase fissa la lavagna e il senso della frase si capisce ugualmente anche se l’amico persiste nel starsene impalato lì davanti. I kanji sono scritti in versione gigantopica, forse la loro dimensione equivale alla verità della cosa.


“Tu non mi hai detto niente, piuttosto l’hai scritto.” Osserva atono.


“Te l’ho detto,” Ripete, infischiandosene. “l’ho detto lo stesso, anche se alla fine sei il più ipocrita di noi quattro.”

Rin ha sempre quel sorriso selvaggio in faccia, le sopracciglia un po’ più corrucciate, e probabilmente pensa che si stia difendendo proprio bene, dopo aver commesso il grande errore di rovesciare i suoi sentimenti in quell’aula. Che sono nudi e morbidi, sanguinano al solo toccarli con l’unghia. Non che se ne sia pentito ora, anzi, è da giorni che rimugina sul da farsi, se era davvero il caso di dirgli quello che provava e così via, però stanotte, conoscendosi, può darsi che si manderà a fanculo per un lasso di tempo indeterminato disteso a pancia in giù sul letto.
Nanase non è tipo da rispondere alle provocazioni, non lo fa mai e non lo farà. Tuttavia non crede di essere un ipocrita, affatto, e Rin è davvero un folle a dichiararsi pur pensandola così. Si limita a guardarlo perplesso, forse dall’esterno potrebbe anche dare l’impressione di essere annoiato. In realtà ha la schiena ridotta a un fascio di nervi, le dita ancorate spasmodicamente agli infissi e la gola secca. Il fatto è che non si aspettava che Rin si trasformasse in un problema ancor peggiore di quello appena passato, che arrivasse a sconvolgere nuovamente con un colpo di mano i suoi piani d’acqua piatta. Per questo oggi, lo detesta e lo ringrazia un pochino di più.

Rin è davanti a lui con la luce del sole puntata in faccia e gli occhi stretti a fessura. Gli afferra le ginocchia, affondando le dita nella stoffa dei calzoni. Ma ha già la sua piena attenzione senza bisogno di contatti non richiesti: Haruka non abbassa mai lo sguardo e non pensa nemmeno ad altro, per esempio che è tardi e dovrebbe tornare a casa da Makoto.

“Con te è difficile, mi sembra di parlare sempre di cose che già sai.”
“Tu invece non sai niente, e non t’importa nemmeno di domandare” Riflette Nanase, lucidamente. Le risposte degli altri, i loro piani o pensieri, non hanno mai avuto molta importanza per Rin, lui fa, agisce, a tutto il resto non rimane altro che fare cenno di sì o di no, ma a quel punto è già troppo tardi.
Haruka contrae la mascella, accigliandosi. “Se è così, al contrario, dovrebbe essere molto più semplice per te.”
“No, che cazzo! È frustrante non riuscire mai a prenderti alla sprovvista, non aver nulla di nuovo da mostrarti.” Dice ridacchiando, stupidamente disinvolto nonostante la situazione.
Haruka a quel punto gli schiaffa una mano sulla fronte e con forza lo spinge via, scivola giù dal davanzale e a passo svelto esce dall’aula. Niente più Rin in pochi secondi.

Scende le scale rapidamente, tenendosi al corrimano. Cerca di non correre, di fare tutto con calma, sta solo uscendo da scuola del resto. Nel corridoio del primo piano, nello spazio in ombra tra due finestre, si ferma. Così, all’improvviso, come se le gambe avessero deciso di non ubbidirgli più, i muscoli indolenziti. Alza appena le spalle, le rilassa e sospira.


Oh, sta scappando. Già, quello che sta facendo si chiama proprio scappare.


Non ci ha pensato, gli era sembrata soltanto una bella idea e l’ha messa in atto. E proprio ora si accorge che quello che ha fatto si chiama scappare, evadere dalle circostanze, fuggire a coda bassa, squagliarsela, darsela a gambe. Anche se non corri vale lo stesso, eh.


Scappare.


Si era ripromesso di non farlo mai più.




I muscoli scattano guizzanti, allungandosi e contraendosi senza alcuno sforzo in un movimento fluido ben calibrato. Le falcate sono ampie e leggere, mentre il corpo si proietta in avanti sotto la potente spinta dei polpacci. Il vento gli sferza il volto, costringendolo a strizzare gli occhi come di fronte a una luce abbagliante. Correre non è esattamente come nuotare, eppure gli sa donare allo stesso modo una certa sensazione di libertà: può andare dove vuole e anche piuttosto velocemente. I problemi, i vincoli, le strette convenzioni sembrano non reggere il suo passo per il momento.

Sfreccia sulla strada, seguendo la ringhiera che dà sulla spiaggia grigia bagnata dall’oceano. Un akita bianco passeggia sul bagnasciuga annusando alcuni rifiuti abbandonati dalla corrente.


Non c’è molta gente per il paese: qualche anziano davanti all’uscio di un negozio, dei signori con giacche pesanti che camminano lungo il marciapiede, nessun bambino e l’entrata del tempio scintoista è desolata.

“Corri, corri come se non ci fosse un domani!” Se lo ripete forte nella testa, aumentando la sua determinazione. Inspira profondamente, a lungo, immagina l’ossigeno entrare nei polmoni, unirsi al sangue e arrivare ai muscoli che lavorano tenacemente.
Espira schiudendo appena la bocca, attraversa la strada e svolta l’angolo. Pensa a ogni singolo muscolo delle gambe, focalizzandosi poi su articolazioni e legamenti; l’anatomia lo rilassa, può dimenticarsi del resto.
"Anche se sei il più ipocrita di noi quattro”
Serra le palpebre. Ma che diavolo vuol dire?! E poi, ipocrita? Ipocrita perché? Ipocrita ha così poco senso che stona pure sulle labbra di Rin. Haruka si chiede se almeno sappia cosa significa, anche se… Rin è fondamentalmente un romantico, se ne esce con stronzate folgoranti come piscine colme di petali di ciliegio, e se ne può benissimo uscire con un termine così tendenzioso come ipocrisia.


Non ha mai mentito a nessuno, anzi, si è sempre ben guardato dall’aprire bocca più del necessario.


Come è anche vero che non si è mai ascoltato più di tanto, nemmeno una volta è riuscito a essere sincero abbastanza con se stesso da scuotersi. È molto meglio lasciarsi trasportare dagli altri, da quella bassa marea che è Makoto e che lo fa galleggiare, silenziosamente, nella vita. Rin al contrario l’approfonda come una mano pigiata sul petto, dovrebbe tagliarlo via, senza remore. Eppure il solo pensare a un’eventualità del genere gli fa sgranare gli occhi.

Questa sera forse lo perderà, non sa se fisicamente come la volta scorsa o in altro modo, ma qualcosa s’incrinerà irrimediabilmente se non l’asseconderà in tutto — non ne ha intenzione —.

Il cielo è tinto di un turchese scuro, le stelle come la luna sono già visibili, ricoperte da una patina opaca che le rende simili a immagini residue.

Si ferma davanti al passaggio a livello chiuso. Socchiude gli occhi, contraendo il viso in un’impercettibile smorfia. E comincia a correre sul posto; le scarpe gialle da ginnastica iper-leggere si flettono sull’asfalto una dopo l’altra a ritmo sostenuto. Una signora in bici con il carico della spesa lo guarda incuriosita; mentre aspetta che il treno passi, Haruka è la cosa più attraente su cui posare l’attenzione.
Nanase le getta una breve occhiata, dovrebbe salutarla in fondo ci sono solo loro due lì davanti, ci resteranno anche per qualche minuto. Sarebbe buona educazione farlo, ciononostante torna a fissare dritto davanti a sé.
"Potrei passare sotto le sbarre e arrivare dall’altra parte in pochi attimi”
C’è una salita tosta dopo, detesta fermarsi.
Sembra che tutti gli altri abbiano così tanto da fare, cose da realizzare, l’impazienza addosso di arrivare sempre in un altro posto rispetto a dove si trovano, lui queste cose non ce le ha.
È imbustato nella sua calma da strapazzo, trascinato negli impegni degli altri, nervoso e apatico dentro un circolo infinito. La fretta se la può anche creare, far finta di avercela, aver cose da cosare di grande importanza per il futuro, obiettivi da conseguire.
“Guardi signora, adesso scavalco le sbarre talmente ho fretta! Sono quel genere di persona che ha troppi impegni e troppa voglia di portarli a termine per perdere tempo in questo modo”


Il treno merci gli passa davanti agli occhi, vecchio e logoro, rumoroso come non mai. Non va nemmeno molto veloce, fischia e sferraglia, sembra stanco di tutto. E la luce rossa del semaforo è talmente intensa. Riesce a leggerle chiaramente, le scritte bianche di un graffito che occupa mezzo vagone: ‘Now or Never’ citano.


Non sa bene il motivo, ma ne era consapevole già ai tempi di un Matsuoka in Australia, che non può fare a meno di lui. Se lo perdesse cercherebbe per ogni dove qualcosa come Rin, nella foresta amazzonica, in mezzo ai ghiacci, percorrendo il deserto, scavando nella terra, ci sarà pur da qualche altra parte qualcosa del genere, no?


“Queste sbarre ci impiegano sempre così tanto tempo ad alzarsi, non trova?” Dice la signora rivolgendogli un sorriso gentile.

Haruka la guarda ma non risponde. Quale tempo? E perché sarebbe tanto? Come si fa a quantificarlo quando non si ha alcuna fretta?

“Ho molto da fare.” Mormora lanciando uno sguardo verso l’alto, probabilmente scocciata.


Che fortuna.



Quando arriva davanti al porticato della Samezuka che si affaccia sulla strada, Rin è già lì. Sta appoggiato con la schiena al muro, sul volto un’espressione un po’ cupa, un po’ annoiata. Indossa una canottiera azzurra, i pantaloni della tuta larghi e ai piedi delle infradito. Fa troppo freddo per quel genere d’abbigliamento, ma lui sembra non risentirne minimamente. Anche Haruka è in t-shirt, ma lui ha corso per lo meno, il suo termostato interiore non dovrebbe essere alterato.

“Ehi.” Dice, inespressivo, dopo averlo osservato per un tempo decisamente troppo lungo per non essere considerato imbarazzante.

“Ehi tu.” Ricambia Matsuoka, accomodandosi meglio contro la parete. “Sai, non credevo saresti venuto sul serio.”
“E allora perché sei sceso?”
“Oh, ma che vuoi!” Sbotta inarcando le sopracciglia e sfoderando i canini in un mezzo ghigno.

“Eh dai, non piangere Rin”


“Comunque stavo solo passando di qua.” Replica poi Haruka con tono piatto, distogliendo lo sguardo.

“Ma non dire cazzate!” Questa volta Rin ride, anche se un poco risentito.
“È il giro di corsa che faccio tutti i giorni, tu non saresti neanche sceso. Questa sera sarebbe stato molto più probabile non incontrarci affatto.”

“Ho troppi impegni, ho davvero fretta. Rin, non farmi perdere tempo”


Matsuoka contrae la mascella e aggrotta la fronte, contrariato. Lui è il tipico ragazzo ‘che se ne va’, ti volta le spalle ed esce di scena ogni qualvolta le cose non vadano come dice lui, ogni volta che non dici qualcosa di abbastanza interessante da farlo restare. La gente dovrebbe crogiolarsi nel tempo che le dedica col contagocce. Anche Haruka è un tipo del genere, ma lo fa con più naturalezza e senza tutto quell’orgoglio e presunzione.

Quindi adesso è davvero difficile, perché se ora se ne va anche l’amico farà lo stesso e non avrà ottenuto proprio un bel niente di quello che desidera. Deve fare uno sforzo atroce.

“Avrei dovuto stare zitto. Sapevo benissimo che non te ne saresti fatto niente delle mie parole, me ne sono pentito un secondo dopo del resto.” Spara brusco, colpendo con forza la parete col palmo aperto. “Almeno mi aspetto da parte tua la mia stessa sincerità, no?!”

Haruka lo guarda scettico, forse per capirsi loro due devono picchiarsi obbligatoriamente, piangersi addosso, urlarsi a tre millimetri dal volto, altrimenti sembra che non funzioni.

“Vuoi picchiarmi?” Glielo chiede quasi per cortesia.


Rin viene avanti e si piazza di fronte all’amico, flettendo il collo con aria di sfida. “Volentieri.” Dice, ma non lo farà.

Quando era in Australia o non era in Australia, Rin gli mancava veramente tanto, la sua assenza era come vuoto risucchiante, un buco all’altezza dello stomaco. Avrebbe voluto cercarlo, chiedere sue notizie, o anche fare un semplice giro per il paese con il solo intento di trovarlo, scorgerlo in qualche vicolo, fare almeno quello che si farebbe per un animale domestico scomparso. Tuttavia non si è mosso di un solo passo, perché a quanto pare era molto più facile e importante cucinare sgombri in grembiule e farsi accudire da Makoto.

“Vieni su da me.” Dovrebbe essere una domanda.


In teoria, se ci pensa bene, sarebbe questa la cosa più naturale da farsi.

Arretra di un passo e si volta, pronto a riprendere la corsa.
“Hai forse paura?” Rin lo dice con tono annoiato, perché la gente paurosa lo tedia molto in un certo senso.
“No.”
Matsuoka guarda altrove e scalcia un po’ di ghiaia con l’infradito. “Eppure sei scappato la volta scorsa, o sbaglio?” Glielo rinfaccia senza troppi problemi, lo trova anche piuttosto divertente — metterlo in difficoltà —.
Haruka rimane in silenzio, non sa che dire e comunque sia non gli va di sprecar fiato in giustificazioni idiote.
Rin infila le mani in tasca e socchiude gli occhi, visibilmente deluso. La sua spavalderia sembra spegnersi, anche se solo per un momento.

“Non funzionerà, abbiamo entrambi un pessimo carattere e sarebbe insensato anche solo pensare di provarci.” Spiega schiettamente. “Restiamo amici e basta.”

La voce di Haruka è dura, cala giù come un pugno fatto di pietra. Sembra voler dire che le cose stanno così, al di là di quanto ci si sforzi non si possono cambiare.

“Sta’ zitto! Come diavolo fai a dirlo?! Parli sempre come un cazzo di stronzo so-tutto-io!” Sbraita con l’eleganza di un cane preso a calci in culo.

“Non sai farne buon uso, per quanto possano essere utili i miei sentimenti resta inteso, li stai allegramente calpestando” o almeno è questo che pensa Rin con una certa rabbia. E non importa se anche lui è bravo nel fare altrettanto o se si sta calando come al solito con troppa enfasi nel ruolo di vittima.

“È una cosa stupida.” Ribatte Haruka poco coinvolto. Si riferisce a tutta questa conversazione, all’essere arrivati inconsapevolmente fin qui.

Elargire i propri sentimenti alla persona che si ama è davvero una pessima idea. Significa soffrire al cubo, regalare la tua parte più vulnerabile a chi può colpirla con più forza. Bisogna ammettere che però è coerente con ciò che un Rin Matsuoka autodistruttivo rappresenta.

“Cosa?” Domanda confuso, mentre i lineamenti del viso si rilassano. Haruka ha detto: “è”, ora adesso “è”, nel senso che è appurato che lo sia “una cosa stupida”, è come se l’avesse già accettato. Non ha detto: “sarebbe una cosa stupida”, ma che lo è ora, perché ci stanno già dentro, lo stanno già facendo.


Nanase lo guarda con sufficienza. Non vuole perderlo, ma nemmeno spostare l’asse del corpo in un’altra direzione, vivere e muoversi in avanti. È difficile oltre che assurdamente faticoso, meglio
allora assopire le urla, mentire, chiudersi a riccio.


Fa per andarsene, ma Rin lo blocca afferrandolo con forza per un braccio.


“Lasciami.” Basta poco, un altro sguardo d’indifferenza, uno strattone deciso e Rin crollerà mandandolo al diavolo.

Tira Haruka verso di sé. “Hanno lasciato la piscina aperta.”
Magari è una balla — quella dell’ultimo minuto —, Haruka lo sa e allo stesso tempo no, perché con Rin così vicino che potrebbe mordergli le labbra da un momento all’altro si sente solo molto confuso.
Si scansa in malo modo, indietreggiando poi di qualche passo. La voglia di correre via imperante. Ma deve resistere, ancorarsi al terreno con tutti e due i piedi. Volta soltanto il capo, guardando la strada perdersi in lontananza.

Finiranno per disgregarsi insieme, insultarsi pesantemente, sbattersi a terra, ignorarsi allo stremo. È inevitabile in un modo che lo esaspera al solo pensarci.


Però Rin ha appena pronunciato la parola “piscina”, bisogna valutarlo. Non si può prendere l’acqua senza metterla nell’acqua, questo si sa.

Guarda l’amico con la coda dell’occhio, nell’iride un bagliore violento da: “perché non me l’hai detto prima?”























Note autore:

Ringrazio di cuore Ay Nini per aver indetto questo bellissimo contest. Mi sono davvero divertita a scrivere su Free! e se non fosse stato per il concorso che mi ha ispirato non credo che sarei mai  riuscita a cimentarmi in un nuovo fandom ^-^
Un grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno! :3










  
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