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Autore: Silinka    26/12/2013    3 recensioni
“Mi pensi mai ogni tanto?”
Silenzio.
Polvere.
Spaventoso volo verso il basso.
Nessun paracadute a sorreggerlo.
Niente braccia a proteggerlo.
Lo schianto fu rovinoso.
La caduta inevitabile.
La perdita totale.
Cinque parole che seppero ridurlo in polvere, che riuscirono ad abbatterlo e far resuscitare ricordi e pensieri che Harry aveva creduto morti.
Ma forse è impossibile uccidere il primo amore.
Come fare a sopportare il peso di indistruttibili ricordi?
Come poter cancellare la presenza di Zayn dal cuore e dalla testa?
Lui che era indelebile sorriso, terribile male.
Un solo nome, un solo pensiero: Niall.
***
Zarry
Accenni Narry
Sesso slash
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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kkkk


A te che, abbandonandomi e lasciandomi a me stessa, mi hai rotto,
a te che mi hai fatto sentire di nuovo seconda scelta, se non terza o quarta,
sempre a te, che mi hai incantato con le tue parole e promesse,
te che mi hai fatto respirare
e precipitare nell’inferno della mia testa.

When the world
Cuts your soul into pieces
And you start to bleed,
When you can't breathe
I will be there
Zoom into me
Zoom into Me ; Tokio Hotel


Da più di un mese a quella parte Harry aveva deciso di mettere ordine nella sua vita, aveva smesso di saltare ad un posto di lavoro all’altro, aveva smesso di soffocare da solo nel buio della sua stanza, aveva smesso di far si che il mondo si imponesse su lui e aveva rinchiuso i vecchi ricordi marci in un forziere che poi aveva serrato con doppia mandata e messo in un polveroso angolo – o così almeno aveva creduto.

Da un mese a quella parte, all’incirca, le cose con Niall si erano consolidate e loro avevano iniziato a frequentarsi stabilmente, imbrigliati in una relazione non ancora dichiarata ufficialmente ma ormai nota a tutti.
Harry aveva permesso all’aria di entrare, al sole di risplendere, ad un sorriso di contagiarlo. Quello stesso sorriso che gli si era appiccicato addosso, che era lì a farlo respirare giorno e notte, che lo sorreggeva quando il terreno sotto i suoi piedi sembrava tremare ed essere sul punto di sbriciolarsi, e c’era pure nei momenti in cui riusciva a volare alto nell’azzurro ossigeno degli occhi di Niall.
Ed era certo che di lui, se il biondo non fosse accorso a salvarlo in quella gelida notte di novembre regalandogli l’abbraccio che per una vita era mancato, non sarebbe rimasto null’altro che polvere, infiniti granellini inutili per chiunque, incompresi, scacciati e distrutti.
Ma Niall l’aveva compreso, era riuscito a scavalcare il muro di finta indifferenza che Harry si era costruito attorno, l’aveva stretto e ricomposto tornando a farlo respirare con i suoi tocchi, i suoi abbracci delicati e quegli occhi che mai l’abbandonavano.
Niall era ossigeno.
Pura aria.
Battito di cuore.
Sorriso.
Voglia di fare.
Harry sorrise con l’eco delle parole di congedo che il compagno gli aveva sussurrato all’orecchio quella mattina prima di sparire e dedicarsi diligentemente ai suoi impegni.
  
«Creerai un cratere se sfreghi un altro po’ Harreh!» commentò divertito Louis facendo piroettare la bottiglia di birra sul bancone prima di portarsela alle labbra.
Louis era l’unico cliente presente quella sera. Non che la bettola in cui Harry aveva trovato lavoro solitamente avesse più vita.
Ormai l’orario di chiusura era vicino, un’altra ora e Harry sarebbe stato libero di correre a ripararsi sotto il calore delle sue coperte ancora pregne dell’odore di Niall e dell’amore che avevano consumato la notte precedente.
Ancora un’ora, un’infinita ora, sessanta eterni minuti, tremilaseicento secondi lenti come anni, millecinquecento battiti di ciglia che li dividevano, quattromiladuecento battiti del cuore a rintoccare sordi. Un secolo in pratica.
No, non ce l’avrebbe fatta, Niall era diventato essenziale per vivere, necessario per poter far battere il cuore, per far aprire le palpebre sul mondo che aveva acquisito nuove sfumature d’azzurro, per far trascorrere quei secondi e minuti che parevano lunghi ere.
  
«Tu non avevi un appuntamento questa sera?» domandò di rimando gettando nel lavello il panno bagnato che stringeva in mano.
Louis scrollò le spalle. No non era in vena di parlare del bidone che gli era stato tirato, tanto meno intrattenere Harry con i suoi patetici melodrammi. In silenzio buttò giù un altro lungo sorso di birra prima di far cozzare il fondo verde della bottiglia contro il ripiano sul quale si accasciò. Un braccio allungato in avanti, a giocherellare con i bicchieri ordinatamente riposti, il volto a nascondersi nella lana rossa del maglione.
   
«E il tuo principino dove l’hai lasciato piuttosto? Ancora incatenato al letto dopo ieri notte? O se ne è andato un’altra volta? Sai, se così fosse potremmo sempre repli… ». Un ghigno malefico sulle labbra, lo stesso sbieco sorriso che l’aveva illuminato la sera del party.
  
«Louis!» sbraitò Harry piazzando gli occhi nei suoi. Il cuore a battere come un forsennato. Doveva interrompere quella frase prima che venisse portata a termine. «Avevamo deciso che non saremmo più tornati su quello che è e non è successo quella sera! Me l’avevi promesso!». Un pizzico di angoscia nella voce, ansia e timore a farla vibrare.
Anche Louis l’aveva salvato, a modo suo l’aveva tenuto insieme. Circondandolo con le sue braccia gli aveva impedito di bruciare con il sorgere del sole, baciandolo teneramente aveva impedito ai frammenti di staccarsi, cullandolo e tenendolo con sé gli aveva permesso di sopravvivere all’ennesima infinita notte, ed Harry gliene sarebbe stato grato, sempre, ma, come avevano pattuito, la cosa sarebbe rimasta intrappolata in quelle ore notturne.
Facendo leva sulle braccia il maggiore si issò, sporgendosi oltre il bancone, raggiungendo il volto contratto del riccio, il suo piccolo Harreh dai profondi occhi pieni di sogni. Le labbra a muoversi contro le sue. «La prossima volta ti consiglio di coprire meglio il succhiotto che hai sul collo Harreh, sono una persona estremamente gelosa di ciò che è mio, o lo è stato» mormorò con un filo di voce mordendo la guancia al ragazzino, esattamente lì dove, quando sorrideva con il cuore, si formava quella dannatissima fossetta nella quale era inciampato e caduto rovinosamente.
Harry diventò bordeaux. La gioia per gli occhi di Louis che scoppiò a ridere divertito. Harry e la sua incapacità di nascondere qualsiasi emozione lo colpisse.
  
«Mi hai fatto male! Vaffanculo Lou!» sibilò massaggiandosi la guancia. E no, non avrebbe dovuto avvertire la morsa allo stomaco che lo ferì assieme ai denti dell’altro, né le gote in fiamme o le orecchie fischiare come un treno in corsa.
Harry gli voltò le spalle dirigendosi verso lo stanzino che usavano come ripostiglio per recuperare le sue cose. Magari avrebbe chiuso prima, magari sarebbe fuggito via con un po’ d’anticipo, magari avrebbe chiesto a Niall di raggiungerlo per lasciarsi abbracciare ancora una volta.
La sua riserva d’ossigeno iniziava a scarseggiare.
  
«Ma magari!». Sentì urlare dal salone principale, la squillante voce dell’amico attutita dalla porta chiusa.
Harry sospirò pesantemente passandosi le dita tra i capelli, dita che andarono ad incastrarsi tra i nodi dei ricci, tra quei pensieri sempre presenti ad appesantirgli la testa, a rendergli i polmoni incapaci di andare da soli.
Un nuovo messaggio era segnalato sullo schermo del cellulare.
Il cuore prese a corrergli come un matto, il sorriso con le fossette a tendergli talmente tanto le labbra da fargli dolere il volto. Niall sapeva sempre quando era il momento di farsi vivo, come se riuscisse a percepire telepaticamente i suoi bisogni.
Mi pensi mai ogni tanto?
Silenzio.
Polvere.
Spaventoso volo verso il basso.
Nessun paracadute a sorreggerlo.
Niente braccia a proteggerlo.
Lo schianto fu rovinoso.
La caduta inevitabile.
La perdita totale.
Cinque parole che seppero ridurlo in polvere, che riuscirono ad abbatterlo e far resuscitare ricordi e pensieri che Harry aveva creduto morti.

Ma forse è impossibile uccidere il primo amore.


La notte era serena, una delle ultime che il mese di settembre offriva.
Al campeggio tutti si erano radunati attorno al falò, Harry era tra questi, Zayn pure.

Con Wendy alla destra e Kail alla sinistra, il riccio stava ridendo allegramente per la battuta di quest’ultimo. Era facile ridere con loro. Ma per quanto potesse ridere e divertirsi i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quel corpo che si muoveva con sicurezza da un lato all’altro del cerchio che avevano formato.

Con la voce di Daniel nelle orecchie iniziò a studiare – come se non l’avesse già fatto per tutta l’estate e i mesi precedenti – il corpo di Zayn che agilmente trotterellava di qua e di la scoccando sorrisi ai presenti, quei sorrisi che erano per tutti ma appartenevano solo ad Harry.

Lui che con le sue carezze l’aveva sottratto al suo inferno personale, lui che con il suo corpo l’aveva riscaldato dal ghiacciato vuoto dell’animo, lui che l’aveva sottratto a se stesso e non aveva nessuna intenzione di riportarlo indietro.

  
«Vieni un attimo con me» mormorò il moro abbracciando da dietro Harry prima di scoccargli un sonoro bacio sul collo e allontanarsi da lui.

Senza farselo ripetere due volte Harry lo seguì.

Zayn che lo sottraeva nuovamente al suo mondo per farlo entrare in quello che nasceva dalla loro unione.

Non parlarono mentre costeggiavano la via sulla quale si affacciavano gli svariati bungalow dentro i quali i ragazzi alloggiavano. Per un po’ li accompagnò il silenzio, quello loro, quello che li aveva visti crescere e perdersi l’uno nella presa dell’altro, quel silenzio ricco delle parole che non erano capaci di dirsi e dei troppi pensieri che li tenevano ben saldi a terra.

Le mani a sfiorarsi intanto che procedevano, un flebile contatto causa di mille scosse.

Un fugace tocco che accompagnava il loro andare simbolo di una presa più forte, fin troppo.

  
«Mi mette malinconia sapere che domani torneremo a casa» confessò Harry, parlando per primo.

  
«E perché mai dovresti essere triste?» chiese Zayn fermandosi e voltandosi verso il riccio. Di lui vedeva poco, solo ciò che la luce dello spicchio di luna concedeva, eppure gli occhi continuavano a risplendergli di quella scintilla che solo Harry avrebbe avuto nei suoi confronti.

  
«Perché dovremmo lasciarci e vederci sarà più difficile» proseguì, lo sguardo puntato sulle sue AllStar, non aveva il coraggio di affrontare Zayn, non voleva vedesse la distruzione che sarebbe giunta nel momento in cui si sarebbero dovuti lasciare per tornare ognuno alla propria casa. Si sentiva stupido, uno stupido ragazzino innamorato.

  
«Allora dovremmo rendere questa serata indimenticabile e cancellare la tua malinconia piccolo Harry, non credi?» rispose con calma il maggiore. Le scure iridi ad avvolgere Harry nel loro sguardo. Catene che lo legarono lasciandolo precipitare nell’Inferno. Ed Harry si lasciò prendere e stringere e abbracciare senza opporre resistenza o sottrarsi a quel contatto che l’aveva sempre infastidito, perché Zayn sapeva come abbracciarlo, come toccarlo, come evitare le sue cicatrici e suturare le ferite che non volevano chiudersi.

Zayn sapeva e accettava, questo bastava a rendere Harry contento.


Come se fosse stato possibile dimenticare quella serata.

Come se Harry avesse mai potuto scordarsi di come Zayn l’aveva amato, forse per la prima volta nel loro rapporto, facendolo sentire importante, facendolo sentire qualcuno, qualcuno per cui ne valesse la pena.
Le pareti dello stanzino iniziarono a chiudersi su loro stesse, ad accartocciarsi diventando sempre più piccole, costringendo Harry a raggomitolarsi, a stringersi per non venir schiacciato.
Non poteva respirare.
Come fare a sopportare il peso di indistruttibili ricordi?
Come poter cancellare la presenza di Zayn dal cuore e dalla testa?
Lui che era indelebile sorriso, terribile male.
Faceva freddo, faceva terribilmente freddo fuori, il freddo era terribile anche dentro di lui, uno di quei ghiacci che non lasciano via di scampo.
Il ragazzo scivolò contro il muro di mattoni accasciandosi su se stesso in posizione fetale.
Respirare, dentro e fuori. Con calma, così come gli aveva insegnato Zayn la prima volta che gli era venuto un attacco di panico. Ancora una volta si trovavano in quel dannatissimo campeggio, lì dove si erano visti, dove si erano piaciuti, attratti, presi e amati, questo certamente, perché l’ultima notte che avevano passato in quella casetta di legno non era stata solo sesso, anche a distanza di anni Harry si rifiutava di crederlo, di accettarlo.
Si erano amati, la prima e – forse – l’ultima volta.
Concentrarsi su qualcosa di positivo, doveva concentrarsi su qualcosa di positivo. Quel qualcosa che in quel momento fuggiva, ghiacciato e rotto dal freddo dell’inverno.
Scomparso e mai esistito.
Zayn c’era sempre stato, nel bene e nel male.
Zayn sarebbe sempre rimasto, che Harry lo volesse o meno.
Nemmeno l’ossigeno azzurro di Niall sarebbe stato in grado di fagocitare quel legame rotto, sbagliato e tremendo.
Zayn, un fantasma che sempre gli avrebbe infestato il corpo.
Le mani tremanti stringevano ancora il cellulare aperto sul messaggio.
La domanda fattagli a rimbombare dentro di lui, a sbriciolarlo.
Lo pensava?
Sì, no, a volte, di continuo, meno, sempre, mai.
Non lo sapeva nemmeno Harry cosa rispondere.
Zayn era lì e basta.
Anche le stelle erano lì, sempre le stesse, con lo stesso candore, con la stessa delicata luce, con le stesse illusorie promesse. Loro che ti facevano volare e ti invitavano ad arrampicarti sui fili che le tenevano appese per poi lasciarti precipitare. E ridevano vedendoti precipitare, e tintinnavano gioiose mentre cadevi in un volo senza fine, e aumentavano il loro candore mentre ti adagiavi sull’asfalto senza più aria nei polmoni.
Infami.
Bugiarde.
Bellissime.
Letali.

Erano lì come quella notte di troppo tempo addietro, e ancora troppo presente e concreta nella testa di Harry.


Harry puntò lo sguardo verso l’alto.
Mille e mille stelle risplendevano nel buio della notte, centinaia di piccoli fari presenti dalla notte dei tempi.

Infinite storie dovevano conoscere, innumerevoli pensieri dovevano celare, troppi amanti avevano conosciuto e visto gioire, piangere, disperarsi, giurarsi amore eterno, scambiarsi promesse mai mantenute, troppi cuori infranti avevano visto sbriciolarsi sotto le carezze del vento.

Anche loro si sarebbero sbriciolati, o sarebbero durati per ere come le stelle e tutti si sarebbero ricordati di loro e della loro potenza? Della loro passione che non era fuoco ardente ma impetuosa acqua nera? Lui e Zayn erano furiose onde sì, perché il fuoco potevi fermarlo, l’acqua era incontenibile. Gli piaceva vedersi così.

Passione e affinità, come quella ti distruggeva, ti tirava giù, ti usava come canale per farsi vedere e ammirare, e quando se ne andava ti lasciava privo di tutto, di te, di vita, di respiro.

  
«Sei solo mio, mio e di nessun’altro» mormorò Zayn,impose, facendo fondere le labbra con quelle del riccio che stava febbrilmente stringendo a sé. Le braccia ad avvolgere il corpo di Harry per non lasciarlo andare, per combattere la paura di vederlo andare via. Perché Zayn aveva bisogno di Harry, aveva un disperato bisogno di lui, e sapeva che l’avrebbe distrutto, sapeva che non sarebbe durato, che Harry era troppo fragile e puro per poter restare con lui, per poter sopravvivere.

Zayn non poteva offrirgli ciò di cui aveva bisogno, non a lunga scadenza.

Harry non rispose. Come se potesse appartenere a qualcun altro.

Come se dopo Zayn, che gli aveva teso la mano senza chiedere troppo cambio, avesse potuto voler stare con una persona che non fosse lui.

Come se potesse ignorare l’abbozzo d’amore, perché ormai era convinto che di quello si trattasse, che lo sorreggeva e lo faceva volare su soavi correnti lontano da tutto.

Che stupida idea!

  
«Non lasciarmi andare mai Zay» supplicò mentre le labbra del moro gli accarezzavano il collo e lo facevano tremare, tremare di desiderio, di bramosia, d’amore.

Nessuna replica venne data a quella preghiera. Entrambi sapevano che nessuna possibile risposta sarebbe stata la verità: Zayn non avrebbe mai potuto lasciar andare Harry ma, al tempo stesso, non avrebbe mai potuto tenerlo con sé.

Dannati, erano dannati, inciampati in un rapporto che non avrebbe avuto né capo né coda. Si sarebbero cercati, si sarebbero trovati ancora e ancora, si sarebbero posseduti ma mai appartenuti, mai si sarebbero potuti stringere e fondersi e diventare quell’uno che i libri di Harry cantavano con tanta dolcezza e di cui lui leggeva con tanta invidia negli occhi.

Il materasso accolse il corpo del riccio facendolo affondare tra le sue molle.

Zayn, disteso sopra di lui, si reggeva sugli avambracci per non gravare troppo sul corpo del più piccolo.

Gli occhi immersi nei suoi, in quel verde così mutevole da far mancare il fiato, così profondo da farti perdere, così sinceri!

Erano stati proprio quei pozzi color speranza, talvolta grigi come il cielo d’inverno e azzurri come le più fresche delle acque, a far precipitare Zayn in quell’esserino dalla folta zazzera color cioccolato costringendolo, convincendolo, a smarrirsi dietro il sorriso di Harry.

Azzerando qualsiasi distanza tra i loro visi Zayn tornò a baciare Harry, doveva far tacere i suoi pensieri. Lo baciò con passione e calma, assaporò le sue labbra rosse di cui la forma ormai aveva imparato alla perfezione, succhiò quello inferiore tracciandone il contorno con la lingua per chiedere il muto permesso di poter approfondire quel contatto.

Le braccia del riccio agganciate attorno al collo del moro per attirarlo maggiormente a sé, per sentirlo e averlo. Le gambe intrecciate tra di loro, i respiri fusi in uno solo.

Harry mugugnò sommessamente quanto le labbra di Zayn abbandonarono le sue per iniziare a baciarlo su tutto il viso, il naso, le gote, il mento, la fronte e gli occhi. Quegli occhi che l’avrebbero perseguitato per sempre. Quella vita, quella gioia, quella luce che avrebbe illuminato anche le tenebre più buie e tormentate.

Facendo leva sulle braccia il moro si mise a sedere, Harry stretto tra le braccia, seduto sulle sue gambe, a stringergli i fianchi tra le cosce. Le labbra di nuovo ad amalgamarsi in baci umidi, dati a bocca aperta. Le mani di Zayn si spinsero oltre la maglietta a mezze maniche del riccio, ad accarezzare la calda pelle del ventre di questo, a soffermarsi sui suoi fianchi per stringerli in maniera possessiva, a sfiorargli la schiena con la punta delle dita per costringerlo ad inarcarsi e aderire maggiormente al suo petto.

La t-shirt nera venne lasciata cadere ai piedi del piccolo letto.

Le attenzioni di Zayn ora dedicare ai due uccelli che decoravano la parte alta dello sterno del ragazzino che, stretto tra le mani il volto di Zayn, aveva iniziato a depositare piccoli baci a stampo sulla pelle del mulatto. Il viso, la mascella, il collo e le spalle, le dita, i palmi, i polsi, le braccia, le clavicole, che mordicchiò e leccò una volta privato anche il moro della maglietta.

E di nuovo i petti a scontrasi, le bocche a cercarsi, il cuore di entrambi a palpitare talmente forte che Harry non si sarebbe stupito se quel muscolo gli avesse sfondato il torace per potersi andare ad unire con quello di Zayn, fondendosi con lui. Il loro uno che mai sarebbe giunto nonostante gli sforzi, le lacrime e le cicatrici.

Le dita intrecciate. Il bacino del riccio a strusciarsi pacatamente contro il cavallo dell’altro, il principio di erezione di Harry a stuzzicare Zayn che, preso dal momento e persa la cognizione, fece tornare sdraiato il ragazzino.

Il bottone degli skinni di Harry cedette facilmente alla pressione imposta dal moro. La cerniera fece altrettanto.

Un rantolo fuoriuscì dalle carnose labbra del castano, strappato ai suoi polmoni dalle soffici labbra di Zayn che avevano iniziato a tracciare una serie di umidi baci lungo il suo sterno. Brividi a scuotergli i muscoli, bollicine a inebriargli la mente, miccia ad accendersi nel suo basso ventre.

La lingua calda vorticò nel suo ombelico, il mondo intero fece un paio di giri su se stesso mozzandogli il fiato.

I denti strisciarono sulla pelle appena sopra l’elastico dei boxer, bombe esplosero all’interno del corpo di Harry.

L’Apocalisse era rinchiuso nella mano di Zayn che si serrò attorno al membro del riccio, il mondo che si sbriciolava mentre le dita si destreggiavano a massaggiarlo.

I boxer stretti.

La testa gettata all’indietro e gli occhi socchiusi.

I denti a stringere le labbra.

Sommessi gemiti a riempire la stanzetta buia.

Era stato Zayn ad iniziarlo per primo al sesso, Zayn a strappargli il primo bacio dato ad un altro ragazzo, ad essere il primo pompino fatto, in verità era stato il primo in tutto Zayn. La prima fuga dalla realtà, il primo serio batticuore, di quel tipo che ti fa accasciare su te stesso per la potenza dei battiti, la prima gelosia che ti corrode lo stomaco, il primo viaggio tra le stelle. Harry ne era felice, perché Zayn era chi aveva aspettato, ed era pronto ad urlarglielo, a confessargli tutto quello, a sussurrargli quanto importante era diventato durante quel campeggio, a quanto l’aveva consumato con gli occhi i mesi precedenti per i corridoi della scuola, a tutte le volte che l’aveva sognato e vaneggiato su loro, a quanto ora era diventato concreto e tutto era troppo simile ad uno splendido sogno che ammalia e finisce con il lasciare l’amaro in bocca e il nulla in corpo.

Una mano agganciata al collo di Zayn, le sue labbra a consumargli il collo, la destra a percorrere, con la punta delle dita, il petto scolpito disegnando immaginari ghirigori mentre scendeva sui muscoli del ventre. Il tocco divenne più sensuale una volta giunto in prossimità dell’elastico della tuta, che si tese facilmente quando Harry fece scivolare la mano oltre il tessuto in poliestere.

Lo percepì chiaramente il fremito che attraversò il corpo di Zayn, nella sua mano che incespicò perdendo per qualche secondo il ritmo, nei denti che si strinsero maggiormente attorno al lembo di pelle che stavano torturando, in quel sospiro mal trattenuto che il moro si lasciò sfuggire contro la pelle calda di Harry.

Quasi subito i due arti iniziarono a muoversi in sincronica, Harry che man mano acquisiva sempre più sicurezza mentre l’erezione dell’altro andava formandosi nella sua stretta, Zayn che sapeva come toccarlo e mandarlo su di giri, e fargli ribollire il sangue nelle vene così come i pensieri nella testa.

Nulla più di concreto esisteva.

Non c’era nessuna partenza imminente, non c’era nessuna paura di perdersi nel fluire dei giorni, non c’erano più restrizioni, sguardi sbiechi e bisbigli fatti alle loro spalle, esistevano solo Harry e Zayn e quel volersi che li stava consumando in maniera lenta, quasi dolorosa. Ma l’amore era lento e doloroso, così doloroso che la maggior parte delle volte assomigliava quasi ad uno straziante patimento che ti impediva di vivere e respirare.

  
«Harry» mormorò con voce roca. La mano con cui l’aveva masturbato ad allentare la sua presa, un mugugno di disappunto accompagnò quell’allontanamento ma anche Harry fermò il suo forsennato andare. Il momento dei giochetti era finito, gli occhi di Zayn brillavano di piacere e desiderio, erano bramosia e lussuria.

Alzando il bacino Harry permise a Zayn di spogliarlo degli ultimi indumenti dopo che ebbe fatto lo stesso con sé stesso e aver recuperato da sotto il letto lubrificante e preservativo.

Con le dita umide e rese scivolose dal gel il moro iniziò a preparare il compagno. L’accarezzò con calma, gli lasciò il tempo di rilassarsi, si mosse delicatamente, lo violò con una prima falange stando attento, quell’ultima volta non doveva portare con sé brutti momenti. Eppure, nonostante Harry fosse preparato, si irrigidì e contrasse tutti i muscoli nel mentre sentì Zayn penetrarlo, e il dolore schizzò come una saetta dritto fino al cervello, proprio come era accaduto la loro prima volta. Chiuse gli occhi.

Era stato un disastro, più o meno: Harry si era dimostrato impacciato, non aveva saputo come muoversi, aveva urlato e si era dimenato e aveva pianto per il male che l’aveva colto e rotto e gli aveva mozzato il fiato quando Zayn si era addentrato dentro di lui. Cosa peggiore, però, era stato il timore che Zayn lo lasciasse indietro dopo quella notte. Non era andata così tuttavia, il giorno dopo si era fatto trovare davanti la porta della casetta di Harry per assicurarsi che stesse bene e tenergli la mano.

La seconda volta era andata un po’ meglio, non una delle scopate più comode, certo il folto del bosco li aveva celati ad occhi indiscreti, erano tornati alla base senza aver raccolto un solo ramo per il falò e questo aveva comportato una strigliata e una settimana di punizione, ma era stata nettamente più piacevole e meno imbarazzante rispetto la precedente.

La terza volta che si erano appartenuti, invece, per poco non venivano colti in fragrante dal compagno di stanza di Harry che aveva ben pensato di rincasare prima dal corso di nuoto che i due ragazzi avevano spudoratamente saltato. Avevano riso e si erano ripromessi di stare più attenti. Si erano attenuti a quel regime di basso profilo per, un giorno? Forse uno e mezzo, poi erano tornati a stuzzicarsi, provocarsi e nascondersi agli occhi dei loro compagni per baciarsi e toccarsi in carezze proibite.

Il riccio spalancò gli occhi quando avvertì la punta del pene di Zayn avvicinarsi alla sua apertura e forzarla. Trattenne il respiro e fissò le iridi in quelle del ragazzo che lo sovrastava. Zayn gli sorrise chinandosi a baciarlo in maniera dolce mentre, con una spinta decisa, si spingeva in lui. Il gemito di Harry gli rimbombò fino in gola, la mente persa nei meandri del piacere.

Aspettò l’assenso del castano prima di iniziare a muoversi.

I corpi uniti che sfregavano l’uno contro l’altro, le mani a stringersi tra di loro, i respiri rochi e carichi di piacere a risuonare imponenti come tuoni. Il sudore che aveva iniziato a colare sulle loro pelli ad aumentare la loro fusione, la testiera del letto a sbattere contro la parete accompagnando il sordo rumore che scaturiva dal punto in cui i corpi dei due ragazzi si univano.

Segni rossi si sarebbe ritrovato Zayn, l’indomani, sulle spalle, dove Harry aveva affondato le dita per reggersi.

La mano del riccio si strinse attorno alla sua stessa erezione per masturbarsi. Il pulsare diventato insopportabile, il bisogno di alleviare l’eccitazione fin troppo ardente. Bastarono pochi affondi ed Harry venne sulla sua stessa mano, il suo liquido biancastro a rendergli appiccicose le dita così come il suo stesso petto e quello di Zayn che, con la testa appoggiata sulla spalla del ragazzino, continuò a muoversi all’interno del riccio, le spinte divenute violente e veloci.

L’orgasmo colse anche lui, i muscoli si tesero, un gemito non trattenuto risuonò nell’aria tremate prima che il silenzio tornasse padrone, solo i loro respiri affannosi a rincorrersi. I cuori che messi a dura prova tornavano a contrarsi nel loro antro aspettando la prossima occasione per saltarne fuori e mischiarsi.

Passarono svariati minuti senza che né Harry né Zayn parlassero. Non si mossero, l’unica volta che si separarono fu perché il moro si alzò per andare a buttare il profilattico usato nel cestino del bagno. L’aria fredda, i corpi bisognosi di stringersi. Solo allora il più grande si decise a dar voce ai pensieri che lo stavano tormentando. Un Harry ormai assopito si apprestò ad ascoltarlo.

  
«Giura Harry, giura che non mi dimenticherai mai, che mi penserai anche se al tuo fianco avrai qualcun altro che ti farà stare bene e ti farà sorridere. Giura che mi terrai sempre con te anche se potrai detestarmi, promettimi che non mi lascerai mai andare via dai tuoi ricordi!» impose Zayn, gli occhi conficcati in quelli di Harry, la presa che aveva sulla pelle lattea del ragazzino febbrile, le dita a scavarsi una nicchia solo loro nei fianchi del riccio. Aveva bisogno di quella certezza Zayn, doveva sapere che Harry non l’avrebbe mai lasciato andare, almeno lui, che in lui sarebbe sopravvissuto. Richiesta folle, ma la disse con così tanta convinzione e disperazione che Harry non poté far altro che acconsentire a quell’assurda preghiera pronunciata come se fosse la più sacra delle promesse.

Come se Harry mai avrebbe potuto scordarsi di lui.

Impossibile.

Zayn era lo specchio in cui si sarebbe sempre riconosciuto, non avrebbe mai potuto lasciarlo andare via. Ma lo giurò ugualmente abbagliato dalla luce di quel giorno nuovo che stava nascendo, con l’impronta dell’ultimo abbraccio in cui il moro l’avrebbe intrappolato ad incidersi sulla sua pelle. Macchia indelebile.


Era ancora lì, indistruttibile, eterno e incontrollabile.

L’abbraccio di Zayn era ancora presente a stritolare Harry, a farlo soffocare, a privarlo di qualsiasi volontà. I polmoni atrofizzati da quella supplica, i muscoli a tremare, non più per il freddo, ormai quello era svanito, inglobato dalla disperazione e dal vuoto, sottomesso da quel fantasma che mai avrebbe dato pace all’esausto corpo di Harry.
L’aveva creduto sconfitto, ma non si può.
L’aveva pensato sepolto sotto altri ricordi, ma la sua luce avrebbe sempre brillato tetra.
Aveva creduto e fatto leva sulle parole di conforto di Niall, ma per lui non ci sarebbe stata via di scampo.
Zayn l’aveva inciso dentro.
Zayn era quel buco che mai sarebbe riuscito a colmare.
Zayn era quello spiffero che sapeva distruggere tutto.
Zayn era sorriso, era stato luce, lo era ancora. La luce della disperazione, la luce morente dell’amore che non sei in grado di lasciar andare, per paura, per necessità, per egoismo.
Zayn era e sarebbe stato.
  
«Angioletto sei qua?». Un richiamo sommesso, la potenza di un uragano racchiusa in una voce e un paio d’occhi che avevano saputo combattere contro l’oscurità.
Niall apparve sul portoncino attraverso il quale Harry si era fiondato per sfuggire alle pareti che volevano schiacciarlo – anche loro. Il ricco era ancora accasciato su se stesso alla base dei tre gradini che li separavano. Il fiato corto, le mani affondate tra i capelli, lacrime ardenti a segnargli le guance scavate e rese rosse dal ghiaccio che l’aveva avvolto.
Nemmeno il tempo di battere le ciglia e Niall era pronto a salvarlo. Di nuovo. Ancora. Senza stancarsi. Senza chiedere nulla in cambio.
  
«Sei un pezzo di ghiaccio Harry!» disse, apprensione e timore a dare una nota di colore alla sua voce. Senza pensarci due volte Niall spalancò il giubbotto permettendo a Harry di nascondersi contro il suo petto. Le braccia ad avvolgere il corpo del riccio, a riscaldarlo come meglio poteva. Le mani ad accarezzarlo, le parole a rincuorarlo.
Niall, l’unica arma in grado di sconfiggere il fantasma di Zayn.
Niall, ossigeno e vita.
La via di scampo per sopravvivere e vivere.
  
«Sarà un miracolo se non ti verrà la febbre. Si può sapere che ti è saltato in mente? Stare qua fuori così, io… Vabbè, è lo stesso, non importa cuoricino, sono qua con te adesso e non ti lascerò andare per nulla al mondo. Ora chiudiamo questo coso, ce ne andiamo a casa tua, ti fai una doccia bollente mentre io ti preparo una cioccolata calda e poi ci nascondiamo sotto le nostre coperte senza pensare più a nulla, che te ne pare? Ti piace la mia idea?». Sulle sue labbra screpolate si stampò un sorriso enorme, di quelli che possono racchiudere tutta la tenerezza e la bontà di questo mondo, una zattera alla quale aggrapparsi. Fu proprio a quell’appiglio che Harry si attaccò facendo scontrare le loro bocche, chiedendo disperatamente al ragazzo un po’ dell’ossigeno che il biondo custodiva negli occhi, sottraendogli quel calore che in lui mancava facendo intrecciare le dita delle loro mani.
  
«Sì, andiamo a casa per favore» replicò lasciandosi portare via dall’azzurro di Niall. Era vita e riscatto, indubbiamente. E la risata che gli fece vibrare il petto – e fece tremare Harry di rimando – colorì l’aria grigia di mille scintille ardenti, mille lucciole, piccoli frammenti di speranza che si adagiarono come le più delicate delle carezze sul riccio.
  
«Sai, stavo pensando che così mi ricordi tanto un cucciolino abbandonato e bisognoso di cure, il mio cucciolo da salvare» confessò Niall stringendosi nelle spalle mentre trascinava Harry dietro di sé, con sé, e inconsapevolmente – o forse non così inconsciamente – lontano dai mostri che gli impedivano di spiccare il volo e lo tenevano ancorato al suolo e lo facevano sprofondare, quei mostri con cui aveva ingaggiato una lotta che aveva intenzione di vincere, a tutti i costi.
Quelle parole, beh, non c’era nemmeno bisogno di dirlo, per Harry furono un canotto di salvataggio, un intera barca su cui poter fare affidamento e solcare il mare durane la peggiore delle tempeste. La premura con cui Niall si curava di lui non aveva uguali, la dolcezza con cui lo guardava era lo zucchero migliore per alleggerire la realtà, la pazienza con cui gli stava accanto il miglior disinfettante mai trovato.
Harry strinse la mano del biondo seguendolo, l’avrebbe seguito ovunque, perché Niall non gli aveva chiesto di non andarsene, non gli aveva chiesto di ricordarlo negli anni senza far null’altro, Niall si era imposto e a furia di gomitate e sorrisi si era ricavato spazio solo suo tra i ruderi del passato creando un angolino di Paradiso all’interno dell’inferno di Harry. Non gli aveva chiesto il permesso, non aveva avuto bisogno di nessuna promessa, l’aveva fatto e basta.
Un nuovo messaggio venne ricevuto sul cellulare del riccio quella notte mentre Niall si apprestava a ricucire con i suoi baci i frammenti di Harry; molte più parole si susseguirono alle precedenti cinque, molto più a fondo si sarebbero scavate nuove ferite e sempre più in superficie sarebbero giunti ricordi marci che, al contrario, sarebbero dovuti rimanere sepolti nel cimitero di polvere e detriti che Harry si sentiva nel petto. La presenza di Niall fatta traballare, la sua stabilità e forza a placare il terremoto imminente. Era lui l’angelo.
So che probabilmente ce l’avrai con me, so anche che non avrei mai dovuto rivolgerti queste parole, so che non risolverò nulla, so che premendo invio commetterò uno degli errori più grandi, che probabilmente mi farò odiare ancora di più da te perché ora hai una vita che non include il sottoscritto, ma so altrettanto bene che sei un essere unico nel suo genere, magnifico e spettacolare, come sono consapevole di tutto quello che ho perso lasciandoti andare e di come sono certo del fatto che non potrò mai cancellarti dai miei pensieri, dalla mia testa e dal mio cuore.

Mi manchi, mi manchi terribilmente Harry. Solo questo.

Tuo Zay
”.





     ***
Un respiro profondo e possiamo fare tutto.
Un mese e tredici giorni, è il tempo che ho impiegato per scrivere e portare a termine questa OS.
No non è vero, i giorni sono undici in realtà perché l’ho finita la vigilia, ma questi sono solo dettagli!
Di mezzo c'è stata un mezzo aborto di OS Ziam che è il fluff (la trovate qua la mia piccolina: "Biancospino").
Btw, parlando di questa mezza meraviglia, per chi ha letto anche "Ossigeno" finalmente vede concretizzarsi Zayn che diventa un personaggio in carne ed ossa anche se ancora rilegato nel passato, se non per quei due messaggi che invia al povero Harry.
Poi c'è quell'accenno Larry all'inizio che... Chi aveva dubbi su cosa avessero combinato la notte del party, beh qua può interpretare quel "o lo è stato" di Lou come meglio crede, io ho la mia versione voi siete liberi/e di immaginarvi quello che volete (Chià non mi uccidere! Ahahahahah), la questione è molto vaga e nebbiosa apposta. E alla fine abbiamo Niall, Niall che è... La tenerezza? Mi si è intenerito il cuore metre scrivevo di lui! (e a questo punto ringrazio mia sorella che non so se leggerà mai, forse non lo farà, ma in questi giorni mi sta bombardando di video e filmanti sui Larry e sta facendo salire il mio fluff alle stelle, tipo potrei vomitare arcobaleni e miele).
Niall si prodiga per Harry, è consapevole delle sue debolezze e dello sfacelo che ha dentro, e non si tira indietro, non si ferma nemmeno quando lo vede sul punto di crollare per fantasmi che gli dartanno del filo da torcere. Niall lo vuole Harry, Niall vuole veder risplendere il suo verde vita, Niall è la forza e la caparbia, la costanza di cui Harry necessita per non andare alla deriva. Niall lotterà sempre per Harry e non se lo farà portare via facilmente, sappiate questo.
I tre personaggi che girano attorno ad Harry rappresentano tre diversi tipi di rapporto e attaccamento, questo volevo precisarlo e fermarmici un istante.
Louis, è quell'isoletta a cui Harry si è aggrappato nella perdita totale, è stato (forse) il cerotto di una notte, ma ciò non impplica che abbia saputo ricavarsi un angolino nei pensieri di Harry, c'era quando nessun'altro era presente. E' forza.
Niall, lui è la vita e lo stimolo ad andare avanti, come detto poco prima Niall ora è la vita e la motivazione che scorrono nelle vene di Harry, è il suo ossigeno, il punto di svolta, quell'essere che lotterà anche in punto di morte pur di garantire un sorriso sulle labbra dell'amato, è tutto ciò che manca e serve ad Harry. E' necessità e bisogno.
Zayn, scrivere di Zayn è stato un po' come tirarmi fuori il cuore dal petto, poggiarmelo da parte sulla scrivania e scrivere (scusate per la scena non proprio bellissima). Zayn è stato il primo amore, quello concreto che ti fa dannare, che ti spinge a vendere l'anima, che ti inebria della sua presenza e ti fa volare nello stesso istante in cui ti taglia le ginocchia. E' stato tutto, compresa la distruzione, Harry di lui non si libererà mai, vivrà per sempre dentro nei suoi ricordi, parte della luminisa vita che il riccio custodisce negli occhi è stata rapita da Zayn che non ha alcuna intenzione di restituirla. Per Zayn non ho trovato una parola per riassumerlo, lui è.
Come al solito mi sto dilungando troppo.
Per chi voleste leggersi anche "Ossigeno" questo è il link: qui, sono tre capitoli non molto lunghi, mi farebbe piacere se passaste anche da lei, anche perchè così capireste meglio alcuni riferimenti fatti in questa storia.
Ringrazio tutti, grazie infinite a te che hai avuto il coraggio di arrivare fin qua in fondo, grazie a chi ci arriverà e grazie anche a chi ha deciso di porre fine a questo strazio righe e righe fa.
Dopo l'abbuffata di ieri rotolo via.
xx
Fee.
Ciao Fra, dolce Baobab dall'animo di un fragile Fiorellino!
Ciao Vava, Ovetta dolce mia!
Ciao Chiara, compagna di svenutra, povera vicina di casa e ballerina da sedia con me per eccellenza!
Ciao lettore di cui non saprò mai il nome!
  
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