Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Glitch_    21/12/2013    10 recensioni
[Derek-centric, Sterek, post 3a] «Sarà come se il vostro subconscio prendesse vita dando forma a una realtà parallela: ogni notte sognerete di una vita diversa da questa – sempre la stessa, come se fosse un mondo alternativo a quello in cui vivete – fino a quando non saprete più distinguere la realtà dal sogno, o fino a farvi credere di dover scegliere in modo estremo quale delle due vite vivere»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Argent, Cora Hale, Derek Hale, Peter Hale, Stiles Stilinski
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PARTE TERZA

 


 

"I won't always love what I'll never have

I won't always live in my regrets.

You'll sit alone forever

if you wait for the right time

what are you hoping for?

I'm here I'm now I'm ready

holding on tight

don't give away the end

the one thing that stays mine"

23 – Jimmy Eat World @ YouTube

 


 

«Questa storia non può continuare: siete l’uno l’ancora dell’altro, non potete evitarvi senza finire con l’impazzire!» sbottò Scott esasperato.

Quella mattina era venuto a trovare Derek per dirgli senza troppi giri di parole quanto lui e Stiles fossero degli idioti.

«Fidati, Scott, per adesso è meglio così» provò a tagliar corto senza dargli delle spiegazioni troppo dettagliate. «Lo sai che la maledizione non ci fa sognare cose facili da vivere e per il momento per noi stare vicini potrebbe essere controproducente».

«No» obiettò Scott, convinto, «per voi stare lontani è controproducente!» Si passò le mani fra i capelli con un gesto nervoso. «Ascolta, Derek… tu… lui… non giriamoci attorno e diciamo la verità, ok? Voi due vi siete innamorati – ormai è chiaro a tutti – e in questo non c’è alcun problema, hai capito, Derek? Non c’è alcun problema» ripeté serio guardandolo dritto in faccia. «Sono qui perché so che provate qualcosa l’uno per l’altro, Stiles è il mio migliore amico e la maledizione gli sta facendo passare le pene dell’inferno e io non voglio che continui a soffrire ulteriormente: che c’è qualcosa fra di voi è certo, quindi fate in modo che ciò vi aiuti a restare sani e smettetela di rifiutare di incontrarvi!»

«Non è così facile».

«Beh, questa è una situazione di vita o di morte, state per perdere la ragione, quindi vedete di farvi un favore e di semplificarla!»

«NEL SOGNO L’HO RIFIUTATO E STO PER SPOSARE UN’ALTRA DONNA, SCOTT!» urlò furioso.

Scott restò così basito da indietreggiare inconsciamente di qualche passo. «Questo non lo sapevo».

«Te l’avevo detto che è complicato» sibilò frustrato.

Scott si passò una mano sul volto. «Mi dispiace, ma dovete cercare di parlarvi, di confrontarvi e chiarirvi… Non possiamo perdervi soltanto per qualcosa che non è reale!» lo supplicò. «Stiles non vuole parlarne con me e ogni volta che gli chiedo perché sta saltando i vostri appuntamenti settimanali cambia discorso o si chiude in se stesso, e io mi sento impotente. So che state per impazzire per sempre o peggio ancora tentare il suicidio e io non so come aiutarvi! Mettiti nei miei panni, Derek!»

«Non perderai Stiles» rassicurò lui e se stesso.

«Lo so che cercherai in qualche modo di salvarlo, ma… tu? A te ci pensi mai?»

Derek non riuscì a rispondergli, si limitò a rivolgergli una smorfia vaga scuotendo la testa.

Quando Scott andò via – più mogio di com’era arrivato – Derek si stese sul divano coprendosi la faccia con le mani. Scott non era l’unico a sentirsi impotente.

Cora gli aveva detto che Stiles aveva iniziato a comportarsi in modo strano verso Scott e Allison, e che ciò stava turbando Scott perché temeva che Stiles stesse sognando qualcosa di brutto sul suo conto che non volesse dirgli.

E non che fosse lontano dalla verità.

La maledizione probabilmente stava dando forma alla paura di Stiles che in un modo o nell’altro la sua amicizia con Scott andasse in frantumi per colpa di Allison: non potendo più basarsi su fatti passati perché adesso stava andando verso il loro ipotetico futuro, si stava alimentando con le loro ansie e paure, o almeno era questa la teoria di Peter.

«State già resistendo più del previsto» aveva commentato suo zio, «quindi la maledizione sta reagendo adattandosi alla meglio per proseguire ancora».

Sia che Allison restasse con Scott, sia che si separasse da lui, il rapporto fra i due amici non sarebbe mai rimasto lo stesso: era questo il messaggio.

Derek voleva andare da Stiles e ripetergli fino allo sfinimento di non cedere alla maledizione, ma con che faccia affrontarlo quando nel sogno stava per sposare un’altra persona?

Qualche mese prima, nel sogno erano stati divisi per anni incontrandosi soltanto nella realtà, ora invece stava accadendo il contrario.

Derek aveva iniziato a dormire anche nel pomeriggio – quando Cora non era in casa – per poter vedere Stiles: anche se nel sogno lui era a Beacon Hills e Stiles alla Stanford, ogni tanto si parlavano al telefono, si scrivevano e per le vacanze s’incrociavano… Derek si attaccava a quei momenti non veri per non perdere almeno l’ancora che lo legava alla sua umanità, visto che quella che lo fissava alla realtà stava svanendo.

Temeva che ormai fosse questione di settimane prima che si riducesse a non saper distinguere più la Realtà dal Sogno, sperava solo che Stiles fosse in grado di resistere più di lui, almeno fino a quando gli altri avrebbero trovato finalmente una soluzione.

 


 

Nella Beacon Hills del sogno, lui e Jennifer erano la coppia preferita di tutti.

Gli abitanti della città parlavano di loro con fierezza, dicevano che dopo tutto quello che entrambi avevano passato e per le tragedie che avevano subito era bello che si fossero trovati e che stessero per imbarcarsi verso il proprio lieto fine. Erano il perfetto cliché vivente: lei la dolce, tenere e carina professoressa dai modi impacciati e lui il bello, rude e tenebroso meccanico; facevano sospirare d’amore tutte le donne del circondato.

Jennifer non era perfetta, certe volte s’innervosiva troppo quando le cose non andavano come lei voleva, ma la sua dolcezza e la sua apprensione distendevano Derek e lo facevano stare meglio; Derek si diceva che in tutta onestà non poteva pretendere molto dalla vita e che quello gli bastava.

Derek aveva sempre voluto avere una vita semplice e normale e ora aveva ventisei anni, un lavoro che gli piaceva e una fidanzata dolce e graziosa: era stato un passo del tutto semplice, normale e scontato chiedere a Jennifer di sposarlo, no?

Era questo quello che facevano le persone normali: avevano delle semplici storie d’amore e poi convolavano a nozze. Perché mai non avrebbe dovuto farlo anche lui?

Aveva preferito dare la notizia a Stiles di presenza, lui l’aveva guardato incredulo per un lungo attimo, poi era scoppiato in una risata sarcastica, aspra e crudele.

Derek sapeva di esserla meritata tutta.

Dare fondo alla sua attrazione per Stiles, però, non sarebbe stato facile come sposare Jennifer.

Stiles sarebbe stato per sempre il fratello di Paige e forse non sarebbe mai stato in grado di sopportare la pesantezza dei problemi di Derek.

I primi anni del college avevano trasformato Stiles in un giovane uomo un po’ più sicuro di se stesso e del proprio corpo; si era fatto crescere i capelli, si curava di più e i suoi lineamenti si erano fatti più definiti.

Aveva acquisito fascino e la cosa uccideva Derek ogni volta che si vedevano.

Derek non riusciva a dimenticarlo, non riusciva ad andare oltre e la cosa orribile era che Stiles lo sapeva, doveva averlo capito da come Derek lo guardava, e ogni volta che poteva gli rinfacciava in modo sottile che lui l’aveva rifiutato e lo stava rifiutando ancora.

Come se non bastassero Laura e Cora a non essere entusiaste della sua scelta di sposare Jennifer, perfino Allison lo fissava con sguardo giudicante ogni volta che l’incontrava, perché anche lei ovviamente era dalla parte di Stiles.

Qualche sera prima delle nozze, Derek incontrò Stiles in un pub per caso; il ragazzo era abbastanza alticcio, si avvicinò a lui al banco e con espressione sfrontata e sarcastica gli diede l’ultimo colpo basso dicendogli «Credo che il tuo sarà proprio un bel matrimonio. Paige avrebbe voluto che la sua cerimonia nuziale si svolgesse esattamente così!» e poi era andato via con nuovo boccale di birra scura in mano.

Jennifer stava avendo una crisi di nervi dopo l’altra in quei giorni, perché ci teneva che tutto fosse perfetto: la cerimonia si sarebbe svolta in grande stile in una graziosa chiesetta adornata per l’occasione con fiori bianchi e fiori d’arancio, gli abiti delle sue damigelle erano coordinate con il suo e perfino con quelli dei paggetti che avrebbero portato il cuscino con i loro anelli all’altare. Il loro matrimonio sarebbe stato classico, sobrio, elegante e romantico.

Se avessero proposto una cerimonia simile a Paige, lei si sarebbe premurata di prendere tutti a colpi di bouquet da sposa in testa.

Paige di certo non avrebbe voluto nulla di tutto questo, forse avrebbe perfino scelto di non sposarsi in chiesa e avrebbe optato per una semplice mise bianca al posto dell’abito da sposa, e soprattutto non avrebbe invitato più di dieci persone. E Derek doveva ammettere che questa versione piaceva anche a lui, si addiceva anche al suo stile, però non rientrava nel quadro di una vita di coppia normale e perfetta che lui stava cercando di tracciare e non era nemmeno ciò che Jennifer e la città intera si aspettava da lui, quindi pace.

Stiles però sembrava sapere anche questo, che Derek in fondo era disgustato dallo stile delle proprie future nozze.

Avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita, ma Derek aveva l’impressione di stare per ingabbiarsi in un incubo.

Il suo addio al celibato si svolse in modo abbastanza sobrio e quieto – niente spogliarelliste o alcool a fiumi – e Derek a esser sinceri non ne era stato soddisfatto e avrebbe voluto evitarla, ma Jennifer ci sarebbe rimasta male se lui non si fosse concesso la classica ultima serata da celibe con gli amici…

Quella sera Derek rientrò nel proprio appartamento con troppo poco alcool in corpo e la voglia che il giorno dopo arrivasse e passasse subito. Anzi, prima di subito.

Restò sorpreso quando sentì qualcuno bussare alla sua porta, e restò ancora più stupito quando vide dallo spioncino che di trattava di Stiles.

«Che ci fai qui a quest’ora?» gli chiese Derek inarcando un sopracciglio e chiudendo la porta alle sue spalle.

Stiles gli rispose mordendosi un labbro e sorridendo sarcastico. «Ti aiuto ad avere un addio al celibato come si deve. Quello che ti meriti» concluse afferrandolo per il colletto e baciandolo sulla bocca.

Era la prima volta che si baciavano e Stiles sapeva di vodka alla frutta, sigarette particolarmente sgradevoli e soprattutto di libertà. Derek non esitò neanche un secondo prima di ricambiarlo e sentì Stiles sorridere soddisfatto contro la sua bocca, il bastardo.

Un addio al celibato che gli regalasse un senso di colpa per le nozze era proprio quello che si meritava.

Era sbagliato per centomila ragioni diverse baciare Stiles prima di sposare Jennifer, ma Derek non riusciva a smettere di farlo perché sapeva che quella sarebbe stata la prima e unica volta in cui avrebbe potuto baciarlo e toccarlo in quel modo. Gli infilò le dita fra i capelli e lo baciò fino a perdere la ragione.

I loro baci non impiegarono molto a diventare sempre più lascivi e infuocati, e Derek pensò che in fondo fosse giusto punirsi concedendosi di avere Stiles solo così, nel più sporco dei modi, invece che con l’intensa ma tenera e passionale adorazione che aveva sempre sognato di riservare alla loro prima volta. Sollevò Stiles da terra e lui gli strinse le gambe intorno ai fianchi, Derek lo spinse ad appoggiare la schiena al muro e continuarono a baciarsi ancora a lungo muovendo l’uno il bacino verso l’altro e leccandosi a vicenda il collo e il mento. Stiles ogni tanto sorrideva compiaciuto e gemeva forte contro il suo orecchio di proposito.

Quando si ritennero soddisfatti, passarono al letto; si spogliarono con irruenza e nel modo in cui cominciarono a toccarsi e a strusciarsi l’uno addosso all’altro non ci fu niente che non fosse osceno.

Derek non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che avesse fatto sesso così, godendo in maniera quasi animale di tutto quello che poteva avere in quel preciso momento.

Stiles non ci sarebbe stato più il giorno dopo, quella era la loro unica occasione e Derek aveva tutta l’intenzione di prenderlo a morsi.

«Marchiami» gli ordinò Stiles col fiato corto, guidandogli la testa verso il proprio collo, e Derek gli lasciò lì un succhiotto; Stiles sorrise di nuovo soddisfatto. «Quando domani firmerai i documenti, ricordati dove invece stanotte hai messo la tua firma».

Derek gli morse la spalla e gli lasciò un altro succhiotto sopra il cuore e un altro ancora sull’osso sporgente del bacino. Poi Stiles lo spinse con forza a sdraiarsi di schiena contro il letto e si stese su di lui al contrario insinuando la testa fra le sue gambe. Derek stava facendo e ricevendo del sesso orale la notte prima del suo matrimonio tradendo clamorosamente la sua fidanzata e non poteva fregargliene di meno.

«Ti piace questo» gli mormorò Stiles baciandolo poi sul collo, mentre Derek lo preparava con le dita sporche di lubrificante, «e ti piace anche questo» lo baciò sul mento, «e questo» lo baciò sulla mandibola, «e questo» lo baciò a lungo sulla bocca. «Ti piace tutto questo, ti piace da morire».

Dio, se gli piaceva da morire.

Quando Stiles lo lasciò entrare dentro di sé sedendosi su lui e iniziò a muoversi, Derek credette di impazzire. Stavano facendo sesso in modo rabbioso e violento, senza alcuna traccia di pentimento e con un ardore assoluto.

«E quando domani sarai all’altare a portare avanti la tua farsa» gli sibilò Stiles all’orecchio continuando a muoversi su di lui, «ricordati di me e di cos’abbiamo fatto stanotte».

Derek non l’avrebbe ricordato solo il giorno dopo, l’avrebbe ricordato per sempre.

«Ti amo, Derek» gli disse con rabbia, «e sono qui per sbattertelo in faccia, cazzo! Ti amo e a te continua a non fregartene un cazzo del male che ci fai!»

Raggiunse l’orgasmo più massacrante della sua vita e poi restarono entrambi a lungo a riprendere fiato stesi sul letto col volto rivolto verso il soffitto. Non si scambiarono una sola parola, e dopo quella che sembrò un’eternità Stiles si rimise in piedi, raccolse la propria roba e si rivestì rapidamente senza degnarlo di uno sguardo; infine, si chinò a baciarlo sulla bocca un’ultima volta e guardandolo serio negli occhi gli mormorò «Non ti preoccupare, tanto andremo all’inferno insieme: è colpa mia se domani giurerai il falso davanti a Dio».

Derek non seppe che replicargli e comunque Stiles non aspettò che gli ribattesse qualcos’altro: lasciò la stanza a grandi passi e uscì dall’appartamento sbattendo forte la porta.

Derek avrebbe voluto urlare disperato, ma non lo fece, si limitò a maledirsi guardando l’orologio per calcolare quanto tempo avesse per eliminare ogni prova fisica di quello che era appena successo prima che i suoi amici venissero a svegliarlo per incitarlo con ironia a prepararsi per il matrimonio.

La cerimonia fu un successo e tutti fecero i complimenti a lui e Jennifer. Stiles non fu presente.

La loro vita matrimoniale invece si rivelò un completo fallimento, e perché Stiles era presente.

Durò esattamente quattordici mesi e le ultime settimane furono un inferno di liti, porte sbattute e piatti fracassati, perché Jennifer odiava le imperfezioni, ci teneva che fra di loro funzionasse e non voleva arrendersi all’evidenza.

«Possiamo ancora avere qualcosa di buono nelle nostre vite!» gli aveva urlato. «Non può finire così!»

Derek aveva ricordato per l’ennesima volta la sua notte con Stiles e aveva fatto le valigie con Jennifer che lo strattonava per il braccio in modo isterico implorandolo di restare.

Derek non era rimasto, era tornato nel proprio appartamento da celibe – che fortunatamente non aveva venduto – e aveva pensato a Stiles perfino quando aveva firmato i documenti per il divorzio.

Tutta Beacon Hills ci rimase male per la fine del loro matrimonio.

Stiles non gli disse mai "Te l’avevo detto", né accolse la notizia sorridendo compiaciuto, anzi gli riservò una triste rassegnazione, forse perché sapeva benissimo che neanche questo avrebbe convinto Derek a provare finalmente a stare con lui.

Stiles era al suo ultimo anno al college, si parlavano al cellulare spesso adesso che Derek non condivideva più i propri spazi con Jennifer, e ogni tanto capitava che Stiles gli lanciasse una frecciatina, come una volta che dopo un piccolo battibecco gli disse con un’ironia carica di malinconia e un vago risentimento «Forse perché mi manchi».

Derek subito dopo aveva stretto le chiavi della propria auto nel pugno, per correre da Stiles e dirgli che gli mancava anche lui, perché adesso che aveva divorziato le cose potevano essere un po’ più facili, quella poteva essere l’occasione giusta per smettere di rincorrersi e vivere la loro storia nel bene e nel male.

Poteva davvero correre da lui.

Non l’aveva fatto.

 


 

Derek stava iniziando a perdere colpi, se ne accorse il giorno in cui senza rendersene conto si ostinò a cercare in cucina un tipo di pentola che possedeva soltanto nella sua vita alternativa.

Un’altra volta, invece, restò senza zucchero perché convinto di averlo comprato, peccato però che l’avesse fatto solo in sogno.

Una mattina appena sveglio aprì la porta del bagno e restò sorpreso quando si accorse che era diverso da quello in cui era stato qualche attimo prima.

Al rientro a casa per abitudine posava le chiavi su un tavolo che nella realtà non esisteva, e puntualmente loro finivano a terra.

Cora era sempre più turbata e spaventata da quei particolari, Peter stava intensificando i suoi sforzi per creare un infuso scaccia sogni che gli desse almeno una tregua.

Stiles gli mancava da impazzire. Derek temeva però di chiedere sue notizie, aveva paura di scoprire che anche lui stesse perdendo la testa.

Cora nel pomeriggio cercava in tutti i modi di tenerlo sveglio e di non lasciarlo mai da solo, ma Derek non riusciva a impedirsi di rifugiarsi nei suoi sogni e se non poteva farlo finiva sempre con l’irritarsi e litigare con violenza con la sorella.

Una volta decise perfino di far finta di andare nella riserva per correre, invece arrivato lì si stese sotto un albero a dormire. Si dimenticò però di puntare la sveglia col cellulare per evitare di svegliarsi troppo tardi e destare sospetti, così restò addormentato per ben tre ore prima che gli Argent lo trovassero e Allison lo scrollasse chiamandolo preoccupata.

«Derek? Derek mi senti?» gli disse guardandolo in ansia non appena lui riaprì gli occhi, disorientato. «Papà?» gridò poi lei alle sue spalle. «L’ho trovato!» Tornò a rivolgersi a lui. «Non riuscivamo a contattarti né a trovarti da nessuna parte… eravamo tutti spaventati a morte perché sappiamo che la maledizione può indurre al suicidio» lo riprese senza troppa asprezza e ancora preoccupata. «Non farlo mai più, hai capito? Mai più

Chris li raggiunse, lei si alzò e si allontanò di qualche passo da loro per fare una chiamata al cellulare – Derek la sentì parlare con Cora. Chris si accovacciò davanti a lui e lo guardò con occhio critico.

«Stai bene?» gli domandò, lui gli annuì debole. «Non addormentarti mai più nella riserva o all’aperto: potresti essere attaccato da una creatura sovrannaturale nel sonno, è pericoloso… soprattutto perché la maledizione ti rende il sonno più pesante e tu potresti non sentirla arrivare». Sospirò e poi gli porse una piccola fiala di vetro. «Tieni, questa pozione ti aiuterà a riprendere più in fretta la lucidità ogni volta che ti risveglierai. L’ha creata e preparata Stiles» sottolineò, sapendo di certo quanto quel piccolo dettaglio sarebbe stato per lui importante.

Derek strinse la fiala fra le dita e ne bevve un piccolo sorso, si sentì subito meglio.

Quando tornò a casa, Cora gli tempestò il petto di pugni e poi si strinse a lui scoppiando in singhiozzi; alle sue spalle, Peter se ne stava appoggiato di spalle al muro con gli occhi fissi sul pavimento, e Derek non l’aveva mai visto così preoccupato e rassegnato.

Nonostante tutto, però, Derek volle continuare lo stesso ad aiutare il branco tutte le volte che il loro territorio fu attaccato, pur sapendo che ormai il suo senso della realtà era abbastanza distorto da non saper più combattere come una volta: spesso dimenticava che il suo corpo non era umano e non calibrava bene i colpi, o si scordava che poteva correre più forte ed evitare di essere placcato.

Il culmine lo raggiunse durante un attacco da parte di pericolosi mutaforma dotati di artigli micidiali: uno di loro riuscì a spezzargli una gamba e squarciargli il petto, si salvò dal colpo di grazia soltanto perché qualcuno li raggiunse e lanciò una strana polvere sul mutaforma facendogli perdere i sensi.

«DEREK!»

Credette di stare sognando, ma quando aprì gli occhi e mise meglio a fuoco il viso che lo sovrastava si accorse che era sul serio Stiles a chiamarlo, e lo stava fissando col fiato corto e spaventato a morte.

«Derek, riesci a capirmi?» gli chiese accorato; lui provò a parlare, ma ebbe la forza di emettere soltanto un flebile lamento.

Stiles mormorò qualcosa fra sé e sé per rassicurare se stesso e riprendere il controllo della situazione, poi intrecciò le dita di una mano alle sue. «Ricordi? Questo è reale. Questo è il peso della mia mano nella realtà, ok? Questa è la realtà e se muori qui muori per davvero, quindi cerca di tenere duro, va bene?» gli disse con voce incrinata. Stava piangendo. «Mio Dio, Derek, ti prego, non morire! Non lasciarmi da solo ad affrontare tutto questo enorme casino! So che è colpa mia, so che ti chiesto di aspettarmi e poi sono stato io il primo a scappare, ma ti prego, ti scongiuro, non morire!» singhiozzò. «Cosa potrei fare io dopo? Mettermi a dormire per sempre perché sarebbe l’unico modo per vederti ancora vivo? Sono fottutamente spaventato, Derek, per favore non lasciarmi!»

Subito dopo Scott li raggiunse e lo portarono da Deaton; Derek perse i sensi non appena lo stesero sul tavolo d’acciaio per iniziare a medicarlo.

Quando riaprì gli occhi – dopo aver sognato una lunga e articolata telefonata da parte di Stiles – si ritrovò sdraiato su una brandina e a quanto sembrava Stiles aveva vegliato su di lui per tutto il tempo; vedendolo sveglio, il ragazzo si inginocchiò a terra poggiando il viso sul cuscino, di fronte a lui.

«Ehi» esalò Derek con voce roca.

«Ehi» ricambiò Stiles con un velo di sarcasmo e un’espressione che stava a dire "Chi vuoi prendere in giro?"

Derek abbozzò un debole sorriso e gli sfiorò la tempia e la fronte con le dita, tornando finalmente a guardarlo negli occhi nella vita reale dopo settimane – o forse poco più di un mese, stava perdendo anche il senso del tempo. Non ricordava che in fondo il viso di Stiles gli piacesse così tanto.

«Mi hai spaventato» gli mormorò Stiles con lo sguardo fisso nel suo.

«Mi dispiace».

«Sono ancora spaventato» aggiunse. «Mi spaventi tu, questa situazione, quello che ci lega nella realtà, quello che ci lega nel sogno. Mi spaventa tutto. Sono terrorizzato a morte».

«Anch’io» ribatté Derek.

«Sono terrorizzato e confuso».

«Anch’io».

«Mi dispiace essere scappato, mi dispiace davvero, Derek».

«È tutto a posto».

Erano così tanto persi l’uno per l’altro da perdonarsi a vicenda ogni cazzata fatta e detta, sia nel sogno che nella realtà. Anche perché l’alternativa era non vedersi né sentirsi mai più.

Stiles avvicinò di più il viso al suo e strusciò piano il naso contro il suo collo. «Dormi, hai bisogno di riposarti ancora» gli suggerì.

Derek gli accarezzò la nuca. «Ci vediamo nei miei sogni?»

«Sì, e anche al risveglio» gli promise.

«A fra poco, allora».

Derek chiuse gli occhi e sognò di Stiles che tornava a Beacon Hills per la pausa estiva. Aveva iniziato a portare degli occhiali da vista, Derek lo prese in giro dandogli della talpa.


 

 

Ripresero a incontrarsi settimanalmente, ma alla caffetteria, dove era più facile distrarsi ed evitare di parlare di qualcosa di troppo privato. Confrontavano i loro sogni, i loro punti di vista, ma non si confidavano più.

Da un lato ciò era dovuto al fatto che si fosse spezzato qualcosa fra lui e Stiles durante quella lunga separazione, dall’altro perché entrambi stavano avendo sempre più difficoltà a gestire la vita diurna e reale e non per ultimo perché Stiles sembrava stare nascondendogli qualcosa.

C’era da dire che a essere più precisi fra di loro non si era spezzato qualcosa: più semplicemente erano una volta per tutte crollate le fondamenta del loro vecchio rapporto prima della maledizione, le loro convinzioni erano state spazzate e si erano ritrovati col vuoto sotto i piedi, spaventati e confusi ad avere a che fare in modo troppo crudo con la consapevolezza dei loro sentimenti reciproci. Sapevano che avevano varcato un certo limite e non sapevano più come gestire la loro relazione.

Aspettavano la fine della maledizione, che ancora tardava ad arrivare.

«A questo punto credo che dipenda solo da voi» gli aveva detto Peter, spaparanzandosi esausto sul divano. «Dovrete essere voi a spezzare la maledizione facendo qualcosa di preciso, ma di certo si tratta di una mossa a cui potete arrivare soltanto voi, non qualcuno di esterno».

Derek aveva sbuffato una risata amara e sarcastica storcendo il naso. «Pensi ancora che il "bacio del vero amore" sia la soluzione?»

«Vuoi che ti risponda in modo onesto?»

«Certo».

«Sì, lo credo ancora. E sono serio».

Derek non gli aveva replicato nulla, gli aveva voltato le spalle e aveva finto di andare al lavello della cucina per lavare un bicchiere, quando invece in realtà aveva svuotato nello scarico l’infuso scaccia sogni preparato da Peter: voleva sognare ancora un altro po’.

Derek aveva purtroppo scoperto presto cosa Stiles gli stesse nascondendo.


 

 

In sogno, Stiles stava terminando gli studi al college ed era già alla ricerca di un impiego a Beacon Hills per tornare lì – era diventato un ingegnere informatico. Cora e Allison, invece, si stavano preparando per sostenere i corsi per entrare nell’FBI.

«Non sono esattamente in fibrillazione» gli confessò Stiles al cellulare, mentre Derek sentiva di sottofondo come stesse armeggiando con scotch e pacchi per ultimare il trasloco a Beacon Hills, «non ho molta voglia di tornare, ma a mamma farebbe piacere e in più alle ragazze l’idea non dispiace più di tanto… vale la pena fare un tentativo, e se proprio va male, cercherò un lavoro a San Francisco e proverò a stabilirmi lì».

Derek sospirò a fondo cominciando a rassegnarsi a un futuro in cui i loro contatti si sarebbero assottigliati ancor di più. «Mi sembra un buon piano. C’è qualcos’altro di cui vorresti parlarmi? Ti sento strano e ti conosco: quando parli divagando tanto è perché stai nascondendo qualcosa» lo canzonò.

Stiles emise un flebile lamento frustrato. «Avrei preferito dirtelo faccia a faccia…»

«Devo supporre che si tratti di roba seria?» iniziò a preoccuparsi.

«Beh, per me lo è. Io…» trasse un grosso respiro. «Derek, tu… lo sai come sono le cose fra me e Allison… ogni tanto capita che andiamo a letto insieme, ma ultimamente sta succedendo un po’ di più e… crediamo che sia il caso di provarci più seriamente. Ne abbiamo discusso e da qualche giorno stiamo insieme sul serio».

Derek soppesò quelle parole trattenendo il fiato, poi si scrollò la sorpresa e la gelosia di dosso e gli replicò. «E siete davvero certi di quello che state facendo?» Sentì Stiles sbuffare un sorriso.

«Io e Allison ci conosciamo da quasi dieci anni! Abbiamo visto il meglio e il peggio l’uno dell’altra, conosco la sua vita e la sua solitudine e lei conosce la mia…» sospirò. «Sono anni che le sto accanto e lei mi sta accanto e spesso e volentieri sguazziamo di proposito nell’ambiguità del nostro rapporto… Se insieme finora siamo riusciti a sopportare così tanto, perché non provarci? Io… non mi dispiacerebbe se funzionasse, io e lei ci siamo sempre dati del supporto incondizionato e se questo ci ha permesso di affrontare quasi dieci anni di dispiaceri, perché non dovrebbe aiutarci a superarne altri dieci o cinquanta o cento?» sorrise nervoso. «Io e Allison crediamo di meritarci un lieto fine: il nostro rapporto è solido, quindi vorremmo provare a costruircelo insieme».

Derek non aveva potuto obiettare nulla, il discorso non faceva una piega. Anche se gli faceva un male del diavolo. Del resto, però, era giusto che Stiles andasse avanti e in fondo Derek era felice che lo facesse con Allison, piuttosto che con una persona a lui sconosciuta. Lei era l’unica Argent di cui Derek si fidasse, e da quando aveva stretto dei rapporti con Cora era diventata anche come una sorta di cugina acquisita. Non era poi davvero così un male che adesso Stiles e Allison provassero a stare seriamente insieme, purtroppo.

E in fondo Derek l’aveva previsto fin dall’inizio che fra quei due sarebbe finita così.

Una volta tornato a Beacon Hills, Stiles andò a vivere da solo in un piccolo appartamento a un solo isolato da quello di Derek. Il lavoro di entrambi non permetteva loro di vedersi spesso, ma Stiles quando poteva passava dall’officina a offrirgli il pranzo. Ogni tanto nel week end si incontravano tutti al vecchio pub storico della città per bere qualcosa; Derek osservava Stiles e Allison insieme e pensava che fossero così ben assortiti da fare male al cuore.

Fra quei due la continua e gentile richiesta di conforto e la tenera offerta reciproca di un rifugio sicuro che Derek aveva visto anni fa c’era ancora, era più che presente.

Poco più di un anno dopo, Stiles venne in officina offrendogli una bibita calda e sembrava in ansia di dirgli qualcosa. Stiles, stringendo il proprio bicchiere fra le mani e con uno sguardo lucido dalla commozione, gli confidò che «Voglio chiedere a Allison di sposarmi».

Ancora una volta, Derek non aveva avuto nulla da obiettare, perché sapeva di non averne il diritto.

Durante i preparativi per le nozze, stavolta tutta la città non fu in fervore, né la gente ne parlò in modo lusinghiero: Allison per tutti apparteneva ancora a una famiglia di assassini e Stiles stava per sposare la nipote della donna che aveva ucciso suo padre e sua sorella, e per giunta lei era l’ex del suo migliore amico… "Che razza di storia!" mormoravano le donne pettegole al loro passaggio.

Stiles e Allison non se ne curavano.

Allison ormai non aveva più una famiglia e Stiles da parte sua aveva sempre preferito le cerimonie intime e non sfarzose: si sposarono al centro della riserva davanti a un gruppetto di amici intimi e solo i parenti più prossimi di Stiles.

Allison indossò un semplice abito bianco senza strascico né merletti, niente gioielli né un’acconciatura vistosa, ma era lo stesso a dir poco luminosa a bellissima. Per tutto il tempo sorrise tamponandosi gli occhi lucidi.

Stiles indossava dei pantaloni e un gilet grigio slacciato, una camicia un po’ stropicciata e una cravatta allentata. Era raggiante, Derek non lo vedeva sorridere così da anni.

Lui e Allison erano sicuri di quello che stavano facendo e avevano tantissima voglia di farlo.

Derek voleva applaudirli perché felice per loro e allo stesso tempo urlare straziato dal dolore.

Non c’era stato alcun addio al celibato e al nubilato prima della nozze, perché entrambi gli sposi ritenevano di aver già cazzeggiato abbastanza al college; c’erano state solo un paio di cene con gli amici più intimi che per l’occasione erano tornati in città per assistere al matrimonio – tipo Lydia e Danny.

Mentre ancora Stiles e Allison si scambiavano il primo lungo bacio da neo sposi, Derek ricordò quello che Allison gli aveva detto sottovoce quando una di quelle sere si erano ritrovati insieme e da soli in cucina.

«Non portarmelo via, ok?» gli aveva chiesto Allison, con un sorriso un po’ imbarazzato e tirato e gli occhi lucidi. «So che avete avuto dei trascorsi e che resterete sempre un po’ speciali l’uno per l’altro, ma non portarmelo via… perché io e lui ci stiamo provando davvero tanto a stare bene insieme».

Derek aveva dovuto incassare il colpo, soprattutto perché non aveva il diritto di pretendere qualcosa da Stiles dopo che lui stesso anni fa aveva calpestato i suoi sentimenti e represso i propri in nome di un matrimonio che era stato una farsa.

Adesso lui e Stiles erano abbastanza cresciuti e maturati per lasciarsi alle spalle il ricordo di Paige, e avevano anche elaborato al meglio i propri dolori e smussato le proprie contraddizioni: avrebbero forse potuto stare insieme, se solo Derek non fosse stato così pigro e codardo da sbagliare i tempi.

Sperava solo che Stiles ottenesse tutta la felicità che meritava.


 

 

Peter lo svegliò rovesciandogli un bicchiere di acqua fredda sulla faccia; Derek scattò a sedere imprecando.

«CHE DIAVOLO…?!»

«Non credere che io non sappia che tu svuoti nello scarico del lavello il mio infuso scaccia sogni» lo avvertì suo zio, seccato quanto preoccupato. «E dovresti sforzarti un po’ di più di non dormire nel pomeriggio».

Derek gli replicò brontolando e schiacciandosi il cuscino bagnato sulla faccia. Non bevve neanche la pozione di Stiles per ridestarsi meglio.

«Sono le quattro del pomeriggio e oggi non hai neanche pranzato, vero? La cucina è troppo pulita…» insinuò Peter. «Alzati, ti preparo qualcosa da mangiare».

Da quasi una settimana ormai Derek mangiava in modo frugale e veloce, si sentiva troppo fiacco e privo di energia perfino per cucinare. Usava piatti usa e getta, e stava pensando che quando la spesa in frigo sarebbe finita, avrebbe vissuto di pizza e cibo d’asporto facendo felici tutti i fattorini dei ristoranti di Beacon Hills, così non avrebbe avuto più scuse per uscire di casa. Avrebbe dormito e basta.

Gli incontri settimanali con Stiles continuavano, ma in caffetteria e stavano diventando sempre più brevi e superficiali – evitavano entrambi di guardarsi in faccia.

Scott ormai non lo chiamava più quando il branco aveva problemi con delle creature sovrannaturali attratte del Nemeton.

Derek stava cominciando a chiedersi se per caso era la vita in cui era un licantropo a essere un costrutto della sua mente: magari la vita in cui era umano era quella vera e lui stava impazzendo e sognava di essere un licantropo; forse quello era un modo per sublimare il senso di fallimento di tutte le occasioni perse.

Comunque però entrambe le sue vite facevano abbastanza schifo.

Quando si sedette sullo sgabello della cucina, Peter abbassò lo testa per incrociare lo sguardo con il suo, lo fissò serio.

«Derek, ci sei ancora?»

Lui schioccò la lingua, stanco. «Credo di sì».

«E dove sei?»

«Di sicuro dove non dovrei essere».

Peter sospirò più esausto di lui e cominciò a preparargli da mangiare armeggiando con una padella. Derek pensò distrattamente che Cora non avrebbe dovuto dare una copia delle chiavi del loro appartamento a Peter per fargli fare da baby-sitter, era stato un colpo basso.

Lo zio lo interrogò con fare casuale quanto critico. «Dove tieni il sale?»

Derek capì dove volesse andare a parare, ma non ci rifletté più di tanto prima di rispondergli. «Sulla mensola a destra di fronte il piano cottura».

«Per caso hai un tagliere più grande?»

«Sì, lo trovi in basso a sinistra».

«Hai ancora del pane?»

«Ne dovrei ancora avere abbastanza: ieri Laura mi ha portato dei panini che ha fatto la signora Callister».

Peter sospirò a fondo, spense i fornelli e si voltò verso di lui. «Derek, tu non hai né una mensola su cui tieni il sale, né un tagliere più grande, e Laura è…»

«Morta» concluse Derek per lui passandosi le mani sul volto.

«Continui a confondere le due vite e non stai facendo nulla per mantenere una presa migliore sulla realtà. Perché?»

«Non lo so… No, anzi» sorrise sarcastico, «la vuoi la verità?»

«Sono tutto orecchi».

«Non riesco a capire perché mai dovrei sforzarmi di andare avanti quando tutto quello che faccio è inutile! Se in passato avessi fatto altre scelte, avrei fallito lo stesso! Mi sento del tutto impotente contro il destino e sono anche fottutamente stanco: non ce la faccio più a sentirmi addosso il peso di due intere vite di miseria, me ne bastava solo una!»

«Vuoi compiere una scelta definitiva?» gli domandò Peter, privo d’espressioni.

«Non lo so! Voglio soltanto che tutto questo finisca!» sbottò furioso e frustrato.

Peter strinse le labbra in una linea sottile, espirò a fondo e tornò ai fornelli con gesti lenti. «So che è passato quasi un anno e che la tua resistenza è al limite, ma non ucciderti, ok?» gli mormorò atono. «Evita questa scelta, continua a combattere».

Derek grugnì lamentoso e sarcastico, incrociò le braccia sul tavolo per usarle come cuscino per la testa; si appisolò e sognò di prepararsi la cena nell’altra vita.

Poco dopo Peter lo svegliò picchiettandogli un dito sul braccio e lo costrinse a mangiare.

 


 

Un giorno Derek incrociò per caso Stiles e Allison al supermercato. Marito e moglie si prendevano in giro facendo la spesa: Stiles le diceva che un giorno sarebbe riuscito a essere più forzuto e coordinato di lei e lei ridendo gli diceva di cominciare pure ad allenarsi fin da subito riempiendogli le braccia di bottiglie da due litri; Stiles le chiedeva di aiutarlo almeno a sistemarsi gli occhiali che gli stavano scivolando in avanti e lei glieli spingeva indietro sul naso, sorrideva e poi gli schioccava un bacio sulle labbra.

Alle loro dita le fedi nuziali brillavano sotto le luci fredde del supermercato.

Derek era rimasto a debita distanza da loro: non si era fatto vedere, era andato subito alla cassa per uscire da lì.

Non sapeva se essere geloso o invidioso. Se l’era indubbiamente cercata, però.

Il tempo passò in modo pigro e grigio, regalandogli un costante dolore sordo al petto e un senso di vuoto incolmabile che non l’abbandonava mai.

Poco più di tre anni dopo, però, restò un po’ sconcertato quando Stiles gli disse che lui e Allison avevano deciso di comune accordo di divorziare.

«Non ha funzionato» mormorò a Derek, passandosi una mano sulla fronte e con gli occhi lucidi; era venuto a trovarlo a casa e Derek gli stava offrendo tutto l’ascolto possibile. «Non hai idea di quanto volessimo che funzionasse! Pensavamo che stesse andando bene… siamo sempre così rilassati e sereni quando siamo insieme… sapevamo di non essere profondamente innamorati, ma credevamo che potesse bastare, che avremmo costruito qualcosa che ci sostenesse per sempre!» e stava piangendo, adesso. «Adoro Allison, è ancora al centro dei miei giorni perché è l’unica cosa che mi fa stare bene e che mi dà serenità, ma non sono felice con lei e non sono in grado di renderla felice! Non posso tenerla ancora legata a me!»

Stiles era lacerato dal senso del fallimento e Allison, a quanto diceva Cora, era altrettanto a pezzi perché consapevole che neanche lei riusciva a rendere felice Stiles e tra l’altro come lui temeva di perdere anche la loro amicizia.

Tutto il loro gruppo di amici s’intristì parecchio per la fine del loro matrimonio, mentre il resto della città stavolta di fronte a questo divorzio restò indifferente.

Stiles tornò a vivere da solo e provò a ricomporre i pezzi della sua ex vita da scapolo, anche se scoprì di soffrire la solitudine più del previsto: Allison non era stata solo sua moglie, era anche una sua amica e la sua miglior complice – e sperava potesse rimanerlo ancora – e ogni sua abitudine sapeva ancora di lei; così non era strano che Stiles spesso cenasse a casa dei propri amici. Iniziò anche a mangiare di frequente da Derek.

Derek era dispiaciuto perché Stiles non aveva potuto avere il proprio lieto fine, ma era anche turbato dal suo istinto di toccare il più possibile Stiles e amareggiato dalle loro pessime tempistiche: si era sentiva un verme alla sola idea di approfittare della situazione per provare a riconquistarlo, anche perché tutto ciò che ormai lui eStiles potevano essere insieme era solo un cumulo di occasioni perse al sapore di cenere.

Non c’era niente di più triste che amare qualcuno per anni ed essere coscienti di non essersi mai incontrati nel tempo giusto e di aver perso ogni occasione utile.

Trascorrevano le loro serate insieme bevendo birra e commentando delle partite di basket; erano caduti in una routine quasi confortevole e forse era meglio essere presenti così l’uno nella vita dell’altro che essere piuttosto del tutto assenti.

Alle volte dopo cena si sedevano fuori sulla scala antincendio del palazzo a osservare le luci giallognole della città; una di quelle sere, Stiles gli parlò della propria malinconia e solitudine con uno sguardo perso e con la voce piena di incertezze.

«Non so perché, ma alle volte mi sento come se mi mancasse tutto, e non ho neanche idea di cosa sia di preciso questa sorta di tutto generico! E lo so che ogni tanto ti senti anche tu così, te lo leggo in faccia… Io… Abbiamo già perso tutto quello che potevamo perdere, abbiamo alle nostre spalle dei lutti, un divorzio a testa e un lavoro che sembra essere diventato una routine noiosa: cosa abbiamo ancora da perdere? Perché alle volte ho la sensazione che mi manchi ancora qualcosa e che quando capirò finalmente di cosa si tratta sarà troppo tardi e l’avrò già persa?»

Derek non ebbe il coraggio di rispondere a quella domanda, perché tanto lo sapevano bene entrambi che si stavano prendendo in giro a vicenda, lo sapevano già cos’era ciò che avevano perso: l’occasione di stare insieme.

Il tempo era volato via, gli anni erano sfuggiti dalle loro dita ferendoli in modo inaspettato con dei tagli come se fossero fogli di carta nuova e rigida, e la codardia aveva fatto tutto il resto.

Avrebbero potuto essere qualcos’altro che due amici che spesso cadono in confortevoli silenzi, ma ancora una volta avevano fallito.


 

 

Derek aprì gli occhi e scoprì di essere sveglio nella sua vita da licantropo e che fossero le nove di sera: ormai aveva perso del tutto il senso del tempo e dormiva agli orari più disparati, saltando i pasti e rifiutandosi di uscire di casa.

Si sentiva soffocare e gli altri sembravano non capirlo – tranne Stiles. Non poteva neanche fidarsi degli altri, perché non sapeva più chi di loro fosse reale e ancora vivo. Non ce la faceva più, doveva mettere una fine a tutto, possibilmente prima che Cora e Peter rientrassero nell’appartamento e cercassero di fermarlo: prese le chiavi della macchina e corse via.

Non sapeva dove andare, non sapeva se per sfogarsi in modo masochistico fosse meglio correre per la riserva come un licantropo fino a perdere se stesso e la propria umanità – così gli Argent avrebbero dovuto abbatterlo e tutto sarebbe finito – o se fosse meglio correre in macchina come un umano, accelerando nella notte fino a non poter più frenare in tempo al primo ostacolo, fino a schiantarsi e morire.

Stava succedendo, doveva scegliere quale fra le due vite vivere, ma gli sembravano entrambe due incubi e sperava davvero che morire in una delle due almeno lo portasse a una soluzione.

Quando il suo cellulare iniziò a squillare fu quasi tentato di afferrarlo e buttarlo fuori dal finestrino, ma vedere il nome di Stiles sullo schermo lo fece desistere; imprecò fra i denti un paio di volte e poi rispose.

«Sto andando via» esordì, intuendo cosa Stiles volesse sapere.

«Derek, dove sei? Cora mi ha chiamato chiedendomi se tu fossi da me, dove…» si fermò. «Sei in macchina?»

«Sto lasciando Beacon Hills» rispose coinciso, e in fondo era vero, anche se non stava lasciando soltanto la città…

«Oh mio Dio, Derek, fermati! Accosta, ok?»

«Stiles…»

«Non credere che io non immagini cosa tu stia pensando di fare!» gli gridò rabbioso.

Derek esitò appena, poi l’accontentò e si fermò sul ciglio della strada. Fuori pioveva e il cielo scuro era illuminato ogni tanto da lampi che lo rendevano violaceo; l’acqua battente faceva sembrare l’abitacolo l’interno di una grancassa suonata con violenza. «Sono fermo» esalò, e tirò su col naso; sentì Stiles sospirare sollevato.

«Dio, Derek! Non puoi darla vinta alla maledizione e provare una soluzione così estrema!... Tu… devi pensare anche a Cora, ok? E, non avrei mai immaginato che un giorno avrei detto una cosa simile, ma pensa anche a Peter

«Credi davvero ancora che si tratti di una maledizione?» ribatté Derek, frustrato, arrabbiato e con la voce incrinata. «Tutto questo è reale, Stiles?»

«Ho delle teorie, va bene?» gli ritorse Stiles con tono più fermo e serio. «Ho delle cose che mi ripeto sempre a voce alta in dei momenti simili per ritrovare la calma e ritornare alla vera realtà. Ti va di ascoltarle?»

Derek sospirò – e si accorse che il proprio respiro era tremante – si passò una mano sulla fronte e poi si arrese. «Sono tutto orecchi» gli disse sarcastico.

«Prima di tutto, in questa vita – quella in cui tu sei un licantropo – tutti sanno che siamo vittime di una maledizione e ricordano come noi perché e quando ci è stata scagliata» trasse un respiro profondo. «Poi. Qui siamo coscienti di essere stati entrambi maledetti: in quale fottuto sogno due persone s’incontrano e si dicono di essere coscienti di stare sognando?»

«Potrebbe essere un costrutto del nostro subconscio» insisté Derek.

«Stiamo facendo tutti e due lo stesso sogno, Derek! Da quasi un anno!» urlò disperato. «Sogniamo le stesse maledette cose, ognuno dal proprio punto di vista, e ciò non sarebbe possibile se non per via di una maledizione! In quella vita non siamo coscienti di stare sognando, in questa : questa è la nostra vera vita! Questa è la realtà!»

«Stiles…»

«No, Derek, ascoltami, vediamo di parlarci in modo chiaro, vuoi?»

Derek stava odiando sentire la voce di Stiles tremare. «Ok» esalò.

«Quale delle due vite detesti di più? Perché lo scopo della maledizione è proprio questo: farci vedere che in qualsiasi modo fossero andate le cose, saremmo stati fottuti lo stesso e avremmo avuto una vita di merda. L’obiettivo è farci impazzire con l’idea di non avere una via di scampo dal fallimento. Quindi dimmi, qual è la peggiore delle due opzioni? Quale delle due vite ti fa più male?»

«Stiles, non…» Derek trattenne il fiato e sbatté la testa all’indietro contro il sedile della macchina, chiuse gli occhi. «Ci sono cose che qui mi mancano, ma ci sono altre che invece lì mi mancano» ammise con voce roca.

«Conosco la sensazione» lo rassicurò Stiles, «la provo anch’io. Lì alle volte mi manca Scott, ma certe volte qui mi manca Allison» confessò con una risata isterica. «E tu lo sai perché mi manca Allison…»

Derek a occhi chiusi fece una smorfia e sbatté la mano sul volante, gli tornò in mente un’immagine dell’altro Stiles a ventisette anni, con indosso una camicia un po’ stropicciata, un gilet slacciato e una cravatta allentata, sorridente come non lo vedeva da anni.

«Qui mi manca Laura» mormorò Derek, «ma Peter non mi parla più da quando avevo sedici anni, e non hai idea di quanto questo faccia male, perché ogni volta che lui per caso mi guarda in faccia è come se mi pugnalasse per quello che ho fatto alla nostra famiglia. Mi manca Peter, perché anche se qui ha ucciso Laura, mi ha perdonato, e questo è pazzesco» sorrise amaro, «anche perché io invece non ho mai perdonato lui per Laura».

«Dimmi qualcosa di reale, Derek…»

«Di reale in quale delle due vite?»

«In entrambe».

Derek si guardò intorno inspirando a fondo e provando a mandar giù con forza il groppo che sentiva in gola, ma non ci riuscì e continuò a tacere.

«Derek?» lo richiamò Stiles piano.

«Non so cosa…» cercò di dire, ma non riuscì a proseguire.

«Mi manchi» esalò Stiles, «in modo diverso, ma mi manchi in entrambe le vite» gli confessò con nel tono della voce un sorriso nervoso. «Ne potremmo parlare, Derek, per favore

Lui si passò una mano sul volto. «Questo potrebbe essere tutto un trucco di qualcuno per farci male, per farci credere di avere ancora una possibilità…»

«Una possibilità per cosa? Per essere felici? Per stare insieme

Derek lo stava sentendo piangere e quello non era affatto giusto. «Odio non incontrarti mai nel momento più appropriato delle nostre fottute vite. Due fottute vite».

«Perché mai adesso non può essere il momento più appropriato?» gli ribatté Stiles, esasperato e frustrato. «No, Derek, dimmelo, perché mai non adesso? Sono ancora una volta troppo giovane? Ancora una volta ti ricordo un’altra persona e non lo trovi giusto nei miei confronti? O forse perché pure stavolta ti ritieni troppo incasinato e sbagliato per me? Dimmelo

Derek sbatté di nuovo la mano sul volante, strinse le labbra e trattenne il fiato: sentiva un dolore inspiegabile, non capiva neanche bene cosa gli stesse facendo più male e da dove provenisse tutto quel dolore. «Stiles…»

«Derek, per favore…» lo supplicò. «Mi manchi. E tutto è così confuso e fottutamente incasinato… Ho paura di dormire la notte e non so come potrò mai continuare a vivere in questo modo, ma ti prego… l’unica cosa di cui sono certo è che mi manchi».

Derek ricordò l’altro Stiles al suo ultimo anno al college, di una sera in cui al telefono gli disse con un’ironia piena di malinconia e con un vago risentimento «Forse perché mi manchi», e Derek subito dopo aveva stretto nel pugno le chiavi della macchina perché sapeva che quella era l’occasione giusta per correre dall’altro Stiles e dirgli che gli mancava anche lui, che adesso che aveva divorziato era il momento giusto per provare finalmente a stare insieme e smetterla di rincorrersi.

Non l’aveva fatto.

«Derek?» lo richiamò di nuovo Stiles, in ansia.

Lui inspirò a fondo. «Resta lì». Non gli diede il tempo di aggiungere altro, chiuse la chiamata e rimise in moto.

C’erano centinaia di cose sbagliate nelle sua vita, aveva compiuto un errore clamoroso dopo l’altro, si era sempre ostinato a rimettere le cose apposto nella maniera errata e la testardaggine non gli aveva mai portato nulla di buono… ma Stiles… non riusciva a non provare a mettere a posto i pezzi del loro rapporto pur sapendo che poteva essere sbagliato, non gli importava se ciò potesse rivelarsi un errore clamoroso: Stiles gli mancava, era la sua unica certezza.

Si fermò davanti la porta di casa sua, sentì l’unico cuore presente lì dentro – quello di Stiles – battere all’impazzata per l’ansia, e non appena scese dall’auto, Stiles uscì fuori spalancando la porta e gli urlò sconvolto e preoccupato «Mi vuoi morto?! Non riattaccarmi in faccia così mai più! Cos’hai intenzione di fare, Derek? Io non…»

Derek non lo fece finire: marciò verso di lui, lo spinse indietro per farlo rientrare in casa, chiuse la porta alle proprie spalle e infine gli prese il viso fra le mani per baciarlo sulla bocca.

Stiles restò fermo e sorpreso per un lungo attimo, poi iniziò a ricambiarlo con impeto e movimenti un po’ impacciati, perché quello era il vero Stiles, aveva diciotto anni e non trenta, era ancora inesperto, immaturo e con i propri difetti non ancora smussati, e quello era il loro vero primo bacio.

Derek fece qualche passo indietro alla cieca per appoggiarsi alla porta di spalle e trascinò con sé Stiles, senza separare la bocca dalla sua. Continuarono a baciarsi sulla bocca, sul mento, sul collo, ovunque per quella che sembrò una piacevole eternità; Derek stringeva a sé Stiles e lui premeva il proprio corpo contro il suo, si toccavano le spalle e i capelli e ogni tanto si lasciavano scappare dei sospiri. E tutto quello non poteva essere altro che reale.

Derek poggiò la fronte sulla sua. «Questo è reale» fu la prima cosa che gli disse. «Tu e io, insieme, fa parte della realtà».

Stiles gli annuì piano. «È una cosa vera».

«E non voglio rinunciarci o lasciarmela scappare».

«Neanch’io».

«Anche se sono ancora terrorizzato quanto te» mormorò infine Derek, infilando di nuovo le dita fra i suoi capelli. «Questa è la nostra unica e vera possibilità. E io ti amo».

Stiles gli replicò baciandolo a lungo sulla bocca per poi sussurrargli all’orecchio e contro il collo che l’amava anche lui e che era un idiota. Derek sbuffò un sorriso, Stiles si separò un po’ da lui e lo prese per mano per portarlo in camera sua.

Stiles gli tolse la giacca bagnata dalla pioggia e lo spinse piano a sedersi sul letto; poi, prima di sistemarsi di fronte a lui, prese il proprio cellulare e chiamò Cora per avvertirla che adesso fosse tutto a posto e che Derek era con lui.

Derek lo ascoltò parlare posando la testa contro la sua spalla, e Stiles gli accarezzò la nuca e i capelli dicendo a Cora «Sta bene. Stiamo meglio, adesso».

Quando chiuse la chiamata, Stiles insinuò la testa nell’incavo del collo di Derek strusciando in modo buffo la punta del naso freddo contro la sua pelle e strappandogli così un sorriso.

«Mi hai spaventato a morte» mormorò Stiles, serio. «Non pensare mai più di ucciderti».

«Mi dispiace» gli replicò fra un piccolo bacio e l’altro sul collo e sul viso. «Non perderò il senso della realtà mai più».

«Sarà meglio per te» gli ribatté sospirando stanco e con un velo d’ironia, rialzandosi appena dal materasso per sistemarsi meglio contro di lui e fra le sue gambe; Derek l’afferrò per i fianchi per stringerlo di più a sé e continuò a baciarlo e toccarlo e a lasciarsi toccare e baciare per acquisire piano e con naturalezza il peso reale di tutti quei piccoli gesti che adesso potevano fare.

«Sai» parlò Stiles a bassa voce, «certi momenti vorrei che la parte del nostro sogno in cui ti ho conosciuto da bambino fosse vera: so che suona strano dirlo, ma la maledizione mi ha portato anche qualcosa di buono, e non solo te… anche Paige» gli tremò appena la voce, «perché anche se poi lei è morta, anche se questa è stata una situazione ipotetica, lei in qualche modo mi ha dato tanto. È stata la sorella che non ho mai avuto e credo che nonostante tutto la porterò sempre dentro di me» si indicò con un gesto esitante il cuore. «Così come porterò sempre con me la maniera in cui tu mi hai aiutato quando ero piccolo, quegli attimi in cui mi hai fatto sentire normale e non un bizzarro ragazzino iperattivo, quando ho capito che finalmente potevo parlare con qualcuno estraneo alla mia famiglia…»

«Stiles» lo fermò, provando a sciogliere un po’ dell’imbarazzo in cui il ragazzo stava cadendo, «ti capisco. In sogno ho avuto l’opportunità di veder crescere Cora, di passare molto più tempo con Laura… La maledizione ha creato delle situazioni diverse e inesistenti, ma le persone erano uguali» gli ricordò. «È normale sentirsi così e provare emozioni contrastanti».

«Credo di essermi innamorato di te sia per merito della vicinanza a cui ci ha costretto la maledizione, sia per le parti di te che ho scoperto "incontrandoti" da bambino grazie a Paige» gli confessò Stiles.

«Ma questo non vuol dire che quello che proviamo sia falso o indotto in modo malvagio» sottolineò Derek.

Stiles scosse la testa. «No, no, affatto! Questo è reale…» gli prese il viso fra le mani, «così fottutamente reale…» lo baciò sulla bocca a lungo.

Derek gli accarezzò gli zigomi con pollici, fissando preoccupato le sue occhiaie. «Hai dormito poco in questi giorni» constatò in ansia per le sue condizioni.

Stiles sbuffò una risata nervosa. «Quest’ultima settimana l’ho vissuta in maniera opposta alla tua: tu cercavi di dormire sempre, io invece provavo a non cedere al sonno… Te l’ho detto: ho avuto paura di addormentarmi, non sapevo e non so tuttora cos’altro ci riserverà in futuro la maledizione per torturarci… ed ero in ansia perché pensavo che tu da un momento all’altro avresti potuto fare la cazzata che per poco oggi non hai fatto» concluse con un pizzico di sarcasmo.

«Ti va di dormire insieme?» gli propose Derek.

Stiles lo fissò perplesso. «Non l’abbiamo mai fatto… sei sicuro?»

Lui scrollò le spalle. «Pensi di riuscire a dormire più tranquillo sapendo che al risveglio mi vedrai senza alcun problema?» "E che saremo insieme" aggiunse col pensiero.

Stiles abbozzò un sorriso a labbra strette e gli annuì. «Sì». Gli schioccò un bacio sulla bocca e si sistemarono sotto le coperte per passare la notte insieme.

Si rifugiarono l’uno fra le braccia dell’altro senza la minima esitazione e Derek si lasciò avvolgere dal tenue e dolce languore che nella realtà gli procurava la vicinanza fisica con Stiles: non c’era nulla di erotico in quello, sentiva solo l’esigenza fisica di toccare costantemente con mano la loro connessione, di trovare del conforto in lui, ed era una sensazione che lo rasserenava e gli scaldava il cuore. Gli dava l’impressione che forse potesse essere addirittura felice.

«Ci vediamo al risveglio?» gli mormorò Stiles contro la spalla.

«Ci vediamo al risveglio».

 


 

Quando Derek aprì gli occhi, notò subito che c’era qualcosa di strano: non avvertiva il solito senso di spossatezza che da undici mesi a questa parte provava sempre al risveglio.

Aggrottò la fronte provando a riportare alla memoria degli strascichi di sogno.

Non riuscì a ricordare niente.

Non aveva sognato niente.

Ne rimase così sorpreso che scattò a sedere trattenendo il fiato in gola, svegliando accidentalmente Stiles che era aggrappato stretto a lui.

Stiles emise un debole lamento e si stropicciò gli occhi. «Che succede?» biascicò con la voce impastata dal sonno.

Derek gli prese il viso fra le mani e lo scosse con urgenza. «Stiles, apri gli occhi! Guardarmi! Ti ricordi cos’hai sognato stanotte?»

Lui aggrottò la fronte e lo guardò perplesso per un lungo attimo, ci rifletté sopra e infine gli rispose mormorando meravigliato. «Non ho fatto alcun sogno. La maledizione è stata spezzata» realizzò.

Derek rise poggiando la fronte contro la sua. «È finita! Non so come, ma è finita

Stiles urlò festoso e gli allacciò le braccia al collo, con così tanto impeto che finirono per cadere a terra rotolando giù dal letto, e Derek sbatté la testa contro il comodino.

«Oh mio Dio!» gemette Stiles. «La maledizione ti ha risparmiato, ma io ti ho quasi ucciso! Stai bene?»

Lui rise isterico, anche se felice. «Stiles, sono un licantropo, non sarà lo spigolo del tuo comodino a farmi fuori!»

Lui si ostinò a cercare danni fra i suoi capelli. «Con la sfiga che abbiamo, non si può sapere mai, ma a parte questo… oh mio Dio!» ripeté, abbracciandolo di nuovo. «Siamo salvi

«Già» ricambiò la sua stretta sorridendo contro il suo collo; si sentiva gli occhi lucidi e non riusciva a smettere di respirare a pieni polmoni l’odore reale di Stiles e la ritrovata libertà: nessun sogno gli avrebbe mai più imposto di rivivere uno sbaglio, un orrore o un dolore, nessuna situazione fittizia gli avrebbe mai più condizionato l’umore o dato un dispiacere non richiesto.

«Non riesco ancora a crederci» disse Stiles con voce commossa.

Derek sorrise furbo al suo orecchio. «Pensa, adesso potrai tornare a sognare di andare nudo a scuola».

Stiles rise e poi gli morse la spalla. «Ne farei anche a meno!»

«Spero solo che Peter non ci prenda in giro dicendo che abbiamo spezzato la maledizione con "la forza del vero amore umano"» borbottò Derek, continuando a stringerlo a sé nonostante fossero ancora seduti scomodi sul pavimento freddo.

Stiles ridacchiò divertito. «Non siamo stati così disneyani! Penso che ciò che ha spezzato la maledizione sia stata la realizzazione di qualcosa che era nato nel sogno, o almeno in parte: abbiamo creato un paradosso» gli spiegò, «abbiamo portato nel reale qualcosa che faceva parte del sogno».

«Peter dirà lo stesso di avere avuto in parte ragione».

«Che si fotta» ribatté Stiles seccato; Derek rise e lo spinse a tornare a letto sotto le coperte, perché erano mesi e mesi che nessuno di loro due rideva in modo così spensierato, ed era un’eternità che desiderava tenere Stiles solo per sé il più a lungo possibile.

Avrebbero avuto poi tutto il tempo del mondo per mandare insieme al diavolo Peter, e magari prima avrebbero anche fatto colazione.


 

 

La cappa grigia di umore triste e cupo che era scesa su tutto il branco andò via insieme alla maledizione.

Stiles decise di non dire mai a Scott e Allison cos’aveva sognato, ma grazie all’assenza del proseguimento del resto di quella vita alternativa – che gli avrebbe imposto altri malumori, incertezze e imbarazzi – riuscì a distendere meglio i loro rapporti e ad affrontarli in modo più limpido perché poteva finalmente vedere tutto in maniera più chiara.

Derek scambiò anche un paio di chiacchiere con Chris, parlando in modo più aperto di alcune questioni si erano posti dentro al labirinto e cercando di appianare delle vecchie discussioni. Inoltre, Derek poté dare una risposta definitiva alla domanda che Chris gli aveva posto nel labirinto: "Devi fare una scelta. Io ho scelto di non essere più ‘normale’, di restare. Tu sei tornato, ma vuoi restare?"

Derek aveva scelto di restare, per il branco e per Stiles.

Peter però non si allontanò di un solo passo dalla vita dei suoi nipoti: grazie alla maledizione si era avvicinato di più a Derek e Cora, e ne approfittò per restare invadente così come lo era stato in quegli ultimi mesi, tant’è che fratello e sorella, per provare a toglierselo di torno, decisero di cambiare appartamento di proposito andando a vivere ognuno per conto proprio – senza mai più dargli le loro chiavi.

Scott si rivelò talmente supportivo nei confronti di Stiles e Derek da essere quasi inquietante. Cora, invece, spesso li osservava sorridendo compiaciuta.

Nel suo nuovo appartamento, Derek poté avere la prima volta con Stiles che aveva sempre sperato di poter avere: piena di attenzioni ma anche dell’imbarazzo e dell’inesperienza di Stiles, passionale ma densa di adorazione.

Ne parlarono della prima volta che invece avevano avuto nel sogno – e Stiles precisò che era interessato a ripetere parecchie cose che avevano fatto quella fatidica notte – e concordarono che era stata di una bellezza propria ma che nessuno dei due l’avrebbe mai vista del tutto come parte della loro vera storia.

Ogni tanto giocavano a basket insieme al campetto reale di Beacon Hills, e Stiles si lamentava sempre di come rispetto al sogno fosse fuori allenamento, ma non si arrendeva e provava a stare al passo con Derek, che lo prendeva in giro e provava a distrarlo sfiorandolo in maniera poco innocente.

Avevano anche ammesso che ormai Paige sarebbe stata per sempre un lutto che avevano in comune, e che anche se ciò dall’esterno poteva sembrare strano o inquietante per loro non lo sarebbe mai stato.

Certo, la loro non era una storia perfetta o ideale, erano consapevoli che la maledizione aveva portato il loro rapporto ad assumere una sfumatura di dipendenza reciproca un po’ preoccupante, e che di tanto in tanto nei loro atteggiamenti c’erano tracce di morbosità e paranoia, ma erano tutto ciò di cui avevano costante bisogno e non smettevano mai di rasserenarsi a vicenda. E soprattutto di essere l’uno l’ancora dell’altro.

Derek sorrideva fissando Stiles provare a tirare a canestro, lo prendeva in giro dicendogli di tornare a darsi al lacrosse e lui gli rivolgeva un gestaccio mugugnando un’offesa; Derek rideva, lo strattonava a sé e lo baciava al centro del campetto alla luce del sole. Nella realtà.

Insieme erano imperfettamente perfetti, sinceri e trasparenti con loro stessi e i loro sentimenti, e Derek ormai aveva imparato bene che questa era l’unica cosa che contava alla fine.

 


 

"I'm here I'm now I'm ready

holding on tight

don't give away the end

the one thing that stays mine"

23 – Jimmy Eat World @ YouTube

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Glitch_