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Autore: Carooooool    26/12/2013    2 recensioni
La mamma mi accarezzò la testa. "Aspettatemi qui, care. Sarò indietro tra un attimo". Mi allungò la mia sorellina di un paio di anni circa, e la presi in braccio come mi aveva insegnato. Avevo 7 anni.
Era strano che la mamma ci avesse portato così lontano. In quel bosco c'eravamo state una volta con papà. Ma ora papà non c'era più e la mamma era molto triste ultimamente.
"Tranquilla cara, giusto il tempo di due secondi" mi rassicurò di nuovo. Prima di voltarsi si chinò ad abbracciarmi, e baciò la testolina di May dolcemente. Ritornò sui suoi passi e salì in macchina.
L'auto che si allontanava fu l'ultimo ricordo che ho di lei.
Non tornò più a prenderci.
Genere: Avventura, Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Miranda si accese una sigaretta.
Inspirò avidamente ed espirò il fumo, creando una nuvoletta trasparente nell'aria di maggio. 
Le faceva veramente schifo, ma era un'abitudine nervosa che le era presa da un po'.
Erano le otto, era davanti al solito squallido supermercato aperto 24 ore, doveva comprare la cena. 
Non faceva freddo, il sole era già tramontato da un pezzo, e le stelle brillavano limpide nel cielo scuro. 
La luce gialla del neon illuminava l'asfalto, bagnato dalla pioggia del pomeriggio. 
Buttò la sigaretta e la pestò con la punta degli anfibi, prima di entrare. 
Prese due lattine di minestrone precotto, una confezione di pappa per bambini e un paio di bottiglie di gin.
Pagò in contanti e ignorò lo sguardo ammiccante del commesso, un uomo grasso e sporco, con una canottiera nera larga che aderiva alla pancia, impregnata di sudore.
Tornò sul pickup e ripercorse la strada verso casa. 
Quando fu sulla porta d'ingresso esitò un attimo, poi posò la mano sulla maniglia ed entrò.
Già da fuori si sentivano le grida di Liza, accompagnate dal rumore assordante della televisione. Trasmetteva un pupazzo rosa a forma di dinosauro che ballava e cantava con fare gioioso.
May, parcheggiata come sempre davanti allo schermo, batteva allegramente le manine. 
Appena entrò, andò subito a cercare la babysitter, Angela, che pomiciava come d'abitudine sul letto, con il suo fidanzato cannaiolo.
-20 per due ore.- disse la ragazza, mentre si sistemava il top e andava verso l'uscita. 
Miranda le allungò due banconote da dieci dollari e la lasciò.
Mentre nascondeva le bottiglie di gin sulla mensola in alto, notò i pacchi di lettere che stavano incassate a lato dell'armadietto, quasi nascoste. 
Scese dalla sedia su cui stava in piedi e analizzò il contenuto delle buste.
Tutti richiami per il ritardo nel pagamento delle tasse. Debiti. Prestiti bancari. 
Max, oltre a due figlie a cui badare da sola, una casa da tenere e senza uno stipendio, le aveva lasciato anche montagne di debiti. 
Si mise le mani nei capelli, e fu investita da una terribile sensazione di panico. 

Suo marito Max era il proprietario di un negozio di articoli da campeggio. Nella zona in cui abitavano era un buon lavoro, vicino ai boschi e alle montagne. I molti campeggiatori ed escursionisti fai-da-te erano la principale clientela. Non si potevano lamentare, lo stipendio non era dei migliori, ma sufficiente a portare avanti la baracca.
Miranda lavorava come parrucchiera in un salone scadente, in cui solo le vecchiette del posto andavano. 
Sette anni prima, quando rimase incinta di Mattew poco dopo averlo sposato, decise di lasciare il lavoro e di dedicarsi alla casa e alla maternità.
Nel giro di cinque anni, gli affari andavano benissimo. Il negozio di campeggio portava molti soldi, così decisero di allargarsi, prendendo in affitto uno spazio più grande. 
Era costoso, è vero, ma potevano permetterselo. Decisero di comprare una nuova casa, più adatta alla condizione di genitori. Le cose non potevano andare meglio.
Liza era una bambina bella ed in salute, l'anno dopo avrebbe cominciato scuola, così che Miranda avrebbe potuto dare una mano al marito nel nuovo negozio. 
Non poterono non gioire della notizia che un nuovo bimbo era in arrivo.
Nonostante fossero entrambi molto giovani, ventiquattro e ventinove anni, essere genitori li aveva resi felici. 
La loro vita era esattamente come la volevano, le cose andavano esattamente come dovevano andare.
Ma durò ben poco.
Le foreste divennero per metà una riserva protetta, e per metà un posto adibito alla caccia.
I clienti del posto non si interessavano più al campeggio, l'affitto del locale diventava sempre più alto, e al di fuori delle loro possibilità.
Inoltre, anche la casa cominciava a dare problemi. L'impianto elettrico era guasto, e spesso saltava la luce, o peggio ancora, rischiava di andare a fuoco tutto quanto.
May, la nuova arrivata, era intollerante al latte vaccino, e quello di soia costava molto. 
Max cominciò ad indebitarsi, tutto ad insaputa di Miranda.
Inizialmente chiedendo soldi ad amici, successivamente ricorrendo a prestiti bancari con interessi esorbitanti, mai restituiti.
Il conto in banca si era svuotato molto velocemente, e quello che guadagnava era sufficiente per due, tre settimane. 
Quando si ammalò decise di andarsene, non avendo un'assicurazione avrebbero dovuto pagare ogni singola visita. 
Un suo amico dottore gli aveva diagnosticato un cancro al pancreas, incurabile.
Decise quindi di lasciare tutti i soldi che aveva sotto al materasso, di scrivere una lettera alla moglie e di partire, con la sua vecchia moto, chissà dove.
Quel giorno Miranda rincasò alle 5, dopo essere andata a prendere Liza all'asilo. 
La casa era disabitata.
Non ebbe più notizie di Max.


Si riempì diversi bicchieri di gin, mentre apriva e leggeva una a una le lettere che aveva trovato.
Sentì una manina accarezzarle i capelli.
-Mamma perché piangi?- chiese la dolce vocina di Liza.
- No amore, non piango. - ripose pulendosi il viso con il dorso della mano. - forza, vieni qui -
Miranda prese il corpicino della figlia e lo mise a sedere sulle sue gambe. 
- Hai fame, vita mia? - chiese piano, mentre le accarezzava il viso.
Liza annuì, si voltò e le stampò un bel bacio sulla guancia, sorridendo.
La sua piccola creatura. Miranda la guardò, con un grande amore, e una gran sofferenza dentro. Come avrebbe fatto a darle da mangiare? Come sarebbero andate avanti?
La piccola tornò a scarabocchiare con i pastelli a cera un disegno di una principessa.
Di fianco, in grande e a caratteri disordinati era scritto 'MAMMA'.
La bambina che le stava in grembo era identica a suo padre, Max. Gli stessi occhi scuri, la stessa tonalità rossiccia dei capelli, la stessa grana della pelle, lo stesso sorriso luminoso.
- Forza allora, prendi May e portala qui, che prepariamo la zuppa. - esortò alla figlia.
Radunò le lettere e le legò con lo spago, poi le nascose di nuovo nell'armadietto.
Dopo qualche minuto, quando la zuppa era ormai calda, vide Liza entrare dalla porta con sua sorella in braccio. La teneva agganciata con le braccia strette sotto le ascelle, e gambine a penzoloni. 
- Nono, non si fa così! - corse subito Miranda.
- Devi tenere una mano sotto il sederino, così, e con l'altra le tieni la schiena. Ecco, bravissima. Vedi, non è difficile. -
Liza annuì contenta. Era una bambina così brava. Sapeva come imboccarla, e come cambiarle il pannolino, a soli sette anni. 
- Mettila nel seggiolone, la zuppa è pronta. -


Quella sera, dopo che le bambine erano già a letto, Miranda affogò il suo dolore nel gin, come era solita fare già da qualche mese, da quando Max era sparito. 
Lo stipendio misero del Salone non era sufficiente. Era tornata a fare la parrucchiera, in quanto i soldi di Max erano ben pochi. 
Sarebbe finita male, lo sapeva. Gli assistenti sociali avrebbero fatto a botte pur di portargliele via, li vedeva già a sgolosare, e sicuramente i vicini non avrebbero esitato a chiamarli. 
Quando il fondo delle bottiglie era diventato sempre più chiaro e limpido, Miranda si alzò e si trascinò verso la sua stanza con una pesantezza incredibile al cuore. 
Sapeva come agire, ma ciò avrebbe implicato quello che nessun genitore si sarebbe mai sognato si fare. 



Riempì con dei panini lo zainetto di Liza, e glielo infilò sulle spalle.
Fuori l'aria soffiava tiepida, il sole era intervallato da grosse nuvole bianche. 
May aveva appena finito di mangiare, la pappa era tanta e nutriente, e per circa cinque o sei ore era a posto. 
-Dove andiamo mamma? -chiese Liza.
-A fare un giro - disse Miranda con il cuore in gola. Deglutì rumorosamente, e inforcò gli occhiali da sole. 
Il tragitto era lunghissimo. Non ricordava quante volte aveva avuto l'impulso di invertire rotta, e di ricominciare una nuova vita con loro, o semplicemente di tornare a casa. 
Ma poi l'occhio cadeva sui pacchi delle lettere che stavano sul sedile del passeggero anteriore, e allora stringeva il volante fino a sbiancare le nocche, si mordeva la lingua e continuava sulla strada. 
Liza canticchiava una canzoncina che parlava di sole e risate. Era oramai mezz'ora che cantava sempre le stesse tre strofe, e ora May batteva le manine a ritmo, facendo qualche versino per accompagnare la sorella.
La testa di Miranda stava scoppiando.
-Liza basta per favore. - disse lei. Ma la piccola continuava, imperterrita, sempre più forte.
- Cristo Liza taci! - urlò.
La bimba si ammutolì, e la fissò dallo specchietto retrovisore. 
May scoppiò a piangere. 

Nel giro di un quarto d'ora tutto era ritornato normale, e la situazione tesa di poco prima si era fatta più sciolta. Liza canticchiava a bocca chiusa, mentre May si era addormentata.
C'erano quasi, mancavano pochi chilometri al bosco. 
In quel bosco le aveva portate qualche mese prima Max, nonostante la caccia e tutto il resto. Voleva insegnare a Liza in nomi delle piante, trasmetterle l'amore per la natura. 
-Mamma deve fare una cosa, poi andiamo nel posto speciale per fare il picnic. - disse con voce tremante. -scendiamo un secondo.
Andò a slegare May dal seggiolino nel sedile posteriore. Le mani le tremavano e quelle dannatissime cinghie non si slacciavano. Finalmente ci riuscì e fece il giro della macchina. 
Si era addentrata molto nel bosco, non pensava di essersi spinta così in là dal confine. 
Liza aveva un'espressione dubbiosa. 
-Aspettatemi qui, care. Sarò indietro tra un attimo- disse. La voce era flebile, ma doveva sembrare il più rassicurante possibile, o Liza l'avrebbe inseguita.
Per evitarlo le passò direttamente in braccio la piccola, posizionandole le mani come le aveva insegnato. 
-Tranquilla cara, giusto il tempo di due secondi- la tranquillizzò di nuovo.
La abbracciò ed inspirò tutto il suo profumo. Sapeva di lillà, gelsomino, borotalco e sole. 
Le lacrime spingevano contro le palpebre, la gola bruciava, un grosso masso si era fermato sul petto.
Baciò infine la testolina della piccola May. Quella piccola e dolce testolina coperta dai fini capelli biondi. 
Non l'avrebbe più rivista. 
Al solo pensiero le gambe le tremarono, e lo stomaco cominciò a contorcersi dentro di lei.
Ripercorse esattamente i suoi passi e salì in macchina.
Non seppe spiegarsi come l'auto si mise in moto e sfrecciò lontano.
'Non guardare indietro' continuava a ripetersi nella testa 'non guardare indietro'.
Ma le lacrime erano troppe e troppo abbondanti, e scendevano lungo il collo, bruciandole la gola. 
Era tornata sulla strada di montagna, e il pianto le rendeva impossibile guidare.
-le mie bambine... - sussurrò.
Presa dal panico fece una brusca inversione a U, ma la macchina che correva sull'altra corsia non la vide, e la spinse bruscamente verso destra. 
Verso il guardrail.
Verso il burrone.
La macchina precipitò a lungo, prima di accartocciarsi frontalmente contro un enorme masso. 

Nessuno denunciò la scomparsa di Miranda Lovedy. 
Nessuno cercò le bimbe scomparse della 17esima strada. 

              Nota dell'autrice.

Lo so che non si fa, che se una storia è completa allora non si aggiunge un capitolo extra.
Perdonatemi, ma non sono riuscita a resistere.
Prometto che questo è davvero l'ultimo. 
Infinitamente grata,
Carol. 

  
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