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Autore: 9Pepe4    22/12/2013    5 recensioni
[Post-2x09 Queen of Hearts]
Emma aveva sognato di strangolarla e di lasciarla andare, ma era ben altro ciò che la assillava.
Regina che la guardava con un sorriso bellissimo, ad esempio.
Oppure Regina che sussurrava: «Ti amo…», o Regina con un’espressione devastata.
Istintivamente, Emma si toccò le labbra, dove un ama di nuovo aveva il sapore di una speranza terribile.
[Swan Queen + Stable Queen]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Daniel, Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ad AlexVause,
perché mi ha dato tanto sostegno (e ne avevo bisogno XD) e mi ha sopportato durante i miei deliri.
Sperando che la lettura non la deluda =)


L’anello

Henry dormiva, avvolto in un bozzolo di coperte, una mano vicino alla bocca e i capelli castani tutti arruffati.
Henry dormiva ed Emma non riusciva a farlo, sebbene i giorni trascorsi nella Foresta Incantata l’avessero sfinita a dir poco.
Indossava ancora gli abiti con cui era caduta attraverso il cappello, e avrebbe davvero avuto bisogno di una bella doccia.
Al momento, però, non riusciva a far altro che stare seduta e guardare suo figlio dormire.
Ripensò alla cena da Granny, ai visi sorridenti attorno a lei, alle chiacchiere allegre… Ai suoi genitori.
Perché sì, finalmente li aveva ritrovati.
Era la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro, accidenti.
Per certi versi, quell’idea le faceva ancora girare la testa. Per altri, la faceva quasi sorridere in silenzio.
Henry si mosse nel sonno, mugolando qualcosa di incomprensibile.
Emma pensò che avrebbe dovuto fare quella benedetta doccia, e poi infilarsi sotto le coperte insieme a lui.
Non si mosse, però, chiedendosi invece cosa mai stesse sognando il ragazzino – grazie al cielo, non sembrava più vittima dell’incubo causato dall’incantesimo del sonno.
Da parte sua, lei non sognava molto spesso, anche se… Nella Foresta Incantata, lo ricordava, aveva fatto un sogno assurdo.
Era successo mentre viaggiavano con Uncino verso la pianta di fagioli; si erano fermati a riposare e lei era crollata.
Gran parte del sogno era stata confusa e indecifrabile… Di una cosa, però, Emma era certa: c’era Regina.
Emma aveva sognato di strangolarla e di lasciarla andare, ma era ben altro ciò che la assillava.
Regina che la guardava con un sorriso bellissimo, ad esempio.
Oppure Regina che sussurrava: «Ti amo…», o Regina con un’espressione devastata.
Ed era così strano, perché nel sogno Emma teneva a Regina, no, la amava.
La giovane donna fece una smorfia, gli occhi ancora puntati su Henry, ma la sua mente continuò a rimestare quei ricordi…
Nel sogno, rammentò, lei era preda di un dolore intollerabile, eppure la sofferenza di Regina le era parsa mille volte più terribile.
Scosse la testa.
Era assurdo. Come si poteva amare tanto una persona come lei?
Emma pensò ai suoi occhi neri e al suo sorriso freddo. Pensò al suo egoismo. Pensò anche allo sguardo infelice di Henry e a Mary Margaret in cella.
Eppure, eppure…
Eppure, non voluta, le venne in mente la voce di Regina che chiedeva: «Henry ti ha chiesto veramente di proteggermi?» e il piccolo sorriso che era seguito alla sua conferma.
Istintivamente, Emma si toccò le labbra, dove un ama di nuovo aveva il sapore di una speranza terribile.
Sbuffò e accavallò le gambe e, così facendo, sentì una specie di bozzo contro l’anca… Aveva qualcosa nella tasca dei jeans.
Aggrottando la fronte, infilò due dita a recuperare l’oggetto, e se lo portò davanti agli occhi.
Dopo un istante, lo riconobbe.
Era un anello che aveva trovato nella Foresta Incantata.
Durante la zuffa con gli zombie, era caduta a terra e l’aveva scorto tra le foglie.
L’aveva intascato in tutta fretta, senza pensare… Forse, aveva creduto che fosse il suo ciondolo a forma di cerchio, che le fosse caduto in qualche modo.
Ma il ciondolo era sempre stato appeso al suo collo, e tra la scomparsa di Aurora e tutto il resto si era completamente dimenticata dell’oggetto nella sua tasca.
Ora se lo rigirò tra le dita, accigliandosi.
Forse non era proprio un anello. Sembrava quasi fatto per un altro scopo, forse per decorare qualcosa…
Emma si bloccò. I suoi occhi si dilatarono.
Già, qualcosa… qualcosa come una sella.
Nell’istante in cui finì di formulare quel pensiero, la sua mente fu invasa da immagini sconosciute e familiari al contempo.
Immagini di luoghi, di animali, di persone.
Immagini di lei.
Di una Regina più giovane e solare, con ondulati capelli scuri e di nuovo con quel sorriso, il sorriso del sogno, il sorriso stupendo.
Una Regina caparbia e dolcissima, che si prendeva cura del suo cavallo e che parlava di una madre che non riusciva a soddisfare.
E poi… Regina col viso bagnato di lacrime ma radiosa come non mai nella semioscurità delle scuderie.
“È così che era quando le ho chiesto di sposarmi”.
Emma si sentì mozzare il fiato, mentre l’enormità di un’altra vita – diversa ma sua – la travolgeva.
Impiegò qualche istante, prima di realizzare di aver serrato la mano sull’anello.
«Mi ricordo» sussurrò, suonando scioccata come si sentiva. «Mi ricordo».
Si alzò così di scatto da rischiare di rovesciare la sedia.
Sapeva che se David o Mary Margaret si fossero svegliati e non l’avessero trovata, si sarebbero angustiati, ma non le importava.
Doveva andare da Regina.
Si infilò la giacca in fretta e furia, ma poi gli occhi le caddero sulla figura dormiente di Henry.
Quella vista la bloccò. Non avrebbe mai voluto farlo preoccupare.
Si precipitò alla ricerca di un foglietto, allora, e dopo aver scribacchiato quasi alla cieca un Esco un attimo, torno subito lo posò sul comodino accanto a suo figlio.
Dopodiché, uscì rapidamente di casa.

Per fortuna, David le aveva già restituito le chiavi del suo Maggiolino.
Emma lo guidò nella notte sino alla casa del sindaco… Lo parcheggiò davanti al cancelletto, e a quel punto rimase immobile nella vettura, fissando la porta della villa.
Ripensò all’ultima volta che aveva visto Regina, al negozio dei pegni. Doveva ammettere di non averle prestato molta attenzione, ben più impegnata ad osservare i suoi genitori…
E poi ripensò all’ultima volta che l’aveva vista in un’altra vita.
Al suo viso felice. Ai suoi occhi che credevano che sua madre li avrebbe lasciati andare.
Al ricordo di quanto era seguito, Emma rabbrividì convulsamente e si portò una mano all’altezza del petto.
Sotto il suo palmo, il cuore batteva all’impazzata.
La giovane chiuse gli occhi un istante… Quando li riaprì, scese dal Maggiolino e si diresse verso la casa del sindaco.
Percorse il vialetto a larghe falcate ma, una volta giunta di fronte alla porta, si arrestò.
Sapeva che ciò che aveva ricordato non cambiava niente. Regina restava comunque il motivo per cui lei era cresciuta senza genitori, la ragione per cui Henry era stato vittima dell’incantesimo del sonno.
Si mordicchiò il labbro.
A quel punto, però, ricordò una serata trascorsa alla collina delle lucciole… Ricordò gli occhi di Regina, pieni di meraviglia e fascinazione, ricordò il modo in cui si era appoggiata al suo braccio, come per cercare rifugio e sostegno.
Già… Quello che la donna aveva fatto non cambiava.
Ora, però, Emma sapeva, Emma ricordava, e ricordando capiva perché Regina era diventata così… Pensò a tutte le volte in cui aveva visto Cora rimproverare la figlia, e dovette di nuovo posarsi una mano sul petto per assicurarsi che il cuore fosse al suo posto.
Rammentò il grido disperato di Regina quando sua madre aveva…
“Avrei dovuto proteggerla” pensò, contraendo la mascella. “Avrei dovuto… e non l’ho fatto”.
Scosse con forza la testa e tese la mano a suonare il campanello una, due volte.
Stava per farlo una terza volta, quando la porta si spalancò, rivelando una Regina Mills dagli occhi alquanto adirati.
«Signorina Swan. Posso sapere cosa la spinge a importunarmi nel bel mezzo della notte?»
Emma impiegò un istante, prima di riscuotersi.
Si sentiva una completa idiota. Perché diavolo non aveva notato prima quanto fosse bella?
“Merda” pensò, non appena si rese conto di cosa le passava per la testa.
Fu un merda piuttosto allegro, però, perché finalmente l’aveva trovata.
Aveva trovato la sua Regina.
Senza proferir parola, infilò una mano in tasca e tirò fuori l’anello, mostrandolo alla donna.
Regina lo guardò, accigliata… E poi sgranò gli occhi con un ansito sorpreso, e fece un gesto come se volesse riprendersi l’oggetto.
Subito dopo si bloccò, e fissò Emma. «Dove l’hai preso?» chiese, brusca.
«Foresta Incantata» fu la sua risposta telegrafica.
Regina sbatté le palpebre, quindi si portò le dita alle tempie come se fosse stata colta dalle vertigini. «Il cappello» sussurrò, più per se stessa che per Emma. «Quando ho portato la mela di qua, l’anello… è caduto di là».
Accorgendosi dello sguardo della madre biologica di suo figlio, si ricompose in tutta fretta.
«Dammelo» le ordinò, senza mezzi termini. «È mio».
Emma non si mosse. «Lo riconosci?» chiese invece, sentendosi ridicolmente felice.
“Non fidarti di questo sentimento” sussurrò una voce in fondo alla sua testa. “Pensa a cos’è successo con Neal”.
Lei la scacciò.
Di fronte a lei non c’era Neal, ma Regina.
Emma sapeva che la donna era cambiata. Lei stessa lo era: era un’altra persona ed aveva molta meno fiducia, eppure…
Abbracci. Baci. Incontri furtivi.
«Certo che lo riconosco» stridette Regina, con una certa irritazione. «È mio, è…»
«L’anello con cui ti ho chiesto di sposarmi» la interruppe Emma, e il calore di quel ricordo la riempì di una strana audacia. «Quella notte, alle stalle, dopo che il re aveva chiesto la tua mano. Dopo che mi avevi chiesto di fuggire insieme».
Regina la fissò, interdetta. Dopo un istante, la sua sorpresa parve incendiarsi… «Chi ti ha raccontato questo?» chiese, e la rabbia balenò sul suo viso. «Tua madre?»
Emma quasi indietreggiò. “Ho fatto arrabbiare la Regina Cattiva. Brutta mossa”.
«No, Regina, ascolta…»
«È stata tua madre?!» ringhiò la donna, avanzando verso di lei come se volesse ucciderla.
«No!» esclamò Emma. «Regina, non è come…»
Vedendo l’ira che ardeva negli occhi della donna, si bloccò. Così non avrebbe risolto un bel niente.
Gran parte della fiducia che aveva avuto una vita fa era andata perduta, ma forse… Forse c’era qualcosa in cui poteva ancora credere.
Agendo d’impulso, annullò la distanza tra loro e prese il volto di Regina tra le mani, per poi baciarla con forza.
La donna emise un mugolio di sorpresa e oltraggio, fece per spingerla via…
Emma reagì approfondendo il bacio, trattenendo il suo viso con delicatezza, baciandola come quella sera alle stalle, prima che Biancaneve li sorprendesse.
Regina si fermò, smettendo di lottare contro le sue labbra.
Quando Emma si separò da lei, la donna la guardò con occhi colmi di shock.
«Da… Daniel?»
Emma rise – una risata sincera, liberatoria – e annuì. «Mi sono chiamata così, in un’altra vita».
«Ma come…? Come…?»
Timorosa, Regina allungò una mano a toccare i suoi capelli biondi, a sfiorare la sua guancia.
«Sei davvero tu?» chiese, con voce rotta.
Emma fece un sorriso storto. «Bada bene» le disse, «è stato uno shock anche per me».
Regina ritrasse la mano e scosse la testa, per poi indietreggiare di un passo. «No» rifiutò. «Questo non è possibile».
«Fino a qualche mese fa, io credevo che persino la magia non fosse possibile» replicò Emma. «Ti è davvero così difficile credere a una reincarnazione?»
Ugh. L’aveva detto davvero?
Suonava peggio di quanto si fosse aspettata.
«No» ripeté Regina. «No, Daniel è morto. Non tornerà più indietro».
«Ma sono qui, Regina» replicò Emma, accorata, facendo un passo in avanti. «Sono qui».
«No, lui… Il dottor Whale ha cercato di riportarlo in vita e…» La voce della donna si spezzò. «E lui è stato qui, anche se solo per pochi momenti. Tu non sei lui».
Qualcosa scattò nella mente di Emma. «Frena, frena» si affannò lei. «Il dottor Whale cosa?!»
«Ha preso il corpo di Daniel» rispose Regina, rigidamente, «e uno dei miei cuori. L’ha riportato indietro».
La giovane schiuse le labbra in un’espressione interdetta, poi si prese la testa tra le mani. «Woah».
Ma allora quel sogno… Non era stato davvero un sogno.
Emma ricordò come si era sentita quel giorno… Nervosa, sull’attenti, come se qualcosa pizzicasse al limite della sua coscienza, stridendo per attirare la sua attenzione.
E dopo avevano fatto una pausa, e lei era crollata in uno stato d’incoscienza. L’aveva definito un pisolino, poi, aveva sostenuto che era stata solo stanchezza… ma se non fosse stato così?
Se la sua anima, o la sua mente, o cosa diavolo ci fosse dentro di lei che la rendeva… be’, lei… fosse tornata per un attimo al suo vecchio corpo?
«Quindi è successo davvero…»
Di quel passo, avrebbe dovuto ricredersi anche sul fatto che Babbo Natale non esistesse.
Regina la fissò. «Di cosa stai parlando?» chiese, aspramente.
«Io…» Emma fece per alzare un braccio, poi lo lasciò ciondolare al suo fianco. «Io… ti ho fatto del male?»
La donna non rispose, guardandola con la fronte aggrottata.
«Regina, mi dispiace» disse allora Emma. «E so che è difficile crederci, per te, ma… Se ci pensi, tutto questo ha una qualche logica». Si indicò. «Insomma, io… io sono la figlia di Biancaneve».
“E tanti saluti ad una qualche logica” grugnì interiormente la solita voce in fondo alla sua testa.
Una volta tanto, Emma la ignorò. «So che tu pensi che Biancaneve ti abbia strappato l’uomo che ami… forse, te l’ha anche restituito».
Regina non si mosse, continuando a fissarla.
«Mi ricordo…» tentò allora Emma. «Mi ricordo quando mi hai chiesto di insegnarti a montare a pelo. Era autunno, e tu non avevi l’autorizzazione di tua madre, ma a me non importava, e ti ho insegnato».
La donna era rigida. «Tu… tu non puoi essere Daniel…»
«Invece lo sono» ribatté la giovane. «Lo ero».
A quel punto, seguendo l’istinto, prese con esitazione la mano di Regina. La donna si tese ma non si sottrasse, così lei poté spingere l’anello al suo dito.
«Ecco» si sentì dire. Perché era così che doveva essere.
Regina alzò la testa e la fissò ad occhi spalancati.
Quasi casualmente, allora, Emma le circondò le spalle con un braccio e la attirò a sé. La donna non si oppose, andando addirittura ad affondare il viso contro la sua spalla.
Emma provò una sensazione indescrivibile.
Non si sarebbe mai aspettata, al suo arrivo a Storybrooke, che di lì a qualche mese si sarebbe ritrovata a stringere a sé la madre adottiva di suo figlio.
E, soprattutto, non avrebbe mai creduto di provare una sensazione simile nel farlo, una sensazione familiare e al contempo del tutto nuova… Una sensazione piacevolissima.
«Sei tu» sussurrò Regina dopo un momento, abbandonandosi alla sua stretta. «Sei davvero tu».
Emma si chiese cosa la donna stesse cercando. Il conforto del passato? La speranza di un futuro?
Lei non riusciva a spiegarselo. In questa vita, avevano avuto in comune solo il fatto di detestarsi l’un l’altra.
“E Henry” bisbigliò qualcosa. “Avete avuto anche Henry”.
Per caso Regina aveva dimenticato tutto il veleno che c’era stato tra loro?
No, realizzò Emma dopo un istante, non lo aveva dimenticato.
Ma ricordava anche l’amore.
Quand’era Daniel, lei non aveva mai dubitato della capacità di amare di Regina, mentre in questa vita l’aveva fatto spesso e volentieri.
Adesso, però, seppe che non sarebbe più successo.
Perché Regina, a discapito di ciò che le dicevano gli occhi e la testa, l’aveva riconosciuta. E se aveva capito chi era, o chi era stata, il merito non era tanto della loro conversazione, ma di un legame che andava ben oltre i cinque sensi.
Ad Emma vennero in mente le parole di Henry: suo figlio aveva detto che il suo compito era restituire agli abitanti di Storybrooke il loro lieto fine.
Certamente, però, il ragazzino non immaginava neanche che fosse lei il lieto fine di Regina.
“Io. Sono sempre stata io”.
Abbassò lo sguardo sulla donna… Lei aveva affondato il viso nell’incavo del suo collo, tenendo gli occhi chiusi… E le mani serrate sulla sua giacca.
Emma sapeva che Regina, adesso, stava cercando Daniel… Che, nel rifugiarsi contro di lei, desiderava trovare qualcuno che era stata in un’altra vita.
Lo sapeva e non le importava.
Dopotutto, lei era Daniel, e inoltre… Era sicura che, alla fine, sarebbe riuscita a farsi amare anche in quanto Emma.
Un passo per volta.
Anche lei, dopotutto, avrebbe dovuto imparare ad amare la persona che Regina era diventata…
“Ha salvato me e Mary Margaret” si ricordò.
Le venne quasi da sorridere, alla memoria di Henry che, seduto da Granny, magnificava l’impresa di sua madre tra una domanda e l’altra sulla Foresta Incantata.
Quasi avesse avvertito i pensieri che la riguardavano, Regina sollevò la testa. «Daniel?» chiamò, arricciando il naso.
Emma si morse la lingua prima di correggerla – “Un passo alla volta” ricordò a se stessa. «Uhm?»
«Avresti davvero bisogno di una doccia, sai».





















Note:
Non so esattamente da dove sia spuntata questa cosa.
A mia discolpa, posso solo dire che l’ho scritta a mezzanotte e che avevo pure mal di testa (ma quando l’ispirazione chiama…) XD
Comunque, mesi e mesi fa avevo visto questo video… il resto non ci azzecca molto, ma probabilmente l’idea di Emma come reincarnazione di Daniel mi era rimasta incastrata in testa…
Che altro dire… l’“ama di nuovo” che Emma si sente sulle labbra è parte di quel “then love again” di Daniel nell’episodio 2x05 (che in italiano è stato tradotto in “devi lasciarmi andare”, credo O.O WTF?)… I riferimenti al telefilm sono per lo più legati a quella puntata, alla 2x08 e alla 2x09, nonché un poco alla 1x18.
E con questo, credo di aver detto tutto… Ah, giusto. Non linciatemi, vi prego ^^
P. S. Riguardo alla presenza di Daniel tra i personaggi... Non sono sicura. Perché lui c’era, ora c’è Emma… Però tecnicamente qui sono la stessa persona, quindi… Aaaargh, mi odio @_@
  
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