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Autore: radioactive    24/12/2013    3 recensioni
La neve intorno a loro sembrava risucchiare tutto, come affamata di vita e di colore che non aveva. Thyra non aveva mai visto la neve come una cosa minacciosa, certo: era fredda e se gelava potevi facilmente scivolare e cadere, ma ora, in quell’Arena, il ghiaccio era il loro nemico principale – e, per Dio, aveva una paura folle di essere una sua vittima.
Non voleva morire per una stupidaggine, voleva morire per salvare la vita di Roel – essere uccisa al suo posto.
Gliel’aveva detto con un fiume di parole, incassando insulti e verità che già sapeva e già aveva affrontato. «Tu non sei disposto a morire per me, ma io morirei per te cento volte… per questo sono qui» gli aveva detto, allungando la mano sul suo torace fasciato dalla giacca, un brivido caldo le scivolò lungo le ossa. Dentro di sé la consapevolezza di quello che stava per fare era grande, la vergogna che stava portando al suo distretto era grande… il dispiacere ai suoi genitori era grande.

| SPIN OFF de "I'm frozen to the bones" ● Thyra Voltz ● DISTRETTO 2 |
La morte di Thyra dal suo punto di vista.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Guida alla lettura – ndA.

Prima che vi confondiate, ci tenevo a farvi sapere che ho usato come timeline quella proposta dall’Hunger Games Wiki, ovvero i BDD e i ADD – ovvero i before dark days-after dark days. Gli ADD seguono gli Hunger Games, quindi: 73 ADD = 73esima edizione, e via dicendo. Questo per darvi un’idea dell’età dei protagonisti nel flashback che segue.

Sia il titolo sia la canzone sono una ripresa di Frozen (2013) – il cartone della Disney, sì, che ha molta più Loel/Thyra di quanto voi non vi immaginate.

Dato che vi ho detto tutto quello che dovevo dirvi qui, non so ancora se farò delle note finali. In tal caso Buon Natale~

Il link per la fan fiction di cui questo è uno SPINOFF è qui.

[betato da darkangel98]

 

radioactive,

 

 

A yingsu, e buon Natale ♥

 


 

 

 

 

«Let it go, let it go. Can’t hold you back anymore.
Let it go, let it go Turn my back and slam the door.
And here I stand, and here I’ll stay.
Let it go, let it go. The cold never bothered me anyway.»

 

 

 

                        Distretto 2, 67-68 A.D.D.

 

La neve cadeva sotto forma di piccoli fiocchi posandosi sugli alberi e sulle case come piccoli gioielli. I Pacificatori sembravano mimetizzarsi con quel manto candido, che metteva però in risalto le loro fruste e le visiere scure dei loro caschi. Una visione allo stesso tempo piacevole ma minacciosa – però a Thyra non importava.

Avvolta nella sua mantellina color crema ornata di piccoli pom-pom ai bordi camminava sulle strade cosparse di sale mentre si recava alla piazza dove Roel, Liv ed Hoyt la stavano aspettando. Si erano dati appuntamento per passare un pomeriggio assieme. Thyra adorava la loro compagnia.

Ma, al suo arrivo, trovò solo Roel seduto su una panchina dall’aspetto ghiacciato, teneva tra le mani guantate una palla di neve – le sopraciglia erano aggrottate e gli occhi fissi per terra. Non era molto alto per avere tredici anni, ma non le importava. Gli si avvicinò piano, tenendo le mani dietro la schiena, appoggiandole poi sul bracciolo di ferro battuto.

«Ciao».

Roel non rispose.

Thyra tossicchiò, come per catturare la sua attenzione, «ciao» riprovò, puntando i grandi occhi verso di lui.

Finalmente l’altro reagì, lasciando cadere la palla di neve per terra e sospirando – una nuvola di fumo bianco gli uscì dalle labbra pallide, «ciao».

«Dove sono gli altri?».

«Liv ha preso il raffreddore e sua mamma non la fa uscire, Hoyt ha detto che arriverà tardi». Ed ecco svelato il motivo per cui Roel era così triste.

Thyra si guardò intorno, cercando qualcosa da fare per tirargli su il morale. Dovevano passare il pomeriggio assieme e avevano tredici anni appena compiuti. I suoi occhi si fermarono su un prato coperto di neve, nessuno ci era passato, là in mezzo: era perfetto, bianco e luminoso.

«Roel…» pigolò, avvicinandosi a lui, gli sfiorò il braccio con la mano avvolta nel guanto di lana, «vuoi fare un pupazzo di neve?».

L’altro si girò a guardarla come inebetito, vergognandosi Thyra ritrasse la mano e abbassò lo sguardo. Che aveva detto che non andava? Lo aveva già visto fare un pupazzo di neve con Liv.

In quel momento la calda voce giocosa di Hoyt si fece spazio in quel silenzio imbarazzante, con la coda dell’occhio Thyra vide Roel sorridere – e poi scoppiare in una risata quando Hoyt scivolò sul ghiaccio e cadde a terra. Il biondo si avvicinò all’amico ed entrambi si allontanarono spalla contro spalla.

Si erano dimenticati di lei?

 

 

                        Arena, 73 A.D.D., Hunger Games

 

La neve intorno a loro sembrava risucchiare tutto, come affamata di vita e di colore che non aveva. Thyra non aveva mai visto la neve come una cosa minacciosa, certo: era fredda e se gelava potevi facilmente scivolare e cadere, ma ora, in quell’Arena, il ghiaccio era il loro nemico principale – e, per Dio, aveva una paura folle di essere una sua vittima.

Non voleva morire per una stupidaggine, voleva morire per salvare la vita di Roel – essere uccisa al suo posto.

Gliel’aveva detto con un fiume di parole, incassando insulti e verità che già sapeva e già aveva affrontato. «Tu non sei disposto a morire per me, ma io morirei per te cento volte… per questo sono qui» gli aveva detto, allungando la mano sul suo torace fasciato dalla giacca, un brivido caldo le scivolò lungo le ossa. Dentro di sé la consapevolezza di quello che stava per fare era grande, la vergogna che stava portando al suo distretto era grande… il dispiacere ai suoi genitori era grande.

Forse non era così diversa da Liv, si disse: erano andate tutte e due a morire per un capriccio. Il suo stomaco si chiuse in una morsa dolorosa e mai come in quel momento aveva sentito la testa così pesante, le braccia così dolenti. «Mi dispiace» mormorò infine e con un ultimo slancio dettato dal desiderio poggiò le labbra sulle sue, riusciva a sentirle screpolate sotto le proprie.

Avrebbe voluto piangere.

Ma fu tutto troppo veloce: la mano di Roel, il pensiero che ora che era uscita allo scoperto lui potesse ucciderla, la neve che iniziava a bagnarle i pantaloni, il suo cuore che le batteva nelle orecchie, quello del ragazzo contro la sua mano. I lupi che ringhiavano piano, affamati di loro.

L’avrebbe abbandonata lì e si sarebbe salvato – ovviamente. Era quello che, in un certo senso, lei desiderava. Poteva anche disubbidirgli, ora che sapeva cosa voleva fare; poteva rimanere ferma, oppure lanciarsi contro i lupi. Ma sarebbe bastato a fermarli?

Prima che potesse rispondersi si accorse di star trattenendo il respiro. Il vento gelido le colpì il viso costringendola a chiudere gli occhi, ma Roel l’aveva spinta davanti a sé e ora lei si ritrovava a correre.

 

Il fiato le mancò presto, il cuore batteva così forte che lo spazio tra i polmoni non gli bastava, le costole tenevano schiacciati i suoi organi mentre tutti questi sembravano voler scoppiare. Rallentò presto e Roel la superò dopo pochi metri, rosso in viso per l’adrenalina e lo sforzo che gli causava correre nella neve. Il sangue le scorreva nelle orecchie e i suoi le giungevano ovattati, si sentiva quasi svenire ma gli ululati dei lupi dietro di lei non le impedivano di abbandonarsi a quel letto bianco e soffice.

Perché non la smetti di cercare di salvarti? Si era chiesta, ma non aveva ottenuto risposta: le sue gambe si mossero verso Roel, appeso ad un albero, e cercò di raggiungere la sua mano. Avvolse le sue dita con le proprie e tornò a respirare – forse non sarebbe morta per colpa dei lupi, forse avrebbe avuto un’altra occasione per salvare Roel da qualcuno. Qualcosa si aggrappò alla sua gamba e il sangue iniziò a scorrerle attorno al pantalone, un grido le si bloccò in gola, ma un altro subito dopo riuscì a uscirle dalle labbra, dandole la forza di aggrapparsi ancora più forsennatamente alla mano di Roel. Non lasciarmi, voglio salvarti, voglio salvarti.

Il lupo si staccò dalla sua gamba, per poi morderla ancora e cercare di tirarla giù, un altro urlo misto a dolore e sorpresa per quella discesa inaspettata si mischiò alla confusione fatta di neve e sangue. Di quel passo avrebbe perso una gamba, oppure la possibilità di vedere Roel arrivare alla fine di tutto quello.

«Roel!» gridò disperata, come se in quella parola fosse contenuta la risposta a quella situazione: lasciami o tirami su, manda via il lupo o lascia che cada nelle sue fauci – fa' qualcosa Roel.

La mascella dell’animale si chiuse ancora attorno alla sua carne, tirandola giù, le unghie si conficcarono nel guanto cercando di aggrapparsi ancora all’altro, il ramo su cui era il tributo ballò e la neve posta sui margini del legno cadde a terra con un tonfo sordo. Non potevano andare avanti così così.

Thyra si concesse qualche secondo per estraniarsi dal dolore che la attanagliava, ignorò il pensiero del sangue che colava dalle ferite e dei suoi occhi appannati dalle lacrime che minacciavano di scenderle lungo le guance. Si perse nel verde di Roel che ricordava casa, l’erba di montagna macchiata da piccoli ranuncoli bianchi.

Ricordò quel bambino di dodici anni che se ne stava sempre con la solita ragazzina, le serate passate a dormire nella soffitta di Hoyt che l’aveva sempre protetta senza un motivo preciso, le battaglie a palle di neve e le risse che faceva con Liv. La morte della ragazza, la distruzione di Roel.

Riusciva a immaginare la pelle fredda dell’altro contro la sua mano, la sua voce piatta e tagliente, gli occhi simili a lastre ghiacciate che non riflettevano più nessuna luce.

«Roel…» il suo nome sapeva di dolce sotto la sua lingua, eppure il freddo faceva parte di lui – un ghiacciolo, ironizzò. «Non puoi salvare tutti, ma puoi provare a salvare te stesso» le dita scivolarono via dalla presa, il vento l’accompagnò a terra e non ci volle molto prima che nuovo dolore iniziasse a dilaniarle la pelle e la carne, facendola bruciare di fuoco freddo. Urla incontrollate le sfuggirono dalle labbra e a queste si mischiò il pianto disperato di fitte a cui non era mai stata pronta.

Non era un soldato del Distretto 2, era solo una qualsiasi innamorata di un ragazzo di neve.

 

Le urla non uscirono più, gli occhi di Thyra fissavano il nero, macchiato qua e là di rosso, nella sua gola scorreva indisturbato il sapore metallico del sangue, la testa le faceva male e ricordava i lupi che le strappavano i capelli ma senza colpirle viso o cuore: aveva preservato per lei una morte lenta e dolorosa.

Respirò piano, per paura di aggiungere dolore al dolore, le lacrime sembravano congelate sulle sue guance ed era quasi sicura che le ciglia fossero coperte da brina.

La sua mente vagò al Distretto 2 coperto di neve, al giardino di casa sua con un pupazzo di neve in un angolo, una carota per naso e due bottoni per gli occhi. Chiuse gli occhi, piano, e nel buio si lasciò scappare un sorriso.

«Ehi, Roel, lo facciamo un pupazzo di neve?» pigolò talmente piano che neanche lei riuscì ad udire la sua voce rotta e consumata. Il freddo non le congelò più le ossa e il sangue smise di sporcarle la pelle squarciata.

Il cannone suonò anche per lei, e la neve coprì di bianco il suo corpo.

 

 

 

«Standing frozen in the life I’ve chosen.
You won’t find me, the past is so behind me, buried in the snow

 

 




Il Forno ⌠Hunger Games EFPfanfic⌡
   
 
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