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Autore: lunatique    19/12/2013    5 recensioni
E lei era sempre qui, seduta su questa stramaledetta panchina di Central Park, accanto a me. Volevo parlarle, ma era praticamente impossibile per colpa delle sue fottutissime cuffiette sempre nelle orecchie. Guardai i post-it vicino a me e mi venne un colpo di genio. Scrissi velocemente su uno di quei fogliettini e lo appiccicai sulla panchina, nello spazio tra noi, lei lo notò e mi rispose nello stesso identico modo. Forse l'universo vuole che, per un motivo o per un altro, io smetta di provare a recuperare quella stupida F a chimica.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You're still beautiful





Odio la scuola. La odio infinitamente. Insomma, mi sembra normale che io dovrei sprecare il mio tempo in uno stupido parco per cercare un po’ di tranquillità per studiare? A casa mia è tutto un casino. Mamma è incinta di due gemelli e non fa altro che urlare dalla mattina alla sera perché le fa male tutto. I miei zii dalla Spagna sono venuti una settimana a casa nostra e si sono portati dietro i loro tre figli, tutti sotto ai dieci anni. Non c’è un attimo di silenzio e nessuno riesce a capire quanto io ne abbia bisogno dato che devo recuperare una stupidissima F in chimica.
È per questo che, svogliatamente, trascino i miei piedi sull’erba umida di Central Park in cerca di una panchina appartata dove sedermi. Mi guardo intorno passandomi le mani tra i capelli e allungando il passo.
In lontananza vedo una panchina in mezzo al grande prato verde, con nessuno intorno. O meglio, c’è una ragazza seduta lì ma sembra silenziosa ed ha anche lei dei libri poggiati sulle gambe.
Cammino più velocemente fino a ritrovarmi davanti ad essa e mi siedo, aprendomi il libro sulle gambe.
“Il legame ionico è…” Inizio a leggere nella mia mente. “un legame iconico di natura elettrostatica che si forma quando le caratteristiche chimico-fisiche dei due atomi sono nettamente differenti, e vi è soprattutto…” Ma che è sta merda?
Frugo nella mia tasca dei jeans e mi rendo conto che mi sono scordato la penna a casa. Guardo la ragazza vicino a me che ne ha una in mano.
“Hey scusa, mi presti la penna?” Chiedo ma non mi presta attenzione. “Hey.” Provo a ripetere, forse non ha sentito.
Lei sembra accorgersi della mia presenza e si gira verso di me, solo allora mi rendo conto che ha le cuffie nelle orecchie. Harry, sei un vero coglione.
“Posso?” Le indico la penna, lei capisce e me la porge. Inizio a sottolineare le cose più importanti sul mio libro, ma tempo dieci secondi che il mio sguardo cade di nuovo su quella ragazza. È davvero bella, ha i capelli esageratamente lunghi, fino al fianco, neri e liscissimi. Le ricadono morbidamente sulle spalle coprendo le scritte sulla sua felpa bordeax. Le sue gambe sono accavallate e strette in leggins neri, stesso colore delle vans che ha ai piedi. Guardava il suo quaderno con i suoi occhi celesti, quasi ghiaccio che si intonavano perfettamente con la sua pelle bianca e le sue labbra cosparse di rossetto rosso.
La guardo tracciare sul suo quaderno cerchi strani, poi comincia invece a disegnare cose che solo un bambino farerebbe: fiori, il sole con una faccina sorridente, la luna, le stelle.
Sembra così delicata che non voglio sbuffare vicino a lei per paura che voli via. È di una bellezza misteriosa e assolutamente incredibile.
E così rimango ad osservarla per ore, buttando uno sguardo ogni tanto al mio libro di chimica, finchè lei non se ne va senza neanche chiedermi indietro al penna, lasciandomi solo a guardare la sua figura che si allontana.
E di chimica non ho studiato un cazzo, grandioso.
 
DUE GIORNI DOPO:
Guardo nervosamente lo schermo del cellulare che segna le 4.30, dovrebbe arrivare a momenti. Apro sulle mie gambe quell’inutile libro di chimica della quale, come nei giorni precedenti, non avrei studiato niente.
Non riesco a concentrarmi su quella materia per più di due secondi che riporto lo sguardo su quella ragazza, osservando i suoi movimenti e sentendomi sempre di più uno stoker. L’altro ieri non sono riuscito a spiccicare parola con lei, nemmeno un “ciao” o “bei disegni”. Almeno ieri le ho ridato la penna, che è già un passo avanti.
Ma andiamo, cosa ti succede Harry? Non sei mai stato impacciato con le ragazze, ne timido. Lei chi è alla fine? Solo una ragazza carina che si siede ogni giorno a quella panchina, stop.
Voglio conoscerla, parlarci.
Obbiettivo di oggi: riuscire a chiederle almeno il nome.
Ed eccola li, che cammina lentamente verso di me con le sue solite cuffiette alle orecchie ed il quaderno in mano. Si siede accavallando le gambe come ogni giorno, ma non prima di rivolgermi un sorrisino leggero, sollevando appena gli angoli della bocca.
Le sorrido anch’io e mi guardo intorno, cercando il coraggio di dirla qualcosa. Mi mordo le labbra nervosamente e prendo un respiro profondo, spostando i miei occhi sulla sua figura minuta. Striscio leggermente più vicino a lei, in un disperato tentativo di catturare la sua attenzione.
“Che canzone stai ascoltando?” Domandai, si girò verso di me indicando le cuffiette per farmi capire che non stava sentendo.
Mi inumidii le labbra continuando a guardarmi intorno e sperando che la terra mi risucchiasse in quell’esatto momento.
Dovrei solo smetterla di venire qui e rassegnarmi a studiare nel casino di casa mia, seduto sulla tazza del cesso.
Ma cosa sto dicendo? Io sono Harry Styles cazzo, non devo lasciar perdere. Non voglio. Quella ragazza ha un non so che di magico, come un angelo, è pura.
Guardai i post-it gialli che avevo appoggiato vicino a me e mi venne un idea. Ne presi uno e ci scrissi sopra “Che ascolti?” attaccandolo poi sulla panchina, nello spazio vuoto tra noi.
Lei lo notò e lesse il biglietto sorridendo, prese i post-it poggiati sulle mie gambe e ci scrisse qualcosa. Poi staccò il foglietto e lo appiccicò vicino a quello che avevo precedentemente messo.
“Una canzone speciale.” Lessi. Mi inumidii le labbra nervosamente e mi ripresi i post-it, per rispondergli.
“Posso ascoltarla?” Le chiesi.
“No, sono imbarazzata.” Rise leggermente e arrossendo, attaccando il suo fogliettino vicino al mio. Continuammo così per tutto il pomeriggio, lanciandoci sguardi divertiti ogni tanto mentre i post-it continuavano ad accumularsi sulla panchina. Scoprii il suo nome: Sophia. Le si addice proprio, è delicato esattamente come lei.
“Mi piacerebbe rivederti, posso avere il tuo numero?” Scrissi titubante.
“No, scusa. Ma non ho il cellulare.” Rispose velocemente.
“Che bugiarda!” Dissi scherzosamente, lei lesse e mi guardò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Ahahah, se vuoi mi puoi trovare qui domani.” Quando lessi quelle parole il cuore mi si riempì di una gioia immensa.
“Suona bene. Ci vediamo domani allora.” E con questo mio ultimo messaggio se ne andò via, lasciandomi solo sulla panchina.

TRE GIORNI DOPO:
La vidi camminare sorridente verso di me, quando mi fu davanti mi appiccicò un post-it lilla sul quaderno con su scritto “è bello vederti ancora” poi si sedette, le nostre ginocchia si sfioravano.
Feci un sorriso a trentadue denti “Sei in ritardo” risposi, sorrise e mi diedi una spintarella, facendomi la linguaccia.
Cominciammo a parlare di come le era andata la giornata, di cosa aveva fatto. Poi lei mi rifece le domande, finchè gli spazzi per attaccare i post-it sui nostri quaderni non furono finiti. Così scrisse qualcosa che non riuscii a leggere e mi attaccò il bigliettino in fronte. Lo staccai ridendo e prendendolo in mano.
“Sono scemo.” Vi era scritto.
Feci la sua stessa cosa, appiccicandole sul mento la scritta “sono acida”. Lei sorrise alquanto divertita.
“Non sono acida, scemo.”
“Ed io non sono scemo, acida.”
Fece per rispondermi ma i suoi post-it erano finiti, ci pensò su e mi prese la mano, scrivendoci le parole “Merda. I miei post-it.” Io indicai i miei facendole la linguaccia, lei fece la finta arrabbiata per poi darmi uno schiaffetto sulla spalla.
Continuammo a parlare, la riempii di domande ma ne valse la pena. Scoprii che il suo colore preferito era il lilla, che non le piacevano i suoi occhi perché sembravano bianchi, anche se secondo me erano di un colore stupendo. Che era figlia unica, che amava la natura, gli animali ed il mare.
Mi parlò del suo amore per la scrittura, di quanti libri avesse letto e fidatevi, erano davvero tanti. Era divertente, mi faceva ridere e aveva un modo di vedere le cose tutto suo. In questo momento stava sorridendo leggendo uno dei miei stupidi messaggi. Era dannatamente perfetta quando sorrideva ma lei credeva di no, infatti ogni volta si portava una mano alla bocca per provare a coprire il suo sorriso.
Le guardai le cuffiette e venni divorato dalla voglia di scoprire che canzone stesse ascoltando, quale genere le piaceva.
Smettemmo di scriverci per un po’, lei tornò a disegnare sul suo quaderno mentre io mi guardai intorno, abbandonando completamente l’idea di studiare chimica.
“Vorresti sentire la mia canzone?” Scrisse su uno sei miei post-it e me lo porse, dopo un po’.
“Mi piacerebbe.” Presi un respiro profondo chiedendomi il perché non me l’avesse fatta ascoltare prima. Che ci sarà mai di strano in una canzone?
Sorrise e mi porse le cuffiette, le infilai velocemente nelle orecchie, ma non sentii niente.
“Che strano.” Dissi ad alta voce, rivolgendole uno sguardo interrogativo. “Non sento nulla.”
Si passò una mano tra i capelli in modo nervoso, i suoi occhi erano lucidi ed ebbi la sensazione di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non capivo cosa.
Così iniziò a muovere le mani in un modo strano, e fu allora che capii: mi stava parlando nel linguaggio dei gesti. Era sordomuta.
Tutte le domande che mi passavano per la testa trovarono la loro risposta. Il motivo della suo silenzio non era affatto per la timidezza. E in tutti questi giorni non aveva mai ascoltato nessuna canzone, era solo una scusa per non parlare o ascoltarmi parlare. Ecco perché preferiva scrivere post-it.
Le lacrime scesero copiose dai suoi occhi, mentre mi osservava con uno sguardo mortificato, come a chiedermi scusa. Non ce la facevo a vederla così, Sophia in pochi giorni aveva saputo capirmi più di qualsiasi altra persona avesse mai fatto in tutta la mia vita. Era speciale ed io sentivo qualcosa di dannatamente profondo per lei, nonostante questo suo difetto.
Non persi tempo e la baciai delicatamente, mettendole una mano sulla guancia. Lei sembrò sorpresa, ma alla fine si rilassò, ricambiando il bacio. Il suo sapore di fragola mi mandò in tilt il cervello, ci staccammo, mi sorrise felice. Afferrai un post-it scrivendoci sopra, poi lo misi sul suo quaderno.
“Sei ancora bellissima.”
 


#SPACEOFBULLSHIT

Buonaseraaaaaaa.
E mentre voi aspettate il continuo di "welcome to the jungle" ho deciso di dedicarmi a questa piccola os ispirata ad un video che avevo trovato su facebook, un po' di giorni fa.
Il finale è dannatamente dolce e drammatico allo stesso tempo, aw.
Vi piace? Ve lo aspettavate un finale così?
Lasciatemi i vostri pareri mentre io torno sul mio amato divano a contorcermi dal dolore alla pancia #daje.
Adiossss.
   
 
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