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Autore: TheLoveOfMyLiveIsMercury    23/12/2013    2 recensioni
Questa OS è una che scrissi tempo fa su un gruppo di Facebook, e che solo ora ho voluto scrivere qui sopra.
Parla di un giorno normale di Freddie Mercury negli ultimi suoi mesi di vita.
Niente, spero vi piaccia, buona lettura.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freddie Mercury
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno di fine settembre, ma per Mercury sembrava più un giorno di gennaio,
uno di quei giorni in cui fa un freddo pungente, di quelli in cui appena esci di casa ti rabbrividiscono anche i muscoli dello stomaco.
Faceva ancora abbastanza caldo da poter tenere aperte le finestre, la mattina presto, almeno per gli altri, visto che ormai per lui era indifferente il tempo, gli importava solo di morire, al più presto; non ne poteva più di dover soffrire per l'AIDS, ogni secondo che passava a vivere gli causava solo altro dolore, altre sofferenze, e meno forza per poter svolgere anche attività banali, come alzarsi dal letto.
Quel letto che per lui ormai era una cella, da cui non poteva più uscire, almeno fino alla sua morte.
Lui, che fino a pochi anni fa era il re del mondo, della musica, del Rock.
Tutti parlavano di lui, di Brian, Roger, John, della sua band, i Queen, un nome più regale di questo non esiste, vero?
Ora aveva la paura che si fossero scordati della sua persona, del suo nome, della sua identità, cosa aveva fatto, cosa aveva cantato, dei suoi album, delle foto che gli avevano scattato, di lui sulle prime pagine di tutto il mondo, della sua eccentricità, della sua umiltà.
Ma subito dopo pensava:
"Nono, è impossibile, io sono Freddie Mercury, io sono il creatore dei Queen, una fra le più importanti band del mondo, e di sempre. Io sono anche il creatore di Bohemian Rhapsody, la canzone per eccellenza. Nessuno si può scordare di me, vero?"
Ma a domande come questa nessuno poteva rispondere, nemmeno lui.
Ormai non sapeva con chi parlare, non aveva neanche più nessun gatto, ah, il suo amore per i gatti, era infinito, quanto il suo amore per il cantare, scrivere canzoni e per l'arte.
Ma ormai gli rimaneva ben poco di quei suoi amori. Non poteva più cantare, scrivere, e ormai i quadri acquistati tappezzavano le pareti di casa sua, ma che senso c'era in questo? In avere una casa piena di quadri, che non puoi vedere perché a stento ti alzi dal letto? 
E ormai gli rimaneva ben poco anche nel fisico.
I suoi occhi di un marrone vivace, che quasi sembravano aver vita loro, dalla bellezza, ora erano spenti, sembravano quasi occhi di vetro, finti, non sapevano nemmeno esprimere la malinconia, emozione che, prima dell'aver contratto l'AIDS, Mercury non aveva mai espresso.
Era anche dimagrito, forse anche troppo, non toccava cibo, e non aveva più fame.
Voleva solo morire. Voleva solo finire quella sua esistenza, che in quel momento agli occhi suoi era inutile.
Era l'ombra del Mercury dell'86, del Mercury che aveva conquistato gli stadi di tutto il mondo, che era all'apice della sua carriera.
Era semplicemente l'ombra di sé stesso.
Ormai si rinchiudeva in sé, voleva parlare sempre con meno persone, e sempre meno volte, non voleva sapere cosa succedeva nel mondo, cosa succedeva agli altri artisti musicali, cosa dicevano le riviste su di lui.
Ormai non sorrideva da tempo, anche troppo, per uno simpatico, dolce ed estroverso come lui.
La cosa che più gli ritornava in mente era una frase "Nothing really matters... for me", di cui in alcuni giorni ormai si scordava anche da quale canzone provenisse.
Restava ore e ore sul perché avesse scritto quel verso, in quella canzone specifica.
Poi pensava che quella canzone rifletteva il lui di quel periodo, non gli fregava niente di nulla o nessuno, niente era veramente importante, per lui.
E ripensava alle magnifiche ore passata sullo Stadio di Wembley a cantare, in uno dei live più spettacolari di sempre.
Ripensava a molte delle canzoni che aveva cantanto in quelle ore: One Vision, A Kind Of Magic, Another One Bites The Dust, Who Wants To Live Forever, Love Of My Life, Tutti Frutti, Gimme Some Lovin', e Bohemian Rhapsody, ormai quella canzone era nella sua mente e non voleva uscirne.
Perché era la sua canzone preferita, perché era stupenda, perché era tra le più conosciute e acclamate di sempre.
C'erano mille perché, ma nessuna vera risposta.
Ma a lui non importava veramente nulla di questo, perché?
Perché lui era Freddie Mercury, il re del Rock, la regina, anzi, lui era la regina del Rock, ed era e rimane l'idolo di milioni di persone, giovani, bambini, ragazzi e ragazze di tutte le età.
"Nothing really matters... for me" era la sua frase preferita, almeno in quel periodo, e la ripetè anche prima di morire, quasi come un arrivederci, a questo mondo, a chi lo amava, ai suoi fans, ai suoi amici, ai suoi familiari, a chi lo teneva in fondo al cuore come idolo di vita.
Dopo la sua morte ci furono tanti pianti in sua memoria, ma la sua morte non frenò il crescere del suo numero di fans, anzi, lo fece solo aumentare.
Dopo un ventennio dopo la sua scomparsa ci sono sempre nuovi fans, che sono felice grazie alle sue parole, al suo suonare il piano-forte, o la chitarra, in Crazy Little Thing Called Love, insomma, il mondo intero non si dimenticherà mai di lui, e delle sue imprese musicali, mai e poi mai.
Ma questo, in fondo al suo di cuore, lo sapeva già.












"Angolo dello scrittore"
Bene, spero vi sia piaciuta, è una OS senza pretese, e molto sempliciotta, se si vuole dire la verità.
Alcune cose me le sono inventate io di sana pianta, come il fatto che le ultime parole che disse prima di spirare furono "Nothing really matters... for me".
Se trovate qualche errore ortografico o sintattico ditemelo, così da poterlo/li correggere.
Se volete dire la vostra, anche in modo negativo, potete farlo tranquillamente.
Niente, non so più che dire, quindi vi saluto, alla prossima.
  
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