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Autore: gabryweasley    27/12/2013    10 recensioni
"Ma quando nasce un figlio, pensava Daniel Mellark, nessuno si prende la briga di spiegarti che bisogna saperci rinunciare, talvolta. Nessuno ti insegna a dirgli addio."
A Deb, che è speciale.
[Mr.Mellark - mietitura 74esimi Hunger Games]
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Mr. Mellark, Mrs. Mellark, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Deb,
che è speciale.
Grazie per essere come sei.
 
A Deb,
che ha letto questa storia non appena
ho finito di scriverla e ha scelto il titolo, che amo.
 
Ti meriteresti questa e altre mille dediche!
Ti voglio bene!
 
 
Nessuno ti insegna a dire addio
 
Daniel Mellark aveva pensato più volte alla nascita di Peeta come a un errore che, nel suo matrimonio ormai così precario, non avrebbe dovuto commettere. Molte più volte, però, si era convinto che quel terzo figlio fosse stato in realtà lo sbaglio migliore della sua vita.
Era diventato il suo orgoglio. Era tutte le sue speranze.
Quando Peeta era nato, il signor Mellark si era preparato ad affrontare un altro periodo di stretta economica e nuove notti in bianco e inaspettatamente si era anche lasciato sorprendere dai primi sorrisi, dalle prime parole, dai primi passi. Ingenuamente - ora lo sapeva - si era immaginato a tenergli la mano in una lunga passeggiata in avanti, sempre in avanti.
Con gli anni, si era preoccupato di insegnargli l’arte di famiglia, il mestiere duro del fornaio e Peeta, a differenza dei suoi fratelli, si era sempre dimostrato volenteroso e capace. Sembrava innata, in lui, l’educazione così come il rispetto per sé stessi e quello verso gli altri.
Ma quando nasce un figlio, si ritrovò a pensare Daniel durante la mietitura di quell'anno, nessuno si prende la briga di spiegarti che bisogna saperci rinunciare, talvolta. Nessuno ti insegna a dirgli addio.
Eppure, il caso aveva voluto che quello fosse ciò che Daniel era chiamato a fare in quel momento. Si ritrovò improvvisamente a dire addio a suo figlio. In una stanza sconosciuta, dove niente era familiare, doveva permettere che gli venisse strappato via con la stessa facilità con cui si potrebbe strappare un ciuffo d’erba.
«Forse quest’anno il Distretto 12 avrà un vincitore, finalmente. È una tosta, quella. »
Daniel registrò le parole di sua moglie e riemerse da quella bolla nella quale si era rinchiuso negli ultimi minuti, come fosse una sorta di difesa della sua mente. Si voltò verso di lei e cercò di scrutarne l’espressione per capire cosa l'avesse spinta a dire quelle infami parole a loro figlio. Tutta la freddezza che vide in quegli occhi lo sconvolse quasi quanto il sorteggio a cui aveva assistito poco prima.
Decise, allora, di portare la sua attenzione su Peeta. Gli occhi chiari di suo figlio erano gonfi di lacrime eppure ancora non piangeva. Daniel capì che stava cercando di trattenersi a causa di sua madre, come faceva sempre. Non avrebbe pianto davanti a lei e non le avrebbe dato un altro motivo per insultarlo.
Di slancio, lui strinse suo figlio in un abbraccio al quale Peeta rispose con vigore. Cercò di infondergli coraggio e di fargli capire quanto tenesse a lui.
Peeta non sono pronto a vederti morire.
Peeta, ti prego, perdona tua madre, se puoi.
Peeta sii coraggioso, non avere paura.
Peeta non arrenderti mai.
Tu sei forte, figlio mio, ti voglio bene.
Peeta, so che ami Katniss Everdeen…
«Voglio che tu mi prometta una cosa» quello che decise di dire non era il consiglio migliore da dare ad un figlio che rischiava di morire in un corpo a corpo mortale da lì a pochi giorni, ma le parole uscirono dalla sua bocca prima che Daniel potesse pensarci. Afferrò Peeta per le spalle e fissò i suoi occhi in quelli di suo figlio, che annuì.
«Se ami qualcuno devi dirglielo. Anche se hai paura che non sia la cosa giusta, anche se hai paura che creerà problemi, anche se hai paura che potrà rovinare completamente la tua vita, diglielo
Lo sbuffo esagerato di sua moglie non gli aveva impedì di stringere suo figlio ancora una volta, né di cogliere la richiesta che lui sussurrò nel suo orecchio perché sua madre non sentisse:
«Non far morire di fame sua sorella papà, per favore. Fa il possibile per sua sorella»
Ebbe giusto il tempo di notare quanto anche le braccia di suo figlio lo stessero stringendo e quanto forte fosse diventata la sua presa, prima che un Pacificatore li allontanasse. Strano come il destino gli stesse sbattendo in pieno volto quei particolari proprio nel momento dell’addio.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di compiacersi di quel figlio che era diventato un uomo nel fisico e nelle azioni, che qualcuno aveva deciso che fosse arrivato probabilmente il momento di spezzare quella vita.
Quando fu fuori dalla stanza, Daniel infilò le mani in tasca. Aveva un sacchetto con dei biscotti appena sfornati e se ne era scordato. Avrebbe voluto condividerli con i suoi figli, a mietitura conclusa…
Immerso in quei pensieri, alzò gli occhi verso la porta accanto a quella dalla quale erano usciti lui e sua moglie e incrociò lo sguardo della signora Everdeen, che andava via insieme all’altra figlia. «Allora, andiamo? »
Il tono stizzito di sua moglie non lo toccò più di tanto. Sentiva così spesso quell’intonazione indispettita nella voce di lei, che ormai non si chiedeva nemmeno quale fosse in motivo del suo nervosismo.
«Si solo un minuto... »
Dirigersi verso la porta dietro la quale si trovava Katniss Everdeen non avrebbe certo contribuito a migliorare l’umore di sua moglie, ma non se e preoccupò. Nemmeno quando la sentì dirigere svelta i suoi passi pesanti verso l’uscita e borbottare indispettita «Dio, questa poi... »
Daniel Mellark non capì subito il motivo del gesto che stava facendo. Andava incontro ad almeno una settimana di gelo in famiglia e non se ne curava. Solo per salutare quella ragazzina, che non era nemmeno sua figlia.
Quando aprì la porta per trovarsi davanti allo sguardo stupito di Katniss però, fu tutto chiaro. Lui avrebbe voluto, che quella fosse sua figlia. Avrebbe voluto che Peeta la conoscesse, per trattarla come tale. Non solo limitarsi a comprare i suoi scoiattoli di nascosto per aiutare nel sostentamento della sua famiglia in quel modo così misero.
Si sedette di fronte a lei, ne sentì l’esigenza fisica perché un padre non poteva sopportare tanto. Il peso che Daniel aveva sentito nell’arco degli ultimi minuti era così grande da sfinirlo.
Pensò al signor Everdeen, a quelle volte in cui era riuscito a permettersi di entrare nella sua panetteria e scegliere piccole cose che avrebbe gustato a casa con le sue bambine, quindi estrasse dalla tasca il sacchetto con i biscotti che aveva riservato quel giorno per i suoi di figli, e lo porse a Katniss.
«Grazie…»
Si stupì dalla gratitudine che lo sguardo di Katniss riusciva a trasmettere. Così come dal fatto che non lasciasse trasparire nemmeno un briciolo di paura. Non era spaventata, né intimorita. Solo sorpresa dal vedere lui in quella stanza a salutarla, e grata per il dono ricevuto.
«Ho mangiato un po' del suo pane, stamattina. Il mio amico Gale le ha dato in cambio uno scoiattolo. »
Non riuscì a far altro che annuire. Da quando lui era diventato così silenzioso? Quella ragazza gli vendeva gli scoiattoli proferendo una o due parole al massimo, mentre in quella situazione era lei a sforzarsi di fare conversazione. Forse lo stava anche prendendo per matto. Era lui, infondo, che era entrato a salutarla e in quel momento non riusciva a mettere insieme le parole giuste.
«Non è stato il suo affare migliore
Daniel notò come Katniss si preoccupasse degli affari anche in quell’istante, nell’ennesimo tentativo di dialogare con lui, che altro non era se non un estraneo per lei.
Tutto aveva del ridicolo, preoccuparsi degli affari in una giornata come quella era grottesco.
L’unica cosa importante, secondo lui, erano le famiglie ancora al completo a fine giornata, padri e madri stretti ai loro figli che si dirigevano svelti verso le loro case, ad esorcizzare l’ansia accumulata. Daniel poi le immaginava riunite a pregare chissà cosa e chissà per chi attorno ad un fuoco che provava in qualche modo a scaldare di nuovo i loro cuori, per infondere quella forza e quella speranza necessarie ad affrontare un nuovo anno a partire dal giorno successivo.
Katniss non proferì più parola e Daniel rimase fermo su quella sedia a fissarla in un vortice di pensieri senza fine.
Immaginava che al posto suo ci sarebbe stato Peeta, se solo il suo nome non fosse stato estratto. Si sarebbe fatto avanti per salutarla subito dopo sua madre e sua sorella e quell’altro ragazzo. Peeta non le avrebbe mai detto quanto la amasse, per non apparire vigliacco, ma le avrebbe elencato tutte le sue qualità per darle coraggio e farle prendere coscienza del fatto che le sue capacità potevano permetterle di vincere. Le avrebbe detto che avrebbe fatto di tutto per organizzare delle collette nel distretto e aiutarla. Daniel lo immaginava mentre, al contrario di lui, le prendeva le mani per infonderle un po’ della sua speranza. Perché Peeta era come lui, sapeva sperare.
Gli aveva chiesto di non far morire di fame la piccola Everdeen perché sarebbe stato quello che lui avrebbe detto a Katniss e perché, Daniel ci era arrivato solo in quell’attimo, Peeta non aveva la minima intenzione di combattere nell’arena per salvarsi. Aveva già deciso, prima ancora di cominciare il viaggio verso Capitol City, che avrebbe fatto di tutto per salvare lei. Perché riuscire a farla tornare nel distretto privata di sua sorella, l’avrebbe uccisa in ogni caso.
Quando infine il Pacificatore aprì la porta per mettere fine a quel laconico incontro, Daniel seppe cosa dire.
«Terrò d'occhio la ragazzina. Mi assicurerò che mangi. »
L’ultima cosa che vide uscendo dalla stanza, furono le spalle di Katniss rilassarsi, come liberate da un peso invisibile.
Fuori dal palazzo di Giustizia non trovò sua moglie ad attenderlo, né gli altri suoi figli.
Si avviò verso il forno, con l’intima speranza di essere solo una volta arrivato. Probabilmente avrebbe impastato un po’ di pane, qualche lacrima sarebbe caduta in mezzo alla farina, realizzando che, quello a suo figlio, era stato davvero un addio.

 
 
 
 
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Buon pomeriggio cari!
Credo che questa sia la mia fic più lunga in assoluto. Urrà!
Era bloccata nella mia testolina, finché Deb non ha scritto “
Non puoi vivere nella paura, altrimenti è lei che vive e non tu” e mi ha sbloccata. E tutti i miei Mr.Mellark!feels sono esplosi in un tripudio di parole! Grazie Deb, ti adoro! ♥ Conta come regalo di Natale, la dedica?
 
Poi… le frasi dei dialoghi in corsivo sono quelle tratte dal libro, chiaramente.
E ancora. Quello che Daniel Mellark dice a Peeta sull’amore, è la stessa frase che Mark Sloan dire a Jackson Avery in Grey’s Anatomy. Lo so, non ditemelo, devo cercare di staccarmi da Grey’s quando scrivo fan fiction… è più forte di me a volte, chiedo scusa! Era una frase così… perfetta!
 
Il nome Daniel è sempre quello preso in prestito dalla testolina di _eco! Grazie _eco!
 
Se siete arrivati fin qui, voglio ringraziarvi per aver letto!
 
Gabry
   
 
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