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Autore: HamletRedDiablo    26/12/2013    4 recensioni
Una pallottola gli aveva sottratto il mare; un ragazzo gli avrebbe restituito il mondo.
[Spamano]
[Prima Classificata al Contest del terzo incomodo di BeaLovesOscarinoBello]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rosa de los Vientos'
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Maestrale

 

Sporto dal ponte di comando, Arthur assistette allo spettacolo della ciurma che riempiva la stiva, come faceva sempre prima di un lungo viaggio.

In mezzo ai membri più consumati dell’equipaggio zampettava Lovino, che quasi spariva dietro le casse che trasportava. Di sicuro non gli mancava la forza di volontà per diventare un bravo marinaio.

 Appoggiò i gomiti al parapetto e lanciò uno sguardo verso il basso: le onde si arricciavano contro le possenti fiancate della nave, e le più audaci arrivavano a spazzare la passerella che collegava la Queen of Pirates al molo. Un vento allegro scompigliava le frange bianche dei flutti in piccoli spruzzi: quell’aria sarebbe stata l’ideale per gonfiare le loro vele, una volta giunti al largo.

Spinse la sua attenzione oltre i coriandoli di spuma marina, sul litorale e poi sul porto, dove alcuni paesani si erano riuniti per salutare il famoso corsaro e il suo seguito. Ma non distinse alcun uomo appoggiato ad un bastone.

Gli occhi verdi vagarono oltre, alla ricerca della sagoma della locanda. Antonio aveva una camera con vista sul mare: sicuramente era affacciato ad una finestra per salutare il suo ultimo affetto che partiva.

Arthur passò una mano tra i capelli, pensoso: non era venuto perché lui aveva detto di non voler più vedere la sua faccia abbattuta?

«Maledetto filantropo» grugnì.

«Tutti a bordo!» sberciò la vedetta, non appena i viveri furono immagazzinati.

I marinai si affrettarono a risalire la passerella e a prendere posto sulla nave.

Solo una figuretta si attardò, calamitata dalla città che si svegliava in lontananza. Il vento agitò i capelli, cospargendoli di riflessi autunnali, e ingrossò i vestiti troppo larghi, ma non smosse di un millimetro il ragazzo, immobile a fissare una piccola locanda persa in una foresta di costruzioni.

«Ehi, scricciolo, dobbiamo levare l’ancora!» abbaiò il timoniere, mettendo le mani a coppa attorno alla bocca. «Sbrigati a salire!»

Lovino si voltò quasi perplesso, come se non capisse perché cercassero proprio lui; si volse di nuovo, a baciare con gli occhi l’alberghetto bianco, poi diede le spalle alla spiaggia e cominciò a salire.

Il vento ruggì, e la passerella ondeggiò tanto che Lovino fu costretto ad abbassarsi per non essere disarcionato. I flutti tutt’attorno si ingrossarono rombando, ed esplosioni di schiuma candida deflagrarono dal profilo aguzzo degli scogli.

«E’ bello quel paesino, vero?» gridò Arthur sopra gli ululati delle folate aggressive. «Dispiace quasi lasciarlo.»

La natura si rabbonì all’improvviso: le onde tornarono a sciamare con grazia, guidate dalle maree, e il vento scemò in una brezza morigerata.

Lovino non udì le sue parole, o fece finta di non averle sentite: si rialzò sulla passerella e ricominciò a salirla.

Ma ebbe di nuovo un istante di esitazione sull’ultima asse di legno. Non si voltò a guardare il litorale, ma lo vide anche senza girarsi: le lingue di sabbia, la strada che portava alla locanda e che proseguiva verso il mercato… la finestra da cui lui stesso aveva osservato tante volte il mare…

«E’ un vero peccato lasciarlo, non è così?»

Arthur non precisò l’oggetto della sua domanda.

A chi si riferiva l’inglese? Al paese o ad una persona in particolare?

Il capitano buttò fuori un rivolo di rimpianto con un sospiro: nemmeno quella volta avrebbe potuto fare niente per il suo amico.

Lovino aveva compiuto anche l’ultimo passo. Ormai era a bordo della nave.

 

***

 

Antonio aveva avvicinato una sedia alla finestra, poiché sapeva che le sue gambe non avrebbero retto un secondo addio, dopo quello al mare.

Guardò tutto, come aveva fissato il bisturi mentre sradicava la pallottola dal suo muscolo sanguinante, anni prima. Osservò l’equipaggio che caricava la nave, il galeone che si riempiva di merci e di persone, e, infine, la partenza.

Anche senza distinguere i dettagli, aveva immaginato tutto: l’ancora che veniva sollevata, le vele spiegate, il timone strattonato verso la rotta stabilita.

E Lovino che se ne andava.

Passò una mano sugli occhi. Era stanco. Terribilmente stanco.

Chiamò Consuelo per farle sapere che quel giorno non sarebbe sceso poiché le sue condizioni di salute non erano delle migliori. La cameriera accettò le sue disposizioni con un inchino e se ne andò, angustiata.

Antonio appoggiò il bastone alla parete, e restò a fissare il galeone che si rimpiccioliva fino a sparire. Il mare gli sembrò tremendamente vuoto, quando il vascello fu sparito.

«Dea del Mare» esalò. «Non ti è bastato prenderti la mia prima vita? Dovevi strapparmi anche la seconda?»

Chiuse le palpebre, esausto. No, non era colpa della Dea: se avesse voluto Lovino accanto a sé, avrebbe dovuto insistere maggiormente affinché restasse. Aveva deciso di non farlo, e quello era il risultato della sua scelta: un mare sterile ed un letto vuoto.

 Ma Lovino era felice. Forse, una lontanissima eco della sua gioia sarebbe arrivata fino a lui, trasportata dalle onde: si sarebbe fatto bastare quel baluginio di contentezza per tirare avanti.

Non si accorse di essersi addormentato finché un gran putiferio al piano di sotto non lo destò: aveva passato le notti precedenti in un’agitata insonnia, per cui non era stato troppo complicato cedere alle seduzioni di Morfeo.

Faticò non poco per togliersi dalle spalle quel pesante intontimento. Afferrò l’impugnatura del bastone per sollevarsi dalla sedia; dal pian terreno si levava un tramestio di voci concitate, ed un rumore acquoso si faceva strada sulle scale.

Antonio non riuscì a capire di cosa si trattasse finché la porta non venne spalancata.

«Che il diavolo ti fulmini!» sbraitò una strana creatura, chiudendo con violenza l’uscio. «Tutta questa fatica per un idiota!»

I capelli come alghe rossicce, gli indumenti ridotti ad un agglomerato di stoffe fradice ed una grossa pozza che si allargava ai suoi piedi: Antonio impiegò qualche istante a distinguere qualcosa in quello strano essere.

Ma quando lo riconobbe non trascorse un secondo prima che l’ex-capitano, dimentico del suo bastone e del suo zoppicare, corresse da lui e lo circondasse con un abbraccio.

«Mi soffochi!» s’incaponì il gocciolante individuo.

«Perché sei tornato?» esultò Antonio, stringendolo con tanta forza da stritolarlo.

La voce non era solo roca: si sbriciolava nelle corde vocali dell’uomo per l’emozione. La gioia di Antonio era tale che debordò come un lago arginato da una diga troppo piccola, sommergendo anche il ragazzo che cingeva con le braccia.

«Non fare domande idiote» bofonchiò contro la sua spalla Lovino, che ancora non aveva ricambiato l’abbraccio. «Ti sto bagnando» gli fece notare, poiché il compagno sembrava non curarsi affatto dei vestiti che si impregnavano d’acqua.

«Lovino!» festeggiò Antonio, baciandolo sullo zigomo, sul mento, sulla fronte. Gli indumenti di entrambi erano ormai zuppi, e le labbra dell’uomo si bagnarono nel percorrere il viso lucido di mare del ragazzo, ma Antonio non se ne preoccupò: la sua percezione del mondo si limitava al giovane che brontolava contro il suo petto.

Lovino si zittì, e si arpionò alla camicia umida del compagno. Non gli avrebbe detto di come la nostalgia lo avesse pungolato, convincendolo a girarsi di nuovo; non gli avrebbe rivelato che, voltandosi, aveva intravisto il suo viso alla finestra; soprattutto, non avrebbe mai saputo che si era sentito perduto al pensiero che, se fosse partito, non gli sarebbe bastato volgere lo sguardo per incontrare il suo volto.

La Queen of Pirates non poteva certo fare inversione solo per lui, né calare una scialuppa di emergenza. Così Lovino aveva fatto l’unica cosa possibile, e anche la più pazza: aveva scavalcato il parapetto e si era tuffato, nello sgomento dei marinai e nel giubilo del capitano, che lo aveva incitato a nuotare più veloce.

Aveva raggiunto la riva a nuoto, agevolato dalla calma del mare, quasi docile durante la frenetica traversata del giovane.

Ed eccolo lì, selvatico e piovoso, aggrappato al motivo che lo aveva fatto tornare sulla terraferma.

«Non partire più» bisbigliò Antonio, avvicinandosi alla sua bocca. Lovino schiuse le labbra, assaporando il gusto della sua scelta.

Il materasso sembrò più soffice delle volte precedenti, quasi gioisse anche lui del ritorno del giovane.

Il ragazzo non inscenò alcuna guerriglia, quel giorno, e non scalciò contro l’uomo che si adagiava su di lui. Trattenne il respiro quando i bottoni si separarono dalle asole, e lo liberò in un ansito nell’avvertire la bocca del compagno sul suo petto infreddolito.

I vestiti non riuscirono a bagnare il materasso: raggiunsero il pavimento in poco tempo, e dovettero accontentarsi di inzuppare delle misere assi di legno. I capelli di Lovino, al contrario, formarono una frastagliata ghirlanda umida sul cuscino.

Le mani e gli occhi dell’uomo esplorarono tutto il corpo del giovane, come se lo scoprissero per la prima volta. Partirono dai capelli arruffati dalla nuotata e li accarezzarono piano, come una seta pregiata. Poi scesero sul viso, dove le dita si soffermarono sulle labbra arrossate e gli occhi sui loro gemelli castani.

La bocca dell’uomo si attardò sulla pelle morbida del collo, e le mani proseguirono fino ad incontrare la consistenza tenera delle cosce.

Ripeté il suo nome, la voce ridotta ad un bisbiglio rauco, e Lovino rispose facendo strisciare le gambe contro i suoi fianchi e le braccia attorno al suo collo.

Com’era bello, il suo Lovino, nonostante i capelli scompigliati e le labbra screpolate dall’aggressione della salsedine. Non era attraente perché i suoi lineamenti fossero perfetti, o il suo fisico scultoreo. Era come il mare, forte e fiero fino all’arroganza, affascinante anche nei suoi lati più aspri. Ma Lovino era infinitamente superiore all’oceano: era un amico dalle lunatiche premure, un lavoratore fidato e un amante litigioso. Era una persona viva, un innamorato pronto a gettarsi in mare per non perdere chi amava.

Lo baciò ancora mille volte, insaziabile del gusto salato delle sue labbra.

Le braccia di Antonio lo serrarono con forza mentre i loro corpi si univano, come se l’uomo volesse immergersi direttamente nel suo spirito. Lovino cercò un appiglio nelle sue spalle per rispondere al desiderio che si faceva strada in lui, represse con veemenza le lacrime e si lasciò modellare dalla volontà dell’amante, pronto a condividere anche l’anima: si era legato a quell’uomo precludendosi le libertà che l’oceano gli offriva, per cui non avrebbe risparmiato nemmeno una cellula del suo essere nel vivere quell’amore.

Immerse le dita nei capelli scuri come le profondità marine, respirò il profumo intenso del compagno, premette le labbra sulla pelle bollente. Non gli importava dove tutto quello lo avrebbe condotto: per quanto il sentiero potesse diventare periglioso, Antonio sarebbe stato con lui. Aveva scorto un inespresso giuramento negli occhi verdi che lo lambivano adoranti, e quel giuramento gli garantiva che non sarebbe mai più stato solo: l’ex-capitano non gli avrebbe permesso di chiudersi di nuovo dentro se stesso.

I muscoli dell’uomo si irrigidirono dalla sorpresa quando Lovino sollevò il capo dal guanciale per baciarlo di sua sponte; lo stupore durò per un secondo prima che Antonio ricambiasse la piacevole caparbietà del giovane.

Lovino si premette contro di lui, ansando piano nelle sue labbra calde.

Quello era il legame per cui era pronto a mettere in gioco il proprio cuore.

Per Antonio, era disposto a rischiare.

 

***

 

La vista era davvero stupenda, da quella camera.

Capiva perché Antonio l’avesse voluta per sé: di notte, la luna arrivava a trovarsi esattamente al centro della finestra, come un quadro orientale.

Lovino si spostò cauto sotto le lenzuola, cercando di non svegliare Antonio. Uno zefiro notturno gli scivolò sulla pelle nuda, facendolo rabbrividire, e il ragazzo si avvicinò di nuovo al compagno assopito per acciambellarsi nel suo calore.

Si sentiva la risacca del mare, in lontananza. Quella sera avrebbe dovuto udirla più distintamente, accucciato nella pancia di una nave, separato da lei solo da un rivestimento di legno e pece. Invece ascoltò il suo canto sdraiato in un letto comodo, abbracciato da una coperta e dal suo amante.

Non era stato il mare a strapparlo da un padrone violento, a dargli una casa e un lavoro, ad innamorarsi di lui. Era stato Antonio. Solo Antonio.

«Sarà per la prossima volta» soffiò in direzione delle onde danzanti.

Si sollevò appena per osservare il suo compagno: Antonio dormiva sereno, le braccia attorno ai suoi fianchi, la corporatura solida messa in risalto dalle luci di mezzanotte, la cicatrice che raggrinzava la linea della coscia.

Sicuro che l’ex-capitano non si sarebbe svegliato, Lovino allungò la mano per sfiorare la pelle in rilievo. In un certo senso, era in debito con la malasorte che aveva bloccato sul litorale il coraggioso corsaro. Se le cose fossero andate diversamente, lui sarebbe rimasto sotto le bastonate del fruttivendolo, e Antonio non avrebbe mai saputo della sua esistenza.

Risalì il contorno del corpo dell’uomo, poggiò i palmi sul suo petto e la guancia sulle nocche.

«Non parto più» sbuffò, tra il risentito e il mansueto. «Perciò tu non lasciarmi andare.»

Nel sonno, Antonio strinse la presa attorno alla sua vita e immerse il viso nei suoi capelli, per poi tornare immobile.

Lovino lo abbracciò a sua volta e usò il suo petto come cuscino per addormentarsi.

Non gli sarebbero servite stelle polari ad indicargli la strada, porti in cui attraccare e avventure per le quali imbarcarsi.

Con lui c’era Antonio.

Non aveva bisogno di altro.

 

***

 

Il pubblico femminile espresse il suo consenso con un lungo applauso, che Francis sorbì con la soddisfazione dipinta sul volto.

«Quindi sono rimasti insieme?» gorgheggiò la bimba con le trecce.

«Ovviamente, mia diletta» confermò Francis.

«E sono ancora là?» cinguettarono le tredicenni.

«Ma certo, signorine. Se capitate in Spagna, assicuratevi di soggiornare alla locanda di Antonio Fernandez Carriero, e potrete conoscere lui e la sua dolce metà. Anche se…» si stuzzicò la barba, alzandosi con un sorriso criminale: «Forse vi sembrerà un pochino più mascolina rispetto a come ve l’ho descritta io.»

Francis tornò al suo tavolo, lasciando il pubblico attonito per quell’affermazione.

Non si preoccupò di risolvere il loro interrogativo: il tempo del narratore era finito. Era tornato il francese devoto solo alla contemplazione estetica.

Sollevò il calice, brindando intimamente ai due innamorati nell’assolata baia spagnola, alle risate di Antonio e ai bronci di Lovino.

«Chiederò ad Arthur di raccontarmi qualche altra storia interessante, non appena si fermerà in Francia…» rifletté, gustando il vino.

Quella sorsata recava con sé il gusto della nebbia inglese, dei profumi di Spagna e dei roseti di Francia.

Francis sorrise, vuotando il bicchiere.

Per quella sera, non vi erano altre storie che valesse la pena di raccontare.







Sequel di Rosa de los Vientos: Rosario Cuentas
   
 
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