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Autore: Lilies    26/12/2013    2 recensioni
Rialzo finalmente lo sguardo, incrociando immediatamente quello scintillante di Peeta. Ora sorride.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Sae la zozza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Rebirth (Peeta/Katniss)'
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Thankfully


Katniss EverdeenPeeta MellarkSae la ZozzaHaymitch AbernathyEffie Trinket



Non vedo Peeta da ore, ormai. Haymitch dice che sono noiosa, che non sopporta più i miei lamenti e che se non fosse per Peeta mi avrebbe già uccisa tempo fa. Non ho le forze né la voglia per rispondergli a tono, perciò lascio che i suoi maligni brontolii riempiano il silenzio della mia casa. Deve essersi stufato di blaterare con il muro, finalmente; lo sento andarsene sbattendo forte la porta, trascinandosi dietro il suo nauseabondo olezzo di alcool e vomito.
Rimango sola, immobile come lo sono da ore – da quando Peeta se n'è andato –, lo sguardo fisso fuori dalla finestra inondata dalla luce primaverile. Il Distretto 12 si sta lentamente risvegliando dal quieto torpore invernale. Le primule che Peeta ha piantato nel mio giardino sono ancora ostinatamente chiuse nel loro bocciolo ed io non vedo l'ora di rivederle nei vasi sparsi in giro per la casa. È un po' come se Prim tornasse da me, anno dopo anno.
Il ricordo di mia sorella mi fa pensare che, per quanto Peeta cerchi di convincermi del contrario, io non ho ancora superato ciò che è successo. Convivo con i miei sensi di colpa e i miei rimorsi, e talvolta nemmeno la vicinanza di Peeta riesce a scacciare per un po' i miei demoni; mi capita ancora di risvegliarmi urlando, nel cuore della notte. Peeta è lì, pronto a cingermi con un suo abbraccio, ad infondermi il suo calore. Il suo profumo di pane e cannella è la mia droga. Lo è sempre stato.
Non so per quanto tempo Sae, Haymitch e persino Effie, che viene a trovarci almeno tre volte al mese, abbiano dovuto insistere. Ma alla fine ce l'hanno fatta. Hanno convinto Peeta a riaprire la panetteria. E questa notizia, per quanto piacevole, mi ha colta di sorpresa. Durante le nostre tranquille passeggiate in giro per il villaggio a Peeta capita spesso di bloccarsi davanti ai resti del luogo in cui tempo viveva con la sua famiglia, i muscoli tesi e le mani strette a pugno, le nocche bianche per lo sforzo. Evita sempre di guardarmi in faccia, una volta ripartiti.
Però il ragazzo del pane è tornato da me, almeno in parte. È un Peeta diverso, da riscoprire e apprezzare nuovamente. Io non ho mai smesso di amarlo. L'ho capito solamente nel momento in cui mi è stato portato via. Per i primi anni dopo la fine della guerra il suo depistaggio ci ha allontanati, ma non è bastato a distruggere ciò che avevamo un tempo. Continuiamo a cercarci. Perché è quello che facciamo. Ci prendiamo cura l'una dell'altro.
Posso godere di nuovo delle sue attenzioni, seppur non nell'esatta maniera che segretamente desidero. A lui non lo dirò mai, ma quando dormiamo insieme l'impulso di voltarmi verso il suo viso e baciarlo fino a togliergli il respiro mi coglie costantemente. Non gli dirò mai che ogni genuino sorriso che rivolge a chiunque altro che non sia io mi fa male davvero. Peeta mi sorride, certo che mi sorride, ma non come faceva una volta. È sempre un po' abbacchiato, meno vivo. Gli episodi distorti del nostro passato hanno instillato in lui il timore che io non sia del tutto sincera. Che io possa ucciderlo. In quei casi torna in gioco il “vero o falso?”, per qualunque minimo dubbio, ma urlato. Peeta grida cose orribili, a volte, cose che mi spezzano sempre un po' di più ma al contempo mi spingono a combattere per riaverlo indietro completamente. Ripenso spesso a quando mi ha detto che sono una stronza, e vivo con la consapevolezza di esserlo stata per davvero. Ho giocato con i suoi sentimenti, e con quelli di Gale, senza sapere cosa sentissi veramente per l'uno o per l'altro. E alla fine ho scelto il dente di leone che fiorisce a primavera. Ma quando era già troppo tardi.

Katniss!
L'urlo improvviso di Sae la Zozza mi distoglie bruscamente dai miei pensieri, riportandomi forzatamente alla realtà. Mi sono riscoperta terribilmente sensibile ai cambi d'umore, nell'ultimo periodo, per cui non mi stupisce l'irritazione che prorompe come un fiume in piena dentro di me nel sentirmi apostrofare in questo modo.

Cosa vuoi, Sae? ─ bofonchio, seccata, mentre l'anziana donna fa irruzione in soggiorno con la trotterellante nipote Gretchen appesa a un braccio. Sae mi squadra da sotto in su con fare indagatore, per una volta evitando di profondersi in irritanti lamentele sulla mia mancanza di forme.
Avvisarti che sei in ritardo, ragazza. ─ Sae fa il giro del basso tavolino ingombro di matite e piccoli schizzi dimenticati da Peeta, scaraventando sul divano l'innumerevole quantità di pacchetti di varie dimensioni che si è portata dietro. Gretchen ridacchia col suo consueto fare un po' svagato, portandosi le mani alla bocca. Sento gli occhi di sua nonna puntati addosso, e dopo un po' mi costringo controvoglia ad alzare lo sguardo su di lei.
Quelli cosa sono? ─ domando, indicando i pacchetti con aria inquisitoria, passandomi le dita tra i capelli annodati.
Provengono da Capitol City. È tutto quello che so ─ risponde Sae con una scrollata di spalle. Il solo sentire quel nome mi fa stringere i pugni, mentre il seme della curiosità si instilla dentro di me contro la mia stessa volontà.
Bene, grazie di avermeli portati. Più tardi li brucerò.
Sae inarca un sopracciglio, scuotendo il capo ed accogliendo la nipotina sulle ginocchia.

Non credo sia una buona idea, sai. C'è una busta, da qualche parte. ─ Subito mi fiondo sul divano, ormai vinta dall'interesse, poi riemergo dalla catasta di pacchetti stringendo tra le mani la suddetta busta, vittoriosa. Mi affretto ad aprirla, impaziente, finché mi ritrovo davanti ad un pacchiano bigliettino decorato a motivi floreali e vergato in un'elegante grafia in inchiostro rosa scuro. Mi è orrendamente familiare, ed in un attimo la voglia di strapparlo in mille pezzi s'impossessa di me.

Per stasera. Sono sicura che sarà una grande, grande, grande serata!
Post scriptum: non fare scherzi di pessimo gusto, Katniss Everdeen.
Sii educata e indossalo, o ne varrà della tua vita.

Effie


Sae scoppia a ridere da sopra la mia spalla, e con lei Gretchen, anche se debolmente. Io mi affloscio contro lo schienale, affranta. Che diavolo le è saltato in mente!? Non ho nessuna intenzione di agghindarmi secondo la frivola moda di Capitol City per poi apparire come una completa idiota agli occhi dell'intero Distretto 12. Fulmino con lo sguardo i numerosi pacchetti, notando solamente ora gli osceni colori della carta con cui sono stati impacchettati. Giallo canarino, verde acido e fucsia mi aggrediscono gli occhi, e sento il bisogno impellente di scagliarli tutti tra le fiamme crepitanti del caminetto, se solo fosse acceso.
Ti lascio sola con le tue pene, Everdeen. Io ho da fare. ─ Sae si congeda così, indirizzandomi un ultimo, divertito sorrisino di scherno che altro non fa se non mandarmi ulteriormente su tutte le furie.
Soffoco un urlo dentro un cuscino del divano, poi sposto lo sguardo sull'orologio a pendolo accanto alla libreria. Le sei e dieci. L'inaugurazione è alle sette precise. Sbuffo, arrabbiata con Effie e con il mondo intero, accingendomi a scartare il primo di quella che mi sembra una serie infinita di regali fatti apposta per torturarmi psicologicamente. La lieve minaccia di Effie mi rimbomba nelle orecchie ed un brivido corre lungo tutta la mia spina dorsale.
Il minuscolo pacchettino che ho tra le mani rivela un fine braccialetto d'oro tempestato di piccole pietruzze trasparenti che mandano mille diversi colori a seconda di come le guardi. Nel secondo trovo un paio di semplici scarpe, dorate anch'esse, con un tacco infinitamente basso per gli standard di Effie Trinket. Sento istintivamente che dovrei iniziare a preoccuparmi, ma ne scarto lo stesso un altro. Questo contiene una semplice collana (l'ultimo grido in fatto di moda capitolina dev'essere l'oro, suppongo), il cui ciondolo è costituito da un'unica, lucente perla. Mi blocco, lo sguardo fisso sul pendente. Il profumo della sabbia e dell'acqua salmastra della mia seconda arena mi riempie le narici e per la prima volta dopo tanto mi permetto di perdermi nei miei ricordi proibiti. Risento la fame disperata che mi ha pervasa mentre Peeta, il mio Peeta, mi baciava, la sua mano tra i miei capelli, il suo caldo respiro sulla mia pelle. Mi sento avvampare, al ricordo di quell'episodio che, me ne rendo conto solo ora, ho gelosamente custodito nelle profondità del mio cuore spezzato, impedendo a chiunque di strapparmelo via.
La roca risata di un Haymitch particolarmente ubriaco nella mia cucina, una sera di qualche mese fa, riempie il silenzio carico di tensione in cui sono sprofondata.

Muori dalla voglia di saltare addosso a quel ragazzo, non è vero dolcezza?”
Non sono mai arrossita tanto come in quell'occasione, visto e considerato che Peeta si trovava lì con noi. Poi non l'ho più visto per i quattro giorni successivi. Gli insulti che ho riversato su Haymitch, più tardi quella sera, devono essergli bastati per una vita intera.
Con l'ennesimo sospiro, afferro tra le mani l'ultimo pacco, il più voluminoso. L'ho lasciato apposta alla fine, perché ho timore di ciò che può contenere. Con dita tremanti, strappo via la carta da regalo. Chiudo gli occhi, tastando alla cieca alla ricerca dell'apertura. Sollevo delicatamente il coperchio, trattenendo il fiato. Sono diventata terribilmente melodrammatica, oltre che sensibile. Me ne rendo conto. Quando li riapro, i miei occhi cercano di registrare razionalmente ciò che hanno davanti. Effie mi ha davvero regalato una cosa del genere?
Tasto leggermente il soffice tessuto di cui è fatto il mio abito nuovo di zecca, cercando invano di trattenere un sorriso di sollievo. Devo ricordarmi di ringraziarla.


La gente del Distretto si riversa a ondate all'interno della panetteria. Persone a me sconosciute mi sorridono grate, altre discutono allegramente sui loro lavori di ristrutturazione che procedono senza intoppi. Alcuni bambini, raggruppati attorno ad un tavolo, creano biscotti dalle mille forme, aiutati dai genitori. Il mio sguardo si posa su una bimba che avrà sì e no sei anni, che se ne sta tutta sola in un angolo del tavolo, gli occhietti bassi e una formina tra le mani. Sto per scoppiare a piangere, credo, quando vedo Haymitch precipitarsi verso di lei, sorridente come non l'ho mai visto. Le gioiose risate di tutti, vecchi e giovani, gente del villaggio e del Giacimento, rischiarano questo cielo un po' strano e gonfio di nuvoloni. Nessuno a parte me sembra prestarvi attenzione.
Assolutamente splendida!
Uno squittio alle mie spalle mi fa voltare di soprassalto, e rischio quasi di travolgere la vecchia Ripper. La giovane donna che mi ritrovo davanti è bionda, ha degli enormi occhi azzurri e indossa un coloratissimo vestito di tulle dalle maniche a sbuffo. Mi ci vogliono dieci secondi prima di rendermi conto che questa bellissima donna è Effie Trinket.

Effie? Sei... ─ comincio, sinceramente stupita. Dov'è finita la parrucca giallo sole che portava appena tre settimane fa? Che fine hanno fatto i chili di trucco che si metteva in faccia? Effie fa un gesto con la mano come a voler scacciare una mosca, sorridendomi radiosa.
Oh, non parliamo di me, ti prego! Ti sei vista, tesoro? Sei radiosa.
Arrossisco, stringendo la gonna del mio vestito con le mani. Quando mi sono guardata allo specchio, un'ora fa, non potevo credere che la vecchia Katniss fosse tornata. Per quanto mi senta decisamente tanto elegante non posso nascondere di sentirmi a mio agio, in questo corto abito che, dal bianco più puro, diventa color tramonto al suo estremo. Abbraccio Effie di slancio, sentendomi stringere un attimo dopo. Soffio un sincero “grazie di tutto” al suo orecchio, e la sento sorridere di nuovo. Effie si scusa, dicendo di dover necessariamente andare a controllare che Haymitch non stia combinando qualche imbarazzante disastro. Io me ne torno alla mia precedente postazione in un angolo del negozio, lontana da tutto e da tutti, lontana dalla piccola pista da ballo creata apposta per questo evento, dove tutti si stanno divertendo come non succedeva da tanto.
Scorgo Peeta accanto all'enorme forno mentre insegna ad alcune donne come si fa il pane, e mi perdo nella sua gioia. I suoi sorrisi si estendono anche ai suoi occhi azzurro cielo, i riccioli biondi sono spettinati e gli danno un'aria terribilmente tenera che mi fa ricordare per un attimo il ragazzino che mi ha salvata dalla fame tanti anni fa. Qualcuno chiama la folla al silenzio e Peeta, uno dei panini che stava cuocendo tra le mani, si rivolge a noi.

Vi ringrazio per essere venuti, dal profondo del mio cuore ─ comincia, uno smagliante sorriso a illuminargli il volto. ─ Volevo... volevo solamente dirvi due parole. In nome di ciò che ho affrontato, e di tutto il dolore che ho –abbiamo– provato, credo che questa mia decisione vi aiuti a pensare che non sempre tutto è perduto, se ci credete. Io ho smarrito me stesso. Ancora oggi lotto per riappropriarmi di ciò in cui credo, voglio riavere indietro il mio passato. ─ Mi sembra che stia guardando nella mia direzione, ora, per cui mi affretto ad abbassare lo sguardo. Poi Peeta continua il suo discorso, e mi sembra di sentire un sorriso a stento represso nella sua voce. ─ Stiamo lentamente tornando alla vita. Tutti quanti. Insieme ce la faremo. Ed io non sarei qui, ora, se non fosse per una persona.
Mi sento bruciare dall'insistenza con cui il suo sguardo sta scandagliando il mio viso alla ricerca di ogni più piccola reazione. Credo che abbiano tutti smesso di respirare. Non vola una mosca. Rialzo finalmente il capo, incrociando immediatamente quello scintillante di Peeta. Ora sorride. A me.
La pagnotta che ha tra le mani sfugge alla sua presa, ed è un attimo prima che le fiamme del forno la divorino quasi completamente. Ha cominciato a piovere a dirotto, fuori.
Peeta ripesca il pane servendosi di uno dei suoi tanti strumenti, senza mai distogliere lo sguardo dal mio. So già cosa sta per succedere. Il suo braccio si tende, e la pagnotta annerita dal fuoco atterra con un soffice tonfo ai miei piedi. Sorridiamo nello stesso istante, per una volta completamente felici. Se lo ricorda. Se lo ricorda. Se lo ricorda...
Quasi mi ero scordata della presenza dei nostri concittadini nella stanza. Le mie guance vanno di nuovo in fiamme, e così quelle di Peeta. Mi chino quanto basta per raccogliere ciò che in passato mi ha salvata dalla morte. Strappo il pane a metà, prendendo un pezzo della parte non annerita dal fuoco. Mi sento di nuovo piccola, scarna e morente, bagnata da capo a piedi mentre attendo che la fame mi divori anche l'anima. E rivedo il gentile ragazzo del pane che mi osserva attentamente attraverso le grosse gocce di pioggia, e l'impatto della mano di sua madre contro la sua guancia.
Sbatto le palpebre, rendendomi conto di dove mi trovo. Vedo che Peeta ha gli occhi velati di lacrime, ma non so perché. Poi capisco.
Decine e decine di mani si sono levate, tutt'intorno a noi, tre dita puntate al cielo.
Significa grazie, significa ammirazione, significa dire addio a qualcuno che ami.




Nda: Beh, sì, ho pubblicato una fan fiction appena tre ore fa. Lo so. Ma non uccidetemi, suvvia. Questa è interamente fluff! Non siete felici? Dai, lo so che lo siete.
Spero di non aver fatto disastri con i personaggi. L'ultima cosa che voglio è che mi siano usciti OOC.
Spero ardentemente che vi piaccia, sul serio. L'ho appena scritta e mi ci sono già affezionata.
Amo Peeta.
Beh, lo sapete già.
Orsù dunque! Rinnovo i miei auguri di buone feste, spero passiate un Capodanno all'insegna del divertimento e dell'allegria, che sono le cose più importanti visto lo schifo di periodo che tutti stiamo passando a causa di 'sta cazzo di crisi.
Buone vacanze (e mi raccomando iniziate i compiti presto, non come me, che aspetterò il 5 per iniziarli) :3
Bacioni! Veronica


  
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