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Autore: Vals Fanwriter    22/12/2013    6 recensioni
Thadastian (Thad/Sebastian) | Verde | OS (natalizia) | Commedia, Fluff, Sentimentale
Dal testo: "Il regalo lo devi fare col cuore.
E perché avrebbe dovuto? Non aveva neanche speranze di portarselo a letto.
E poi, a metà strada tra la stanza di Sterling e la sua, la risposta gli si palesò dinanzi in maniera semplice e diretta.
Per sorprenderlo. A Sebastian sarebbe piaciuto tanto sorprenderlo e vederlo sorridere. Sorridere per lui, non per gli altri, indossare o usare qualcosa regalatagli proprio da lui. Sì, sarebbe stato inaspettatamente bello, una sensazione diversa e nuova da provare assolutamente."
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Robs, che voleva leggere assolutamente
di un “Babbo Natale Segreto” Thadastian.
Tutta per te.
♥ 
 
 
 



Quando Jeff Sterling si era preso la briga di porsi al centro della sala riunioni dei Warblers, con aria stranamente autoritaria, e di proporre quell’idea strampalata per Natale, Sebastian lo aveva guardato con tanto d’occhi per due motivi fondamentalmente: primo, perché loro erano un gruppo di canto corale coreografato, non gli aiutanti di Babbo Natale con tanto di tutù verde addosso; secondo, perché non gli aveva chiesto il permesso, si era alzato dal suo solito posto vicino a Duval e si era avvicinato a lui dicendogli che doveva fare una comunicazione importante. E Sebastian, in quel momento, aveva pensato queste esatte parole: “Dio, forse me lo tolgo da davanti al cazzo, magari si trasferisce il più lontano possibile da Westernville e la smette di importunarmi con i suoi discorsi logorroici.” E invece aveva scoperto  che quell’avviso non aveva nulla a che vedere con l’eventuale dipartita del biondo – peccato, si era detto, c’avevo sperato – bensì riguardava i regali di Natale. Regali di Natale che Sebastian non aveva proprio tenuto in conto, dato che nessuno di quegli scalmanati ne meritava uno da parte sua – lui si faceva in quattro per renderli presentabili alle gare e loro non gli riconoscevano neanche un pizzico di lavoro.

Tuttavia, in quei quasi quattro mesi che aveva trascorso in quella scuola, aveva imparato a riconoscere quando le sue battaglie risultassero perse in partenza, perché, insomma, la cocciutaggine di Sterling non si poteva comandare, soprattutto se il resto del gruppo era concorde con lui e risultava felice di dare appoggio alle sue cazzate. E Sebastian, dal canto suo, non voleva fare il Grinch della situazione, così non aveva emesso un fiato, o meglio, aveva sbuffato e borbottato, ma alla fin fine l’aveva lasciato fare.

Così, l’ora successiva non era stata spesa per stilare le scalette delle canzoni, scegliere un piano vincente per le Provinciali, pensare ad una coreografia nuova e sorprendente. No, l’ora successiva l’avevano spesa ritagliando dei piccoli quadratini bianchi da un quaderno, scrivendo su ognuno di essi il nome di uno di loro e ripiegandoli su se stessi per impedirne la lettura. E già a quel punto Sebastian si era pentito di aver lasciato campo libero alla testa bionda, ma ormai era fatta, tanto valeva ascoltare quel che aveva da dire. Il suo discorso fu interminabile come al solito.

‹‹Siamo sempre stati un gruppo affiatato e blablabla… e non abbiamo mai mancato di festeggiare il Natale con blablabla… Quando c’era Blaine facevamo sempre spettacoli di beneficenza e blablabla… Essendo una scuola prestigiosa la nostra si potrebbe pensare che blablabla… perciò quest’anno ho pensato che potremmo dare il buon esempio agli altri facendo il “Babbo Natale Segreto”.››

Il Babbo Natale Segreto, a detta di Sterling, era stato creato e utilizzato, negli anni, proprio per risparmiare sui regali di Natale e non sperperare, ma quello non era l’unico motivo per cui stava cercando di coinvolgere il gruppo in quell’idea malsana. La verità era che quell’idea lo elettrizzava da morire e che c’entrava ben poco il risparmio. Jeff Sterling si divertiva con poco e la prospettiva di mettere tutti quei foglietti in un cappello – che non avevano e al suo posto, infatti, fu utilizzato il cestino dell’immondizia – e farne pescare uno ad ogni membro del gruppo lo faceva sentire, appunto, come se fosse già Natale e lui fosse un bambino con milioni di regali da scartare che lo aspettavano sotto l’albero. La parte divertente di tutta quella storia – vista dal punto di vista del biondo, naturalmente – era che, a seconda del nome pescato, il ragazzo in questione avrebbe dovuto fare un regalo alla persona che aveva sorteggiato senza farglielo sapere. In tal modo, ognuno avrebbe avuto una e una sola sorpresa per Natale.

Già l’idea di perdere tempo in giro, in negozi e negozietti, scervellandosi per trovare un regalo che rispecchiasse sia se stesso che la persona alla quale l’avrebbe fatto, lo abbatteva da morire – a lui piaceva fare shopping, ma per se stesso, non per gli altri. A quell’inconveniente, però, aveva posto rimedio decidendo che, qualunque nome gli fosse capitato, avrebbe comprato la prima cosa che gli fosse venuta in mente, senza fare il tipo troppo sentimentale e patetico.

Tuttavia, qualcuno aveva altri piani per lui e Sebastian, dentro di sé, sospettava che Sterling avesse manomesso la pesca o qualcosa del genere. Infatti, si era pentito per la seconda volta di averlo assecondato, quando aveva pescato il nome dal cappello-che-non-era-un-cappello e aveva spiegato il foglietto.

Il suo sguardo era corso immediatamente sulla figura di Thad Harwood e tutti i suoi piani per lo shopping più veloce dell’anno avevano preso a traballare improvvisamente.
 



 
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Mancava una settimana al Natale e Sebastian era ancora a mani vuote. Si era premurato di rimandare ancora e ancora quella missione che prevedeva lui al setaccio più completo di un centro commerciale, senza la minima idea di dove partire per fare un regalo al suo compagno di stanza. La verità era che non si era mai preoccupato di conoscere a fondo Thad Harwood, perché, per i suoi gusti, lui era troppo spiritoso, troppo testardo, troppo perfezionista, troppo lamentoso e troppo tante-altre-cose, che lo inducevano a tenersi alla larga da lui o, in alternativa, a litigarci ogni volta che doveva sopportare la sua presenza per più di cinque minuti. E fondamentalmente accadeva ogni giorno dato che erano costretti a dividere la stessa stanza. In quattro mesi, non era riuscito a farselo piacere, o meglio, era stato capace di trovare più difetti che pregi in lui, onde evitare di ammettere a se stesso che fosse maledettamente attratto da lui.

Per Sebastian Smythe quella non era una cosa da poco. Significava ammettere di avere una debolezza e che la suddetta debolezza fossero un paio di occhi grandi e marroni, dalle ciglia lunghe, a calamita. Lui odiava Thad Harwood, lo odiava perché era capace di farlo diventare idiota alla stregua di uno Sterling che si incanta a guardare un Duval – e questo era anche troppo per i suoi standard. Lo odiava, perché quando sorrideva irradiava tutta una stanza e attirava sguardi – i suoi come quelli di qualsiasi altro – perché aveva molti amici e donava tanto a tanti, ma non a lui, perché invadeva i suoi spazi, pur non volendo, e perché di sicuro lui non aveva avuto la fortuna di pescare il suo nome dal cappello-che-non-era-un-cappello. E quindi, in sostanza, Sebastian sarebbe stato l’unico a doversi sforzare più del dovuto, tra i due. Come minimo, ad Harwood era capitato qualcuno come Nixon, e allora bastava comprargli un nuovo videogioco ed era fatta.

Invece, Sebastian aveva pescato il nome di Thad e, sebbene sembrasse facile all’apparenza comprare qualcosa di carino per lui, in realtà non lo era affatto. Perciò, a meno di cinque giorni dalla sua partenza per trascorrere le vacanze a casa con i suoi – o in montagna, o dove cavolo suo padre avesse deciso di portarlo quell’anno – dovette decidersi ad andare alla ricerca di informazioni. E chi ne sapeva di più su Thad Harwood se non Jeff Sterling stesso? Lui aveva messo in mezzo il “Babbo Natale Segreto” e lui lo avrebbe aiutato.
 
 

‹‹Ciao, testa bionda. Ho bisogno del tuo aiuto, quindi smetti di flirtare con tuo marito per cinque minuti e ascoltami.›› Lo disse tutto d’un fiato, non appena Jeff aprì la porta della sua stanza e se lo ritrovò dinanzi. Quest’ultimo mise su l’espressione sconsolata di chi sa perfettamente cosa lo aspetta.

‹‹Ciao anche a te, Smythe. Dimmi tutto.››

‹‹Ho pescato il nome di Harwood e non so che cazzo regalargli.››

Nessun giro di parole, chiaro, conciso e diretto.

Sterling emise un sospiro lunghissimo e scosse la testa. Pareva deluso e anche un po’ annoiato.

‹‹E se te lo dicessi io, si perderebbe tutto il senso del “Babbo Natale Segreto”, sai? Non ti posso aiutare, mi spiace.››

Fece per tornare dentro, ma Sebastian gli posò una mano sulla spalla e lo fermò.

‹‹Un indizio, dammi solo un indizio.››

A quel punto, Jeff parve rimuginare sul serio sulla possibilità di dargli una mano, tant’è che rimase un lungo momento ad osservarlo, come se stesse cercando di capire se ne valesse la pena oppure no.

‹‹Non regalargli un paio di boxer›› asserì, alla fine, e Sebastian schiuse le labbra, interdetto.

‹‹Cos-?››

‹‹Ti conosco troppo bene. Gli faresti un regalo del genere solo per farlo arrabbiare.››

‹‹Umpf, uomo di poca fede. Io voglio davvero regalargli qualcosa che gli piaccia.››

‹‹E allora non aspettare che ti suggeriscano un’idea. Il regalo lo devi fare col cuore, è questo il senso del-››

‹‹Grazie per l’aiuto, fanculo.››

Ed era andato via. Era stata una conversazione decisamente breve, ma Sebastian ne era uscito con la mente ancora più confusa e con i nervi a fior di pelle. Quasi quasi stava davvero per prendere la macchina e raggiungere il negozio di intimo più vicino – e solo per fare un dispetto a Sterling – ma qualcosa continuava a pizzicargli i pensieri come un tarlo fastidioso.

Il regalo lo devi fare col cuore.

E perché avrebbe dovuto? Non aveva neanche speranze di portarselo a letto.

E poi, a metà strada tra la stanza di Sterling e la sua, la risposta gli si palesò dinanzi in maniera semplice e diretta.

Per sorprenderlo. A Sebastian sarebbe piaciuto tanto sorprenderlo e vederlo sorridere. Sorridere per lui, non per gli altri, indossare o usare qualcosa regalatagli proprio da lui. Sì, sarebbe stato inaspettatamente bello, una sensazione diversa e nuova da provare assolutamente. Per una volta aveva la possibilità di essere lui, non un altro, a strappargli una reazione positiva, perciò non gli restava che fare del suo meglio.

Non doveva essere così difficile. Doveva solo capire da dove cominciare.
 



 
╰☆╮
 



 
La tattica di Sebastian, per chiarire i suoi dubbi sui gusti del suo compagno di stanza, non aveva nulla di schematizzato o definito. Sebastian non si era mai trovato in una situazione del genere, non aveva mai fatto “un regalo col cuore” e non si era mai impegnato eccessivamente neanche per farne uno ai suoi familiari. Oltretutto non aveva mai provato la paura del prendere una decisione. Quella era una cosa che non rientrava nel suo carattere e che lo scombussolava non poco, perché lui era quello che le decisioni le prendeva all’istante, che rovesciava piani e programmi pur di fare quel che lui voleva. Eppure stavolta aveva paura, ma non quella paura che ti blocca, bensì provava la paura di non saper scegliere. Aveva un milione di alternative dinanzi, una diramazione infinita di regali possibili, e per ognuno di essi si chiedeva “Sarà abbastanza per uno come Harwood?”, oppure “Gli piacerà?”.

Il primo giorno in cui rifletté sulle varie possibilità, Sebastian rimase in camera da solo per buona parte della giornata, guardandosi intorno e analizzando la metà della stanza appartenente a Thad, con tutte le sue cose in perfetto ordine – i suoi libri, di studio o di piacere, impilati con cura sulla mensola, il suo astuccio, i suoi vestiti, quelli posati sulla sedia, il suo ipod, che stranamente aveva lasciato in camera, il suo letto – ma tra tutte quelle cose, non venne fuori nulla. Nulla che Thad non avesse e che potesse fargli piacere ricevere in regalo.

Certo, Sebastian avrebbe potuto scorrere la sua lista di letture e comprargli un libro in linea col resto delle trame presenti sullo scaffale, ma non gli sembrava abbastanza originale e sorprendente. Thad avrebbe letto il libro, lo avrebbe letto fino all’ultima pagina, anche se non gli piaceva, ma poi lo avrebbe abbandonato come tutti gli altri, tra la polvere. Quel giorno, per lo meno, Sebastian si rese conto di voler fargli ricordare quel Natale, anche a distanza di anni, contro ogni logica. Si accorse che avrebbe voluto che Thad si ritrovasse spesso tra le mani il suo regalo.

Quindi, voleva che lo usasse, che gli piacesse, che pensasse a lui ogni volta che gli sarebbe capitato sotto gli occhi, che fosse speciale e particolare.

Con questa lista di appunti in testa, il giorno dopo, si recò al centro commerciale. Era sabato e, in teoria, aveva tutto il pomeriggio per setacciare i negozi, ma non vi rimase a lungo. Dopo i primi tre – uno di vestiti, uno di scarpe, uno di elettronica – capì di non riuscire a trovare lo spirito giusto per comprare il regalo adatto e capì che, per quanti negozi avessero potuto esserci in quel centro, non avrebbe comunque trovato qualcosa che avesse potuto soddisfarlo. E per la prima volta, si rese conto che avrebbe voluto conoscere Thad più a fondo.
 



 
╰☆╮
 
 



‹‹Spiegami che stai combinando. Adesso.››

In biblioteca, in teoria, si dovrebbe fare silenzio. La si dovrebbe usare per studiare in tutta tranquillità e rispettare il cartello enorme, appeso sopra al bancone della bibliotecaria, che recitava più o meno così: “Questo non è un luogo di incontro, né un bar, né la mensa, si prega di mantenere il massimo silenzio e di rispettare la quiete altrui”. Eppure, primo, Sebastian non stava studiando – davanti a sé aveva una lista lunghissima di idee che, tra l’altro, non lo convincevano minimamente, infatti ogni tanto ne cancellava una e tornava a rileggerle da capo – secondo, Sterling non stava facendo silenzio. Era piombato in biblioteca come un uragano, individuandolo immediatamente neanche avesse un radar al posto degli occhi, e si era seduto al tavolo, di fronte a lui, rivolgendoglisi con un tono di voce un po’ troppo forte per poter essere considerato un bisbiglio. Sebastian storse la bocca e coprì la sua lista all’istante, con un braccio.

‹‹Sto facendo il mio dovere, Sterling. Studio›› mentì, trascinando il gomito più vicino al suo petto, come a voler nascondere meglio la prova del suo impegno. Ma Jeff era troppo preso dallo sbuffare come un rinoceronte infuriato per accorgersene e stavolta Sebastian era assolutamente certo di non aver dato fastidio a nessuno, quindi lo fissava piuttosto inquietato.

‹‹Studi col Natale alle porte? Dovresti…›› Si prese un labbro tra i denti e si guardò furtivamente intorno, come per accertarsi del fatto che nessuno li stesse ascoltando, prima di abbassare la voce e riprendere. ‹‹Dovresti essere in giro a comprare il regalo a Thad.››

Sebastian inarcò un sopracciglio e si chiese mentalmente se Sterling lo stesse controllando, magari seguendolo di nascosto. Ne sarebbe stato perfettamente capace. Era un tale impiccione, del resto.

‹‹Che cosa ti fa pensare che io non lo abbia già comprato?››

‹‹Il semplice fatto che tu non glielo abbia ancora dato›› disse e, se possibile, aggrottò ancora di più la fronte. Sebastian, in quel momento, credette che Sterling stesse cercando di incenerirlo con lo sguardo, dal modo in cui lo stava fissando. Istintivamente si fece un po’ più indietro con la sedia, chiudendo la mano attorno alla lista che aveva stilato e accartocciandola lievemente.

‹‹D’accordo, non l’ho ancora comprato, ma ci sto lavorando. È solo che-›› ingoiò a vuoto, esitando giusto un momento, ‹‹non ho ancora deciso cosa comprargli, ecco. Sto avendo qualche difficoltà, se permetti.››

Sterling schiuse le labbra fino a formare un’espressione avvilita, mentre Sebastian proseguiva nella sua spiegazione, e successivamente si passò una mano tra i capelli, finendo per scompigliarsi lievemente la frangia.

‹‹Sei ancora a questo punto?››

‹‹È solo il terzo giorno che ci penso, genio. Dammi tempo.››

Il tavolo tremò leggermente. Jeff vi stava poggiato sopra con i gomiti e intanto tamburellava i talloni sul pavimento per il nervosismo. E Sebastian non capiva quale fosse il suo problema. Mancavano ancora un paio di giorni alle vacanze, c’era ancora tempo.

‹‹Hai intenzione di darglielo dopo le feste, per caso? No, perché ti ricordo che Thad domani torna a casa.››

‹‹Torna a- Cosa?››

Sebastian si ritrovò a fissarlo con gli occhi sgranati. Ecco dov’era la fregatura ed ecco perché Sterling se la stava prendendo tanto per uno stupido regalo. Lo vide sbuffare una risata sommessa e scuotere la testa, mentre tutti i suoi piani di “scelta metodologica del regalo ad Harwood per esclusione diretta dalla lista” crollavano miserabilmente.

‹‹Che cazzo- Perché me lo dici solo adesso?›› sbottò, alzandosi in piedi e finendo quasi per rovesciare la sedia.

‹‹Perché praticamente lo sa tutta la scuola e io- Credevo lo sapessi anche tu, cavolo! Vivi a stretto contatto con lui ventiquattro ore su ventiquattro e- Suo padre lo porta alla partita dei Lakers domani sera, non parla di altro da settimane. Come fai a non saperlo?››

‹‹Beh, scusa tanto se non vivo incollato al suo culo.››

Si abbassò per recuperare la tracolla da sotto il tavolo. Vi infilò dentro la lista accartocciata, qualche libro che aveva tirato fuori per fingere di stare studiando e le penne, il tutto alla rinfusa. Se la mise in spalla e, quando Jeff gli chiese dove avesse intenzione di andare, lui rispose:

‹‹A comprare questo cazzo di regalo.››
 



 
╰☆╮
 
 



Quella stessa sera, riuscì a compiere la sua missione. Non era completamente soddisfatto della sua scelta, ma i tempi stringevano e lui non aveva avuto modo di trovare qualcosa di meglio. Si era accontentato, pensando che, perlomeno, Thad avrebbe apprezzato, dato che il regalo era piuttosto affine ai suoi gusti.

Quando rientrò in Accademia, era ormai troppo tardi per andare a cena, così Sebastian salì le scale, in direzione della sua camera, con quella busta, con tanto di fiocchetto rosso spillato sul manico, tra le mani e con tutta l’intenzione di mettergliela in bella vista sul letto e aspettare una sua reazione. Non aveva in programma di fargli un discorso preliminare all’apertura del regalo. Non era da lui e, soprattutto, non pensava di avere nulla da dirgli. Così glielo lasciò semplicemente lì, sul piumone, e si andò a stendere sul suo letto, attendendo il suo ritorno dalla mensa e chiudendo gli occhi, intanto.

Non l’avrebbe mai detto, ma era dannatamente stancante impegnare il cervello per una cosa stupida come i regali di Natale, in particolar modo se la riuscita dell’operazione comprendeva un sorriso bello grande e felice, sul viso del destinatario. E Sebastian, in cuor suo, ci sperava veramente in una reazione del genere, perché nonostante si comportasse da spaccone con Harwood, ad ogni ora del giorno, ci teneva con tutto se stesso a rendere il suo Natale se non speciale, almeno particolare e diverso. Aveva avuto modo di imparare molto, quella settimana. Un semplice regalo gli aveva fatto capire che Thad non era un ragazzo come tanti per lui.

Il sorriso che gli era comparso sulle labbra, a quel pensiero, si spense nel momento in cui udì la serratura della porta della stanza scattare e i passi inconfondibili di Harwood farsi strada al suo interno – era capace di riconoscerlo anche al buio. Non aprì gli occhi, anzi, rimase immobile, come a voler fingere di dormire, mentre la porta si chiudeva e Harwood si avvicinava al letto accanto al suo.

‹‹Oh, ecco dov’eri›› lo sentì mormorare tra sé, e molto probabilmente il suo tono di voce era tenuto così basso per evitare di svegliarlo. Inaspettatamente quel gesto lo intenerì, ma i suoi sensi rimasero comunque vigili, in attesa del momento in cui Thad si sarebbe fermato a contemplare il pacchetto regalo.

Quando i rumori cessarono, fu certo del fatto che stesse accadendo davvero, così si permise di schiudere leggermente gli occhi e di voltare il viso di lato per sbirciare i movimenti del compagno. Thad, però, non stava fissando la busta. Si era fermato ad osservare Sebastian e lui, colto in flagrante, non poté più fingere di non essere realmente lì, in quella stanza, o di dormire.

‹‹Ma allora sei sveglio›› disse, a voce un po’ più alta, ma in maniera comunque un po’ timida. Aveva le guance leggermente spruzzate di rosso – si rese conto Sebastian – forse perché non si aspettava di venire scoperto mentre era fermo ad osservarlo. Era carino, pensò mentre schiudeva totalmente le palpebre e si preparava a dargli una risposta.

‹‹Stavo solo riposando la vista›› rispose con noncuranza, tentando di nascondere il lieve disagio che provava, ma non si mosse da dov’era.

Thad abbassò lievemente la testa, ma non separò neanche un attimo lo sguardo da quello del compagno. Sfilò la mano destra dalla tasca dei pantaloni e fece un cenno vago verso il suo letto, verso la busta che vi giaceva sopra.

‹‹Sei andato a comprare quello? Perciò non sei venuto a cena?››

‹‹Già.››

Si mise a sedere e solo in quel momento distolse lo sguardo da lui, perché gli faceva veramente strano ammettere di aver comprato un regalo di Natale per lui, anche se vi era stato costretto dall’iniziativa del “Babbo Natale Segreto”. Si era impegnato e lo aveva fatto per Thad, e quella non era altro che l’ennesima debolezza dovuta al ragazzo che lo attraeva in quella maniera che era dannatamente sbagliata nella sua mente.

‹‹Sai, credevo che si fossero dimenticati di scrivere il mio nome e di essere rimasto fuori dal giro.›› Il cigolio del materasso arrivò alle sue orecchie. Thad doveva aver preso posto sul suo letto, accanto alla busta. ‹‹E invece ce lo avevi tu, il mio nome.››

Tornò ad osservarlo di sottecchi, proprio mentre una piccola risata lasciava le sue labbra e la sua mano si chiudeva attorno al manico della busta. Se la mise in grembo e gli rivolse un sorriso che Sebastian ancora non si aspettava. Credeva che lo avrebbe ricevuto solo dopo che Thad avesse scartato il regalo e, invece, a lui bastava così poco per essere dolce con chi lo circondava.

‹‹Lo posso aprire adesso? Ho un po’ paura di quello che potrebbe contenere ma, devo dirti la verità, sono troppo curioso.››

‹‹Certo, fai… fai pure.››

Normalmente Sebastian gli avrebbe risposto con qualcosa del tipo: “Dio, Harwood, guardati. Sembri un moccioso che ha appena ricevuto in regalo una busta di caramelle”, ma stavolta il suo stupore era tale da impedirgli di prodursi in commenti sgarbati. Non aveva mai visto Thad così felice in sua presenza. Era una novità piacevole da constatare.

Cercò di imprimersi la sua espressione distesa e serena in testa, analizzando ogni ruga del suo viso, la curva morbida delle sue labbra e gli occhi luminosi, intenzionato a non dimenticarla mai più, a conservarne il ricordo per sempre. Thad, intanto, continuava a staccare i lembi della busta l’uno dall’altro, con cura, quasi come se anch’essa fosse parte integrante del regalo e non volesse rovinarla. Ne tirò fuori una felpa, quella felpa che Sebastian aveva scelto tra mille altre, disposte ordinatamente sugli scaffali del negozio sportivo in cui si era recato quel pomeriggio. L’aveva scelta perché aveva il cappuccio e perché sapeva che tutte le felpe che indossava Thad ne erano provviste, con la chiusura lampo, perché a parer suo erano più comode, e con i colori della sua squadra di basket preferita. Al centro del petto si espandeva una scritta, “Lakers”, in viola. Thad la guardava a bocca aperta.

‹‹Mi hai comprato…?››

‹‹Non ti piace?››

Ma a lui piaceva, Sebastian sapeva di aver colto nel segno e non soltanto per il suggerimento che Sterling gli aveva fornito all’ultimo minuto. Lo sapeva perché glielo leggeva negli occhi, perché Thad non stava minimamente cercando di nascondere quanto gli fosse gradito quel regalo. Stava guardando lui adesso, con la felpa in grembo e le dita che accarezzavano il tessuto con delicatezza come se fosse la cosa più preziosa del mondo per lui.

‹‹Mi piace tanto, Sebastian.››

Quel sorriso, e quello sguardo, e quel nome pronunciato dalla sua voce gli fecero inaspettatamente tremare il cuore.

‹‹Uhm, bene. Mi fa- Cioè, sono felice che ti piaccia.››

Lui annuì e poi si alzò di scatto dal letto, facendone il giro e andandosi a posizionare davanti allo specchio. Spiegò la felpa e se la premette contro il petto, quasi a volersela immaginare addosso. E Sebastian intanto non guardava il riflesso del suo corpo nello specchio, teneva gli occhi puntati sulla sua espressione, dove il naso di Thad si stava arricciando appena e le sue labbra si stavano piegando in una smorfia un po’ storta e divertita. Girò su se stesso per rivolgersi a Sebastian in maniera diretta.

‹‹Forse è un po’ grande, ma- Cioè, non fa niente.››

Si rese conto solo in quel momento, abbassando lo sguardo sulla felpa che ancora copriva il petto di Thad, che la misura era evidentemente sbagliata. Sarebbe andata così grande a Thad, da coprirgli i palmi e i fianchi più del dovuto.

‹‹Cazzo›› imprecò scattando in piedi, le guance un po’ più rosse per averlo immaginato con un indumento più grande di lui addosso, ‹‹la vado a cambiare?››

Thad se la strinse un po’ di più contro il petto e scosse la testa, distendendo le labbra in un sorriso sereno e adorabile.

‹‹Ormai è tardi e- Va bene così. Mi terrà più caldo.››

‹‹Oh… Uhm, okay.››

Abbassarono entrambi lo sguardo e rimasero l’uno di fronte all’altro, in silenzio, per un lungo momento. Sebastian poteva ritenersi soddisfatto, salvo per quanto riguardava la taglia sbagliata della felpa, ma lo fu ancora di più quando anche Thad scavalcò la loro barriera. Gli si avvicinò così silenziosamente che il ragazzo quasi non se ne accorse. Sollevò nuovamente lo sguardo su di lui quando quello l’aveva ormai raggiunto. Thad si alzò leggermente sulle punte dei piedi per raggiungere il suo viso e posare un bacio timido sulla sua guancia.

‹‹Grazie…››
 

 
Quello non fu l’unico regalo che Sebastian ricevette. In cambio, in seguito a quel Natale, ebbe la gioia di vedere più volte Thad con addosso quella felpa, che nonostante fosse enorme e lo facesse sembrare più piccolo di quel che era – cosa che Thad di solito non apprezzava – divenne ugualmente una delle sue preferite. Spesso Thad la usava anche per dormirci e Sebastian borbottava, fingendo di prenderlo in giro e dicendogli che di questo passo l’avrebbe resa inutilizzabile, ma in realtà era certo di ciò che provava, della felicità che sentiva ogni volta che gliela vedeva addosso.

E Thad, dal canto suo, riusciva a leggergli lo sguardo. E continuava ad indossarla. Ed era quasi come se quello fosse un avvertimento silenzioso che recitava: “Mi piaci. E mi piace vederti felice. E questo è il mio modo per fartelo capire.”

Sebastian, però, aveva già capito.
 




 
   
 
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