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Autore: BlueJayWay    20/12/2013    0 recensioni
"Ridicolo, quella non era nemmeno una festa di compleanno, cosa c’entravano dei palloncini? Nonostante questo continuava ad osservarli, erano tantissimi e in fondo gli piacevano, tutti quei colori"
Il sogno spesso confonde, a volte può fare impazzire... o è la realtà a fare impazzire? Si riescono sempre a distinguere le due cose?
Vivere insieme a qualcuno, ma non provare gli stessi sentimenti. Cercare di sfuggire ad una vita che in realtà non si accetta, ma rimanervi comunque ancorati, ed avere paura di abbandonarla. Insicurezze portate avanti dal passato.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


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  Buongiorno e buonasera a tutti! dopo mesi ricompaio per propinarvi i capitoli di questa storia emozionante! (scherzo ;)). In ogni caso non ho più avuto la possibilità di pubblicare perché, tanto per cambiare, ho avuto problemi con il computer, e questa volte è deceduto in modo definitivo. In ogni caso sono andata avanti con la storia, ma non ho auto l'opportunità di trascriverla sul pc; almeno fino ad oggi. Oggi ho la fortuna di avere un computer a disposizione e quindi, dato che nella giornata di oggi non stavo concludendo moltissimo ho pensato, ma perché non tornare ad infastidire i lettori con questo capitolo? :D Quindi eccomi qui! Premettto che questo capitolo è stato scritto mesi fa e prima o poi potrei decidere di aggiustarlo un pochino, per ora lo posto così. (scusate per il finale un po' brusco...poi si ricollega, teaoricamente abbastanza bene con il capitolo successivo...almeno credo)
Come sempre sono ben accette, proposte, critiche e così via :). 
Che altro...an sì, avviso già che potrebbe passare un po' prima della prossima pubblicazioe, questo sempre causa mancanza di un pc a portata di mano :)!
Ringrazio come sempre chi passerà a leggere, vecchi e nuovi lettori! 
Un bacio!
BlueJayWay! 


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Si guardò alle spalle senza interrompere la sua corsa, girando la testa a 180° da una parte e poi dall'altra, come gli uccelli. Il respiro era affannoso, rapido e sconnesso, ma non se ne preoccupava, il suo problema era un altro in quel momento. Qualcuno lo stava seguendo, e l'unica cosa di cui era certo era che doveva sbarazzarsene, seminarlo. Pensò addirittura che avrebbe preferito morire per mancanza di aria, piuttosto di essere raggiunto, ma se fosse crollato in mezzo a quella strada, senza dubbio gli si sarebbero avventati addosso. Nella confusione mentale, decise di procedere ancora più rapidamente. La strada davanti a lui era deserta; una lunga scia grigia di cemento di cui era impossibile vedere la fine, attorniata ai lati da piccole strutture, decisamente basse e sproporzionate rispetto al suo corpo, sembravano giochi da costruzione invece di edifici reali.
Julian ne ebbe una completa visione dall'alto.  
Tornò a voltarsi. Dietro di lui non c'era più nessuno. O meglio, non si vedeva più nessuno. Cominciò a camminare, a ritmo lento, perché nonostante lo sforzo, non riusciva più ad andare velocemente. Era come se, dopo aver messo avanti il piede, questo scivolasse poi indietro portando con sé tutto il corpo. 
In alcuni momenti riusciva a vederlo il suo corpo,  tutto intero, magro ed esile. Le braccia cadenti, le gambe che sembravano più sottili e allungate di come era abituato a vederle e il volto era coperto dai capelli castani allungati e scompigliati. Gli parve, di percepire un senso di angoscia nel guardare se stesso affaticarsi tanto per salire verso un punto indefinito. 
Riprese a controllare ogni angolo buio di quella strada deserta, illuminata appena da una luce la cui fonte era introvabile. Improvvisamente si fermò. Sollevò piano la testa. Un uomo gli stava andando incontro, seguendo esattamente la sua direzione; l'unica linea  che gli era concesso di percorrere su quella strada, era ora occupata anche da quella nuova figura. Tentò dapprima di spostarsi per liberargli il passaggio, poi cercò di voltarsi per  riprendere a correre verso la direzione opposta, ma i suoi piedi non si mossero, rimasero ancorati a terra. Provò ad immaginarsi qualcosa di diverso, a dare un nuovo volto a quell'uomo, ma non cambiò nulla. Quello gli era sempre più vicino, non lo aveva mai visto prima di allora e non riusciva a ricollegarlo a nessuno di sua conoscenza. Avanzava verso di lui, con sguardo indifferente e beffardo, e quando gli fu di fronte, l'uomo non si sforzò nemmeno di spostarsi ma gli andò addosso senza curarsene, poi proseguì. 
Julian osservò il suo corpo indifendibile piegarsi in avanti.  
Si risollevò e tentò ancora una volta di muoversi, ma i suoi piedi sembravano essere sprofondati in una fanghiglia che aveva preso il posto del cemento grigiastro. Cercò inutilmente di liberarsi. 
Persone di ogni età, cominciarono a sbucare dal nulla e a dirigersi verso di lui. Tutto lo spazio si riempì con volti confusi e offuscati, che di tanto in tanto prendevano sembianze di persone che lui aveva già visto, ma non rammentava dove. I loro passi erano lunghi e decisi, cercò di dire qualcosa, di urlare, ma il suono uscì completamente sordo e quelle persone non ci fecero caso.  Non appena gli furono appresso cominciarono a spingerlo e ad insultarlo lanciandogli sguardi di disprezzo. Pose le braccia a schermo davanti a se nel vano tentativo di difendersi, provò ancora una volta ad immaginare qualcosa di diverso, come preso improvvisamente dalla consapevolezza di essere nel mezzo di un sogno, ma non vi riuscì. Si ritrovò chiuso in una sorta di bolla invarcabile, formata dalle persone e dal frastuono delle loro voci stridenti. Si lasciò cadere a terra, si lasciò crollare come per dare la sua resa e accontentarli tutti. 
Improvvisamente, l'oscurità creata dalle persone ammassate intorno a lui, venne annientata da una luce forte alle sue spalle, il bagliore intenso dei fari di una macchina lo stordì completamente. 
Julian guardo sé stesso afflosciarsi a terra con tutto il suo peso, nel vedersi in quello stato pensò che doveva reagire in qualche modo e stava a lui decidere cosa fare e che poteva benissimo gestire la situazione, bastava volerlo. 
Si rialzò non senza difficoltà e ancora una volta riprese a correre. Quella vaga speranza lo aiutò a sbarazzarsi di quelle persone, di quell'auto che sentiva avvicinarsi sempre di più.  
Cadde in acqua. Non si era neppure accorto di quella vasca enorme piena d'acqua proprio davanti a lui. Il suo corpo fu immediatamente inghiottito da quel liquido tanto innocuo quando opprimente e cominciò a scendere verso il basso, lentamente. Gli occhi spalancati, ad osservare in modo impassibile quel fluido di colore azzurro cristallino, mosso dal movimento delle mani, occupate nel tentativo di arrancare verso la luce che arrivava dall'alto, quelle mani presto si stancarono e scomparvero dalla sua vista. Si sentiva di nuovo bloccato, impossibilitato di fare qualsiasi movimento e dopotutto non aveva più neppure le forze per farlo. Stava soffocando nella più totale consapevolezza e poco gli importava. Tornò a sentire voci di ogni genere, guardò ancora una volta in alto, vide solo una mano e una piuma cadere verso di lui. L'unico modo in cui si sarebbe potuto liberare  e salvare da quell'annegamento era svegliarsi e lui in quel momento lo sapeva per certo. Provò ad aprire gli occhi più volte finché all'ennesimo tentativo ci riuscì. 

Julian sì risvegliò completamente stordito. La prima cosa di cui si accorse fu che il televisore era rimasto acceso, i suoi occhi infatti vennero come fulminati dal bagliore accecante che veniva dallo schermo e cominciarono a bruciargli; li strofinò con il palmo della mano, e quando li riaprì la sua vista diventò ancora più confusa, su qualsiasi cosa poggiasse il suo sguardo vedeva davanti a se piccoli frammenti di luce colorata che a poco a poco si dissolsero. Ancora leggermente inebetito dal suo sogno agitato cercò di ritrovare il senso dell'orientamento in quella stanza.  Si concentrò per qualche attimo alla televisione; stavano riproponendo il telegiornale del giorno prima, una donnina dalla voce poco piacevole e piatta continuava a parlare ininterrottamente, senza mettere alcuna pausa tra una parola e l'altra. Sospirò profondamente, in modo da svuotare completamente i polmoni da quell'aria dentro di se che sentiva decisamente troppo viziata. Si voltò verso Annie, la ragazza era addormentata in un sonno visibilmente tranquillo, con la testa accoccolata sul suo braccio. Abbozzò un lieve sorriso, poi le sollevò con cautela il capo sfilando il suo braccio leggermente indolenzito. Annie si mosse di poco e Julian ne approfittò per alzarsi e metterla poi in una posizione comoda sul divano, sostituendo al suo braccio un cuscino decisamente più confortevole. Si diresse verso la televisione, rimase a fissare sullo schermo le labbra sottili della giornalista in primissimo piano, i suoi occhi ancora non abituati alla luce ricominciarono a bruciargli e lacrimargli, Julian non vi badò e spense la televisione. Si ritrovò in un buio quasi completo rotto solo dai pochi spiragli  di luce che entravano dalle fessure delle finestre. Ai suoi occhi quei continui cambiamenti non piacevano affatto, li richiuse per un po' per farli riposare. Quando li riaprì dovette nuovamente abituarsi alla semioscurità per riuscire ad orientarvisi, non appena ne fu capace salì le scale e raggiunse la camera da letto. Si avviò direttamente al cassetto del comodino, prese la sua scatola di sigarette e due coperte dal letto. Scese con l'intenzione di rimettersi a dormire ancora un po' ma cambiò idea quasi subito, dopotutto tra poche ore anche Annie si sarebbe svegliata e lui non era più stanco, mise una delle coperte sulla ragazza mentre l'altra se l'avvolse intorno stringendola con una mano vicino al petto come un mantello. Julian poteva vedere ben poco, ma si accorse che Annie in quei pochi minuti aveva cambiato la sua posizione, un braccio sopra la testa e l'altro ricadeva dal divano accompagnato da una delle gambe, il petto si alzava e si riabbassava lentamente, dormiva profondamente come se nulla fosse stato in grado di svegliarla. Si chinò su di lei e le diede un bacio sulla guancia; tornò ad osservarla, riusciva a scorgere il suo volto rilassato coperto per metà da una lunga ciocca di capelli, il corpo magro e dalle curve femminili sprofondato nel divano come se si trattasse del più comodo giaciglio sulla terra,  addormentata in quel modo, sembrava ancora più evidente in lei la completa inconsapevolezza di tutto ciò che stava succedendo. Gli passò per la testa uno strano pensiero, perché mai lui e lei non sarebbero potuti stare insieme? Dopotutto era una brava ragazza, inoltre erano riusciti a convivere benissimo fino a quel momento quindi avrebbero potuto andare avanti in quel modo senza problemi... ma gli bastò poco per realizzare che lui non voleva più vivere in quella situazione e che i problemi erano già sorti, c'erano sempre stati e sarebbero rimasti se non si fosse dato una mossa. Annie nella sua innocente inconsapevolezza rendeva solo le cose più difficili, non sospettava mai di nulla, quando invece avrebbe dovuto farlo,era una persona troppo discreta per decidere di indagare su qualsiasi genere di cosa. Julian non sapeva più a cosa pensare e la testa cominciò a pulsargli, lanciò un ultimo sguardo ad Annie e  poi uscì nel giardino interno. 
Si guardò intorno, in quel lieve bagliore mattutino la siepe e l'unico albero di quel pezzo di prato sembravano solo ombre scure indefinite. I rami dell'albero pareva tagliassero in piccoli frammenti il cielo coperto. Spostò lo sguardo in basso, l'erba era di un colore difficile da definire in quel momento, senza dubbio era bagnata, dopo un'accurata analisi, scelse il punto che riteneva più favorevole e si sedette. Al contatto con l'erba i suoi pantaloni s'inumidirono all'istante e un brivido di freddo lo percorse per tutto il corpo, Julian scrollò le spalle e come unica risposta al suo fisico tanto lamentoso si strinse attorno la coperta.  Accese la sigaretta e cominciò a fumare lentamente, socchiudendo le labbra e sospirando piccoli  fili di fumo.  Alzò gli occhi verso il cielo di un anonimo colore tra il grigio e il blu, coperto da nubi dense in continuo movimento. C'era un silenzio pesante, interrotto di tanto in tanto da qualche cinguettio che invece di dargli un senso di piacere lo infastidiva perché la sua testa ne risentiva pulsando con maggiore insistenza. 
< Tacete! > sbottò improvvisamente come se quelli potessero sentirlo e oltretutto obbedirgli. 
< Maledetti.. > sospirò poi strofinandosi gli occhi e riavvicinando la sigaretta alle labbra. 
< Maledetti, siete tutti maledetti, io non ho fatto nulla! Dannazione!> continuò poi a bassa voce, mentre il suo pensiero abbandonava gli uccelli canterini e si concentrava su ben altre cose. 
Quel sogno, secondo una sua personalissima analisi,  rispecchiava perfettamente  il suo timore, non tanto verso le opinioni della sua famiglia, che conosceva perfettamente e ormai non gli interessavano quasi nulla, ma piuttosto le opinioni di tutte quelle persone che vedevano di malocchio quelli come lui; gli venne in mente una frase che Clive gli aveva detto spesso negli anni in cui si erano appena conosciuti:
 “Hanno un cervello risucchiato, è gente che non si può rinsavire! ” e lo diceva con quel tono di disprezzo e rabbia che copriva una tristezza di fondo che Clive non avrebbe mai ammesso. 
“Ecco perché i tuoi hanno la mente ristretta, peggio delle due gocce di caffè che ti danno in Italia” concludeva ridendo. 
“Sei mai stato in Italia?” gli chiedeva prontamente Julian.
“ No, mai” e scuoteva la testa ridendo.
“ Dicono che è buono  quel tipo di caffè” 
“ Ma a me il caffè non piace!” 
“ E' comunque una buona qualità” 
“ Allora una prugna secca! Guarda Julian possono avere anche un cervello di dimensioni abnormi è il contenuto che scarseggia! Di quello sto parlando, è un esempio simbolico...vedila come vuoi e non fare il pignolo! Il problema è il modo in cui fanno lavorare il loro cervello. Il meccanismo , è rotto! Rotto! ” 
 Immagini fulmine di anni prima cominciarono ad attraversargli la mente; il momento in cui i suoi famigliari erano venuti a conoscenza del suo “problema” e l'unica cose che erano riusciti a dire era stata “Fortuna che tuo zio è dottore e con queste cose ci sa fare!” e allora quel sorriso d'incoraggiamento di Clive era svanito nel nulla per un lungo periodo di tempo e lui aveva smesso di reagire, subendo qualsiasi cosa in modo passivo. Ma infine suo zio aveva fallito, tutti avevano fallito, fuorché Clive, che solo ricomparendo aveva rimesso tutto in discussione. Clive aveva ribaltato tutta la situazione che si era andata a creare, aveva dato uno scossone a ciò che in realtà non era mai cambiato se non in modo illusorio e che prima o poi sarebbe comunque crollato. Quel ragazzo aveva solo accelerato il processo e si era ripreso ciò che riteneva gli appartenesse. Clive in un modo squisitamente egoistico si era ripreso Julian e lo aveva fatto sentire di nuovo se stesso. Julian abbozzò un sorriso pensando che anche Clive fosse un po' “maledetto”.
Era tutto un gran groviglio di problemi che stava a lui risolvere. 
La persona che ci avrebbe rimesso di più sarebbe stata Annie, per lei gli dispiaceva sinceramente. Avrebbe preferito che fosse stata una ragazza diversa e i suoi sensi di colpa sarebbero stati minori. Ma si rese conto che erano tutte inutili e insulse speranze e il fatto che Annie avesse quel carattere probabilmente gli sarebbe solo stato d'aiuto, se si fosse dato una mossa. Più tempo passava più lei rimaneva ingannata e ora che c'era di mezzo un vero e proprio “tradimento” ora che era riuscito a sfogarsi con Robert, doveva affrontare Annie. 
Le sigarette accartocciare accanto a lui erano diventate tre in poco tempo e nella scatola ne era rimasta soltanto una. Le prese tra le dita con gesto annoiato, poi l'accese velocemente come se in quel momento il fumo fosse per lui di vitale importanza. 
< Quanto sono stupido > sussurrò tra se.
Era quasi un'ora che se ne stava seduto lì in quella posizione e ormai il cielo dava i primi reali bagliori di luce di un sole che quel giorno avrebbe riscaldato ben poco.
< Amore... > 
Julian sussultò spaventato. Si voltò,  Annie era in piedi a pochi passi dietro di lui, gli occhi segnati dal sonno e i capelli scompigliati, lo guardava confusa. 
< Mi hai spaventato > le disse accennando un sorriso. 
La ragazza non disse nulla, rimase ad analizzare la situazione in completo silenzio, poi gli andò vicino. 
< Hai fumato... > osservò guardando i mozziconi a terra. 
Julian le fece un cenno con la testa. 
< Che succede Julian...? > domandò lei sedendosi accanto a lui.
< Il solito, ho dormito poco. > rispose immediatamente.
Annie quasi non badò alla risposta 
< Amore. Che succede? >
< Te l'ho detto... > la voce gli uscì secca e irritata contro la sua volontà. 
Annie fece per alzarsi, ma Julian la fermò prendendola per il braccio e tenendovi la mano stretta attorno < Stai qui. > disse con voce molto più calma e controllata <...per piacere >
< Ma fa freddo amore > sorrise < Dai entriamo... Ci prepariamo qualcosa di caldo e mi dici tutto dentro... > fece di nuovo per alzarsi dato che Julian le aveva già liberato il braccio.
Julian non la sentì, e senza riuscire più a controllarsi si lasciò andare di nuovo in un pianto silenzioso. 
< Clive... > sussurrò.
< Cosa? > Annie si voltò immediatamente a guardarlo, con una premura e preoccupazione, che ricordava quella di una sorella affezionata. 
< Ho detto Clive! > tornò a ripetere Julian tra i singhiozzi e nel terrore di non riuscire a gestire quella situazione. 
< Che succede sta male? > s'interessò immediatamente la ragazza
< No... è che >. Ma quella sarebbe stata una scusa perfetta e Julian ne approfittò facendo ancora una volta retromarcia. 
< Insomma > inspirò e si pulì la faccia con la manica del maglione < Non è così grave  in fondo... forse esagero sì, forse sono io quello che sta male... > portò le mani alla testa e cominciò a sfregarsi nervosamente i capelli. 
Annie era più che disorientata, ma voleva capire e questo spaventava moltissimo Julian che cercava di evitare in qualsiasi modo il suo sguardo aprendo e chiudendo gli occhi a ritmo velocissimo a creare una sorta di intermittenza davanti a se.
< Non ti seguo Julian davvero...cerca di spiegarti, mi sto preoccupando > Annie gli fermò le mani
Julian si girò molto lentamente verso la ragazza, che seguitava a guardarlo. In quegli occhi non c'era alcun segno di ostilità o disprezzo ma solo sincera preoccupazione e curiosità. La labbra rilassate si curvarono in un lieve sorriso. 
< Allora...? Avete litigato? >
“No” pensò il ragazzo “ Credo di amarlo, anzi ne sono certo” Lo pensò ma non lo disse.
< No. Almeno non credo. Sta solo un po' male per motivi vari e > cercò di trovare delle parole abbastanza credibili < ...e io sono preoccupato, insomma sto male perché non, non sono in grado di aiutarlo, mi dispiacerebbe se domani non potesse venire, ecco... > sbuffò pensando che un bambino sarebbe riuscito a gestire un discorso in modo molto più intelligente ed accurato, ma Annie si accontentò e Julian ne fu sollevato. 
< Penso che Clive sia il genere di persona che verrebbe anche con una gamba rotta! > rispose poi la ragazza alzandosi < Non lo so, mi ha dato questa impressione e poi dopo tutto quello che mi hai raccontato... >
Julian sperò con tutto se stesso che Annie dicesse qualcosa che  potesse aiutarlo a dirle la verità. 
< Insomma ci tiene tanto alla tua amicizia, e direi che non si lascerebbe perdere l'occasione di vederti dato che per tutti questi anni non vi siete più sentiti, tu non credi? > 
Il ragazzo guardò in alto verso di lei e fece un cenno con la testa 
< Già... > 
< Sono cose che capitano raramente queste e tu signorino non dovresti vedere i problemi e entrare in panico così, al massimo i problemi li affronti! > sorrise < E se avete litigato domani sarà un'ottima occasione per risolvere la cosa! > la ragazza rimase in silenzio come se si aspettasse una risposta che Julian non le diede.
< Adesso entriamo che qui fa freddissimo, va a finire che ce la prendiamo noi un'influenza > rise < Dobbiamo prepararci che tra qualche ora saremo al matrimonio della tua amica! > 
Il ragazzo si alzò, sorridendo < Non è mia amica! > 
Annie gli diede le spalle e si avviò verso l'entrata  < Come no? > 
Julian la raggiunse a passo svelto accennando una risata 
< Hai ragione, non vedi come sprizzo di entusiasmo? Sono proprio contento che la bionda si sposi! > 
< Dovresti smetterla di mentirmi così spudoratamente Julian! > ribatté la ragazza ridendo ed entrando in casa. Julian si chiese se quella frase,fosse riferita solo ad Angelica o anche a tutto il resto, si chiese se Annie avesse cominciato a sospettare qualcosa ma avesse deciso di tacere. Si sforzò di mantenere il controllo e di concentrarsi piuttosto alla preparazione per quella cerimonia della quale non gli importava assolutamente nulla. Dopo un'oretta sia lui che Annie erano pronti e si diressero al luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia. 
  
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