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Autore: MedusaNoir    27/12/2013    3 recensioni
Emma Smith aveva trentacinque anni, un lavoro soddisfacente alla H.C. Clements e un villino piccolo – ma accogliente – nella periferia di Londra, che i suoi genitori le avevano lasciato prima di trasferirsi nello Yorkshire. Tutto sommato non poteva lamentarsi della sua vita, nonostante l’assenza di un compagno si facesse sentire a ogni risveglio.
Già, Emma Smith era felice di passare le giornate divisa tra il lavoro e i gatti che accudiva nel giardino – e che misteriosamente crescevano di numero almeno una volta al mese. C’era solo una cosa che non sopportava e sapeva che non avrebbe mai imparato a farlo: le visite degli amici.

Sesta classificata pari merito al Muse Contest.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Missing Moments Quest

Emma Smith e il servizio da tè stregato





Dedicata a Gy, perché è bella e perché finalmente ho una storia divertente da dedicarle ♥





« Si occupa di oggetti di Babbani, appartenenti a maghi che li hanno stregati per impedire ai Babbani di usarli di nuovo. L’anno scorso, per esempio, è morta una vecchia strega e il suo servizio da tè è stato venduto a un negozio di antiquariato. Lo ha comprato una Babbana, se lo è portato a casa e ha cercato di servirci il tè a degli amici. È stato un incubo… papà ha dovuto fare straordinari per settimane intere ».

« Che cosa è successo? »

« La teiera era impazzita e schizzava tè bollente dappertutto, e un signore è finito in ospedale con le pinze per lo zucchero appese al naso. Papà ha lavorato come un pazzo, in ufficio ci sono soltanto lui e un vecchio stregone di nome Perkins, e hanno dovuto fare Incantesimi di Memoria e ogni sorta di artifici per mettere a tacere la cosa… »

 

 

Emma Smith aveva trentacinque anni, un lavoro soddisfacente alla H.C. Clements e un villino piccolo – ma accogliente – nella periferia di Londra, che i suoi genitori le avevano lasciato prima di trasferirsi nello Yorkshire. Tutto sommato non poteva lamentarsi della sua vita, nonostante l’assenza di un compagno si facesse sentire a ogni risveglio.

Già, Emma Smith era felice di passare le giornate divisa tra il lavoro e i gatti che accudiva nel giardino – e che misteriosamente crescevano di numero almeno una volta al mese. C’era solo una cosa che non sopportava e sapeva che non avrebbe mai imparato a farlo: le visite degli amici.

 

 

Quando Emma andava al college, si era circondata di un gruppo di quattro ragazze meno emarginate di lei. Le era sempre pesato sentirsi anonima, con quegli occhiali spessi e quei monotoni capelli castani che le ricadevano sulla schiena come spaghetti crudi, e la sua timidezza finiva inevitabilmente per costringerla a passare le feste seduta in un angolo o a seguire le lezioni senza alcuna compagna con cui chiacchierare. Era per questo che, anni dopo, aveva cominciato a sentirsi in dovere di invitare le sue amiche del college a prendere il tè ogni tre mesi esatti, per ringraziarle di essere state le uniche a farla sentire amata.

Tuttavia quelle visite erano ormai da tempo divenute più che fastidiose per Emma, che aveva cominciato a sospettare, col senno di poi, che le quattro inseparabili amiche l’avessero accettata nel gruppo solo per evitare di decidere quale fra loro fosse la più sfigata. Da quando altri quattro buoni partiti “avevano messo loro l’anello al dito”, Miriam, Rachael, Naomi e Kelly avevano smesso di chiamare Emma per uscire a fare shopping – non che a lei questo recasse troppo dispiacere – o per lamentarsi al telefono di quanto il ragazzo di turno le facesse soffrire perché «Non mi vuole comprare un delfino, capisci?!» La conseguenza peggiore dei loro matrimoni, però, era l’eccessiva euforia con cui le quattro amiche non dimenticavano mai di raccontare i loro stralci di vita quotidiana: quanto i loro mariti le amassero, quali regali avessero ricevuto il precedente Natale, dove avrebbero passato le vacanze estive… E, di nuovo, quanto fossero amate.

Se era massacrante per Emma mantenere il sorriso durante i loro eccitati resoconti, però, lei non poteva che ritenersi fortunata di ascoltarli; infatti le uniche occasioni in cui le donne tacevano era quando si presentavano con l’intera famiglia, elargendo baci e altre effusioni d’affetto ai “perfetti e straordinari” mariti.

Quel giorno, un luminoso pomeriggio primaverile, Emma stava preparando il salotto per accogliere i suoi numerosi ospiti. Aveva comprato il nuovo servizio da tè in un piccolo negozio dalle parti di Piccadilly Circus, un acquisto che le aveva dato quell’orgoglio che non poteva ottenere dal compagno che la vita ancora non le aveva presentato. Sistemò con attenzione la teiera e le tazze sull'unico vassoio d’argento che possedeva, pregando in silenzio che le porcellane fossero al sicuro dall’assalto delle piccole pesti che le coppie avrebbero portato con sé.

 

 

«Emma, tesoooooroooo!»

Infondendosi una gigantesca dose di calma e coraggio, Emma si lasciò stritolare dall’abbraccio di Naomi, mentre i suoi cuccioli di chihuahua scattavano nel villino alla ricerca di gatti da mandare imperiosamente via. Subito dopo Naomi comparve Rachael, mano nella mano con i due gemelli di sei anni che imbronciati si mettevano le dita nel naso e tentavano di togliersi dalle grosse orecchie a sventola tutto il cerume possibile; un altro respiro profondo ed Emma si chinò a lasciare sulle loro guance rosse un paio di baci, che i bambini si sbrigarono a “cancellare” con una rapida passata di mani. Miriam si complimentava con Kelly della nuova misura del suo seno e si lamentava di avere raggiunto la taglia 42 a causa del parto, ricordandosi in quel momento di avere lasciato in auto la povera neonata; dietro di loro la fila dei mariti chiudeva il corteo, tutti troppo impegnati a parlare di football per salutare la loro ospite.

«Come stai, carissima?» chiese Kelly, posando una guancia coperta di fard su quella di Emma.

La padrona di casa si sforzò di sorridere mentre si sistemava gli occhiali. «Molto bene. In ufficio mi hanno appena dato una prom-»

«Hai visto che ottimo lavoro ha fatto il dottor Bosomy? Tocca pure, ho messo questa scollatura vertiginosa apposta per farti sentire com’è sodo il mio seno adesso!»

Emma si morse le labbra e, suo malgrado, si costrinse a posare la punta di due dita sul petto di Kelly, che pareva avere l’intenzione di scoppiare da un momento all’altro.

«Sono, ehm… È un ottimo lavoro, già.»

«Se solo il Chelsea non avesse… Ehi, cosa stai facendo a mia moglie?»

«Scusa, Rob, volevo solo…»

«L’hai costretta a toccarti le tette, eh?» Il marito di Kelly la baciò sulle labbra, ridendo, ed Emma si chiese quanto dovesse essere fastidioso togliersi tutto il rossetto che sarebbe finito anche sulla sua bocca.

«Mamma, ho fame!» piagnucolò uno dei due gemelli di Rachael, tirando la gonna della madre.

Emma si chinò, riflettendo attentamente su quale dei due potesse essere, poi notò il neo sul mento del bambino. «Adesso ti porto un po’ di biscottini, Will.»

Per tutta risposta, il piccolo William aggrottò la fronte, si nascose dietro la gonna di Rachael e le fece una linguaccia. Emma sospirò: aveva cercato di essere gentile con una di quelle due piccole pesti e tutto ciò che aveva ottenuto era stata una  lingua rossa e piena di saliva. La prossima volta avrebbe direttamente servito la testa di William sul vassoio del tè.

Rachael ridacchiò e mise tra le mani di Emma la nuova borsa di Gucci, prima di urlare ai due gemelli, che avevano già cominciato a correre per la casa: «William! Harry! Andiamo nel salotto, così la zia Emma vi dà una fetta di torta!»

«Rachael, io non ho nessuna…»

«Oh, ma lo so: è per questo che ho mandato mio marito a comprarne una prima di arrivare qui. So che non possiedi alcuno spirito di organizzazione.»

E, con quelle ultime parole condite da uno sguardo di compatimento, Rachael seguì gli altri invitati in salotto, lasciando Emma a rimuginare sulla grandezza del vassoio da comprare per il giorno in cui avrebbe servito a se stessa le teste delle sue amiche.

 

 

La casa di Emma era più grande degli appartamenti in cui vivevano le sue compagne di college, ma loro potevano sempre vantare una seconda abitazione al mare o in montagna – oppure al mare e in montagna. Tuttavia lei non avrebbe scambiato quel villino a schiera con nessun’altra casa al mondo, che fosse a Piccadilly Circus o nelle splendide Costwolds. Amava abitare lì, tra quella carta da parati con i fiori – così kitsch, la riteneva Naomi mentre metteva i suoi due chihuahua nella borsetta – e la cucina anni settanta; era gelosa di ogni parte di quella casa e vederla assaltata, ogni tre mesi, da quella tribù scalmanata e con la puzza sotto il naso la rendeva inquieta, facendola sospirare più del dovuto. Sperava solo che il nuovo servizio da tè sarebbe stato al sicuro dalle manacce di quei bambini irrequieti e dal seno prorompente di Kelly.

Gli ospiti sedevano nel salotto del villino, occupando i divani, le poltrone e anche le sedie, cosicché Emma era costretta a stare in piedi; ogni tanto rivolgeva un’occhiata ai chihuahua che rincorrevano i suoi gatti, desiderosa di far cadere per sbaglio il tè bollente sui loro fastidiosi testoni, ma alla fine demordeva per evitare che il marito di Naomi – illustre avvocato – le facesse causa per il male fatto alle “loro adorate bestioline”. Quello che stavano soffrendo i suoi gatti, però, non pareva essere degno di una causa in tribunale.

«Hai sentito di Caroline? Santo cielo, non so come le vengano certe idee per attirare l’attenzione» disse Kelly, chinandosi per afferrare una pasta dal tavolino. Il suo seno minacciò di straripare dalla scollatura e attirò l’attenzione famelica dei mariti delle sue amiche.

«Che le è successo?» chiese Emma. Ricordava Caroline come la ragazza più pettegola del college, in grado di sapere tutto di tutti e non riuscire a tenere per sé neanche ciò che la riguardava.

«Oh, adoro questa storia!» esclamò Naomi, sistemandosi meglio sul divano di tweed verde. «Va in giro a raccontare che suo figlio è in grado di muovere gli oggetti.»

«Ma lo può fare anche Lola!» Miriam sgranò gli occhi, sorridendo e indicando la neonata che teneva tra le braccia.

Naomi sospirò. «Non toccandoli. Secondo quella matta il figlio ha fatto volare dalla finestra lo stereo, perché “non gli piaceva la musica che ascoltava la madre”.»

Gli occhi di Miriam erano incredibilmente diventati più grandi. «Ma non è possibile!»

«No, certo che no, per questo si sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa pensa che sia suo figlio, un mago

«Devo scriverlo subito a Tom.»

«Ehm… Miriam…» disse Emma, guardando il marito di Miriam che sedeva dall’altro lato della stanza, immerso in una discussione con gli altri uomini – quando il seno di Kelly non attirava la loro attenzione. «Non credo ci sia bisogno di mandargli un messaggio.»

Ma Miriam aveva già estratto il cellulare dalla tasca e, tenendo in bilico la sua bambina come se fosse una bambola di pezza, stava componendo il numero del marito. Tom ricevette immediatamente il messaggio e, dopo averlo letto, ridacchiò come un gorilla e si immerse di nuovo nella discussione.

«Uomini: quando c’è di mezzo il football non si accorgono di altro» si lamentò Kelly, che dal modo in cui aveva accavallato le gambe nude sembrava invece più che consapevole di poter spostare l’interesse maschile su di sé in poche semplici mosse. «A proposito di uomini, Emma…»

“Oh, no.”

«Già» la interruppe Rachael. «Che ci racconti di bello? Harry, lascia stare quel gatto, probabilmente ha la rogna!»

«Pallino non ha la rogna!» sbottò Emma.

«E allora come spieghi quelle macchie rosse?»

«Quella non è rogna, è il suo pelo!»»

Naomi storse il naso. «Che brutto gatto ti sei scelta, tesoro. I miei amorini sono bianchi e lisci come questa porcellana, non hanno neanche un’imperfezione.»

“Oltre a somigliare un topo con la testona di un imbecille?”

«Uh, a proposito, eccoli lì: cuccioli, smettete di fare la pipì sul tappeto della zia Emma, altrimenti dovrà pulire ben due volte prima della nostra prossima visita… Non aspetti nessun altro qui, vero?»

Emma era stanca. Era stanca delle insinuazioni delle sue amiche, era stanca dei topi che spaventavano i suoi gatti, era stanca di quei demonietti vestiti da bambini che si lanciavano le cornici con le foto della sua famiglia… Era stanca e pronta a dirne quattro a tutti loro, prima di cacciarli da lì con un calcio sul sedere – avvocati, dentisti e figli di papà – e molto probabilmente lo avrebbe fatto, se la teiera che Tom aveva in mano non si fosse messa a fischiare.

Gli sguardi di tutti si spostarono su di lui. Tom scrutava la teiera con un’espressione confusa, ma la sorpresa non gli impedì di riprendere a versarsi da bere.

Fu allora che lo spettacolo ebbe inizio.

Tutto, per Emma, avvenne con estrema lentezza. Il tè schizzò dal beccuccio e colpì Tom in pieno volto, facendolo gridare, poi la teiera cominciò a ruotare su se stessa e a mandare liquido bollente addosso agli altri invitati. Uno dei chihuahua di Naomi trovò l’uscita del villino e si salvò, ma l’altro fu messo al muro da una tazza apparentemente furiosa che minacciava di colpirlo sulla testona quando lui tentava di scappare o ringhiargli contro; un’altra tazza aveva preso di mira Kelly, rovesciando il tè sul suo seno appena rifatto. Miriam, che le sedeva accanto, schizzò in piedi terrorizzata ed Emma ebbe la prontezza di afferrare la piccola Lola prima che cadesse a terra; senza preoccuparsi della figlia, Miriam era schizzata via come il cane di Naomi, strillando e agitando le mani fra i capelli tinti di biondo. Rob, insieme agli altri due uomini ancora illesi, tentava di salvare la situazione, ma le pinze per lo zucchero lo avevano preso di mira e si erano lanciate contro il suo naso, che ora stringevano sempre più forte. Rachael nel frattempo gridava alla ricerca dei suoi bambini, che ritrovò infine in lacrime, spaventati dalla teiera che volava sopra le loro teste.

Emma osserva la scena nascosta dietro il divano, con Lola tra le braccia e un solo pensiero in testa: “Sto diventando più pazza di Caroline!”

 

 

Quarantacinque minuti dopo la situazione sembrava essere stata domata. Il seno di Kelly aveva di nuovo bisogno del dottor Bosomy, uno dei chihuahua risultava ancora disperso e Rob era stato portato via d’urgenza perché le pinze non accennavano a lasciare il suo naso, ma le urla erano cessate. I due uomini di mezza età che si erano presentati come “funzionari del Ministero della Magia, Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani” avevano stipato in cucina tutti gli ospiti per calmarli e puntare contro di loro un bastoncino di legno; si erano occupati anche del servizio da tè “stregato” – questa era una loro definizione – finché non erano riusciti a renderlo innocuo.

«Ci ha chiamati la sua vicina» aveva spiegato a Emma l’uomo con i capelli rossi. «È una strega.»

Emma non riusciva ancora a comprendere perché quel funzionario avesse dovuto chiamare la sua vicina “strega”, dal momento che invece le aveva fatto un grande favore; d’altronde erano parecchie le cose che non riusciva a capire al momento. Perché il servizio da tè fosse impazzito, come mai la sua vicina avesse il numero del Ministero della Magia, cosa diavolo fosse il Ministero della Magia e perfino se la storia di Caroline su suo figlio fosse vera.

Quando il funzionario più anziano entrò nel salotto per riparare con un colpo di bastoncino i danni che la teiera, le tazze e l’agitazione generale avevano provocato, trovò Emma sul divano, intenta a cullare la piccola Lola: sua madre era in cucina, più interessata allo stato della sua borsetta che a quello della bambina, e suo padre recava un’ustione di primo grado sul viso – e per questo si stava facendo spalmare una crema dall’uomo con i capelli rossi.

«Va tutto bene?» le chiese il funzionario, sistemandosi gli occhiali e avvicinandosi a lei.

«Non ci sto capendo un cazzo. Ops, scusi.» Emma arrossì, poi sorprendendo perfino se stessa scoppiò a ridere.

L’uomo aggrottò la fronte. «Cosa…? Perché ride?»

«Oh, doveva vedere la faccia di quelle oche! E i mocciosi che si sono pisciati addosso, poi! Dovrò ripulire, ma ne è valsa la pena!»

«Sapeva che quel servizio da tè era stregato?»

«Non so nemmeno che cosa intende lei per “stregato”. So solo che questa è stata la migliore ora del tè da anni! Naomi e le altre smetteranno di farsi vedere da queste parti per un bel po’…»

«Non ricorderanno niente.»

Emma si interruppe. «Scusi?»

«Il mio collega e io stiamo facendo ai suoi ospiti un Incantesimo di Memoria, in modo che possano dimenticare l’esistenza di un mondo magico oltre a quello Babbano.»

«Ba-che?»

Il funzionario sorrise. Sembrava esausto, ma quel sorriso stanco fu un toccasana per Emma. «Babbani, coloro che non hanno la magia.»

«Quindi… Quello era davvero un servizio da tè stregato

«Già.»

«E lei è un…»

«Mago, sì.»

Emma rimase in silenzio, riflettendo. «Anch’io dovrò dimenticare tutto?»

«Temo di sì.»

«Ma… perché?»

«Sono le regole del Ministero: la magia deve rimanere nascosta ai Babbani.»

«A tutti?»

«Beh, ad alcuni di loro.»

«Quindi non a tutti, signor…»

L’uomo sorrise ancora stancamente. «Perkins. John Perkins.»

«E, signor Perkins… Non potrebbe fare un’eccezione per me? Le prometto di tenere la bocca chiusa!»

«Senta, io non…»

«Sono solo una trentacinquenne che vive con otto gatti, che interesse avrei a farmi prendere ancora di più per matta? La prego, voglio ricordare questo giorno, non mi divertivo così tanto da una vita.»

Emma lo fissò negli occhi chiari, sperando intensamente che John Perkins esaudisse il suo desiderio, ma mentre l’uomo stava per aprire bocca il suo collega comparve sulla soglia del salotto.

«Hai finito, Perkins? Sto portando i Babbani fuori di qui: ho eseguito gli incantesimi su alcuni di loro per rimandarli a casa, però per gli altri ho bisogno di te. Alcuni devono anche essere portati al San Mungo insieme all’uomo con le pinze sul naso. Oh, Molly sarà furiosa: mi aveva preparato il roast beef per cena!»

«Devo solo fare un Incantesimo di Memoria sulla padrona di casa, poi ti raggiungo» Quando l’altro ebbe lasciato la stanza, John si piegò su Emma e sussurrò: «Sono stanco e sto già facendo gli straordinari, non posso perdere tempo a discutere. Goditi un paio di giorni di ricordi… beh, felici… Poi tornerò per farti l’incantesimo. Siamo d’accordo?»

Emma annuì, soddisfatta. «D’accordo. Ah, questa bambina non è mia, appartiene all’uomo con la faccia ustionata!»

John afferrò Lola, sorrise e uscì dalla casa.

 

 

Emma ricevette una visita da John Perkins tre settimane dopo.

Lo aveva visto arrivare dalla finestra della cucina. In quei venti giorni, si era preparata a dimenticare tutto l’imbarazzo provato da quelle oche che per anni aveva considerato amiche, senza neanche appuntarsi una parola di ciò che era accaduto per non rischiare di prendere se stessa per una folle visionaria, e ora era pronta ad aprire la porta e a perdere un pezzetto di memoria. John, tuttavia, si tolse il cappello e si sedette in salotto, discutendo del più e del meno, del tempo e della sua famiglia, del lavoro di Emma e della disposizione dei mobili finché, alle sette di sera, non se ne andò senza portare a termine il proprio compito.

«Sono di corsa, mia moglie mi aspetta. Tornerò un’altra volta per farti l’incantesimo» disse con un sorriso.

Ma anche la visita successiva se ne dimenticò, e quella dopo e quella dopo ancora. Al termine dell’anno, Emma sedeva sulla poltrona di fronte ai suoi grandi amici maghi John e Polly Perkins, sorseggiando con loro una tazza di liquido caldo e dorato – servito in una teiera acquistata da Mark & Spencer, che di magico avevano ben poco.













A un anno di distanza, pubblico la storia della seconda edizione della MMQ... però ce l'ho fatta, è questo l'importante, no?
Mentre scrivevo mi erano venute in mente diverse cose da scrivere nelle note e, ovviamente, ora non me le ricordo più. Se non che ai Whovians può suonare familiare "H. C. Clements"... il luogo in cui lavorava Donna Noble. Donna, un'umana la cui vita viene "sconvolta" dall'incontro con un alieno, con un Signore del Tempo, che quando vuole passare per terrestre risponde al nome di John Perk- ehm, Smith. John Smith - uh, che strano, come il cognome della protagonista di questa storia! In fondo la magia non è una forma di "vita aliena"? Conoscere la magia non equivale a scoprire l'esistenza di un nuovo mondo, di nuove potenzialità (anche se non provenienti da se stessi)? Non spoilererò niente a chi non è ancora arrivato al termine della quarta stagione di Doctor Who, ma c'è un altro elemento in comune tra Donna/Ten ed Emma/John (e, vi prego, non intendete queste diciture come "coppie amorose")...
Emma, infine, è stato scelto perché stavo leggendo il libro di Jane Austen, all'epoca.
E... basta così, credo. Spero di aver detto tutto e soprattutto spero che la storia vi sia piaciuta! :)

Medusa, a Lannister

6° (parimerito) Med- Emma Smith e il servizio da tè stregato

Autore: MedusaNoir
Titolo:
Emma Smith e il servizio da tè stregato

Giudizio Shnusschen

Grammatica e sintassi 8,65/10

-Da quando altrettanti quattro(altrettanti quattro non si dice -0,30)

- Aveva acquistato il nuovo servizio da tè in un piccolo negozio dalle parti di Piccadilly Circus, un acquisto che le aveva dato(acquistato… acquisto, ripetizione. Sarebbe stato meglio sostituire il primo con comprato -0,15)

-Sistemò con attenzione la teiera e le tazze su l’unico(sarebbe più corretto “sopra l’unico” o, al massimo, “sull’unico” -0,10) vassoio d’argento che possedeva,

- La casa di Emma era più grande degli appartamenti in cui vivevano le sue compagne di college, ma loro potevano sempre vantare di una seconda abitazione al mare o in montagna (le forme corrette sono o “potevano vantare una..” oppure “si potevano vantare di una..” -0,20)

- in grado di sapere tutto di tutti e da (di -0,15) non riuscire a tenere per sé neanche ciò che la riguardava.

-Gli occhi di Miriam erano incredibilmente diventati più grandi. «Ma è impossibile!»

«No, certo che no, per questo si sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa pensa che sia suo figlio, un mago(così costruito questo dialogo è sbagliato, in quanto nella prima parte della frase sembra che Naomi  stia dicendo che è effettivamente possibile muovere gli oggetti senza toccarli. Perché il dialogo sia corretto Miriam avrebbe dovuto dire “Ma non è possibile” perché in questo modo il “No” di Naomi sarebbe risultato solo enfatizzante non una negazione di quanto affermato dall’amica, come invece risulta. -0,45)

Stile e punteggiatura 9,70/10

- Le era sempre pesato sentirsi anonima, con quegli occhiali spessi e quei monotoni capelli castani che le ricadevano sulla schiena come spaghetti crudi, e la sua timidezza finiva(virgola prima della congiunzione -0,10)
- In quei venti giorni,(la virgola è superflua -0,10)

A parte queste due sviste di punteggiatura ho trovato lo stile che hai usato particolarmente azzeccato. Hai dato alla storia un buon ritmo comico senza strafare, con uno stile molto british che ben si sposa con il tipo di umorismo leggero che hai usato.

Caratterizzazione dei personaggi 15/15

Avrei voluto darti 16. Tra le storie che partecipavano questa è stata la mia preferita per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Sei stata bravissima a maggior ragione considerando che sono tutti personaggi principali quindi hai dovuto fare un lavoro ancora più complesso. Emma è adorabile, rassegnata ma fino ad un certo punto, ironica e desiderosa di prendersi una piccola rivincita. Le sue amiche sono una meglio dell’altra, ognuna splendidamente caratterizzata da poche frasi pungenti ma così precise che sembra di vederle: la svampita che si dimentica la figlia, quella fissata con la chirurgia estetica, la snob con i cani… e lo stesso dicasi per i mariti e per i figli. Non ti sei dilungata troppo, non hai appesantito la storia con lunghissime descrizione che avrebbero solo sviato l’attenzione dalla scena ma hai creato veri e propri personaggi, e non solo comparse, con pochissime frasi. Tanto di cappello e un bacino sul naso.

Originalità 10/10

La storia di per sé è indubbiamente originale: prendendo spunto da cinque righe hai creato una dinamica e dei personaggi molto originali. Tuttavia, quello che mi ha fatto decidere per il massimo dei voti non è stato questo ma sono state due piccole chicche che ho letteralmente adorato: la prima è il riferimento al figlio di Caroline, creduta pazza dalle amiche ma che non può certo sfuggire a chi sa riconoscere i segnali e che infatti poi non sfugge neanche a Emma; e la seconda è stata la nascita dell’amicizia tra Emma e Perkins, con il finale in cui finalmente lei si può godere un tè con dei veri amici.

Si tratta di due dettagli di poca importanza ma assolutamente originali e squisiti e che ti hanno fatto ottenere un bel dieci.

Gradimento Shnusschen 4,7/5

Veramente una bellissima storia, e io di solito non apprezzo le commedie quindi vale doppio =)
Totale: 48,10/50

Giudizio Luthien

Grammatica e sintassi 9.5/10

- “Aveva acquistato il nuovo servizio da tè in un piccolo negozio dalle parti di Piccadilly Circus, un acquisto che le aveva dato quell’orgoglio che non poteva ottenere dal compagno che la vita ancora non le aveva presentato.” Hai usato “acquistato” e “acquisto” nella stessa frase. -0,25

- “Gli occhi di Miriam erano incredibilmente diventati più grandi. «Ma è impossibile!» «No, certo che no, per questo si sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa pensa che sia suo figlio, un mago?»” A mio parere, qui c’è un errore di logica, non grammatica. Se qualcuno dice “è impossibile” ed io rispondo “no” allora vuol dire che è possibile -0,25

Stile e punteggiatura 9.70/10

- “… sua madre era in cucina, più interessata allo stato della sua borsetta che a quello della bambina, e suo padre recava un’ustione di primo grado sul viso – e per questo si stava facendo spalmare una crema dall’uomo con i capelli rossi.” Hai messo la “e” dopo la virgola. È un errore che ho notato due volte, quindi -0,30

Caratterizzazione dei personaggi 15/15

Nel tuo caso la caratterizzazione si fa tosta, per il semplice fatto che l’unico personaggio che conosciamo bene è Arthur, che però compare solo per una battuta.

Valuto quindi il modo in cui hai caratterizzato personaggi di cui sappiamo poco. Sei stata davvero brava, i miei complimenti. In otto pagine, mi hai fatto capire Emma come se avessi letto di lei nei 7 libri canonici. Le amiche sono al limite dell’imbarazzante, cosa che presumo volessi.

Punteggio pieno.

Originalità 10/10

Considerato che il tuo divieto era l’angst, direi che ci sei riuscita. Una nota amara c’è comunque, quella iniziale, in cui dipingi Emma come una donna sola, non amata da nessuno. Ma il racconto di questo particolare episodio, che la Rowling si limita ad accennare, è davvero ben riuscito.

Gradimento Luthien 4.7/5

Ottima, storia, ottimi personaggi e sei stata molto brava nel descrivere e rendere le scene. Complimenti.

TOTALE 48.90

MEDIA: 48,50

   
 
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