Capitolo
2: Un sogno
«Certo
che stasera è
pieno di gente. Il Conte ha fatto proprio le cose in grande.»
«Per
forza Allen, oggi
è Natale, non poteva mica sfigurare ad un evento di tale
importanza!» Road si
sedette con agilità sul corrimano dell’elegante
balconata che dava sulla sala
gremita di persone. La bella Noah poggiò la schiena alla
colonna portante e
lasciò ricadere una gamba nel vuoto sotto di lei, incurante
delle buone maniere.
«Road,
ti pare il caso
di sederti lì? Sembri una bambina. Oltre a correre il
rischio di cadere non fai
fare bella figura alla famiglia» le disse Mana con un tono di
disapprovazione.
«Non
darti pena, Mana,
lasciala fare quello che vuole. La nostra Road non farebbe mai qualcosa
che potrebbe
nuocere alla nostra immagine.» Tutti i Noah presenti si
voltarono verso colui
che aveva pronunciato quelle parole: il Conte, vestito con estrema
eleganza e
con in testa un cilindro molto più sobrio di quelli che era
solito indossare,
si sedette sulla sontuosa poltrona che dava la possibilità,
per chi vi si
sedeva, di osservare la sala nella sua interezza.
«Conte!»
Road lo
raggiunse con un salto, facendo svolazzare il bianco abito che
indossava. «Hai
visto quante persone ci sono? Tutte qui riunite per festeggiare la
nascita del
figlio del nostro grande nemico!»
«In
effetti ha un che
di comico. Non crede, Conte, che festeggiare in grande la nascita del
figlio di
Dio per noi sia un po’… ridicolo?»
chiese Neah un po’ dubbioso.
«Tutto
ciò che
organizzo ha un secondo fine, non dimenticarlo mai. Questa festa
aumenterà il
nostro ventaglio di conoscenze, avremo consensi anche dalla chiesa,
così
stupida da non notare i nostri Akuma infiltrati. Ovviamente si tratta
di
piccole parrocchie, organismi di poco conto, ma è solo il
punto di partenza per
insinuarci anche nelle organizzazioni di livello più
alto.»
«Mhh…
continua ad
essere troppo strano.»
«Dai
Neah, non
pensarci! Su, vieni giù con me ed Allen a ballare, mi sono
stufata di stare qui
a far niente!» Road prese a braccetto i due ragazzi e
iniziò a tirarseli
dietro.
«No
Road, non mi va. Se
scendo in mezzo a quell’ammasso di ragazze in crisi ormonale
non ne esco più
vivo.» Neah si tirò indietro guardando con terrore
la sala sotto di loro.
«Smidollato,
e poi dici
a me. Dai Road, andiamo solo noi due, Neah ci farebbe solo
sfigurare.» Allen
porse la mano alla ragazza, che con un sorriso divertito la
afferrò per
seguirlo. Scendendo la grande scalinata tutti si girarono ad
osservarli,
incantati da quella coppia di una bellezza indescrivibile. Ignorando i
loro
sguardi i due iniziarono a danzare sulle note di una dolce melodia.
«Neah
sta suonando per
noi.»
«Almeno
si rende utile
ogni tanto. È la melodia che ha creato per guidare
l’Arca, giusto?»
«Esatto.
Diceva che il
meccanismo originale non gli piaceva, allora ha deciso di riarrangiare
i codici
di comando, creando questa musica. Ha detto che così poteva
sfruttare la sua
abilità al piano.»
«Ovvio,
è l’unica cosa
che gli viene bene, deve pur farsi valere in qualche modo.»
«Sempre
a prendervi in
giro voi» ridacchiò Road, volteggiando tra la
braccia di Allen. «Ammettilo
però.»
«Che
cosa?»
«Tu
vuoi bene a Neah,
vero?»
Allen
per poco non
inciampò, rischiando di cadere addosso alla ragazza.
«Ma
ti pare il caso di
dire certe cose?!»
«Eddaih,
mica ho detto
che lo ami! Dico solo che gli vuoi bene, anzi, che vi volete bene,
provate un
grande affetto l’uno per l’altro. Ma è
normale no? Siete fratelli!»
«Mh,
hai ragione, non
posso negarlo. Lui e Mana sono la mia famiglia, coloro che mi sono
sempre stati
accanto, non so come farei senza di loro.» Road lo
abbracciò con foga,
sorridendo felice.
«Che
ti prende adesso?!»
«Niente,
sono solo
felice che tu abbia trovato qualcuno di così
importante.»
«Okok,
ma ora
riprendiamo a ballare, tutti ci fissano, non credo sia il caso
di-» Allen girò
di scattò la testa, seguendo con lo sguardo un figura che
correva tra gli
invitati. Non riuscì a vederla bene, ma aveva notato con
estrema chiarezza i
corti capelli neri dai verdi riflessi e i bracciali rosso sangue alle
caviglie
di quella che senza dubbio era una ragazza. All’improvviso un
forte mal di
testa lo colpì, e dentro di essa sentì risuonare
una voce, la voce di una donna
che cantava una dolce ninna nanna, che sembrava seguire alla perfezione
la melodia
di Neah.
«Che
succede Allen?!
Ehi, riprenditi, ti supplico!» Allen era caduto a terra, in
preda al dolore,
come qualche ora prima, e Road, nella confusione generala, tentava
invano di
farlo riprendere. Presto fu raggiunta dagli altri Noah, a eccezion
fatta del
Conte, che osservava la scena dall’alto, di Neah, che
continuava a suonare il
piano, e Mana, che era sparito.
«Allen,
ascoltami!
Ascolta la mia voce, devi riprenderti! Non pensare a niente,
così facendo stai
rovinando tutto! I tuoi ricordi stanno contaminando il mio
sogno!» Allen udiva
appena le parole di Road, ma riuscì a cogliere alcune di
esse.
«Road…
di che stai
parlando? Quale… sogno? Che… ricordi?»
Allen respirava a fatica, la testa che
gli doleva sempre di più, e la canzone che rimbombava sempre
più forte.
All’improvviso tutto tacque nella sua testa, ma quando Neah
suonò l’ultima nota
ad Allen sembrò di essere colpito da un numero infinito di
schegge di vetro,
che lo fecero urlare come mai prima. Road premette forte le mani sulle
orecchie, nella speranza di non essere colpita da quella voce,
inutilmente.
Quasi subito si videro gli effetti di quell’urlo: le pareti
della grande sala
si creparono, le persone intorno a loro persero forma, diventando
qualcosa di
indefinibile, e mentre il suo sogno cadeva in pezzi tutto fu avvolto da
una
luce bianca.
Allen
finalmente si
calmò, non sentiva più né il dolore
né la canzone, e con calma aprì gli occhi.
Attorno a lui vide tutto bianco, tutto era sparito, vedeva solo alcune
figure
in lontananza.
«Ma
che diavolo è
successo? Dove siamo finiti?»
«Siamo
nel mio mondo,
Allen Walker.»
«Walker?
Ma che stai
dicendo, Road-!» dove si aspettava di trovare la bella
ragazza dai lunghi
capelli trovò invece una ragazzina con i capelli corti e
disordinati. Sembrava
la copia in miniatura della Road che aveva conosceva, indossava
addirittura lo
stesso abito bianco, solo più corto.
«Road?
Che ti è
successo? Ho le allucinazioni?» Allen, con una strana
sensazione dentro di sé,
allungò la mano verso di lei, quasi a volersi rassicurare
del fatto che fosse
reale. Fu allora che con orrore lo notò: nella sua mano era
incastonata quella
che sembrava una croce di un verde brillante, e tutto il suo braccio
era rosso
sangue, sembrava fosse stato corroso dal fuoco.
«Eh-ehi
Road, che
significa questo?» La ragazzina lo guardò con
occhi tristi, e senza pronunciare
una parola fece
apparire una specchio
davanti a lui. Allen si trattenne dal gridare solo perché
era rimasto senza
fiato, talmente era sconvolto: il suo riflesso era diverso, vedeva un
ragazzo
dai capelli bianchi, gli occhi argentati e una lunga cicatrice che gli
attraversava in lungo la parte sinistra del viso. Più si
guardava però e più la
cosa gli sembrava normale: quello era lui, senza alcun dubbio, era
Allen
Walker, l’esorcista di tipo parassita, portatore delle memory
del 14th, e per
questo ricercato sia dall’ordine che dai Noah. Ma allora
perché anche l’altra
immagine, quella che aveva visto poche ore prima con Mana e Neah,
quell’immagine di un ragazzo senza deturpazioni di nessun
tipo ed i capelli di
un normalissimo castano chiaro, gli sembrava tanto normale?
Perché Allen D.
Campbell, il ragazzo divenuto fratello adottivo di Neah e Mana D.
Campbell, era
una realtà altrettanto giusta? Perché nella sua
testa nomi e volti si
mischiavano creando tutta quella confusione?
«Scusami
Allen, è colpa
mia. Volevo creare un bel sogno per te, ma ho sottovalutato i tuoi
ricordi e
quelli di Neah. Siete riusciti ad intaccare il mio sogno alla radice,
ed è nato
qualcosa di distorto, che non ha niente a che fare con quello che
volevo io.» Road
sembrava davvero molto triste, la sua voce suonava spenta, come se
avesse perso
ogni speranza.
«Road,
continuo a non
capire cosa succede. Dove mi trovo? Cosa stavo facendo fino a poco fa?
Dove
sono finiti tutti? Dove sono Mana e Neah?» Appena
pronunciò i loro nomi senti
in lontananza un grido di disperazione, e Mana che a gran voce chiamava
suo
fratello Neah.
«Che
succede?!» Allen
si alzò di scatto allarmato, ma fu bloccato prontamente da
Road, che gli si
parò davanti con sguardo deciso.
«Non
andare Allen!
Scopriresti cose che non ti piacerebbero, fidati di me. Quello che
è accaduto è
passato, questo è solo un gioco perverso di Neah, che si
diverte ad inquinare
il mio sogno perfetto! Ma tra poco sarà tutto finito, il
sogno sta per finire,
e con esso sparirà tutto ciò che è
nocivo per te.» Allen la guardò sempre
più
confuso, ma quando udì il suo nome pronunciato a fil di voce
da Neah la scostò
con violenza e corse verso di lui, ignorando la grida di Road che gli
chiedevano di fermarsi. Quando lo raggiunse lo trovò a
terra, in fin di vita.
«Neah,
che ti è
successo?!»
«Ehi
Allen… Senti, io e
Mana abbiamo creato un gran casino…»
«Tu
e Mana? Che avete
fatto?»
«Volevamo
salvarti
Allen… Ma credo che così abbiamo solo peggiorato
le cose… Ora però non ho tempo
di spiegarti tutto… Sappi solo che io e Mana ti vogliamo
bene… e che abbiamo
ucciso quegli stronzi solo per difenderti…»
«Di
che parli? Chi
avete ucciso?» Non
fu necessaria la
risposta di Neah, perché davanti agli occhi di Allen apparve
una scena
raccapricciante: vide 11 corpi, i corpi ormai senza vita dei Noah, di
tutti
quelli che fino ad allora gli erano stati accanto come una famiglia.
Solo in
Conte e Road si erano salvati da quella strage, ed ovviamente Neah, che
a suo dire
era fautore di quel massacro.
«Che
hai fatto… Neah?
Che cosa hai fatto?! Perché li hai uccisi?!» Allen
non capiva. Che senso aveva
ucciderli? A lui della guerra tra Esorcisti/umani e Noah non
interessava, era
qualcosa in cui non voleva addentrarsi, per cui nei Noah non vedeva
né una
fazione nemica né una amica, in loro vedeva solo la sua
famiglia, anzi, non
solo sua, ma anche di Mana ed in particolar modo di Neah.
«Te
l’ho detto… non ho
tempo… né forza o voglia… di spiegarti
tutto adesso… Per questo ti devo
chiedere un favore, un favore enorme…»
Allen
lo guardò un
attimo, ancora pieno di rabbia e disperazione, ma acconsentì
con un cenno di
capo. «Di cosa hai bisogno?»
«Tu
dovrai… essere me…
Non posso morire adesso, non definitivamente…
almeno… Tu porterai le mie
memorie… e quando sarà giunto il
momento… io tornerò…»
«Non
credo di aver
capito cosa significa ma ok, farò quello che vuoi se questo
potrà salvarti! Ma
ora dobbiamo curarti, dobbiamo trovare un luogo sicuro!
Dov’è Mana? Dobbiamo
farci aiutare da lui!»
«Mana…
è-»
«Basta!»
l’urlo di Road
non permise a Neah di terminare la frase. «Non ti
lascerò rovinare oltre il mio
sogno. Ormai è finita, Neah, e tu non te ne sei ancora reso
conto. Raccontargli
la verità adesso non servirebbe a niente, faresti solo
soffrire tutti. Ma che
te lo dico a fare? Tu sei marcio fino al midollo, non so come io sia
riuscita a
renderti tanto buono.»
«Forse
è perché… sei
una mocciosa… Solo i bambini… sono in grado di
fantasticare… come fai tu…»
«Meglio
essere una
mocciosa che una stronza come te» e con queste ultime parole
e lo sguardo
carico di disprezzo urlò alcune parole incomprensibili, e
tutto attorno a loro
svanì.
La
neve aveva iniziato
a cadere lenta, e tutto si stava ricoprendo di un manto bianco. Allen
aprì gli
occhi piano, ma una fitta di dolore lo costrinse a richiuderli con
forza.
«Ehi
Allen, non
agitarti. Tra poco sarà tutto finito.» Road,
accanto a lui, lo carezzava
dolcemente, con le lacrime agli occhi.
«Che
è… successo?»
«Niente,
niente, non
preoccuparti. Ci sono qui io, torna a dormire.»
Allen
chiuse nuovamente
gli occhi e gli tornò in mente una serie di immagine strane:
lui insieme a Mana
e Neah, tutti appartenenti alla famiglia dei Noah, e Road, in una
bellissima
versione cresciuta di sé stessa, con cui scherzava e
ballava. Solo in quel
momento le cose divennero chiare.
«Quello…
era un sogno
creato da te, vero?»
«Esatto.»
«E
perché l’avresti…
fatto?»
«Era
il mio regalo per
te.»
«Regalo?»
«Mhmh,
regalo, anche se
non è andata come speravo. Con i tuoi ricordi lo hai
contaminato un po’. Ti sei
fatto chiamare mammoletta da Neah, facendoti prendere in giro per il
braccio,
una cosa senza senso se pensiamo al fatto che il tuo braccio era
sanissimo! E
poi hai visto e parlato dei tuoi amici, quando non avresti dovuto
nemmeno
ricordarli. Senza parlare poi della melodia dell’Arca.
Vabbeh, non importa. Comunque
tanti auguri, Allen.»
«Ahhh…
oggi è Natale…»
Allen tentò di guardarsi intorno, ma Road glielo
impedì.
«No,
è il tuo
compleanno. Torna a dormire. Prometto che sta volta non ti faccio
sognare.»
«Road…
ho una domanda
da farti…»
«Dimmi.»
«Io…
chi sono?» Era l’unica
cosa che quel sogno aveva portato ad Allen: la consapevolezza di non
sapere chi
era.
«In
che senso? Non sei
ancora del tutto sveglio? Tu sei Allen, no?»
«No…
Io sono un bambino
abbandonato a causa di un braccio deforme… un garzone di un
circo… un bambino
adottato da un clown.. o da una donna madre di due bambini?... un
bambino
chiamato Allen Walker… il figlio di un uomo chiamato Mana,
non so più se Walker
o D. Campbell… un Pierrot… un
patricida… un discemolo… un esorcista…
il
distruttore del tempo… il pagliaccio di Dio, Crown
Clown… il 14th, Neah… un
traditore… un ex esorcista… un ricercato
dell’Ordine e dai Noah… un fuggitivo…
Io
sono tutto e sono
niente… uno con tante identità alla fine non ne
ha una… Quindi Road, chi sono
io?»
Road
lo guardò con gli
occhi pieni di lacrime. Tutto quello che aveva appena detto era
terribilmente
corretto, ingiustamente corretto. Lui era tutti e non era nessuno, e
non poteva
negarlo in alcun modo. Trattenne le lacrime a fatica e si
guardò intorno. La
neve, quasi a voler essere sua complice, stava coprendo i cadaveri
attorno a
loro. Noah ed Esorcisti alla fine si erano annientati a vicenda, e lei
era
nuovamente l’unica rimasta. Con le morte
dell’innocense nessuno avrebbe potuto
ucciderla, ed essendo rimasta l’unica Noah al mondo avrebbe
vissuto per l’eternità
in completa solitudine. Portò lo sguardo sul volto del
ragazzo che tanto amava,
e gli sorrise debolmente.
«Tu
sei un pagliaccio
triste.»
«Ahah…
e questo che
significa?»
«Tu
sei un clown, ma
non fai ridere le persone. Tu hai sempre cercato di far felici gli
altri,
indossando tante maschere, senza renderti conto che il primo ad aver
bisogno di
un po’ di felicità eri proprio tu. Quindi tu sei
un pagliaccio triste.»
«Un
pagliaccio triste….
Mi piace…» dopo tanto finalmente sorrise, e dopo
aver mormorato un debole
grazie ed aver lasciato scorrere una lacrima solitaria sul viso,
morì.
Road
lo lasciò dov’era
per un attimo, ed andò a sistemare gli altri corpi, Noah ed
Esorcisti vicini,
con un unico spazio a dividerli. Fu lì che lo distese,
esattamente tra i Noah
ed i suoi compagni Esorcisti, facendogli stringere in una stretta
eterna la
mano della sua Lenalee.
Lui
quasi si confondeva
con tanto candore. Non una goccia di sangue lo aveva macchiato; i sui
capelli
ormai lunghi erano dello stesso candore della neve, ed indossava vesti
bianche,
il colore della sua innocense.
Innocense
che alla fine
lo aveva abbandonato: la morte infatti era sopraggiunta
dall’interno, da quel
maledetto buco nel cuore che l’aveva fatto morire tempo
prima. Questa volta
però non ci sarebbe stato il cristallo di Dio a salvarlo,
nulla l’avrebbe
riportato indietro dalla morte. Creò una barriera attorno a
quei corpi, in modo
da renderli invisibili agli occhi del mondo e a proteggerli da esso.
Road
guardò un’ultima
volta quella che era stata la sua famiglia e quelli che erano stati i
suoi
nemici, senza sapere dove collocare il suo amato, e dopo aver pianto
alcune
lacrime silenziose se ne andò, seguita dal piccolo golem
dorato, unico
sopravissuto come lei a quell’inutile massacro.
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P.S.
… e buon Natale!
Ok, scusate, ma sono una causa persa, se non scrivo qualcosa di triste
non sono
felice. L’ho divisa in due capitoli perché era
troppo lunga per uno solo, ma li
ho pubblicati assieme perché è oggi il compleanno
di Allen, ed avendola scritta
tutta oggi non credevo che venisse tanto lunga, altrimenti avrei fatto
un
capitolo ieri ed uno oggi, ma svegliandomi all’ultimo secondo
alla fine ho
fatto casini. Per quanto riguarda la storia in sé
è venuta fuori abbastanza di
getto, è nata con l’intenzione di far vivere un
episodio di vita quotidiana ad
Allen, Neah e Mana, ma il tutto si è evoluto. Sinceramente
non so che dire, a
me piace, spero che sia così anche per voi (un commento
è sempre ben accetto,
anche per insultarmi, darmi consigli, pareri o farmi domande, basta che
almeno
una persona mi dica qualcosa, pleaaase, sarebbe un bellissimo regalo di
Natale!), quindi vi saluto, alla prossima
ElPsyCongroo
*nel
frattempo*
Allen: Vuoi piantarla?
Io: Di far che?
Allen: Di farmi
impazzire o morire nelle tue storie!
Io: Maddaih Allen
caro,
è solo la seconda volta che ti faccio morire no?
Allen: Appunto, due
su
tre!
Io: Beh, un volta ti
ho
salvato V.V
Lenalee: Ed io
allora?
Sono morta sempre!
Io: Su Lena, non fare
così! Farti morire aggiunge sempre il tocco giusto di
drammaticità!
Lenalee: Ma sta volta
non ho nemmeno avuto una parte decente!
Road: Ti ho rubato la
scena ragazza esorcista!
Lenalee: Taci tu, che
intanto sei rimasta di nuovo sola, e siamo a due pure per te V.V
Road: Almeno io vivo,
tu muori, diventi buona solo a concimare in terreno V.V
Io/Allen: Eddaih
ragazze, fate le brave, è Natale!
Road/Lenalee: Tacete
o
siete vi faccio a pezzi!
Allen: Io sono
già
morto!
Io: E senza di me non
tornate più V.V Che mondo sarebbe senza colei che vi
massacra ogni anno?
Tutti: Un mondo
migliore :D
Io:
ç.ç cattivi ç.ç
*end*