Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: MartinaAnna    26/12/2013    1 recensioni
In principio fu il 45 giri, una piastra in vinile che se la lasciavi troppo al sole s’arricciava come la lattuga. Poi venne il 33, più largo, capiente e ingombrante. Anni a seguire, quando le proteste giovanili degli anni ’60 e ’70 si erano già placate, comparvero le prime musicassette. E chi non ricorda i pomeriggi passati a reinserire i nastri all’interno delle apposite rotelline con una penna o con una matita dopo che avevano esondato come fiumi? Durarono molto poco, per ovvie motivazioni pratiche, e vennero quasi subito soppiantate dai cd. Il compact disc. Che grande invenzione.
[Questa storia partecipa al contest "I titoli di Battisti" di Marge]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In principio fu il 45 giri, una piastra in vinile che se la lasciavi troppo al sole s’arricciava come la lattuga. Poi venne il 33, più largo, capiente e ingombrante. Anni a seguire, quando le proteste giovanili degli anni ’60 e ’70 si erano già placate, comparvero le prime musicassette. E chi non ricorda i pomeriggi passati a reinserire i nastri all’interno delle apposite rotelline con una penna o con una matita dopo che avevano esondato come fiumi? Durarono molto poco, per ovvie motivazioni pratiche, e vennero quasi subito soppiantate dai cd. Il compact disc. Che grande invenzione.
Al momento, nel suo lettore nuovo di zecca, Antonio stava ascoltando Battisti. Ricordava ancora con una certa nostalgia gli anni dei 45 giri, quelli in cui le persone non si scambiavano sms o messaggi su Facebook, ma si riunivano nei locali a discutere di politica, istruzione, modernizzazione del Paese. Sua figlia gli diceva che avrebbe dovuto abituarsi ai nuovi tempi, alle nuove tecnologie, ma a lui proprio non riusciva. Provava un’istintiva diffidenza verso pc, cellulari, touchscreen, iPod, iPad, iPed, iPud. Chissà, magari un giorno si sarebbe messo il cuore in pace e avrebbe smesso perfino di credere. Era quello il suo più grande vizio. Secondo la moglie, era anche peggio del fumo. Le sigarette, ripeteva sempre, ti portano via i soldi e la salute, ma gli ideali ti portano via la ragione.
Una parte di Antonio, non poteva che assentire. Di certo, un uomo come lui, in un Italia del genere, non poteva non essere fuori luogo. Ogni volta che provava a parlare di politica con i suoi stessi figli si rendeva conto quanto diverso fosse ormai il modo di affrontarla. La più grande, Maria, gli rispondeva che “la politica è roba da vecchi e io voglio solo divertirmi”. Inutile spiegarle che non è cosa lontana, ma anzi è necessaria e propria di ogni individuo. Solo per questa frase, Maria avrebbe potuto dirgli che parlava troppo difficile.
Ma come! Lui parlava difficile? E loro? Con tutte quelle frasi tipo “tvttb, k fai stase?”. Per imparare a decifrare ciò che la figlia gli chiedeva per messaggi aveva scomodato una psicologa, una volta.
Suo figlio Giacomo, invece, era un tipo tutto playstation e poco studio. Insomma, il classico bamboccione che non s’interessa di nulla e che per nulla al mondo si sposterebbe dalla sua stanza. Neanche in caso di terremoto, incendio, catastrofe naturale, caduta delle stelle, crollo del cielo. Lui, se stesso e la playstation. Un po’ come la santissima trinità.
Si ritrovò a sorridere, spolverando la libreria, mentre partiva “Il mio canto libero” dal cd. Nonostante tutto, amava i suoi figli più di qualsiasi cosa al mondo. Ed eccoli lì, sorridenti, in una cornice di qualche anno prima, tutti vestiti da montagna. Probabilmente, quella foto proveniva dalla vacanza in Piemonte del 1999. Sua figlia aveva appena 3 anni e, a sentirla oggi, quella foto era “da paleolitico”.
Accanto all’istantanea, c’era un libro. Però non è corretto dire “un”, non era mica un libro qualsiasi. Si trattava di “La città del sole” di Campanella. Era stato il suo manifesto per molti anni: l’idea di una città libera, governata e autogovernata, amata e rispettata, in cui tutti fossero uguali. L’apoteosi del comunismo! E che strazio, quale atrocità, essere guardato di sbieco ogni volta che si definiva “rosso”. Stalin aveva rovinato tutto.
- Antonio…-.
Lui si girò ed ebbe di fronte sua moglie. Sistemò alla meno peggio foto e tomo nella sua valigia e la chiuse con un gran tonfo. La casa era ormai spoglia di ogni passato. Libreria vuota, pareti sgombre, il pianoforte tanto amato dalla sua Dalia era già stato spostato nella sua nuova casa.
Trasloco.
Che strana parola.
- Dalia, sono pronto-.
- Non voglio metterti fretta…-.
Lei sapeva. Capiva, dopo 24 anni di matrimonio, quanto suo marito fosse legato a quella casa. E così anche lei, in fondo. Avevano sempre vissuto lì, fino a quel momento. E cambiare non solo abitazione, ma addirittura città, era abbastanza complicato per entrambi. Dalia sorrise, ascoltando la canzone nel cd.
- E’ la nostra- disse, solamente. Antonio la guardò. Poi le offrì la mano e presero a ballare nell’atrio vuoto, riempendolo delle loro risa, dei baci che si scambiarono. Lasciarono impresso nelle pareti, probabilmente per sempre, tutto l’amore provato, per loro e per i figli.
- Mamma, papà, ma che fate?- risero i ragazzi, entrando e vedendoli ballare come bambini.
- Voi, solo voi siete il mio canto libero!- esclamò Antonio alla famiglia, felice e sicuro. Tolse il cd e lo ripose nella custodia.
Uscì, prendendoli per mano, e loro divennero un po’ recalcitranti per quell’eccesso di amore paterno. Delia, rimasta sola nell’edificio, sentì sua figlia dire, aprendo lo sportello della macchina: - Papà, ti sembra il caso?-.
Con un ultimo sguardo e un sorriso ad un numero imprecisato di denti, la donna si chiuse la porta alle spalle.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: MartinaAnna