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Autore: vampirella    26/12/2013    1 recensioni
La Earth Studios, una delle più grandi case di produzione cinematografica di Hollywood, ha deciso di realizzare come film di punta dell'anno una libera interpretazione del film 'All That Jazz'. L'azienda, ormai a rischio di commissariamento per gli eccessivi scialaqui nella produzione di film ridicoli, ha scelto il migliore team possibile che potesse permettersi per portare a termine il lavoro.
Toccherà a Lucy, giovane produttore esecutivo, realizzare il progetto cercando di far lavorare assieme attrici alcoliste, costumiste sull'orlo di una crisi di nervi e macchinisti con ridotta capacità di gestire la rabbia, il tutto in compagnia del suo peggior nemico.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Capitolo 2

 

Of all the gin joints in all the towns in all the world, she walks into mine - Casablanca (1942)

 

Edward Bernst. Quanto tempo era passato.

Avevamo iniziato il nostro tirocinio alla Earth lo stesso giorno, assegnati allo stesso film. Nonostante io aspirassi a lavorare in produzione e Ed alla regia all’inizio ci trovammo a eseguire le stesse noiose mansioni di routine che aspettavano ai tirocinanti, e presto sviluppammo un’amicizia sincera sebbene legata alla sopravvivenza in quel mondo folle e complesso. Ed mi salvò dal rischio di molestie da parte di attori alcolizzati e io cercai di ricambiare coprendolo quando sbagliava a convocare le comparse o a gestire il magazzino delle lenti. Eravamo una buona squadra, efficiente e affiatata, finché due mesi dopo non ci convocarono nell’ufficio di produzione e ci comunicarono che alla fine della settimana uno di noi due sarebbe stato licenziato per mancanza di fondi.

Panico.

Non potevo perdere l’internship: senza alcun occupazione mi avrebbero rispedito nel mio paese e non mi avrebbero fatto rientrare per un paio d’anni, e quindi addio alla mia carriera! Non riuscivo neanche a concepire di tornare alla mia vita, alla mia noiosissima esistenza persa fra i paesini del pavese, fra i campi coltivati a mais e i trattori che intasano le statali, pertanto pensai all’unica cosa che mi veniva in mente per assicurarmi il posto in quella produzione.

Sabotai Ed.

Non ci volle molto: Ed si sabotava da solo. Era piuttosto disorganizzato e confusionario di per sé, ma finché lavoravamo assieme riuscivamo spesso a sistemare i casini. Decisi semplicemente di dirgli, al termine della riunione a cui eravamo stati convocati, che ognuno avrebbe pensato a sé stesso e che avesse vinto il migliore. In capo a due giorni venne convocato e lasciato a casa.

Mi sentii un po’ in colpa: ero sempre stata io quella che si occupava dell’organizzazione e lui era quello sì, insomma, quello creativo, che creava gruppo e scherzava con le comparse. Era un collante, creava la giusta atmosfera e faceva crescere il gioco di squadra. Il fatto di avergli lasciato scoperto questo suo tallone d’Achille lo vedevo come una mossa scorretta e vedermelo davanti l’ultimo giorno, infuriato, era stato il colpo di grazia che mi aspettavo dalla mia coscienza.

Ovviamente Ed sapeva del perché del suo licenziamento e se l’era legata al dito, cercando di screditare il mio lavoro all’interno della Earth. Mezzi commenti, alcune parole…era bravo con le persone, peccato che i risultati che ottenevo lo smentivano su tutta la linea. Si era creata così una sorta di ostilità latente fra di noi che diventava più marcata nei periodi in cui si tornava a lavorare assieme. Era successo una sola volta ma quello non aveva fatto altro che desiderare di dover lavorare più con lui.

- Non c’è male, sai, mi hanno spedito qui, senza darmi alcun preavviso e spiegazione, la tua assistente qui mi chiede di darle i piani di lavorazione senza capire che non posso consegnarle nulla se non parlo con McKenzie che, guarda un po’, è sparito. – disse Edward, a metà fra lo spazientito e l’ironico. Anna lo guardò, stupita dalla sua reazione, e io mi limitai ad alzare lo sguardo al cielo.

- E’ la procedura, Ed. –

- Se vuoi proprio parlare di procedure… - mi rispose, alzandosi dalla sedia e chiudendo il laptop. – Il tuo compito non dovrebbe essere quello di controllare che tutto sia a posto? –

- E’ tua responsabilità sorvegliare sul regista. –

- Quando si ha a che fare con una persona normale la cosa mi andrebbe bene, ma qui stiamo parlando di lui! – esclamò, rimettendo a posto con gesti stizziti il caricatore della batteria nella borsa. – Non risponde ai messaggi né alle email, ha il telefono staccato e nemmeno la sua segretaria sa dove sia! Che dovrei fare? –

Riflettei sulle sue parole, incrociando le braccia. Anna rimpallava lo sguardo fra di noi, come in una partita di tennis. Chi avrebbe fatto punto?

- Hai il copione? – gli chiesi, rassegnata al nero panorama che si stava delineando davanti ai miei occhi per i prossimi sei mesi.

- Me lo ha appena consegnato la tua collega, adesso. –

- Allora domani puoi cominciare a registrare i dettagli minori, almeno finché non ritroviamo McKenzie. –

Ed strabuzzò gli occhi. – Domani? –

- Qual è il problema? -

- Non fare la furba con me… -

- E tu stai attento: in questo progetto SONO IL TUO CAPO, ok? –

Lui si raggelò, sfidandomi con lo sguardo.

- Già… la tua ‘promozione’. Vedremo se sarai all’altezza del tuo compito, mangiaspaghetti.  – Ed mi sorpassò senza più degnarmi di uno sguardo. Mi girai per urlargli di arrivare puntuale il giorno dopo.

- Un bel tipo quel Bernst. – Anna mi raggiunse sulla soglia della porta. – Vi conoscete? –

- Un po’. –

- Mi hanno detto che è il migliore sulla piazza. Perché fa parte di questo gruppo sgangherato? –

- Presumo per lo stesso motivo per cui ci siamo noi. Andiamo a casa: abbiamo un sacco di lavoro da fare domani. –

 

Il secondo giorno di lavoro si svolse senza intoppi. Riuscii a ordinare la strumentazione e a mettere tutti all’opera, sebbene i lamenti e i battibecchi rallentarono un po’ tutti. Tom ce l’aveva ancora per la riunione del giorno prima, la Leferoux aveva scatenato il suo agente e Ed continuava a lanciarmi occhiate cariche d’odio.

Nonostante avessimo un regista disperso, un’attrice con l’intenzione di fare causa allo studio già sul lastrico e una guerra civile fra i tecnici restai salda e mi concentrai su ciò che dovevo fare. Per prima cosa chiamai Hackman.

- Jack McKenzie? Ha firmato un mese fa, mi pare. Dovrei chiedere alla mia segretaria. -

- Lascia stare Bette, ci credo. Ciò non toglie che non sia qui. Non ha neanche preso accordi col suo vice. Cosa devo pensare? –

- Hai provato a contattare la sua segretaria? –

- Mi prendi per una sprovveduta? – domandai istericamente a mia volta, poi ripresi il controllo di me. – Non mi può chiedere di scandagliare tutti i possibili luoghi della Terra per trovare il regista, signore. –

- E va bene, ci penso io, ma tu devi assolutamente ricucire i rapporti con Adrienne Leferoux. –

- Ma quella ci vuole sabotare! –

- Farà ben peggio se cercherai di reciderle il contratto. Non possiamo assolutamente mandare avanti gli avvocati, non abbiamo liquidità in questo momento…Lucy… -

- Ok, affare fatto. Ora devo andare. –

Rimisi in cellulare in tasca all’apparire di Lin sulla porta dell’ufficio.

- Ciao capo. Disturbo? -

- Hai l’inventario del trucco? – le chiesi, andando alla scrivania ed esaminando i faldoni della contabilità nel tentativo di trovare quello del suo reparto.

- Ho una bella gatta da pelare. – e detto questo chiuse la porta dietro di sé. – Tom… -

- No, ti prego. –

- Quel bastardo di Tom… -

Gemetti.

- Ieri sera eravamo da Moe. Io ero con Joey, Lisa e Sarah al bancone. Tom si avvicina e comincia a provarci con Sarah, sai la rossa responsabile delle acconciature, no? Ecco, ci prova con lei davanti al mio naso e, insomma, lei sa che non esco più con Tom ma era disagio perché insomma, io ero lì e lui era il mio ex, ma Joey si è intromesso vedendo Sarah in difficoltà e Tom gli ha detto di farsi i cazzi suoi e Joey è andato un po’ fuori di testa… -

- Cosa stai cercando di dirmi? –

- Ecco, insomma, … - Lin cominciò a guardarsi la punta dei piedi. – Tom si è preso un bel pugno sul naso e ha passato la notte in gattabuia. Non sarà facile lavorare con lui per un po’. –

La guardai, allibita. – Ma chi è Joey, si può sapere? –

- E’ il mio nuovo ragazzo. Fa il poliziotto. – rispose lei, candidamente.

Cazzo, cazzo, cazzo.

- Starò all’occhio, allora. Grazie di avermelo detto e fammi un favore, per un po’ stai lontano da Tom, ok? -

- Fosse per me gli starei SEMPRE lontano. –

- A chi lo dici. –

 

Cercai di evitare i tecnici, almeno per quel pomeriggio, decidendo di dedicarmi totalmente agli attori. Entrai nella zona a loro dedicata e cercando di fare meno rumore possibile mi sedetti ad assistere alla lettura del copione. A occhio e croce mi sembravano a circa mezz’ora di dialogo e tutto sembrava tranquillo. Greene lanciava ottimi spunti e sembrava aiutare tutti a entrare nella parte dando consigli e incitando una ruolata scatenando gli applausi. Sorrisi a una delle battute che pronunciò in maniera fintamente teatrale quando Devon sbagliò la pronuncia di alcune parole francesi: stimavo quell’uomo sempre di più. Anche Paul sembrava pensarla come me, trattando l’anziano attore come una sorta di dio in terra e ascoltando le sue parole come un discepolo ascolta il suo profeta.

L’atmosfera rimase serena fino a quando Anna si abbassò all’altezza della mia spalla e annunciò l’arrivo della Leferoux. Mi alzai e interruppi il cast gentilmente, dicendo di far un applauso all’ultima importante tessera del meraviglioso puzzle che stavamo per andare a comporre con questo film. Adrianne arrivò giusto in tempo per godersi l’immeritato trionfo, indossando degli occhiali neri e senza mostrare alcuna cordialità. Louis si avvicinò e le prese la mano fra le sue.

- Signora Leferoux, è un piacere averla fra noi. -

- La ringrazio, sig… -

- Greene. Adrianne, le presento Louis Greene. – mi intromisi, trattenendo un commento acido. Tipico di una donna insulsa come lei, fare finta di non conoscere uno degli attori più famosi di Hollywood.

Paul si avvicinò titubante e si presentò, sfoderando il suo splendido sorriso.

- Devon, uh? Piacere di conoscerti, caro. – Adrienne si tolse gli occhiali e si sedette al posto che Anna le indicò. – E’ un piacere essere qui con tutti voi, cari. Spero perdonerete il mio, ho avuto un imprevisto che non mi ha permesso di presentarmi ieri. Vi assicuro che questo non si ripeterà mai più. – la donna mi lanciò uno sguardo di sfida che io ressi abbastanza bene, finché non sentii un urlo provenire dall’altra parte del capannone.

Cominciai a correre verso la fonte del rumore e vi trovai Edward intento a bestemmiare. Poco distante da lui, Max cercava di domare un piccolo incendio scatenatosi a uno dei quadri che fornivano la corrente elettrica al capannone.

- COSA…? -

- Tutto a posto, Lucy, non è successo niente. – mi disse un altro elettricista, cercando di tranquillizzarmi. – Lo ripariamo fra un paio di giorni. Intanto c’è il generatore di emergenza. -

- Cosa alimentava il quadro? –

- Secondo te? – urlò Edward. – Il magazzino della fotografia, mi sembra ovvio! –

- Senti, l’impianto elettrico è vecchio, non potevamo sapere… - cercò di rispondergli a tono Max, ma Edward rincarò la rabbia nella sua voce.

- Siete elettricisti, no? Dovreste essere esperti di queste cose! – continuò. Poi si rivolse a me. – Ottima cosa iniziare il primo giorno con un incendio. Non mi sarei aspettato niente di meglio. –

- In realtà è il secondo. –

- Cosa? –

- E’ il secondo giorno di produzione. – sibilai a denti stretti.

- Senti, Lucy, vaffanculo. – Edward si diresse verso l’uscita, fra lo sguardo attonito della gente. Lo inseguii.

- Ehi, EHI! – riuscii ad afferrarlo per la manica anche se feci fatica a fermarlo. – Sai niente di McKenzie? –

- Per quanto mi riguarda potrebbe essere morto. –

- Certo! Molto maturo da parte tua! – alzai le braccia al cielo. – Senti, se vuoi mandare tutto a puttane per una faccenda personale fai pure, ma lascia stare i miei lavoranti, ok? –

- I tuoi… -

- Hai capito bene, Rent Boy – rimarcai, cercando di imporre la mia autorità. – So che questa cosa ti fa incazzare parecchio, ma non vedo come il tuo comportamento possa migliorare le cose. Non ti chiedo una tregua ma voglio che tu creda nel progetto e dia una mano per realizzarlo. Poi fai quello che vuoi. Molla, sbattitene i coglioni, francamente ho fin troppi problemi che litigare con te. –

- E’ il modo di fare, Lucy. – mi disse, bloccandomi mentre mi dirigevo a passo spedito verso il capannone. Il sole era appena tramontato ma c’era già poca luce attorno a noi. – Bisogna mettersi in testa che questa è una missione suicida e dare il cento per cento per quella piccola possibilità che è terminare nei tempi prestabiliti. Ho paura che i tuoi uomini non sappiamo cosa sia, questo cento percento. –

- Allora glielo insegneremo. – mi voltai di scatto, cercando di mostrare più entusiasmo di quello che provavo. – Ma tu sei convinto di volerne far parte? –

- Ho altra scelta? – si schiarì la voce. – Voglio ancora diventare regista, Lucy. –

- Lo so. –

- Non ho perso la speranza. –

- Lo so. –

- Ricominciare tutto da capo, in un’altra casa cinematografica…significa dover dimenticare questo sogno. –

- Già. –

- Io darò il sangue per questo film ma non credo che tu possa chiedere agli altri di fare lo stesso. Non credo che tu abbia le palle abbastanza grosse per fare questo film. –

Mi irrigidii. – Puoi credere quello che vuoi, ma non è a parole che lo dimostreremo. –

Quelle frasi mi avevano ferito ed irritato. Lui si limitò a lanciarmi un’ultima occhiata e a dirigersi verso l’uscita degli studios.

Rientrai nel capannone.

- Che è successo? – incrociai Max insieme al suo team ed a alcuni macchinisti andare e venire dal magazzino della fotografia, cercando di valutare i danni dell’incendio.

- Cosa vuoi che ti dica? Non solo il regista è sperduto; forse abbiamo perso anche il suo vice. -

   
 
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