Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: anorableT    28/12/2013    0 recensioni
Annie, Armin, questo non è amore. Nove momenti. Raccolta. 1.644 parole.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart
Note: Missing Moments, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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i.

È un lampo alla luce della luna—le perle negli occhi e i pugni ossuti mentre si allena nel vuoto campo d’addestramento. Armin respira profondamente l’aria notturna nei suoi polmoni, le mani piegate verso i fianchi. Il suo sguardo si sposta dal cielo—le stesse stelle ti seguono ovunque tu vada, così dicevano i suoi libri—alla ragazza illuminata. Cerca di ricordare il suo nome —Anne? Anna? Sono passate solo due settimane e i nomi e i volti sono sfocati, anche nella sua mente acuta—ma decide di non disturbarla; sta per proseguire e tornare ai dormitori, quando viene interrotto da un veloce calcio dritto al collo. I riflessi di Armin sono pessimi e schiva a malapena; tuttavia, riesce a fermarla per il polso quando si muove per un altro colpo, ma la sua forma è disossata, e lui registra vagamente che ha lasciato che la fermasse.
“Cosa stai facendo qui?” gli chiede, tono rigido. Senza mordacità, senza rabbia, nessuna delle emozioni che aveva messo nei suoi movimenti.
“Io… io ero fuori per una passeggiata, poi mi è capitato di vederti,” dice debolmente. È sincero, infatti; le notti estive lasciano i dormitori privi d’aria e afosi. “Io…ehm, hai davvero un buon calcio."
"Hn” dice lei, rimuovendo facilmente il polso dalla sua presa, prima di voltarsi. Qualcosa nel suo viso si addolcisce, ma non abbastanza; il suo profilo è tutto angoli, picchi di naso e labbra e ciglia, e nella notte sembra quasi eterea, una dea caduta, scolpita nel ghiaccio. “Grazie”. E poi se ne va. Lontana da lui—ed è solo quando è completamente fuori dalla sua linea visiva che ricorda il suo nome:
Annie Leonhardt.


ii.

È seduto con Eren e Mikasa al tavolo della colazione quando la vede: silenziosamente scodella la farina d’avena nel suo piatto, prima di dirigersi verso un tavolo vuoto. Cammina senza un osso fuori posto, e Armin sente se stesso parlare prima ancora di rendersene conto:
“Annie,” la chiama “vieni a sederti con noi!"
Mikasa alza un sopracciglio ed Eren borbotta “conosci quella ragazza spaventosa, Armin?”. Annie gli risparmia un’occhiata glaciale prima di continuare a camminare verso il tavolo vuoto, da sola. “Maleducata” mormora Mikasa, facendo girare il cucchiaio nel suo pasto.
“No,” dice Armin gentilmente “forse non mi ha sentito.” “Ti ha sentito di sicu —Eren viene interrotto dal colpo del gomito di Mikasa nella sua costola, ma Armin non bada alle loro buffonate. I suoi occhi ritornano su di lei e si domanda 'chi sei, Annie Leonhardt?'


iii.

Apre la serratura della biblioteca con una delle forcine di Mikasa. Si è chiesto distrattamente se noterà che ne ha presa una ma lo ha fatto comunque—e può sempre dare la colpa ad Eren. 'Quei due' pensa affettuosamente, mentre la porta cigola piano piano—  “Armin?” Il cuore gli balza in gola e gira la testa nella direzione della voce—la sua voce, e si rende conto che non l’ha mai sentita pronunciare il suo nome. “A-annie” balbetta, nel non così tanto velato tentativo di chiudere la porta. “Che bello…vederti qui” “Stavo camminando” dice lei, gettandogli le parole in faccia. 
Gestisce un lieve sorriso quando lei indica la porta della biblioteca. “Violazione ed effrazione?” “N-no…uh,” sospirando, cede “sì, un po’. È solo che c’era questo libro che volevo leggere, e non ho avuto tempo a causa dell’addestramento di giorno e— “Come si chiama?” lo interrompe, e Armin ha bisogno di un momento per registrare le sue parole. “Suona stupido ma…” sorride “è qualcosa chiamato atlante. Ha mappe del vecchio mondo—il mondo esterno—e tutti i nomi dei luoghi, dei fiumi, delle montagne—sapevi che abbiamo persino gli oceani?! Il mondo è in realtà costituito al settanta per cento di acqua—e…” si zittisce, rivolgendole un sorriso imbarazzato. “Scusami, sto farfugliando.” Annie, però, scuote solo la testa “non ti ho fermato.” 
Armin sente il calore aumentare nelle sue guance, prima di chiederle timidamente “Vuoi vederlo? L’atlante? L’ho nascosto su uno dei ripiani superiori.”
Annie non dice nulla, ma quando lui apre la porta e scivola dentro la biblioteca, lei lo segue.
 

iv.

“Voglio che tu mi insegni a combattere.”
Annie gli rivolge un’occhiataccia, presa alla sprovvista. “Perché?”
Armin si stringe nelle spalle mentre la guarda; i riflessi della luna sui suoi capelli la rendono quasi onirica. “Io…non sono molto forte. E tu disputi sempre con Eren e lui sembra essere migliorato.”  “Eren è un idiota suicida” gli dice. Lo ‘e tu non lo sei’ non viene detto, ma insinuato.
“Io non…” sospira, passandosi una mano fra i capelli “non voglio essere… debole.”
“Lo stai chiedendo alla persona sbagliata, allora. Qui c’è gente più forte di me. Non mi piace combattere. Io—“ 
“—Una trovatella sprovveduta?” Armin la interrompe, e un sorriso impercettibile appare sulle labbra di lei. “Una povera, debole, indifesa ragazza?” “Sì” risponde impassibile, sfogliando distrattamente un libro di mappe ed Armin sospira. “Sei una brava persona, Annie” dice onestamente; questo sembra scuoterla, e lo fissa come se si fosse perso in un labirinto di stelle cadenti.
“Lo sono” chiede, anche se non sembra una domanda.
E poi lo blocca.
Gli ci vuole un momento per cogliere la presa sui suoi polsi, la forza con cui lo spinge a terra.
Gestisce a malapena un “C-che cosa—“ prima che lei dica: “Affrontami.”
“Io—“ ci sono un milione di motivazioni per dire no: sono circondati da pennacchi di candele accese, e poi da libri, ed è mezzanotte e troppi rumori potrebbero svegliare tutti; qualche movimento di troppo e l’intero campo d’addestramento finirà in fiamme. Se respira profondamente riesce a rubarle l’aria; se si muove di un centimetro spezzerà questa specie di rapporto che si trasformerà in qualcos’altro, qualcosa di cui non è sicuro, qualcosa—  Lei rompe la stretta, abbastanza facilmente, riannodandosi il codino nei capelli. “Una brava persona” ripete seccamente, prima di lasciare la stanza.                                             


v.
 
C’è qualcosa intrappolato nei suoi occhi, realizza lui, qualcosa di agitato, che le ossessiona l’anima. Questo fascio onirico indugia nel suo sguardo, come un incantesimo che implora di essere spezzato. Non glielo ha mai chiesto. Si chiede se pensa troppo quando si tratta di lei— o, se pensa troppo poco—perché certe volte tutto quello che riesce a ricordare è la soffice sensazione di lei contro di lui, il sapore del suo respiro e il battito del suo cuore.
Affrontami, gli aveva detto, e certe volte si domandava cosa intendesse davvero. 


vi.
 
“Ti unirai alla legione esplorativa?” gli chiede.
“Uhm,” dice lui “sì.”
“Tsk.” Sembra indifferente. “Suicida.”
“Forse.” Le risponde sorridendo. “Buona fortuna nella polizia militare, però. Magari verrò a farti visita, qualche volta.”
“Forse?” ripete, prima che la sua voce cali. “Armin?”
“Cosa c’è?” chiede, e per un momento, pensa che è proprio questo. Riesce a vedere qualcosa dentro di lei districarsi, volgersi, prima che le mura tornino al loro posto. Prima che il suo viso si indurisca di nuovo—e, nonostante la vicinanza, un mezzo respiro fra di loro, non riesce a vedere più nulla nella sua espressione. "Niente” mormora. “Buona fortuna. Non morire.”
“Non lo farò” le dice, e quasi ci crede.
 

vii. 

Quando gli rimuove il mantello dagli occhi e lo fissa—nonostante il sangue, nonostante la confusione a causa della caduta e nonostante il viso di lei abbia la forma di un titano, lui lo sa. Lo sa anche prima che lei lo lasci andare, prima che faccia un passo indietro e lo risparmi. Prima che scappi lontano con quella pelle e quelle ossa non sue, e con tutto quello che aveva sempre voluto che fossero. Si domanda perché non l’abbia capito prima. Perché non l’abbia notato—il modo in cui si muoveva, allora, come imprigionata nella sua stessa pelle. Infelice col mondo, infelice con tutto, desiderando qualcosa di più, qualcosa che lui non avrebbe mai potuto comprendere.  
"Annie…” respira, e l’aria ha il sapore di qualcosa di rotto.                                                                                                                                                


viii.

Nel vicolo, lei è chiusa in se stessa, e lui si domanda chi fosse stata e anche cosa fosse stato lui per lei; perché non ha lasciato che diventasse semplicemente un’altra macchia sulle sue mani sporche di sangue.
“Ti sembro davvero una così brava persona?” gli chiede. 
Perché lei lo sa, lo ha sempre saputo, e si chiede se è così anche per lui.                                        
'Sì', sta per dire.
Invece, la conduce alla sua sconfitta.                                                                                                                                                                                


ix.

È inclinato verso il cristallo quando lei apre gli occhi—i cocci cristallini sparsi intorno come risalenti a una pioggia di diamanti, mentre piano, piano, piano fiorisce. Una crisalide contente una farfalla. “…Armin” dice, la voce roca per quasi un anno di inattività. “Tu—"
Sei sveglia, sei viva, sei un’assassina, non dovrei—tutti questi pensieri attraversano la mente di Armin, ma invece l’unica cosa che dice è “Non abbiamo molto tempo.” 
“Cosa stai facendo?” chiede, mentre lascia che la tiri fuori dalle macerie del suo cristallo, i pezzi di vetro della sua armatura.
“Ti troveranno. Devi scappare.” Le dice semplicemente, la sua mente sta correndo un miglio al minuto—NonfarloNonfarloNonfarlo—ma la conduce al passaggio, ed è come un dejàvù, lo stesso momento di nuovo.
“Perché?” gli chiede, calma. “Perché?”
È come se la domanda traboccasse dal suo corpo, proprio come faceva con lui, e non ha delle risposte, solo domande per questa ragazza di cristallo, questa ragazza dagli occhi magici, che ha visto più morte e ha causato più morte di quanto lui potrebbe mai immaginare.
Una vita per una vita.” Dice semplicemente, perché questi sono i termini che lei—lui—può comprendere. 
“Cos’altro potrebbe essere? Ti sembro davvero una brava persona, Annie?”. 
Le parole di lei sono nella gola di lui, la mano nella sua, ed è come se tutto fosse uguale e allo stesso tempo completamente diverso—come se tutto fra di loro fosse venuto meno ed ora fosse stato bilanciato, e lei non dice nulla, e nemmeno lui, mentre la conduce verso la libertà.            




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Rieccomi con un'altra aruani, sempre tradotta, sempre di anorable (testo originale qui).
 
  
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