Guida
alla lettura – ndA.
Prima che vi confondiate, ci tenevo a
farvi sapere che ho usato come timeline quella proposta dall’Hunger
Games Wiki, ovvero i BDD e
i ADD – ovvero i before dark days-after dark days.
Gli ADD seguono gli Hunger Games,
quindi: 73 ADD = 73esima edizione, e via dicendo. Questo per darvi un’idea
dell’età dei protagonisti nel flashback che segue.
Sia il titolo sia la canzone sono una
ripresa di Frozen (2013) – il cartone della Disney, sì,
che ha molta più Loel/Thyra
di quanto voi non vi immaginate.
Dato che vi ho detto tutto quello che
dovevo dirvi qui, non so ancora se farò delle note finali. In tal caso Buon Natale~
Il link per la fan fiction di cui
questo è uno SPINOFF è qui.
[betato da darkangel98]
radioactive,
A yingsu, e buon Natale ♥
«Let it go, let
it go. Can’t hold you back anymore.
Let it go, let it go Turn my back and slam the door.
And here I stand, and here I’ll stay.
Let it go, let it go. The cold never bothered me anyway.»
Distretto 2, 67-68 A.D.D.
La
neve cadeva sotto forma di piccoli fiocchi posandosi sugli alberi e sulle case
come piccoli gioielli. I Pacificatori sembravano mimetizzarsi con quel manto
candido, che metteva però in risalto le loro fruste e le visiere scure dei loro
caschi. Una visione allo stesso tempo piacevole ma minacciosa – però a Thyra non importava.
Avvolta
nella sua mantellina color crema ornata di piccoli pom-pom ai bordi camminava sulle
strade cosparse di sale mentre si recava alla piazza dove Roel,
Liv ed Hoyt la stavano aspettando. Si erano dati
appuntamento per passare un pomeriggio assieme. Thyra
adorava la loro compagnia.
Ma,
al suo arrivo, trovò solo Roel seduto su una panchina
dall’aspetto ghiacciato, teneva tra le mani guantate
una palla di neve – le sopraciglia erano aggrottate e gli occhi fissi per
terra. Non era molto alto per avere tredici anni, ma non le importava. Gli si
avvicinò piano, tenendo le mani dietro la schiena, appoggiandole poi sul
bracciolo di ferro battuto.
«Ciao».
Roel
non rispose.
Thyra
tossicchiò, come per catturare la sua attenzione, «ciao» riprovò, puntando i
grandi occhi verso di lui.
Finalmente
l’altro reagì, lasciando cadere la palla di neve per terra e sospirando – una
nuvola di fumo bianco gli uscì dalle labbra pallide, «ciao».
«Dove
sono gli altri?».
«Liv
ha preso il raffreddore e sua mamma non la fa uscire, Hoyt
ha detto che arriverà tardi». Ed ecco svelato il motivo per cui Roel era così triste.
Thyra
si guardò intorno, cercando qualcosa da fare per tirargli su il morale.
Dovevano passare il pomeriggio assieme e avevano tredici anni appena compiuti.
I suoi occhi si fermarono su un prato coperto di neve, nessuno ci era passato,
là in mezzo: era perfetto, bianco e luminoso.
«Roel…» pigolò, avvicinandosi a lui, gli sfiorò il braccio
con la mano avvolta nel guanto di lana, «vuoi fare un pupazzo di neve?».
L’altro
si girò a guardarla come inebetito, vergognandosi Thyra
ritrasse la mano e abbassò lo sguardo. Che
aveva detto che non andava? Lo aveva già visto fare un pupazzo di neve con Liv.
In
quel momento la calda voce giocosa di Hoyt si fece
spazio in quel silenzio imbarazzante, con la coda dell’occhio Thyra vide Roel sorridere – e poi
scoppiare in una risata quando Hoyt scivolò sul
ghiaccio e cadde a terra. Il biondo si avvicinò all’amico ed entrambi si
allontanarono spalla contro spalla.
Si erano
dimenticati di lei?
Arena, 73 A.D.D., Hunger Games
La neve intorno a loro sembrava
risucchiare tutto, come affamata di vita e di colore che non aveva. Thyra non aveva mai visto la neve come una cosa minacciosa,
certo: era fredda e se gelava potevi facilmente scivolare e cadere, ma ora, in
quell’Arena, il ghiaccio era il loro nemico principale – e, per Dio, aveva una
paura folle di essere una sua vittima.
Non
voleva morire per una stupidaggine, voleva morire per salvare la vita di Roel – essere uccisa al suo posto.
Gliel’aveva detto con un fiume di
parole, incassando insulti e verità che già sapeva e già aveva affrontato. «Tu
non sei disposto a morire per me, ma io morirei per te cento volte… per questo sono qui» gli aveva detto, allungando la
mano sul suo torace fasciato dalla giacca, un brivido caldo le scivolò lungo le
ossa. Dentro di sé la consapevolezza di quello che stava per fare era grande,
la vergogna che stava portando al suo distretto era grande…
il dispiacere ai suoi genitori era grande.
Forse non era così diversa da Liv, si
disse: erano andate tutte e due a morire per un capriccio. Il suo stomaco si
chiuse in una morsa dolorosa e mai come in quel momento aveva sentito la testa
così pesante, le braccia così dolenti. «Mi dispiace» mormorò infine e con un
ultimo slancio dettato dal desiderio poggiò le labbra sulle sue, riusciva a
sentirle screpolate sotto le proprie.
Avrebbe voluto piangere.
Ma fu tutto troppo veloce: la mano di Roel, il pensiero che ora che era uscita allo scoperto lui
potesse ucciderla, la neve che iniziava a bagnarle i pantaloni, il suo cuore
che le batteva nelle orecchie, quello del ragazzo contro la sua mano. I lupi
che ringhiavano piano, affamati di loro.
L’avrebbe abbandonata lì e si sarebbe
salvato – ovviamente. Era quello che, in un certo senso, lei desiderava. Poteva
anche disubbidirgli, ora che sapeva cosa voleva fare; poteva rimanere ferma,
oppure lanciarsi contro i lupi. Ma sarebbe bastato a fermarli?
Prima che potesse rispondersi si
accorse di star trattenendo il respiro. Il vento gelido le colpì il viso
costringendola a chiudere gli occhi, ma Roel l’aveva
spinta davanti a sé e ora lei si ritrovava a correre.
Il fiato le mancò presto, il cuore batteva così
forte che lo spazio tra i polmoni non gli bastava, le costole tenevano
schiacciati i suoi organi mentre tutti questi sembravano voler scoppiare.
Rallentò presto e Roel la superò dopo pochi metri,
rosso in viso per l’adrenalina e lo sforzo che gli causava correre nella neve.
Il sangue le scorreva nelle orecchie e i suoi le giungevano ovattati, si
sentiva quasi svenire ma gli ululati dei lupi dietro di lei non le impedivano
di abbandonarsi a quel letto bianco e soffice.
Perché
non la smetti di cercare di salvarti? Si era
chiesta, ma non aveva ottenuto risposta: le sue gambe si mossero verso Roel, appeso ad un albero, e cercò di raggiungere la sua
mano. Avvolse le sue dita con le proprie e tornò a respirare – forse non
sarebbe morta per colpa dei lupi, forse avrebbe avuto un’altra occasione per salvare Roel
da qualcuno. Qualcosa si aggrappò alla sua gamba e il sangue iniziò a scorrerle
attorno al pantalone, un grido le si bloccò in gola, ma un altro subito dopo
riuscì a uscirle dalle labbra, dandole la forza di aggrapparsi ancora più
forsennatamente alla mano di Roel. Non lasciarmi, voglio salvarti, voglio
salvarti.
Il lupo si staccò dalla sua gamba, per poi
morderla ancora e cercare di tirarla giù, un altro urlo misto a dolore e
sorpresa per quella discesa inaspettata si mischiò alla confusione fatta di
neve e sangue. Di quel passo avrebbe perso una gamba, oppure la possibilità di
vedere Roel arrivare alla fine di tutto quello.
«Roel!» gridò
disperata, come se in quella parola fosse contenuta la risposta a quella
situazione: lasciami o tirami su, manda
via il lupo o lascia che cada nelle sue fauci – fa' qualcosa Roel.
La mascella dell’animale si chiuse ancora attorno
alla sua carne, tirandola giù, le unghie si conficcarono nel guanto cercando di
aggrapparsi ancora all’altro, il ramo su cui era il tributo ballò e la neve
posta sui margini del legno cadde a terra con un tonfo sordo. Non potevano andare avanti così così.
Thyra si
concesse qualche secondo per estraniarsi dal dolore che la attanagliava, ignorò
il pensiero del sangue che colava dalle ferite e dei suoi occhi appannati dalle
lacrime che minacciavano di scenderle lungo le guance. Si perse nel verde di Roel che ricordava casa, l’erba di montagna macchiata da
piccoli ranuncoli bianchi.
Ricordò quel bambino di dodici anni che se ne
stava sempre con la solita ragazzina, le serate passate a dormire nella
soffitta di Hoyt che l’aveva sempre protetta senza un
motivo preciso, le battaglie a palle di neve e le risse che faceva con Liv. La
morte della ragazza, la distruzione di Roel.
Riusciva a immaginare la pelle fredda dell’altro
contro la sua mano, la sua voce piatta e tagliente, gli occhi simili a lastre
ghiacciate che non riflettevano più nessuna luce.
«Roel…» il suo nome
sapeva di dolce sotto la sua lingua, eppure il freddo faceva parte di lui – un ghiacciolo, ironizzò. «Non puoi
salvare tutti, ma puoi provare a salvare te stesso» le dita scivolarono via
dalla presa, il vento l’accompagnò a terra e non ci volle molto prima che nuovo
dolore iniziasse a dilaniarle la pelle e la carne, facendola bruciare di fuoco
freddo. Urla incontrollate le sfuggirono dalle labbra e a queste si mischiò il
pianto disperato di fitte a cui non era mai stata pronta.
Non era un soldato del Distretto 2, era solo una
qualsiasi innamorata di un ragazzo di
neve.
Le urla non uscirono più, gli occhi di Thyra fissavano il nero, macchiato qua e là di rosso, nella
sua gola scorreva indisturbato il sapore metallico del sangue, la testa le
faceva male e ricordava i lupi che le strappavano i capelli ma senza colpirle
viso o cuore: aveva preservato per lei una morte lenta e dolorosa.
Respirò piano, per paura di aggiungere dolore al
dolore, le lacrime sembravano congelate sulle sue guance ed era quasi sicura
che le ciglia fossero coperte da brina.
La sua mente vagò al Distretto 2 coperto di neve,
al giardino di casa sua con un pupazzo di neve in un angolo, una carota per
naso e due bottoni per gli occhi. Chiuse gli occhi, piano, e nel buio si lasciò
scappare un sorriso.
«Ehi, Roel, lo facciamo un pupazzo di neve?» pigolò
talmente piano che neanche lei riuscì ad udire la sua voce rotta e consumata.
Il freddo non le congelò più le ossa e il sangue smise di sporcarle la pelle
squarciata.
Il cannone suonò anche per lei, e la neve coprì
di bianco il suo corpo.
«Standing
frozen in the life I’ve chosen.
You won’t find
me, the past is so behind me, buried in the snow.»
Il Forno ⌠Hunger Games EFPfanfic⌡