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Autore: XShade_Shinra    23/12/2013    4 recensioni
Piove.
Lavi e Tyki si incontrano sulle scale dell’albergo dove soggiornano e, impossibilitati a fare ritorno alle proprie stanze – a causa dei loro compagni di camera –, decidono di passare il tempo facendo una partita a carte.
[ Fanfiction partecipante alla Challenge "Snack Dolci" indetta dalla community Dieci&Lode ]
[ Fanfiction pubblicata per il "Lucky Week 2013" ]
[ Fanfiction classificata 1° al contest "What a wonderful - SLASH - world!" indetto da My_Pride sul forum di EFP ]
[ Yaoi - Tyki x Lavi, Link x Allen ]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Allen Walker, Link, Rabi/Lavi, Tyki Mikk | Coppie: Tyki/Rabi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come Quando Fuori Piove
Piove.
Lavi e Tyki si incontrano sulle scale dell’albergo dove soggiornano e, impossibilitati a fare ritorno alle proprie stanze – a causa dei loro compagni di camera –, decidono di passare il tempo facendo una partita a carte.
Fanfiction partecipante alla Challenge "Snack Dolci" indetta dalla community Dieci&Lode
Fanfiction pubblicata per il "Lucky Week 2013"
Fanfiction classificata 1° al contest "What a wonderful - SLASH - world!" indetto da My_Pride sul forum di EFP
[Yaoi - Tyki x Lavi, Link x Allen]



-Titolo della storia: Come Quando Fuori Piove
-Autore: XShade-Shinra 
-Fandom: D.Gray-man
-Pacchetto: Picche
Numero della carta scelta: Regina di Picche
Oggetti di uso quotidiano: Specchio
Citazione: “Nella vita, come nel gioco delle carte, è un grande vantaggio quello di essere i primi a giocare, perché a carte uguali si vince.” [Baltasar Gracián]
-Prompt Dieci&Lode (tabella Snack Dolci): #08 - Marmellata
-Rating: Arancione
-Genere: Commedia
-Tipologia: One Shot (6150 parole circa)
-Avvertimenti: Yaoi, WI/MM
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo…), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
-Note dell'autore: Il titolo è un modo per ricordarsi i valori dei semi nelle scale giocando a poker: Cuori, Quadri, Fiori, Picche.
Nella storia, però, non si giocherà a poker. Ho voluto utilizzare questo titolo perché la FF è ambientata in un giorno di pioggia; quei tipici giorni in cui fa piacere starsene in casa, a bere cioccolata davanti al fuoco e, appunto, a giocare a carte.
Timeline: tra post-arca e saga di Alma.




Come Quando Fuori Piove


 «Piove…», sussurrò Allen, poggiando la mano sinistra sulla finestra gelida che mostrava una Monaco di Baviera dal cielo plumbeo e piangente. Sembrava totalmente assorto nella contemplazione del triste e cupo panorama, del quale era spettatore da quella camera tripla d’albergo.

Link lo guardò con la coda dell’occhio, interrompendo per un attimo la propria lettura serale.

«È abbastanza naturale in questa stagione, Walker», gli disse il Sorvegliante, tornando poi a leggere.

«Mi ricorda la mia Londra…», sospirò Allen, aggiungendo un timido: «Mi ricorda Mana». Aveva già avuto modo di parlare del patrigno davanti alle ingorde orecchie di Link, sperimentando che si trattava di uno dei migliori modi per sfogarsi dal patema d’animo che portava dentro.

«Se vuoi, possiamo uscire a fare una passeggiata. Ho un ombrello abbastanza grande per due, Walker», gli propose inaspettatamente il tedesco.

Allen rivolse i propri occhi color argento alla seria figura del Sorvegliante, meravigliato.

«No, Link. Grazie lo stesso».

L’Esorcista maledetto sorrise, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra, immerso nei propri pensieri.

Pioveva anche quando Mana era stato investito da quella carrozza ed era morto davanti agli occhi del ragazzo, che quasi avevano pianto sangue a causa dell’atroce sofferenza. Non ricordava di aver mai più sofferto così tanto, nemmeno quando non era riuscito a salvare Suman.

Allen sospirò appena, appannando per un attimo una zona del vetro. Doveva pensare ad altro: non poteva permettere ai ricordi di prendere il sopravvento.

Non dopo una missione che si era rivelata un assoluto flop e per la quale Komui aveva mobilitato Lavi, Bookman, due Finder e lo stesso Allen, accompagnato dall’Ispettore e dal Golem dorato del Quattordicesimo.

«Link?», Allen chiamò il Corvo, stringendosi nelle spalle. «In queste giornate si sta bene dentro casa, al calduccio… magari sotto le coperte a bere cioccolata», sorrise con aria sognante.

Le guance dell’Ispettore si tinsero di un leggero rosa a quella frase che trasudava dolcezza.

«Sono desolato, Walker… ma al momento ho solo un vasetto superstite di marmellata», disse, chiudendo il libro. Aveva capito che non sarebbe riuscito a finire il capitolo.

«Allora perché non mangiamo quello, mentre facciamo qualcosa?», gli propose l’Esorcista, girandosi verso di lui.

Link rimase incollato alla sedia, guardando Allen come un prete davanti al Diavolo. Conosceva bene l’inglese, e sapeva che c’era qualcosa nell’aria. 

«Tipo?», domandò, sulla difensiva.

«Potremmo giocare a poker… magari a strip poker…», sussurrò complice.

«Walker!», quasi urlò il biondo. «Ti sembrano cose da proporre?!».

«L’altra volta ti è piaciuto…», gli ricordò.

«L’altra volta, Walker, hai barato!», berciò l’altro.

«Sì, così ho potuto vederti nudo, e poi...», sorrise Allen, perdendosi in ricordi decisamente più dolci e piccanti dei precedenti. Come cioccolato al peperoncino.

Link arrossì a dismisura, ricordando la partita di qualche giorno prima, quando le loro mani si erano sfiorate, la bocca di Allen era scesa in mezzo alle sue gambe e quella di Link aveva prorotto in versi osceni.

«Hai barato!», continuò a sostenere il tedesco, additandolo.

Allen sorrise. Una smorfia quasi paurosa agli occhi di Link.

«Allora, stavolta, decidi tu», lo invitò.

Link non ebbe nemmeno bisogno di pensarci:

«Una partita a scacchi, Walker!», decise con impeto, alzandosi in piedi.

«Ma io non so giocare a scacchi…», uggiolò l’albino, avvicinandosi all’altro. «Link… E se mangiassimo solo un po’ di marmellata, sotto le coperte?», lo provocò, iniziando a sbottonarsi la camicia e lasciando che gli occhi chiari dell’Ispettore vagassero sul suo petto candido. Dopo la loro partita a carte aveva capito di avere un discreto ascendente sul Sorvegliante.

«Perché proprio sotto le coperte, Walker?», gli chiese lui, che cercava di non fantasticare troppo, anche se parte della sua mente era già partita per un viaggio piuttosto erotico.

Gli piaceva Allen, era innegabile, e, dopo ciò che avevano fatto, avrebbe voluto riposare le labbra sulle sue, per poi affogare in lui, mentre le loro mani scorrevano sul corpo l’uno dell’altro.

«Perché fa freddo senza vestiti, altrimenti», gli rispose leggermente malizioso, e non gli diede il tempo di replicare, ché allacciò le braccia al suo collo e lo baciò con foga.

Le loro lingue, dapprima incerte, si accarezzarono con passione in crescendo, fino a danzare, battagliare. Gli occhi chiusi, le braccia a cingere l’altro.

«Link…», sussurrò Allen, una volta terminato il bacio. «Facciamo l’amore…». Non era una domanda, ma una gentile richiesta, mentre il volto dell’Esorcista diventava purpureo.

«Ma… Bookman Junior?», chiese Link, preoccupato.

Lavi divideva la camera con loro ed era uscito, dicendo di non preoccuparsi se avesse tardato.

«Sarà andato con Bookman in biblioteca o all’archivio diocesano… Non tornerà prima di notte fonda… Link…», Allen lo pregò con gli occhi. Desiderava da troppo tempo quell’unione, per poter tornare indietro.

«Walker…», rispose l’altro, perdendosi nelle sue pozze argentate, grandi e pure, esitando appena.

«Ho chiuso la porta a chiave dopo che è uscito… Link, perché mi scacci con queste scuse?», gli chiese, sentendosi ferito dal suo vacillare, ma nessuna risposta giunse alle sue orecchie, perché le labbra del ragazzo dai capelli biondi andarono nuovamente a adagiarsi sulle sue, mentre lo conduceva gentilmente a letto.

Anche Link si era innamorato di lui, però non lo avrebbe mai ammesso finché il Sovrintendente Lvellie non lo avesse assolto dal suo compito di Sorvegliante, e aveva sperato fino all’ultimo che quella notte potesse veramente essere scaldata dal fuoco che ardeva in loro.

Allen sorrise, spogliando il Corvo e rotolando con lui nel letto di Lavi, quello davanti alla porta, arrivando all’estasi grazie alle amorevoli attenzioni di Link, con il quale consumò più e più volte, insaziabile.


*


«Yahun… che stanchezza…». Lavi si stiracchiò, mentre saliva le scale, diretto alla propria camera. Erano ormai le due di notte, e aveva molto sonno a causa della caterva di documenti che aveva dovuto memorizzare insieme al vecchio panda. «Ora mi butto a letto… Per fortuna che mi sono fatto la doccia prima di uscire…», borbottò tra uno sbadiglio e l’altro.

Posò la mano sulla maniglia della porta e l’abbassò, ma non riuscì ad aprire l’uscio. A quell’insolito fatto, Lavi mise in allerta i suoi sensi di Bookman. Sentiva che dalla stanza provenivano degli strani rumori…

“Akuma?!”, pensò lui, prendendo il suo fidato Oodzuchi Kodzuchi1 dalla fascia alla coscia dove lo portava.

Per una volta, però, la proverbiale sfortuna di Allen venne meno, perché il Bookman, prima di buttare giù la porta con un colpo di martello, volle dare un’occhiata dal buco della serratura per constatare l’entità del pericolo.

Sentiva distintamente Link e Allen lamentarsi in maniera soffocata, ma avvertiva come la sensazione che gli stesse sfuggendo qualcosa; e ciò era insopportabile, dal suo punto di vista.

Così si abbassò e sbirciò dalla toppa, rimanendoci di… sale.

Vide Allen e Link, sporchi di marmellata, che ansimavano e gemevano di piacere, mentre l’albino si muoveva con movimenti sinuosi sopra il bacino dell’altro, facendo cigolare le molle del letto. La faccia dell’Investigatore era devastata dalla goduria, mentre Allen, che dava le spalle a Lavi, sembrava scosso da mille brividi ogni volta che accoglieva in sé il membro del compagno.

Il Bookman raddrizzò la schiena, rimanendo lì in piedi come un baccalà, dando un senso a tutti quei rumori e a quelle mezze parole sussurrate o uggiolate.

Tra cui un “Ohw, Howard… I love you!”, pronunciato dall’albino, che gli fece gelare il sangue nelle vene.

“Non ci credo… Allen è così carino, simpatico, gentile… e ama un tipo come Due Nei?!”, si chiese, fortemente traumatizzato. “Non c’è logica! Allen potrebbe avere bei tipi ai suoi piedi e si spreca con lui?! E poi perché ha scelto proprio Due Nei?! Io non sono forse molto più bello e solare?!”.

Lavi non capiva come l’amico potesse aver fatto una scelta tanto ardita… senza nemmeno chiedergli consiglio, per giunta! Eppure sapeva benissimo quanto Lavi odiasse essere all’oscuro di qualcosa, per deformazione professionale. Era un ficcanaso nato, più chiacchierone di una vecchia comare.

“Domani avrà da spiegarmi parecchie cose… E non posso nemmeno entrare in camera, ora…”. Lavi sbuffò, rendendosi conto della propria situazione.

Mise a posto il martellino e fece a ritroso le scale, scendendo ai piani bassi.

Sarebbe rimasto a riposare un po’ nella hall e sarebbe tornato verso l’alba, sperando che i due avessero finito, ma non sapeva che i suoi piani avrebbero subito un piacevole cambiamento, a causa di un incontro del tutto inaspettato.

Infatti, arrivato al primo piano, Lavi fece per scendere l’ultima rampa di scale che lo separava dalla hall, quando una persona gli finì addosso, mandandolo a terra.

«Ehi!», Lavi sbottò infastidito, pestando le sue regali terga sul parquet dell’hotel, mentre l’uomo correva a rotta di collo giù per le scale.

 «Onorevole Noah, la prego, non se la prenda con me! Ho cercato di avvisarla!», urlò, prima di sparire dalla vista del Bookman.

“Onorevole Noah?”, si chiese Lavi, trasalendo.

Con un colpo di reni si alzò di scatto, capendo che quella furia non era altro che un Broken – perché se si fosse trattato di un Akuma, Allen lo avrebbe intercettato grazie al suo occhio sinistro e sarebbe intervenuto.

Fece quindi per correre nella direzione del Broken, quando gli venne un dubbio, mentre sentiva dei passi veloci scendere le scale.

“Un momento! Se stava parlando con un Noah, allora il mio vero nemico starà arrivando!”, intuì l’Esorcista, girandosi per affrontare il rivale.

Prese la propria Innocence e la ingigantì con un comando appena bisbigliato, poi la afferrò saldamente in mano, pronto a dare il benvenuto al Noah che probabilmente stava scendendo le scale.

Aveva già in mente una plausibile scusa se quella persona non fosse stata un membro della famiglia Noah, ma le intuizioni di Lavi si rivelarono giuste, perché colui che arrivò sul pianerottolo fu esattamente uno di loro: il Piacere, Sir Tyki Mikk. Lavi capì che il Conte doveva essere riuscito a salvarlo dopo che Allen, nell’Arca, aveva tentato di esorcizzarlo.

«Maledetto Broken da quattro soldi! Avresti dovuto essere più convincente prima!», ruggì il portoghese, credendo che Lavi fosse l’uomo che gli era sfuggito.

«Più convincente per cosa, signor Neo?», domandò Lavi con un sorriso divertito, facendo vibrare il proprio martello a pochi centimetri dal bel viso del nemico.

Tyki fece un passo indietro, guardando il rosso a occhi sgranati.

«Guercino?», lo chiamò stupito. «Cosa ci fai qui?».

Lavi notò immediatamente che il Noah era piuttosto stupito di vederlo, ma soprattutto scorse chiaramente l’espressione di puro schifo nei suoi occhi e nel labbro superiore stirato in maniera innaturale.

«Tsk, secondo te?», chiese Lavi con aria di sfida.

Tyki ignorò quella domanda retorica, chiedendogli, invece, se avesse visto un uomo correre per le scale.

Il Bookman sbuffò e indicò semplicemente la gradinata con un movimento del martello. Il Noah seguì la direzione con lo sguardo, e vide dal portone principale – ancora spalancato – che la pioggia non aveva accennato a smettere.

«Dovrà tornare, prima o poi…», borbottò, prendendo una sigaretta e l’accendino dalla tasca della giacca elegante che indossava.

Lavi sollevò un fine sopracciglio, dubbioso.

«Non noti che ti sto puntando un’arma contro?», gli chiese, sentendo puzza di trappola.

«Non penso che tu voglia ridurre in polvere e calcinacci questo albergo, quindi posso anche fregarmene», rispose il portoghese, accendendosi la sua amata paglia. In quel momento aveva decisamente bisogno di rilassarsi, e non di combattere contro un Esorcista.

Lavi continuò a guardarlo attentamente.

Non si fidava di quell’uomo, ma notava che Tyki sembrava essere con la testa tra le nuvole e che ogni tanto faceva una smorfia disgustata.

Dopo pochi secondi, il moro degnò Lavi della giusta attenzione e gli chiese:

«Che ne dici di farmi un po’ di compagnia, Guercino? Tanto in camera non ci posso tornare…».

«Sono nella tua stessa condizione… Non posso andare in stanza e non posso chiedere asilo al vecchio panda o smaschererei un “amico”», rispose Lavi, facendo una faccia buffa nel dire l’ultima parola.

«Oh, potrei dire la stessa cosa… solo che si tratta di mio fratello…», borbottò il Noah.

«Perché? Che problema c’è?», domandò Lavi, curioso come una scimmia.

Tyki non riuscì a stare zitto: doveva sfogarsi con qualcuno o sarebbe scoppiato.

«Road, la mia amata nipotina, si sta facendo mio fratello, ovvero suo patrigno, e Trisha – la moglie di Cheryl – non è al corrente della loro relazione… Ergo, non posso andare da lei a dormire o mi chiederebbe spiegazioni, e non posso nemmeno andare in camera, perché l’incesto2  non fa proprio per me: c’è un limite alla depravazione, anche se non si hanno legami di sangue con una persona», rispose Tyki, con faccia schifata nel ricordare i continui tentativi di Cheryl di baciarlo quando lo vedeva.

Anche Lavi fece una faccia altamente sdegnata e ne approfittò per raccontare la propria disavventura:

«Io, invece, sono tornato da poco con il vecchio dalla biblioteca e quando sono arrivato in camera ho scoperto che Allen e il caro Due Nei mi hanno chiuso fuori e ci stanno tutt’ora dando dentro, nel vero senso della parola», disse, vedendo l’espressione di Tyki mutare.

«Come?! Il mio ragazzino… con uno? Chi è questo qui3?», domandò Tyki, sconvolto. A lui piaceva Allen, l’aveva ammesso davanti a tutti senza pudore.

«Un pastore tedesco stitico», spiegò Lavi, telegrafico.

Tyki scosse il capo, capendo che se Allen aveva scelto uno così, allora lui non aveva più nessuna speranza di riuscire ad averlo per sé.

Lavi sospirò, dandogli una pacca sulla spalla.

«Anche io ci sono rimasto male, cosa credi?», chiese, per poi aggiungere: «E comunque è Cheryl che si sta facendo Road, al massimo…».

Tyki si depresse ancora di più.

«No, è proprio lei che si sta facendo lui. Mai sentito parlare di pegging4? Sei stato fortunato ad aver trovato la porta chiusa: io, invece, sono entrato in camera e li ho visti in tutto il loro “splendore”…», borbottò il Piacere. Sicuramente il Broken aveva cercato di trattenerlo fuori e non ci era riuscito, ecco il perché della sua furia contro quell’uomo.

E fu in quel momento di comprensione reciproca che i due misero da parte le armi e i rancori.

Tyki era uno tra i Noah più forti, e Lavi era stanco e solo. Non avrebbe potuto sostenere un combattimento contro di lui, e probabilmente solo il vecchio panda e i due Finder sarebbero giunti in suo soccorso, poiché Link e Allen sarebbero stati troppo impegnati tra di loro per accorgersene.

Inoltre, Tyki non era minimamente obbligato a ucciderlo, poiché non era lì in veste di Noah, ma in quella di Sir Tyki Mikk, venuto a Monaco di Baviera con la famiglia del fratello, per accompagnare quest’ultimo a un ballo – conclusosi poco prima.

«Vieni…», gli disse Lavi. «Andiamo a giocare un po’ a carte nella hall… Ci rilasseremo».

Tyki annuì e scese le scale con il Bookman, sospirando.

Sì, forse giocare a carte lo avrebbe distratto e avrebbe così smesso di pensare a quella scena da incubo di cui era stato testimone.


*


«Piove ancora…», soffiò Lavi, seduto su un comodo divano in pelle, guardando la pioggia che cadeva dal cielo come se gli angeli la stessero buttando a secchiate. Aveva il naso per aria e i piedi poggiati su un basso tavolino d’ebano. Aveva ormai ritirato il proprio martello, capendo che Tyki, quella sera, non avrebbe rappresentato un pericolo.

«Penso che non smetterà fino a domattina», disse il portoghese, che, seduto su un divano in tinta con la poltrona, mischiava un mazzo di carte francesi.

Il receptionist aveva lasciato loro le carte da gioco e li aveva invitati ad accomodarsi appunto nella sala d’aspetto attigua alla reception. Era ormai notte fonda, e, da come si stavano mettendo le cose, i due erano certi che avrebbero passato la notte in bianco, lontani da un bel letto comodo.

«A cosa vuoi giocare?», domandò Tyki a Lavi, il quale increspò le labbra in un sorriso complice e furbetto.

«Non mi freghi, Marcantonio», rise. «Niente poker: so bene che sei secondo solo ad Allen in quello, grazie alle tue strategie da baro».

«E allora cosa mi proponi?», sorrise lui. «A seconda del gioco devo togliere o aggiungere carte».

Il Bookman rimase un po’ a pensarci, poi sorrise:

«Che ne dici di Scala 40?».

«Troppo complesso a quest’ora…».

«Pinnacolo?».

«Idem con patate…».

«Tarocchi?».

«Servono i tarocchi, non le carte francesi».

«Uff…», sbuffò il rosso, iniziando a dire tutti i giochi di carte che gli venivano in mente: «Bridge, asino, sette e mezzo, primiera, ramino, diavoletto, canasta, briscola, rubamazzetto…».

«Perché non scopiamo, invece?», gli propose Tyki, interrompendolo dopo aver sentito “rubamazzetto”.

«Eh?!», esclamò Lavi, alzandosi di scatto dalla poltrona, con il rischio di ricadere a terra. 

«Sì,» annuì il Noah, «perché non farci una bella partita a scopa?», chiese retorico, sorridendo in maniera lussuriosa.

Lavi sollevò l’indice, pronto a controbattere, ma capì che, vista la sua reazione, era caduto nel trabocchetto postogli dal Piacere per metterlo in imbarazzo, e preferì dunque risedersi a braccia incrociate sulla poltrona e fare silenzio.

Tyki sorrise ancora e scorse il mazzo per togliere le carte extra che non servivano ai fini del gioco.

«Lo predo per un sì», disse al Bookman, mettendo da parte le carte dall’otto al dieci e i due jolly. «È un vero peccato essere solo in due… ci si diverte di più a giocare a scopa quando si è in quattro…».

Lavi ignorò il doppio senso della frase, che sembrava un “mi piacciono le orge, non sei d’accordo?”, e gli chiese esattamente a quale delle tante varianti di scopa volesse giocare.

«Scopa classica. Sai, sono uno che ama provare tutto, ma alla fine rimane sempre vecchio stile…», Tyki ammiccò, continuando a spiegare, mentre mescolava le quaranta carte che avrebbero formato il loro mazzo. «Tre carte a ciascuno, quattro carte scoperte sul tavolo. Facciamo a turno il mazziere e l’altro taglia. Vince chi arriva per primo a undici punti. E a ogni partita i punti saranno: uno per chi colleziona più carte, uno per chi ha il settebello , uno per chi fa danari, uno per la primiera e, ovviamente, uno per ogni mia azione preferita: la scopa».

«Sei forse la Befana, signor Neo?», ironizzò Lavi, guardandolo serio.

Tyki ci rimase male a quella battuta, e gli tirò un cuscino sulla faccia, dandogli del mentecatto.

Senza indugiare oltre, i due iniziarono a giocare.

Lavi fece il mazziere e quindi il portoghese fu il primo a giocare le proprie carte per collezionare quelle che c’erano sul tavolo.

Dopo che Tyki posò il tre di danari, Lavi scelse il fante di picche dalla propria mano, ben deciso a prendere il cinque di cuori e la carta appena giocata dal Piacere, ma, prima che potesse prenderli, Tyki si intromise.

«Ti va se facciamo una scommessa, Coniglietto?», gli domandò, sorridendo.

Lavi quasi arricciò il naso a quell’appellativo, più per il voltastomaco che per altro, e lo guardò in tralice.

«Questo ♪ non è ♬ un gioco ♩ d’azzardo ♪», gli ricordò cantilenante.

«Lo so, infatti non c’è quel pizzico di pepe che mi attizza ogni volta», spiegò l’altro, nascondendo il sorriso con quel poco folto ventaglio di due sole carte che aveva in mano.

Junior lo guardò diffidente.

«Che cosa vuoi scommettere?», domandò.

Il portoghese si accese una sigaretta in modo lento e cerimonioso, soffiando via il fumo bianco e creando dei pregiati arabeschi nell’aria.

«Teniamo a mente le scope che facciamo… Chi vince, dopo aver raggiunto gli undici punti, potrà rivendicarle».

«Rivendicarle? In che senso?», domandò Lavi, sperando di aver capito male.

«Oh, indovina…». Il sorriso di Tyki fece capire all’Esorcista di aver capito bene fin dall’inizio i suoi vaneggiamenti.

«Ma non ti vergogni? Sono un tuo nemico!», sbottò Lavi.

«Minimamente», rispose Tyki, fumando rilassato. «Forse sei tu che ti vergogni?».

«Non hai pensato al fatto che magari mi piacciano solo le donne?», chiese Lavi di rimando, ignorando la sua domanda.

«No…», ridacchiò Tyki. «Altrimenti non saresti stato tanto sconvolto per Allen, giusto?».

Lavi strinse la mano libera a pugno. Non c’era proprio verso; quando si trattava di Allen palesava apertamente i propri sentimenti, non riuscendo a trattenerli nella maschera da Bookman.

«E quindi? Allen è un amico, mi dà solo fastidio che abbia scelto Due Nei!».

«Perché avresti voluto che scegliesse te…», capì Tyki.

«No, con me non sarebbe mai stato felice…».

«Oh, ma per una bottarella e via sì…».

«Lui non è quel tipo di persona», si infiammo Lavi. «Lui non va con uno solo per sesso: non ci riuscirebbe mai. Non è mica come…», ma si fermò, non riuscendo a concludere la frase.

«Come te e me, volevi dire?», domandò serafico il Noah.

Lavi abbassò lo sguardo. Colpito e affondato.

«Quindi non c’è problema per te se facciamo solo sesso, no?», insistette Tyki.

L’erede di Bookman ci pensò sopra. Alla fine non sarebbe cambiato nulla tra loro e il suo cuore difficilmente avrebbe reagito ai tocchi di Tyki – per quanto esperti, perché Noah del Piacere.

«Va bene, signor Neo… Quindi, se vinco io, tutte le scope mi varranno dal vivo?».

«Esatto, anche dilazionate nel tempo, se sono troppe per queste poche ore che ci dividono dall’alba. Ma tu farai sempre il passivo, Coniglietto», mise in chiaro il Noah.

«Eh?! Perché?!», ruggì il rosso, alzandosi nuovamente in piedi e notando una cosa dietro di sé, con la coda dell’occhio.

«Perché non sia mai che Sir Tyki Mikk faccia il passivo con un ragazzo così carino», ammiccò, facendogli cenno di sedersi.

Lavi si imbronciò e le sue gote si colorarono in tinta con i capelli.

«Bah…», sbuffò, prendendo le carte che aveva adocchiato sul tavolo e ponendole in un mazzetto coperto accanto a lui, insieme alla carta che aveva in mano e che aveva usato.

Lo scopo del gioco della scopa era di guadagnare più punti possibile.

C’erano diversi metodi per guadagnarli, e i più sicuri erano prendere il settebello e fare scopa, ovvero raccogliere tutte le carte scoperte sul tavolo, pulendolo. Le altre possibilità non davano la certezza di guadagnare il punto, perché a carte pari tale punto non veniva dato; regola valida anche per la primiera, ovvero il maggior punteggio ottenuto con quattro carte.

Per il suddetto motivo, fare scopa era una cosa ambita. Le regole erano semplici: si giocava una carta dalla propria mano e si prendeva quella dello stesso valore numerico presente sul tavolino o, in alternativa, si prendevano le carte che, sommate, davano come risultato il numero della carta giocata, tenendo conto che il Fante, la Regina e il Re valevano rispettivamente come otto, nove e dieci.

 Nel proprio turno si poteva decidere anche di mettere una carta in più sul tavolo dalla propria mano. Era tutta una questione di strategia.

«Bravo, Coniglietto. Ma non abbastanza», sorrise il Noah, mettendo un Re di fiori a terra in aggiunta alle altre tre carte rimanenti. Ora fare scopa sarebbe stato più difficile.

Lavi si stiracchiò, sedendosi scomposto, quasi sdraiato sulla poltroncina, e ciò non fece piacere a Tyki, che sembrò fortemente scontento.

«Che c’è, signor Neo?», chiese Lavi, mostrandogli la lingua.

«Nulla», borbottò lui, attendendo che giocasse.

Nonostante la faccia da poker, Tyki non era riuscito a celare il suo malcontento a causa della nuova posizione di Lavi.

“Crede forse che io sia tonto? Sono un Bookman, era ovvio che vedessi lo specchio appeso alla parete alle mie spalle!”, pensò, ridendo sotto i baffi.

Tyki non si smentiva mai: anche se non stava giocando a poker ricorreva comunque ai trucchetti da baro.

Lavi calò un sei di fiori, prendendo la stessa carta ma di un seme diverso dal tavolo e aggiungendo la presa al mucchietto. Il vantaggio di carte all’inizio era una cosa da nulla, ma gli avrebbe comunque fatto comodo.

«A te, Marcantonio», lo invitò, già pregustando la propria vittoria.

Tyki non poteva saperlo, ma aveva scelto il gioco più semplice dal punto di vista di un Bookman, persona dotata di grandissima memoria. E se ne sarebbe accorto a proprie spese.


*


«Scopa…», ghignò Lavi, pulendo per l’ennesima volta il piano di gioco.

Tyki vide nuovamente il tavolino in ebano lindo e spoglio.

Titubante, mise giù l’ultima carta dalla propria mano – una Regina di fiori – e Lavi, con un sorriso, la prese in cambio della Regina di cuori.

«Grazie… scopa!», rise ancora il rosso, senza pudore.

Si stava divertendo come non mai in vita sua.

Erano solo alla prima partita e aveva già fatto carte, danari, preso il settebello e, sicuramente, collezionato una primiera dal valore altissimo. Inoltre, aveva fatto per ben sei volte scopa – che risaltavano dal suo mazzetto.

Il totale del suo punteggio era quindi, nientemeno che dieci punti.

Tyki non poteva crederci.

Più volte aveva tenuto sott’occhio le mani del Bookman, credendo che stesse barando, e aveva anche controllato alle proprie spalle, sicuro di avere dietro di sé uno specchio come quello che c’era dietro il Bookman ma che quest’ultimo aveva reso del tutto inoffensivo assumendo le posizioni più strane e stravaccate.

Non c’era trucco, non c’era inganno, eppure Lavi stava vincendo con facilità spaventosa.

“Che sta succedendo?!”, si chiese Tyki, guardando il tralice il suo misero mazzetto. “A quest’ora dovrei avere io la supremazia del gioco”.

Ma Lavi stava là a sorridere tranquillo, mentre dava le carte per un altro turno.

Era sereno e rilassato. E anche divertito, a giudicare dalla sua espressione nel guardare il posacenere ormai colmo dove Tyki infilzava i mozziconi di sigaretta fumati fino al filtro, per il nervoso.

La risposta era quasi scontata; Tyki non aveva pensato a una cosa semplice e banale. Una regola della scopa che avrebbe ben dovuto tenere a mente: è vietato in ogni modo prendere appunti sulle carte scoperte durante il gioco.

Una regola ovvia, che se solo gli fosse venuta in mente lo avrebbe fatto desistere dal giocare a scopa contro Lavi.

Lui era un Bookman, una persona senza sentimenti che come unico scopo nella vita aveva quello di registrare la storia. E per fare ciò era munito di una memoria formidabile, capace di imprimere nella mente anche il più miniscolo e insignificante dettaglio.

Questa sua peculiare caratteristica era un’arma vincente a scopa, gioco dove a fare la differenza era proprio il ricordare quali carte erano già uscite, così da rendere più difficile all’avversario la possibilità di fare scopa e facilitare il proprio compito per una mano successiva.

«Come fai?», chiese Tyki, mentre prendeva le carte che gli dava Lavi.

«Come faccio a fare cosa?», chiese lui, guardando cosa gli aveva riserbato il destino in quelle tre carte.

«A vincere in continuazione…», borbottò Tyki. «C’è qualcosa sotto…».

«Non siamo tutti dei bari come te e Allen». Lavi scoccò la sua frecciatina. «Ci sono anche persone che giocano e vincono basandosi unicamente sulle loro capacità, oltre che a un pizzico di fortuna!».

Tyki sbuffò e calò il due di fiori.

Lavi non smise di sorridere entusiasta, mettendo a terra un cinque di fiori. I sette erano già tutti usciti, quindi non ebbe il timore di una scopa da parte di Tyki, il quale calò un asso di picche. Aveva in mano un sei di cuori, e voleva prendere asso e cinque al turno successivo.

Peccato che la dea della fortuna avesse baciato Lavi, offrendogli in mano una carta molto più utile.

«Scopa!», esulto felice, spazzando via tutte le carte con una Regina di picche. «Sai, nel linguaggio delle carte, la Regina di picche rappresenta appunto una donna, magari una rivale in affari o la donna che ami… ma se è vicino all’asso di picche, indica una vedova… Probabilmente ammazzerai tuo fratello e farai rimanere vedova la povera Trisha…», sogghignò Lavi, mettendo la scopa nel proprio mazzetto.

A quel punto Tyki si alzò in piedi, additandolo.

«Stai barando!».

«Assolutamente no…», disse calmo Lavi.

«Era già uscita la Regina di picche!».

«No, erano quelle di cuori e di fiori, signor Neo…», gli ricordò Lavi, senza fare una piega.

Tyki però, che non aveva ricevuto da madre natura il dono della pazienza, perse completamente le staffe, a causa inoltre dello stress accumulato per aver visto i propri famigliari alle prese con le loro porcate.

Senza pensarci due volte attraversò il tavolino passandoci all’interno con il suo potere Noah e afferrò Lavi per il bavero della giacca da Esorcista.

«Non prenderti gioco di me…», sibilò, con gli occhi dorati carichi di odio.

«Io non ti prendo in giro, Marcantonio», disse Lavi, prendendo la propria Innocence nel caso ci fosse stato da menar le mani. «Anzi. Per farti capire che sono un giocatore leale, al contrario di te, che speravi di vincere utilizzando lo specchio dietro di me, ti metto subito al corrente che, con la scopa appena fatta, sono arrivato a undici punti tondi tondi…».

Tyki strinse i denti, irato, e il suo polso tremò talmente tanto da scuotere perfino il corpo di Lavi.

«Tu…», soffiò, pronto a compiere una strage, ma le parole successive del rosso lo placarono:

«La partita è finita, no? Quindi… devo riscuotere il mio premio…», miagolò Lavi con occhi maliziosi.

«Oh… credevo che non ti fosse piaciuta la mia proposta…», ridacchiò baritonale il Noah.

Lavi sorrise, come una leggera tosse.

«Al contrario… Voglio rivendicare le sette scopate che mi devi…», rispose, allontanando gentilmente la mano del portoghese dal proprio collo. «Aspettami un attimo…», sussurrò con voce suadente, allontanandosi verso la reception.

Tyki non poté fare a meno di fissare il deretano del ragazzo, perfettamente fasciato nel suo paio di pantaloni bianchi. Presto il malumore gli sarebbe passato. Dopotutto aveva creato una scommessa fatta in modo che, se avesse vinto o perso, avrebbe comunque guadagnato.

Così rimase buono, in attesa, sicuro del fatto che Lavi stesse chiedendo una camera extra al receptionist, immaginandosi il rosso senza veli, perdendosi in ardite fantasie.

Lavi, però, tornò ben presto per infrangergliele.

«Tieni», gli disse il Bookman, deciso, mettendogli in mano un lungo bastone liscio che terminava con uno sbuffo di faggina sapientemente legato.

«Buona scopata, signor Neo. Ti attendo all’Ordine tra una settimana, così mi ramazzi la stanza», disse Lavi, girando sui tacchi, diretto verso la scala.

Tyki guardò senza parole quella scopa, ma gli bastarono pochi secondi per riprendersi dallo shock – ormai ne aveva viste di cotte e di crude in quella piovosa notte – e spezzò il bastone con l’aiuto del ginocchio, in un attacco d’ira.

Lanciati i due pezzi per la stanza, afferrò Lavi e se lo caricò a sacco sulla spalla, mentre questi sbraitava e scalciava.

«Ehi! Cosa stai facendo?! Rimettimi giù! Dirò a Trisha ciò che hai visto!», lo minacciò, muovendo gambe e braccia come un forsennato.

Tyki, però, lo ignorò e si sedette con lui sulla poltrona dove poco prima sedeva Junior, facendolo scivolare fino a farlo sedere sul proprio bacino.

«Taci, Coniglietto impudente!», ringhiò Tyki, afferrandolo per la nuca e baciandolo appassionatamente. Doveva sfogarsi per tutte le prese in giro che aveva incassato da parte di quel Bookman, a cominciare con la battuta sulla Befana, che ancora non gli era andata giù.

Lavi spalancò gli occhi a quel contatto inatteso, e quel baciò, però, dapprima irruento, pian piano si addolcì, fino a che Junior non si fu abituato alla lingua del Noah dentro la propria bocca e fu in grado di rispondere a quell’effusione.

Le loro labbra si separarono con uno schiocco bagnato, mentre ansimavano.

«Bravo…», lo lodò Tyki, carezzandogli le cosce e afferrandogli fugacemente il martellino, lanciandolo via.

«No!», esclamò Lavi, facendo per alzarsi, ma Tyki lo bloccò saldamente.

«Perdonami, ma non ci tengo a ricevere colpi da te», gli disse in maniera oscenamente pericolosa.

«Cosa vuoi fare?», ringhiò appena Lavi, sentendosi completamente in balia di quel Noah dagli atteggiamenti da pazzo.

«Nulla che tu non voglia…», gli rispose lui, abbassando il capo per baciargli il collo.

«Smettila! Sei un pervertito!».

«E non mi dire che non ti piace…». Tyki fece le fusa contro il suo collo, scendendo con le mani a palpargli i glutei.

«Ma tu non hai vinto!», lo rimbeccò. «Ero io a dover decidere cosa fare in caso di scopa!».

«Però siamo identici: due persone senza cuore, e nella vita, come nel gioco delle carte, è un grande vantaggio quello di essere i primi a giocare, perché a carte uguali si vince. E io ho iniziato per primo…», ridacchiò Tyki. «Non sottrarti a ciò che desideri…», gli sussurrò, facendogli strusciare il bacino contro il proprio.

«Quella regola, che a carte uguali chi inizia per primo vince, vale solo per la briscola, deficiente! Stavamo giocando a scopa!».

Il Noah era un bell’uomo e Lavi, nonostante si sentisse fin troppo scoperto senza il proprio martello, capiva che Tyki non era interessato a farlo fuori, ma solo a trastullarsi un po’ con lui; cosa che non gli avrebbe fatto alcun dispiacere, in realtà.

«Ci vedranno, qui!», gli fece notare Lavi, abbassando i toni.

«Come sei ingenuo…», rise Tyki, usando il suo potere Noah per attraversare facilmente la stoffa della divisa da Esorcista e palpare i suoi sodi glutei. Pelle contro pelle.

Il ragazzo trasalì a quelle mani calde – a dispetto della fredda temperatura della stanza –, mugolando.

«Ahn, Tyki…», si lamentò il Bookman, sospirando piano perché nessuno li sentisse.

«Ti piace?», gli chiese l’altro, attraversando il suo corpo per far giungere i polpastrelli alla bocca, posandoli sulle sue labbra. «Vedrai quanto ti piacerà dopo…».

Lavi arrossì appena a quel gesto, schiudendo le labbra per dare il libero accesso alle falangi di Tyki, il quale le mosse all’interno della sua bocca, simulando un rapporto orale, facendo così eccitare i due.

«Sei vergine, ragazzo?», chiese Tyki, già pregustando un lauto banchetto.

«Stupido, sono un Bookman: ho già sperimentato queste esperienze omosessuali», disse Lavi, liberandosi la bocca dall’intrusione del compagno.

«Ahn, che giornataccia…», borbottò l’altro, facendo scorrere le dita fino a riportarle alle natiche del ragazzo e usando l’altra mano per prendere un polso di Lavi e portargli la mano alla propria erezione, alla quale il Noah aveva fatto fare capolino dai pantaloni.

Da quel momento, Lavi si ordinò mentale di non urlare, anche se fu ben più difficile del previsto: il Noah era veramente abile a far provare piacere alle persone – molto più di quanto il Bookman si aspettasse –, e il fatto di aver un rapporto sessuale con lui tenendo indosso tutti i vestiti, facendo così in modo che chiunque li vedesse non capisse cosa stesse accadendo, rendeva il tutto più sporco ed eccitante.

Tyki lo aveva portato in un vortice di piacere grazie alle proprie mani e a quei suoi baci che bruciavano sulla pelle come tizzoni ardenti. Senza contare le sue abbondanti misure che portarono Lavi all’estasi più sublime. Junior, seduto sul suo bacino, era aiutato da Tyki, che lo guidava tenendolo per le anche, e da quella posizione l’Esorcista poteva vedere il proprio volto contorto dal piacere sulla superficie riflettente dello specchio, trovando il tutto terribilmente imbarazzante. E, intanto, anche il cervello – sempre troppo preso a registrare tutto, senza lasciare mai spazio né al divagare, né alla fantasia – quella volta aveva deciso di non pensare più a nulla e non registrare niente, se non quelle splendide sensazioni che si sarebbe portato dentro per sempre.


*


«Allora, Lovely?», domandò Tyki, mentre fumava una sigaretta, stravaccato sul divano.

Avevano finito di consumare da pochi minuti, ed erano stremati. Era stato passionale e intenso.

«Mah… non male…», boccheggiò Lavi, senza fiato, seduto al contrario sulla poltrona – con i piedi dalla parte del poggiatesta, il busto sul cuscino e la testa a ciondoloni. Era a pezzi.

«Ceeerto… E le altre sei scopate?», gli domandò il Noah, sorridendo malizioso.

Lavi si lamentò per la stanchezza, facendogli capire che non aveva voglia di pensarci in quelle condizioni.

I due continuarono a stare in silenzio, ascoltando la pioggia che seguitava imperterrita a cadere, senza tuoni né fulmini, quando, a un tratto, un leggero vociare, seguito dal rumore di stivali, giunse alle loro orecchie.

«Walker… mi spieghi come ha fatto a venirti fame proprio ora?». Era Link. E pareva parecchio infastidito.

«Abbiamo consumato un sacco di energie, Link…», borbottò l’Esorcista maledetto, leccando i rimasugli di marmellata dal barattolo. «Dopotutto potevi anche non accompagnarmi alla sala colazioni per vedere se c’è già q ualcosa di pronto…».

«Smettila di dire cose imbarazzanti! E poi ti ricordo, Walker, che ho l’ordine di sorvegliarti!», lo sgridò l’Ispettore, entrando nella sala d’aspetto – unico punto di collegamento per l’accesso alle cucine.

Proprio in quel momento, i due appena arrivati videro Lavi e Tyki, insieme, e le carte buttate alla bell’e meglio sul tavolino nero, e si fermarono.

«Lavi… Cosa ci fai… Ty—?!», esclamò Allen, senza finire di pronunciare il nome del portoghese a causa della presenza di Link, sorpreso di vedere il Noah del Piacere ancora in vita, sorridendo appena. Non si sarebbe mai dato pace se quell’uomo fosse morto a causa sua.

Lavi sorrise e salutò i due, grattandosi la nuca con aria nervosa.

«Junior… che ci fai qui?», domandò Link, per poi rivolgersi all’amato. «Lo conosci, Walker?», chiese, riferendosi a Tyki.

Allen non voleva scatenare un putiferio, vista soprattutto la presenza di Lavi insieme al nemico, e fu Tyki a tirare tutti fuori dai guai:

«Sì, sono un conoscente di Allen… ci siamo incontrati su un treno, una volta, e abbiamo giocato a carte», spiegò il portoghese, per poi modellare le labbra in un sorriso che sapeva di pura libidine. «Non vi andrebbe una partita a scopone? Io sto in squadra con Lavi…».


§Fine§
XShade-Shinra

 Note:
1 Nome dell'innocence di Lavi
2 In realtà nella Cheryl/Road (o Road/Cheryl, in questo caso) non ci sono legami di sangue, come specifica anche Tyki.
3 Ricordo che Tyki non aveva mai conosciuto Link tra il post-arca e la saga di Alma.
4 Il pegging è una tecnica sessuale dove è la donna a fare la parte dell’attivo, grazie a uno strap-on dildo (un fallo fissato a una cintura).



  
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