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Autore: ViolaNera    20/12/2013    4 recensioni
Haruka non vuole che arrivi il momento di avere una ragazza. Non gli importa niente di appuntamenti e cose del genere, sta bene così.
Non vuole che qualcuno sia così vicino da interferire con la sua sfera intima, con le sue consolidate e buone abitudini, e finisca per invadere lo spazio nel quale si muove.
A parte Makoto.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saltare la lezione non è qualcosa che fanno abitualmente, ma quel giorno la voglia di sedersi al banco e mettersi ad ascoltare sfugge alla loro prospettiva di cose importanti da fare.

Quasi di comune accordo, Haruka e Makoto rimangono nascosti sul tetto della scuola, il vento che scompiglia i capelli di entrambi in brevi e frequenti sbuffi.

Haruka è irrequieto. C'è la competizione dietro l'angolo, con la possibilità di vedere ancora Rin; c'è tutta la pressione che sente provenire dagli altri membri della squadra -eccitatissimi in vista di una possibile vittoria che per lui, concettualmente, non ha mai significato molto- e si ritrova con ore di sonno arretrato che lo rendono nervoso.

Fa fatica ad accettare che tutti contino su di lui. Vorrebbe che quel fatidico giorno arrivasse prima possibile e poi sparisse tra i flutti, per poter riprendere a nuotare senza affannarsi, liberandosi, nell'acqua, da ogni costrizione che la vita reale gli impone.

Makoto, per contro, sembra molto rilassato, anche se internamente avrà mille pensieri proprio come lui. Gli lancia un'occhiata e lo sorprende a sorridere con il naso rivolto all'insù, la luce tiepida del sole che filtra sporadicamente dalle nuvole e illumina i capelli castani donandogli improbabili riflessi di un verde dorato.

Sembra una creatura marina, con quei colori.

Non è la prima volta che lo pensa e non è la prima occasione in cui osservare così da vicino la bellezza semplice e naturale del migliore amico gli porta via un po' di fiato. Guarda per un lungo momento le labbra tese nel sorriso di benessere, le palpebre abbassate, il movimento regolare delle spalle mentre prende un nuovo respiro bello pieno.

Anche se cerca di non soffermarcisi eccessivamente, spesso capita che, fissandolo per troppi secondi, gli ritorni in mente l'istante di paura fottuta in cui stava per rianimarlo in quella notte di tempesta. Ha esitato, tra l'angoscia che gli struggeva il petto, il terrore di perderlo se non avesse fatto qualcosa al più presto, e la consapevolezza che l'unico modo era quello di premere le labbra sulle sue.

Un gesto normale, un gesto necessario, eppure, per qualche ragione, un gesto su cui si è soffermato troppo a rimuginare, quando tutto ciò che avrebbe dovuto fare era agire in fretta.

Non si è reso conto del turbamento che ha provato -nascosto in un cantuccio minuscolo, dietro la paura più pressante-, finché non si è ritrovato solo, al riparo nella sua casa, a riflettere su quegli istanti di panico. Una volta passato il pericolo, con Makoto al sicuro e perfettamente in salute, ha rianalizzato ogni istante con oggettività. E ha capito che l'idea di avvicinarsi così tanto da superare un confine ben delineato lo scuoteva dentro.

Ha sempre fatto pensieri piuttosto strani, ma un pensiero come quello è più che strano e forse dovrebbe semplicemente smetterla e andare avanti, dato che di cose su cui rimuginare ne ha molte.

Scuote la testa, si alza, fa qualche passo e sbircia di sotto, dominando con un'occhiata il cortile deserto della scuola. Un movimento affrettato attira la sua attenzione e scorge una camicia, il lembo di qualcosa che potrebbe essere una gonna e... mani che si muovono frenetiche.

Makoto lo affianca quasi subito, facendogli compagnia con la sua semplice presenza solida e silenziosa. Entrambi fissano quel punto, poi l'amico sussulta e volta la testa dalla parte opposta: è così timido da non riuscire a sostenere la vista di due adolescenti che pomiciano dietro un albero?

Haruka lo osserva e gli rivolge un'occhiata mezza divertita, che muta in fretta in qualcosa di diverso quando gli esce dalle labbra una domanda che semplicemente decide di spararsi fuori da sola, senza permesso dai piani alti.

«Tu l'hai già fatto?»

Makoto si rivolta lentamente nella sua direzione e ricambia la sua occhiata piatta con occhi molto grandi, sorpresi, le sopracciglia così inarcate da renderlo comico. Solleva un indice e si sfiora la guancia più volte, cercando di contenere il palese imbarazzo.

«Amoreggiare?»

«Baciare.»

Si rilassa solo un poco, liberando nel successivo soffio d'aria, più potente in quel punto esposto, il respiro che stava trattenendo.

«No, non ancora.»

Haruka allenta la stretta delle mani. Incredibilmente, quella risposta lo fa stare bene, lo tranquillizza in una maniera quasi irreale.

Non ha mai pensato troppo alle esperienze amorose di Makoto, non si è mai chiesto se abbia avuto una o più ragazze, a che punto si sia spinto o se sia stato tanto innamorato da non chiudere occhio la notte.

È un interesse recente, il suo, e nemmeno spiegabile come semplice curiosità. In effetti, non capisce bene nemmeno lui, ma sa che il momento in cui lo ha quasi rianimato non è la risposta. Ha solo contribuito ad aprire i suoi occhi su qualcosa che c'è sempre stato, in sordina, inascoltato, accelerando un processo di presa di coscienza inevitabile.

«E tu?»

Haruka socchiude le palpebre e fa spallucce, tornando a sbirciare brevemente la coppia nascosta e poi mettendosi a osservare lo spostamento -molto più affascinante- delle nuvole sospinte dal vento.

«Non mi interessa.»

Makoto ridacchia e si appoggia al muretto bianco con i gomiti, congiungendo i palmi e inclinando la testa sulla spalla.

«Non mi sorprende, Haru. Le cose terrene non ti sono mai interessate troppo.»

Lo guarda di sbieco, di nuovo quel sorriso calmo e gentile stampato in volto.

«Succederà, prima o poi.»

Haruka non vuole che arrivi il momento di avere una ragazza. Non gli importa niente di appuntamenti e cose del genere, sta bene così.

Non vuole che qualcuno sia così vicino da interferire con la sua sfera intima, con le sue consolidate e buone abitudini, e finisca per invadere lo spazio nel quale si muove.

A parte Makoto.

«Vuoi provare?», sussurra con labbra insensibili, lanciandogli un'occhiata solo apparentemente disinteressata.

Makoto indossa ancora un po' quel sorriso sereno, poi si rende conto del significato di quella domanda e molto lentamente guarda Haruka dritto in faccia, come se cercasse traccia di umorismo.

Haruka, che non ne ha mai posseduto troppo, non batte ciglio.

L'amico cerca di dire qualcosa, poi si appoggia più pesantemente al muretto e scuote la testa ridacchiando. «Per un attimo ti avevo creduto, Haru.»

Il suo sguardo dolce si perde in lontananza, evitando accuratamente la coppia che ogni tanto, nell'impeto amoroso, dimentica di nascondersi in maniera appropriata. Quello sguardo accarezza i tetti degli altri edifici intorno, le cime degli alberi scosse dal vento, ma non cerca più Haruka, che invece lo fissa ancora.

A quel punto, sentendosi ignorato, borbotta qualcosa e dirige l'attenzione altrove.

Non sa perché gli ha chiesto una cosa simile: non è che lui stesso, per primo, abbia così tanta voglia di sperimentare un bacio. Tranne se la bocca da baciare è quella di Makoto. In quel caso -deve ammetterlo- l'interesse c'è ed è come una spirale calda che vibra e si attorciglia in un punto ben preciso del ventre, diffondendo un vago malessere.

Sente la faccia riscaldarsi quasi all'improvviso e controlla, con il palmo, di non avere la guancia in fiamme, preoccupato, quando ecco che la mano di Makoto lo prende per l'avambraccio e lo allontana da quella posizione esposta, riconducendolo presso la porta.

Lo fa appoggiare contro il muro e gli tiene le mani sulle spalle, lo sguardo basso che di tanto in tanto saetta ai suoi occhi blu, indeciso.

«Dicevi veramente? Eh, Haru?»

Haruka deglutisce e avvicina le sopracciglia, quasi imbronciato. Parla poco volentieri, cosa gli fa credere che perderebbe tempo a fare domande per il piacere di sentire la propria voce?

«Come sempre», risponde, ignorando la nuova fitta al centro dello stomaco.

Makoto ha le guance leggermente rosate e gli occhi più intensi del solito, quasi languidi. Mentre Haruka ammira il verde brillante che conosce da una vita, Makoto si avvicina e il tempo smette di avere importanza.

Le sue lunghe dita delicate gli si posano sugli zigomi e scivolano al mento. Rimangono a fissarsi con intensità -troppa, secondo Haruka-, finché non si sente tirare in avanti come fosse stato pescato. Infila le dita tra i capelli castani dell'amico e lo avvicina a sua volta, tendendosi fino a che i loro respiri diventano uno soltanto, confuso e accelerato.

Sfiora le sue labbra per primo e crede di morire, perché lo stomaco si ribalta e fa capriole inverse che provocano vero dolore fisico, che con il lieve malessere portato da semplici pensieri poco ha da spartire.

Si ferma, stordito dalla sensazione quasi nauseante, ma Makoto non sa aspettare che si riprenda un po' di stabilità e annulla la minima distanza inclinando il viso. Procede con lentezza per dargli il tempo di sottrarsi, ma ad Haruka non passa minimamente per il cervello.

Le labbra si trovano completamente ed è la cosa più dolce e rassicurante che abbia mai provato. Il dolore raggiunge nuove vette, ma ora gli sembra di volergli andare incontro intenzionalmente, perché c'è anche piacere in quella particolare forma di sofferenza.

Quel contatto lo isola come fosse sott'acqua, ma allo stesso tempo lo costringe ad affrontare una tempesta di emozioni nuove e affascinanti.

Anche se non sa come comportarsi non ha il tempo di crucciarsene, perché Makoto lo avvicina sempre di più infilando le dita dietro il suo collo, tremando, e non può che essere conquistato dalla sua dolcezza, riuscendo a lasciarsi andare.

Si ritrova bloccato tra il muro bianco dell'edificio e il corpo del migliore amico, che preme su di lui ma solo per sentirlo vicino, senza imporsi con violenza. Le mani vagano tra i capelli di Makoto, dopo una prima immobilità iniziale, e senza rendersene conto è proprio lui che prova ad approfondire il bacio con un gemito di gola.

Dura così tanto, quel viaggio magnifico, che nemmeno il vociare dei compagni che irrompe dal basso del cortile riesce a distrarlo. È completamente immerso in Makoto e nelle sue labbra.

Quel primo bacio non è imbarazzante né goffo, è naturale come un tuffo, è morbido come l'abbraccio dell'acqua pulita, è caldo come una fiamma che sembra bruciare con sempre maggior intensità nei suoi polmoni, consumando aria troppo velocemente nonostante vadano pianissimo.

Non si preoccupa di come il loro rapporto evolverà e cambierà, perché sa di non essere stato l'unico a volerlo: lui ha chiesto ma Makoto ha iniziato, è un atto consapevole tra due ragazzi che sanno quello che fanno. Avere paura, inoltre, appiattirebbe quello che sta provando e non ha alcuna intenzione di sentirsi meno vivo, perdendo tempo a preoccuparsi.

Si stringe a lui; la felicità è strana e misteriosa, nel suo cuore, ma l'affronta con coraggio lasciandosi dominare, imponendosi quando ne ha voglia e ne sente il bisogno. Non vuole seguire schemi, come in tutta la sua vita, vuole solamente obbedire a quell'emozione, godersi la sensazione della bocca di Makoto in armonia con la propria, le labbra che vengono esplorate e sfiorate con la punta dei denti e a tratti la lingua.

Smette di sentire, smette di pensare, smette di esistere, quasi.

C'è solo Makoto, con il profumo leggero della sua pelle, le sue ciocche intrappolate tra le dita chiuse, il respiro caldo sulla guancia e le mani dietro la schiena, mai completamente ferme.

Niente fino a quel momento ha mai avuto un sapore più dolce.

Quando Makoto si allontana dalle sue labbra per riprendere a respirare, si accorge di essere finito disteso sul pavimento e che una delle sue mani, quelle mani grandi che possono accarezzare un gattino e farlo sparire alla vista, è sotto la sua nuca per proteggerla.

Ti voglio bene, Makoto, pensa. Non lasciarmi indietro, mai.

L'amico sorride, ma è un sorriso diverso dai soliti, già bellissimi di loro. È un po' più bello, pieno di emozioni com'è. Lo fa splendere più del solito, quel sorriso.

«Ti voglio bene anch'io, Haru.»

Sembra voler aggiungere altro, ma l'imbarazzo e quel lentissimo bacio da capogiro sembrano averlo distrutto, così rimedia stringendolo tra le braccia e sparendo con il viso addosso a lui.

Haruka rimane fermo, gli occhi piantati nel cielo che li sovrasta.

Non ha detto niente, ma Makoto l'ha sentito lo stesso.

Non è sorpreso.

   
 
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