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Autore: jas_    27/12/2013    4 recensioni
«Ricordi il giardino di tua madre, te lo ricordi?»
Annuii, «come dimenticarselo» dissi acida, tirando su col naso.
Pierre mi asciugò una lacrima col pollice e mi accarezzò una guancia senza smettere di guardarmi.
«Tu sei come una di quelle primule che io ti ho aiutato a portare in casa quando ci siamo conosciuti, sei bellissima e hai tanto da dare se solo... Se solo riuscissi a tirare fuori il coraggio! Ti nascondi sempre dietro a questi occhi tristi, so che è difficile ma così non fai altro che renderti piccola. Io vedo cosa sei, so il tuo potenziale, sei come una primula in inverno. Fa' arrivare la primavera e sboccia, mostrando i tuoi colori veri.»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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Epilogo

 
 
 
Un anno dopo.
 
 
 
«Dici che questi scatoloni li disferai più velocemente degli altri?» domandò Pierre, mettendosi le mani sui fianchi ed inarcando la schiena, facendola scricchiolare.
Feci una smorfia schifata a quel gesto, «fallo di nuovo e potrei scappare.»
«Dovresti pagare comunque il mutuo di una casa in cui non vivi» ribatté lui, zittendomi.
Alzai gli occhi al cielo, «non farmici pensare. E Johnny mi ha già detto che per altri sei mesi non avrò nessun aumento.»
Ed era stato chiaro e coinciso quando me l'aveva detto, due giorni prima, avendomi sentita parlare dei miei debiti al telefono con Lou.
Era un tipo strano Johnny, non che non l'avessi subito notato, ma starci a contatto otto ore al giorno, cinque giorni alla settimana, mi aveva aiutata a comprendere tutte le sue stranezze, i suoi difetti, ma anche i suoi pregi.
Ancora mi chiedevo come un tipo come lui fosse riuscito a diventare un avvocato di fama qual era, ma avevo smesso di cercare di capirlo una settimana dopo che mi aveva assunta, lasciandomi un messaggio in segreteria perché dopo essere stata attaccata al telefono per giorni, gli unici 15 minuti nei quali ero stata sotto la doccia lui mi aveva chiamata.
"Spero che tu stia facendo qualcosa di molto, molto importante per non rispondere al telefono" aveva detto, "comunque sei assunta. Domani alle 8 ti voglio in ufficio con un bel caffè per me. Non farai quello a vita ma arrivando da casa passi davanti alla caffetteria più buona di Montreal quindi anche se dovessi diventare un avvocato come si deve, finché sarai sotto di me dovrai portarmi il caffè. Oltre a questo non ho niente da aggiungere. Ci vediamo domani."
Portargli il caffè era quasi in piacere, in quanto dopo che glielo lasciavo sulla scrivania lui mi dava casi da analizzare e clienti da difendere completamente da sola.
Nemmeno un mese dopo la mia assunzione mi aveva mandata in tribunale, un caso di diritto civile, un inutile battibecco tra vicini di casa, ma sempre un'udienza. Nei corridoi avevo incontrato Alec, e l'avevo ringraziato.
Un giorno, tra un plico di fogli che Johnny mi aveva chiesto di buttare, avevo trovato la lettera che gli aveva mandato, una lettera di raccomandazione coi fiocchi.
Alec aveva tessuto le mie lodi in maniera impeccabile, avevo seriamente rischiato di commuovermi nel leggere ciò che aveva scritto su di me, e sapevo che era merito suo se Johnny mi aveva assunta senza esitazioni.
"Lola diventerà un ottimo avvocato, io non sono stato in grado di permetterglielo."
Nell'archivio dei casi ancora aperti spuntava il nome di mia sorella Gigì, il suo difensore ufficiale era Johnny, non ero nemmeno certa che avrei potuto esserlo io, in quanto ci sarebbe potuto essere un conflitto di interesse, comunque non avrei nemmeno voluto. Per quanto volessi bene a mia sorella e mi fossi interessata alle sue pratiche di divorzio, come diceva il proverbio "tra moglie e marito non mettere il dito", avevo accollato il lavoro al povero Johnny che doveva subirsi i litigi in ufficio tra mia sorella e Ryan. In compenso le avevo lasciato la mia vecchia casa, con due mesi di affitto già pagati, nonostante fosse riuscita a trovare lavoro in un negozio di vestiti non lontano da casa.
I rapporti con mia madre erano andati migliorando da quando Pierre era rientrato a far parte della famiglia.
Ovviamente io le parlavo il meno possibile, i pranzi della domenica erano diventati una bella chiacchierata tra lei e il mio ragazzo, anche mia sorella era finita sulla lista nera dopo che aveva lasciato Ryan.
Mi chiedevo cosa ci fosse nella testa di mia madre visto che anche lei non stava più con mio padre, ma anche con lei, avevo smesso da tempo di chiedermi come funzionasse il suo cervello.
Le cose nel complesso andavano bene, il mio lavoro mi piaceva, avevo una persona meravigliosa al mio fianco che mi amava e che io amavo alla follia.
 
 
 
La casa di Alice e Chuck era piena di persone, mentre aiutavo la padrona di casa a distribuire la torta mi chiedevo che bisogno ci fosse di tutti quegli invitati, tutto quel disturbo per il compleanno di un bambino che dormiva in camera sua e che non si sarebbe mai ricordato di quel momento.
Pierre aveva riso di fronte alle mie lamentele, «dai, non dire così.»
«Hai completamente ragione.»
Lou la pensava esattamente come me.
Quando ebbi consegnato anche l'ultima fetta di torta rimasta mi sedetti anch'io a tavola e bevvi un sorso di champagne.
«Allora Lola, quando regalerai anche te un bel nipotino a tua madre?» mi domandò la madre di Alice.
Rischiai di strozzarmi con lo champagne che stavo bevendo, cominciai a tossire fino a quando gli occhi non iniziarono a lacrimarmi mentre Pierre mi dava alcune pacche sulla schiena, divertito.
«Mamma, l'hai sconvolta» disse Alice, divertita.
«Non presto di sicuro» riuscii a dire una volta ripresa.
«Pierre?»
Lui si strinse nelle spalle, «è lei che avrà la pancia occupata per nove mesi, la sua parola vale più della mia. Comunque ora dobbiamo ancora sistemarci nella nuova casa, c'è tempo.»
La donna annuì pensierosa prima di alzarsi dal tavolo e sparire in cucina, io guardai Pierre riconoscente.
«Grazie» sussurrai.
Più passava il tempo e più mi rendevo conto che era con lui che volevo passare il resto della ma vita, avere dei figli (non subito), invecchiare... Forse lo sapevo già quando avevo 17 anni, ma allora non avevo dato troppo peso alla cosa.
Era la persona perfetta per me, come diceva Meredith Grey "la mia persona", ed io ero la sua, con tutti i miei difetti, le mie paranoie, le mie lamentele, i pianti, le risate, le serate passate sul divano con il cinese take away sulle ginocchia perché non avevo voglia di cucinare, i "ti amo" sussurrati dopo aver fatto l'amore o la mattina prima di andare a lavorare. 
Grazie a lui avevo trovato il coraggio di dare una svolta alla mia vita, una vita che mi stava schiacciando nell'ambito sia personale che lavorativo. Grazie a lui ero una persona migliore, con lui ero una persona migliore. E quel ringraziamento non era soltanto per avermi salvata da una situazione imbarazzante, quel grazie era per tutto quello che lui aveva fatto e faceva ancora per me. Quel grazie era per non essersi arreso davanti alla mia testardaggine, ai miei capricci, per aver avuto la pazienza e la capacità di capirmi.
Quel grazie era per aver avermi fatto arrivare alla primavera, sbocciare, e mostrare i miei colori veri.



 

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Ed eccomi qua, dopo quasi un anno sono riuscita a concludere anche questa fan fiction.
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno letto questa storia da gennaio e chi l'ha scovata quando era già iniziata.
Non pensavo che sarei mai riuscita a concluderla e soprattutto essere soddisfatta del risultato finale e invece eccomi qua a sorridere mentre rileggo per l'ennesima volta l'epilogo che ho scritto proprio mentre ero a Montréal quest'estate.
Spero che la fan fiction vi sia piaciuta, grazie a tutti e chi lo sa che non mi venga nuovamente lo schizzo di scrivere su Pierre Bouvier :)
Jas


 

 

   
 
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