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Autore: icered jellyfish    23/12/2013    3 recensioni
[ CROSSOVER – Tangled/Rise of the Guardian | JACK FROST X RAPUNZEL ]
• | Capitolo O1 | Per la prima volta da quando aveva iniziato ad andare a trovarla, la vide allontanarsi dalla finestra nonostante le lanterne volanti fossero ancora nel cielo.
• | Capitolo O2 | Rimase immobile per qualche secondo a fissare l'intonaco ancora intatto e puro, non sapendo da dove e come iniziare a riprodurre lo scenario che persisteva nelle immagini della sua mente in maniera tanto insistente da essere insopportabile, quasi – come del ghiaccio tra le mani. Come si ricreava la neve, con le tempere?
• | Capitolo O3 | Restò immobile, consapevole di starsi perdendo nell'immensità che la sua figura stava sprigionando ai suoi occhi, nell’incommensurabilità di cui non pareva far parte ma che sembrava, al contrario, racchiudere in sé, rapendolo completamente e perdutamente, senza che potesse far nulla per impedirlo...
• | Capitolo O4 | Tutto attorno a lei era di nuovo familiare, ogni mobile o oggetto era esattamente dove si ricordava dovesse essere e, un senso di sicurezza e al tempo stesso di costrizione, si fece largo in lei – contrastante, nella sua mente piena di speranze bloccate dalla stessa paura che le alimentava.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Rapunzel
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
                                                                   







C
A P I T O L O   IV

“ Inverno
                                                                                                                                                                         





Volteggiavano senza fermarsi mai, angelicamente, candidi come null'altro poteva esistere al mondo, magici. Ne era completamente circondata, tanto da sentirsi addirittura disorientata nell'infinità di quel bianco puro e splendente che, incontrastato, continuava a scendere dal cielo tramite fiocchi delicati e preziosi, appoggiandosi al suolo e coprendo qualsiasi cosa.
Si sentiva piena di tutta quella vita che non aveva mai vissuto fino ad allora, piena di respiri che non le erano mai stati davvero concessi, di quei desideri segretamente custoditi e di cui mai nemmeno uno era stato realizzato, nemmeno in quell'anno in cui aveva finalmente compiuto diciotto anni ed era convinta che, almeno quello, lo avrebbe raggiunto, lo avrebbe finalmente concretizzato – ma le luci fluttuanti continuavano a rimanere un sogno posto al di là delle sue possibilità, al di là di un invisibile vetro attraverso il quale poteva guardare il mondo, senza che questo potesse però accorgersi della sua presenza. Tuttavia, ora, quei fiocchi le danzavano attorno come se fossero lì per lei, come se per loro, invece, lei contasse, come se da lei stessero cercando attenzione – e, quella sensazione, non era la prima volta che si manifestava nella sua mente e sulla sua pelle, ma non riusciva a ricordare quando fosse accaduto prima di allora.
Si sentiva a suo agio con la neve; in un certo senso, era più calore che freddo quello che provava – nonostante le labbra ormai tendenti al viola e il colorito sbiadito – e non importava che non indossasse niente di adeguato per quella stagione, lei si sentiva a un passo dal possibile e niente l'avrebbe riportata nell'ombra della paura che l'aveva sempre tenuta prigioniera senza averla mai fatta iniziare a vivere realmente. Adesso era libera, adesso non erano le mura della sua camera ad essere lo sfondo della sua esistenza, e forse non aveva ancora avuto modo di osservare di persona le sue adorate luci fluttuanti – la cui natura le era ancora sconosciuta – ma ritrovarsi in mezzo allo splendore di milioni di cristalli congelati che, ininterrottamente, la contornavano come brillanti cuciti su una tela in cui lei era la protagonista indiscussa, era la più grande sensazione di libertà che avesse mai provato – e non sapeva come fosse finita in quello sconfinato scenario così dannatamente incollocabile fisicamente e nel tempo, ma era lì, e lì sentiva che sarebbe voluta rimanere.
I piedi nudi, affondati nel manto bianco che ricopriva il terreno, erano ormai gelidi e insensibili, tanto che provando a muoverli riuscì a malapena ad avvertire solamente il più misero ed indistinguibile controllo sulla punta delle dita, ma non le importava perché, nonostante tutto, quella sensazione era un qualcosa che lei stessa aveva scelto di continuare a provare – e la possibilità di deciderlo, la faceva sentire lontana dall'oppressiva protezione della quale era stata succube da sempre.
Ma come ci era finita in quel luogo diafano e poetico, non se lo ricordava, e fu proprio quella presa di considerazione che la condusse alla follia improbabile di quell’astratta situazione. Sgranò gli occhi in preda al panico, in preda alla consapevolezza che la ragione aveva ormai raggiunto quel territorio sacro, profanandolo con la realizzazione che ogni sensazione, ogni visione ed ogni libertà, presto si sarebbe sgretolata e, sentendosi mancare la terra sotto i piedi, si rese conto che la distesa di bianco splendente sul quale poggiava, era sparita, lasciandola cadere nel vuoto più assoluto ed incontrastabile. Il piccolo urlo che spontaneamente nacque dalle sue corde vocali, venne immediatamente mozzato, lasciandole giusto il tempo di sentire la lunghezza infinita della sua chioma dorata librandosi nell'aria e seguirla, per poi ritrovarsi scaraventata nel suo letto – senz'aria nel petto e con una forza tale da farle sembrare, quasi, di essere appena atterrata da quella caduta ormai distante nel riflesso dei suoi occhi spalancati.
Tutto attorno a lei era di nuovo familiare, ogni mobile o oggetto era esattamente dove si ricordava dovesse essere e, un senso di sicurezza e al tempo stesso di costrizione, si fece largo in lei 
contrastante, nella sua mente piena di speranze bloccate dalla stessa paura che le alimentava.
Inspirò ed espirò profondamente diverse boccate d'aria, velocemente – come se si fosse dimenticata di farlo per un tempo immemore ed ora ne necessitava come mai prima d'ora. Nuovamente padrona di se stessa, poi, i ricordi iniziarono a diventare, seppur sfocati, un po’ più vividi, e un accecante quanto incantevole bianco si fece largo tra le immagini più primarie della sua mente, riportandola al fascino dell'episodio che il suo subconscio le aveva fatto vivere poco prima – in maniera dannatamente e dolorosamente realistica.
Guardò fuori dalla finestra davanti a lei e rimase piacevolmente – e, al tempo stesso, amaramente – colpita nel vedere che, esattamente come nel suo sogno, stesse nevicando. Avanzò allora verso quella cornice di legno – il cui quadro non era un semplice dipinto ma il mondo – fermandosi davanti al davanzale apparentemente vuoto ma che, non poteva saperlo, in realtà era occupato da anni, per lei. Rimasero così l'uno davanti all'altra per diversi istanti, a guardarsi senza che entrambe le parti ne fosse consapevoli, ma era una fitta ormai pienamente conosciuta dal cuore di lui – ghiacciato, probabilmente, ma non per questo vittima dell'insensibilità.
Per un momento aveva quasi creduto che stesse ricambiando proprio il suo sguardo ma, in realtà, lo stava semplicemente attraversando, e lo sapeva, lo sapeva da sempre, ma illudersi, di tanto in tanto, era convinto gli facesse bene – e quella era sicuramente l'illusione che più gli piaceva concedersi.
La continuò a guardare, seguendola con gli occhi anche quando si allontanò per recarsi davanti a quel piccolo abete che sua madre, come ogni anno, le aveva donato affinché si sbizzarrisse per decorarlo nel migliore dei modi in vista del Natale – e, nonostante la creatività della ragazza, ogni volta lei cedeva agli addobbi più classici, appendendoci sopra semplicemente candele rosse e sfere oro specchianti dalle dimensioni crescenti o all'inverso, a seconda di come si decideva di guardare l'albero.
Gli piacevano gli alberi di Natale, erano una sorta di tradizione nata da poco, ma rendevano in maniera assolutamente perfetta l'atmosfera che quella festa doveva rappresentare e, benché ne avesse visti a milioni, non poteva che pensare che quello davanti a lui fosse il più bello di tutti. Per quanto in quel momento vi fosse vicina, però, l'albero non sembrava essere il centro delle attenzioni della ragazza – il suo passo era cauto ed incerto e la testa era infatti china in direzione del soffitto.
Il suo sguardo confuso continuava ad osservare quel limite sopra di lei e, con capillare attenzione, scrutava quel dipinto che era andata a ricercare fra tutti quelli che aveva fatto, per concedersi ancora una volta il ricordo di quell'afosa estate in cui aveva deciso di stenderlo sulle mura della sua calda prigione, ma non aveva previsto che qualcosa, in quell'affresco al quale si sentiva particolarmente legata, emergesse come uno schema che non si sarebbe mai aspettata di scorgere. Eppure quella figura era lì, intrappolata tra le argentee ramificazioni dei fiocchi di neve abilmente dipinti dalla sua mano, e non poteva negare a se stessa di vederla, di vedere i contorni frastagliati di un ragazzo che, più che incastrato tra un cristallo e l'altro, pareva esserci nato, senza premeditazione alcuna. Era come vederlo librarsi in quella neve creata da lei, trasportato come se nulla di più naturale potesse esistere – e, nell'osservare quello statico profilo compiere i suoi spirituali ed invisibili movimenti, non poté fare a meno di ricordarsi di quello spiritello invernale di cui le aveva parlato sua madre quando era ancora una bambina.

«Jack Frost».

Fu un sussurro, rivolto più a lei stessa che a qualcun’altro, ma le uscì dalle labbra in maniera tanto naturale e spontanea, che non riuscì nemmeno ad anticipare la formulazione di quel nome che sentiva straordinariamente vicino – lasciandoselo scappare, forse spinto dai battiti del cuore diventati improvvisamente più prepotenti.
Inavvertitamente, un'inarrestabile e impetuosa valanga di consapevolezze la travolse come se qualcuno le avesse appena dato un’irruenta spinta, perdendo l'equilibrio e finendo per aggrapparsi all'albero di Natale per non cadere – il quale perse qualcuna delle sue palline decorative che, disordinatamente, iniziarono a rotolare sul pavimento.
Altri respiri vennero a mancare nei suoi polmoni in fiamme ma calmarsi non avrebbe cambiato le cose perché, ora, il velo della trasparenza non ricopriva più i suoi occhi e lui era lì, dove era sempre stato a farle compagnia senza che lo sapesse.
L'aria continuava a circolare ma nessuna boccata di ossigeno sembrava essere sufficiente a colmare la sua necessità voler prendere continuamente fiato – e per un attimo aveva quasi temuto di poter perdere completamente i sensi, tanto era vorticosa la realtà con cui si era appena violentemente scontrata.
Era spaventata e impreparata, ma in un certo senso un piccolo lato di lei le suggeriva che, in fondo, non si era mai sentita veramente sola. Era convinta fosse tutto merito della presenza – seppur scostante – di sua madre, della sua abitudine a considerare sufficiente solo se stessa ma, l’incredibile assurdità di quello strano risvolto iniziava a richiedere una chiave di lettura differente da quella che aveva sempre usato; tutto era iniziato ad essere più chiaro e, diversi tra gli episodi inspiegabili che aveva vissuto nell'arco dei suoi anni di vita, avevano iniziato a trovare quelle che potevano essere, probabilmente, le risposte che aveva provato a cercare invano. Era sempre stata convinta di esser sola ma, nonostante il lacerante dolore, aveva costantemente alimentato la sua esistenza, convincendosi, silenziosamente, ad andare avanti, e non aveva mai capito fino ad allora dove avesse trovato la forza di farlo ma adesso tutto appariva più nitido 
e, per quanto superba e arrogante fosse quella considerazione incerta e ancora priva di un vero fondamento, ci avrebbe scommesso, lui era sempre stato accanto a lei.
Nessuna rilevante reazione s’impadronì del volto del ragazzo perché, nonostante tutto, era abituato all’invisibilità che vestiva agli occhi del mondo – ai suoi – e l’abitudine per quella graffiante condizione della sua esistenza lo aveva privato della possibilità di poter credere che qualcosa sarebbe cambiato, ignorando completamente quel che aveva sempre atteso per anni, senza pretese ma solo con forti speranze – sbagliando, e presto si sarebbe reso conto quanto un’entità come lui potesse provare la sensazione di morire una seconda volta.

Ora, poteva vederlo.






F I N E




   » N O T E    A U T R I C E ;

Oooollé! Ed ecco conclusa questa raccolta che ho amato dal primo all'ultimo capitolo, giuro – e mi auguro che voi possiate aver fatto altrettanto. x°
Per chi ha già letto la primissima fanfiction che ho postato qui, forse lo ha già capito di suo, ma per chi non lo avesse ancora fatto lo specificherò per rendere comunque tutto più chiaro: questo è sì l'ultimo capitolo, ma ho voluto stendere il testo in modo che alla fine potesse essere facilmente riconducibile alla one–shot che ho detto – nonché questa Durante un'eclissi, il Sole sorride alla Luna – quindi, vogliate considerarla come una sorta di continuo, di svolgimento di questa storia – e cliccate sul link che ho allegato per andare direttamente a leggerla, se volete!
La scena dove Rapunzel vede Jack nei vuoti tra un fiocco di neve e l'altro del suo dipinto, ho cercato di ripresentarla un po' come nel film vede le varie figure del Sole tra i suoi disegni – e non so se sia risultata come immagine, per questo ho voluto mettere questa nota di specifica. Haha.
Non so davvero che altro dire... E' come se mi sentissi un po' svuotata ora che ho concluso la raccolta, amo davvero da morire questi due personaggi e scrivere di loro è stato liberatorio e piacevole in una maniera indescrivibile. Penso proprio che intraprenderò l'impresa di avventurarmi in una nuova raccolta ancora che li riguardi perché, davvero, sono perfetti assieme – e in effetti ho in progetto un po' di cose; una mini–raccolta sempre Jackunzel (di un paio di capitoli credo), una sorta di long–raccolta sui Big Four ambientata in un Hogwarts!verse (sogno da tantissimo di scrivere su di loro e in questo contesto x°) eee, infine... Ho in programma anche la più distruttiva ed emotivamente catastrofica delle one–shot sempre sui Big Four (ma che, come anche per le altre, pubblicherò con l'anno nuovo. Non voglio rovinare le feste a nessuno. x°).
Detto ciò, volevo specificare che il link collegato con la frase finale di questo capitolo, è una sssssssspecie di colonna sonora che vorrei attribuire a tutta la raccolta. Trovo che A Thousand Years sia la canzone perfetta da accostare alla coppia che ho trattato – proprio quella, proprio la male version –, è come se fosse loro a par mio e, sulla base anche del contenuto di questa mia storia, l'ho trovata davvero calzante. Non potevo non sceglierla. x°
Mi auguro che, ascoltandola a fine lettura, possa avervi fatto rivivere un po' tutto quello che vi ho fatto leggere fin'ora su di loro, perché l'intento era quello!
Credo di potermi dileguare adesso e, che dire d'altro, se non buon Natale e buone feste? Immagino che ci risentiremo dopo l'1 di gennaio, quindi faccio i miei più sinceri e vivi AUGURI A TUTTI! Spero possiate passare in maniera splendida quella che è la mia festa preferita e che per me è quanto di più vicino abbiamo alla magia!
Auguri, auguri davvero a tutti! Grazie per tutto quanto, per le letture, per le recensioni per le varie aggiunte e per le attenzioni! Grazie a tutti, tutti, TUTTI! Siete davvero fantastici e io sono stata felicissima di scrivere non solo per me, ma anche per voi!
Un saluto e alla prossima, a questo punto!


© a u t u m n
   
 
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