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Autore: MusaDarcySirenyx    26/12/2013    2 recensioni
"«Ohw, che bello.» riuscì a dire a bassa voce il bimbo affascinato da quella strana pietra. Vaniglia, anch’essa era stupita e attratta da quello smeraldo, decise così di afferrarlo. Inaspettatamente la pietra preziosa scaturì dei luminosi raggi inondando di luce l’intero salone. Vaniglia improvvisò un breve urlo di spavento mentre il piccolo era immobile e impressionato nell’assistere a quella scena."
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello! Siccome ho partecipato ad un contest di scrittura che consiste nel raccontare una storia con suspance nel periodo di Natale, ho deciso di postarla anche qui su EFP.
Quando ci sono concorsi simili mi piace partecipare ed esprimere tutto quello che mi passa per la testa, anche se il tempo è minimo e non posso impegnarmi al massimo nella scrittura.
Quando terminerete di leggere sarà un pò difficile cogliere il senso, infatti sto pensando di far diventare questa storia una vera e propria fanfiction a capitoli o per lo meno scriverne un seguito (ma potrei anche aggiornare apportando eventuali e ulteriori modifiche).
Narra di una maledizione caduta su due giovani che, purtroppo, per i primi anni scambiano per un miracolo natalizio.
Chi avrebbe avuto motivo di mettere sotto l'abete decorato a festa quel antefatto magico?
Baci e buon Natale (anche se in perfetto ritardo) MusaDarcy.


Noel Noir
«E' troppo presto, non voglio andare a dormire!» piagnucolò il piccolo mentre veniva messo a forza nel suo lettino.  «Forza non fare i capricci.» - «Dov’è la mamma?» - «Non c’è.» - «E papà?» - «Lui se ne è andato tempo fa.» - «Sorellina, tu mi vuoi ben..» - «Io non sono tua sorella!» le urlò contro muovendo i lunghi e setosi capelli neri. Odiava essere considerata la sorella maggiore di quel marmocchio, come lei lo definiva, era solo il secondo figlio di sua madre,  niente più. Non sopportava l’idea che sua madre si fosse risposata così presto dopo la scomparsa del suo amato papà. Aveva quindici anni ed era costretta a stare ancora in quell’odiosa casa del suo patrigno.
Da quando ha il nuovo compagno, non sono più nessuno.”  Ripeteva a tutti coloro che le chiedevano come proseguisse la situazione familiare alquanto disperata.
«Non trattarmi come un bambino.» - «Tu sei un bambino e come tale ti devo trattare.» - «Tu ti comporti così solo perché la mia mamma e il mio papà sono felici insieme!»
Sentendo quella frase, Vaniglia non ci pensò due volte a tirare uno schiaffo sulle guance rosee del piccolo di quattro anni. Si sentì in colpa, ma per quel solo istante in cui aveva compiuto il vile gesto, provò soddisfazione. «Mark, io non volevo, scus..» disse la ragazza dispiaciuta, ma il bimbo era già scappato via in lacrime.
Si sedette nel grande salone accanto all’albero di Natale decorato di rosso e oro. Le copiose fiamme del camino riscaldavano completamente la sala, ma il calore non arrivava quasi mai alle stanze del piano superiore della villa. L’enorme soggiorno decorato per la celebre festa invernale era accogliente e confortevole. Mark pian piano iniziò a scartare i suoi regali, la mezzanotte era passata già da un pezzo.
«Ho quattro anni, non sono piccolo.» ripeteva tra se e se mentre afferrava il primo pacchetto azzurro e verde. Aprì la piccola confezione: era una bambola di porcellana simile a quelle che Vaniglia collezionava. La poggiò sulle sue gambette innanzi a se e la osservò per qualche minuto. Era una bambolina mora dagli occhi castani e la pelle bianca. Somigliava molto a sua sorella, ma forse quella bambola, pensò, era più dolce e romantica coi tratti. Poi riprese a scartare i doni sotto il maestoso albero. Apriva anche i doni che non erano destinati a lui, malgrado avesse un buon intelletto per la sua età, non sapeva leggere. Strappate due o tre carte da regalo che contenevano vari regalini per lui e sua sorella, agguantò un fodero in velluto nero, all’interno c’era uno scrigno. Sulla confezione erano incise due parole: Noel Noir 12. Il bambino poté immaginare per mezzo di qualche limitato ragionamento che volesse significare Natale Nero in francese. Dopotutto la sua mamma era originaria di Marsiglia, città di cui le lettere finali compongono le stesse  del nome della sorella maggiore. Ma a quel 12 non prestò alcuna attenzione.
«Non riesco ad aprirlo, è sigillato.» disse a bassa voce sforzandosi un po’ il piccolo. Dopo vari tentativi il bambino rinunciò. Dopotutto non vedeva neppure il suo nome scritto lì sopra, unico termine che sapeva leggere, quindi non ne valeva la pena.  Vaniglia, che aveva seguito da dietro la porta scorrevole beige la scena, andò a sedersi accanto a Mark che però non le diede rilevanza.
«So bene che sei arrabbiato con me.» disse accarezzando con il palmo il capo del bambino e afferrando con l’altra mano l’astuccio nero.  Finito il momento in cui la ragazza provò a riappacificarsi con Mark, la fanciulla riacquistò il solito tono serio e autoritario. «Hai aperto dei regali che non ti appartengono, questo è sbagliato.» Il bimbo ancora offeso non rispose. Vaniglia dopotutto non aveva nulla contro quel cucciolo, era solo colpa di sua madre se la vita non era più come prima, Mark non centrava nulla.
«Ti va di aprire insieme questa custodia?» chiese con fare dolce e porgendo lo scrigno al bimbo che mosse allegramente il capo per dirle di sì. Vaniglia ritrasse verso di sé l’astuccio di stoffa pregiata, fece scattare uno strano meccanismo ai laterali della custodia che poi poggiò a terra. Pian piano si aprì da sola.
Diffondeva un dolce suono simile a quello di un carillon che Vaniglia custodiva gelosamente in camera, in quanto fosse l’ultimo regalo di Natale ricevuto dal papà. Apertosi completamente, l’astuccio rivelò uno splendido smeraldo al suo interno che emanava una luce verde intensa.
«Ohw, che bello.» riuscì a dire a bassa voce il bimbo affascinato da quella strana pietra. Vaniglia, anch’essa era stupita e attratta da quello smeraldo, decise così di afferrarlo. Inaspettatamente la pietra preziosa scaturì dei luminosi raggi inondando di luce l’intero salone. Vaniglia improvvisò un breve urlo di spavento mentre il piccolo era immobile e impressionato nell’assistere a quella scena.
I capelli di Vaniglia iniziarono a schiarirsi sulle punte, la camicia da notte rosa di seta venne sostituita inspiegabilmente da un’aderente abitino in pizzo nero, le pantofole sparirono dai piedi della ragazza lasciando campo a un paio di scarpe alte blu con il tacco spesso, e una maschera blu e nera si poggiò sul suo viso. Poi una scia dello stesso colore dello smeraldo circondò il corpo della fanciulla che iniziò a fluttuare in aria. Poi la ragazza tornò senza capire cosa fosse accaduto in piedi sul soffice tappeto bianco al centro del boudoir. Aveva ancora tra le mani quella strana pietra dal colore energico e dinamico. La lasciò scivolare atterra e arretrò di qualche passo senza staccare gli occhi dallo smeraldo.
«Come sei bella.» disse il bimbo avvicinandosi alla sorella. «Non avvicinarti!» lo rimproverò con spavento Vaniglia mostrando il palmo che involontariamente scagliò un fulmine argentato contro il bimbo. Riuscì a schivare il colpo a tempo, come avesse fatto ad evitarlo non se lo spiegava nemmeno lui. Il tappeto prese fuoco, ma venne spento poi dalla stessa ragazza che gettò su di esso una coperta che era poggiata sul divanetto li vicino.
Vaniglia in preda al panico scappò via dal salotto e uscì dalla porta secondaria che affacciava sul cortile della villa. Si lasciò cadere sulla ginocchia, osservò per un po’ gli abiti che avevano preso il posto della sua raffinata camicia di seta, poi sorprendentemente, quando ne aveva più voglia, non riuscì a piangere. Provò a togliere la maschera, ma nulla da fare, sembrava incollata al suo viso. Pensò poi a ciò che era accaduto quando aveva rimproverato il fratellino. Ripropose innanzi a se entrambi i palmi delle mani puntando verso il vuoto. Si concentrò su quella strana energia, forse oscura, che sentiva di scorrere e possedere nella sua mente. Lanciò con suo stupore un altro fulmine argentato; a differenza del primo questo diffuse molta più luce. La ragazza spaurita e emozionata da quel che aveva fatto, si alzò in piedi notando per intero il suo outfit. Si sentiva così bella. Mark raggiunse la ragazza che era in cortile, le si avvicinò e toccò il soffice pizzo dell’abito.
«Attento piccolo.» disse preoccupata la ragazza che non voleva essere toccata dal bimbo. Temeva di fargli del male. «Cosa ti è successo Vaniglia?» - «Veramente io non..» Mentre affermava di non sapere cosa fosse accaduto, sentì una voce parlargli attraverso lo smeraldo che il bimbo aveva portato con sé.
«Ascoltami Vaniglia, ascolta la mia voce.» - «Chi sei? Cosa vuoi?» Chiese confusa la fanciulla strappando dalle mani del bambino la pietra. «Di chi parli?» chiese con ingenuità Mark che non udiva la voce astratta. «Va via da qui, non è il tuo posto, puoi vivere meglio di così.» - «Non capisco..» riuscì a dire Vaniglia prima di perdere i sensi sul prato bagnato del giardino.
 
 
 
Era il mattino del 25 Dicembre, i raggi del sole deboli e fiacchi illuminavano di poco la camera dei due ragazzi. La giovane dai capelli biondi e lucenti si alzò di colpo dal suo letto.
«Ehy, svegliati.» lo chiamò agitata. «Cosa succede, Vaniglia?» - «Ho fatto di nuovo quel sogno.» 
Il ragazzo alto e dal fisico scolpito scese dal letto, attraversò la grande camera che divideva con la sorella maggiore e si sedette accanto a Vaniglia..
«E successo tanni fa.» - «Lo so, lo so. Ma ogni Natale, non posso non ricordare quello che è successo.» disse toccandosi i capelli una volta neri come la notte. «Da quando mamma e papà non ci sono più sono cambiate tante cose.» - «Sorellina, sai perfettamente che non è stata colpa tua.» - «Da quanto tempo non usciamo da questa casa? Dodici anni, dodici. Non ne posso più, ogni volta che mi agito o mi faccio trasportare dall’ira perdo il controllo dei mei poteri.» - «Vaniglia, se non usciamo da tempo da questa villa è solo per il tuo bene. Una volta che avrai acquisito il pieno controllo dei tuoi incantesimi vivremo una vita normale.» - «Non credo di sapere ormai cosa sia la normalità.»
I due giovani si vestirono, Vaniglia si truccò e si pettinò per bene anche se non la vedeva mai nessuno nel corso della giornata se non suo fratello. Scesero in cucina a consumare la colazione, poi come di consueto, andarono nel cortile a provare qualche incantesimo della fanciulla.
 «Non hai paura di allenarti con me, Mark?» - «Perché dovrei? Dopo anni ci ho fatto l’abitudine a tutte queste magie e tu, sorellina mia, sei sempre stupenda.» - «Dovresti aver paura invece, i miei poteri potrebbero ucciderti.» - «I tuoi poteri non hanno mai fatto del male a nessuno, sorellina.»
Vaniglia era pronta a lanciare un altro dei suoi fulmini, quando si fermò di colpo e guardò negli occhi Mark. «I miei poteri hanno ucciso i nostri genitori, fratellino.» - «Loro lo meritavano dopo tutto quello che ci hanno fatto. Non mi avevi mai chiamato fratellino.»  rispose dolcemente Mark. Prese per mano sua sorella, si abbracciarono. Poi sfilò il pugnale che portava sempre con sé dalla tasca e trafisse Vaniglia. La ragazza cadde a terra priva di sensi.
Il ragazzo guardò senza alcuna impressione il corpo della sorella accasciato sul prato che non sembrava sanguinare malgrado la profonda ferita, che dopo un pò divenne totalmente invisibile
«Scusami, era l'unico modo per liberarti da questo male.»
Sfilò la gemma dalla tasca della ragazza e la fece cadere con forza e con un conseguente tonfo profondo a terra. I capelli della ragazza tornarono biondi come dodici anni prima, Mark la prese in braccio e la portò nel soggiorno distendendo il corpo snello e suadente sul sofà.
«E dopo dodici anni trascorreremo un Natale normale, te lo prometto. Dodici.. Buon Noel Noir, sorellina.» proferì osservando il viso della ragazza addormentata che sembrava rilassato all'udire la voce del fratellino.  
  
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