Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |       
Autore: _Blanca_    28/12/2013    4 recensioni
| Spoiler VIII Stagione |
Jane Leigh, ragazza inglese trasferita nel nord della Pennsylvania, trascorre le sue giornate nel negozio di libri della signora Sternwood, dove lavora come commessa. Ma quando la piccola libreria diventa il palcoscenico di una morte inspiegabile, Jane dovrà vedersela con due cacciatori di mostri e un doppio mistero da sbrogliare.
"Jane si volta, rallentata da un vago senso di panico. I legittimi occupanti della camera sono sulla soglia. La stanno guardando male, ma almeno non ci sono fucili spianati nelle vicinanze. La donna si schiarisce la voce, rilassa le spalle e chiude il diario, avvicinandolo al petto. Chiama a raccolta tutta la sua capacità di affabile chiacchiericcio: «Oh, be', questo sarebbe il momento di una frase brillante per... convincervi che non sto facendo quello che sembra che io stia facendo. Ma non riesco a pensare a niente del genere. Anche perché sto facendo esattamente quello che sembra che io stia facendo, quindi... oh, smettetela con le occhiatacce. Qui siete voi quelli che vanno in giro a farsi passare per agenti federali. Io ho solo forzato una serratura. Che, per la cronaca, era una serratura da quattro soldi»."
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Hardy Boys & Nancy Drew '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
part 1
Storia scritta senza scopo di lucro. I personaggi di Supernatural non mi appartengono, ma sono proprietà della CW e dei loro rispettivi autori. Città, strade, etc. nominati nella storia sono tutti luoghi realmente esistenti.

Titolo: La piccola libreria degli orrori.
Personaggi principali: Dean, Sam, Jane (OC).
Collocazione temporale: la fan fiction è un episodio fittizio da inserire tra il II e il III episodio dell'ottava stagione e che non altera in nessun modo l'arco narrativo originale.
Beta: myself (sob).
Capitolo: 01/09.
N/A: Seguo e amo Supernatural da anni, ma sono nuova delle fan fiction in questo fandom. Un OC è sempre una scelta rischiosa, lo so. Tanto più (mi sembra doveroso precisarlo fin da subito) che Jane è una donna, umana fino al midollo, sprovvista di brevetto da cacciatrice e giacche di pelle. Il banner è opera mia, ma le immagini sono pescate sul web e appartengono ai rispettivi proprietari. Ultimo e ancora meno importante: la storia, a cominciare proprio dal titolo, brulicherà di citazioni a film e opere, perché sono una che si diverte con poco. Detto ciò, ringrazio in anticipo e di cuore chiunque avrà la pazienza di leggere (◡‿◡✿)


______________________________________________________________

x










Prologo










Mansfield, Pennsylvania.



Nel retro della libreria, l’orologio segna le sette e trentacinque minuti esatti. Gli scaffali sono in balia del caos: scatole, scatoline e scatoloni, involucri di plastica trasparente, plichi di documenti, raccoglitori di cartone. Sul ripiano vicino alla finestra, un piccolo televisore bianco, con due grosse manopole, ricorda che gli anni Ottanta sono esistiti davvero. Il televisore è acceso. Il mezzobusto del telegiornale locale sta ripetendo la notizia del giorno.
«La polizia è ancora sulle tracce dell’uomo che, tre ore fa, ha rapinato una gioielleria di Williamsport ferendo in modo grave il proprietario del negozio e un cliente. L’intervento tempestivo di due poliziotti ha impedito all’uomo, già noto alle forze dell’ordine per precedenti di traffico di droga, di fuggire con la refurt—».
Jane spegne il televisore e sfila una grossa scatola dal ripiano sottostante. Lo schermo nero riflette l'immagine di una ragazza molto alta, con capelli color carota lunghi fin oltre le spalle, divisi in una perfetta scriminatura centrale. Indossa una camicetta bianca, un gufetto di bronzo come ciondolo e si muove con la scioltezza e la rapidità di chi è ben abituato a lavorare in quel posticino angusto, odoroso di lucido per legno e di inchiostro. Jane appoggia la scatola sul tavolo, strappa la striscia di nastro adesivo e solleva le due ali di cartone, ritrovandosi sotto al naso copie su copie di un romanzo dal titolo: Il dolce bacio delle tenebre. Fresco di stampa. Storia di una giornalista alle prime armi che si innamora perdutamente e immancabilmente del centenario vampiro di turno. L’immagine in copertina è così simile alla locandina di Via col vento, in versione dark, che a Jane viene da chiedersi chi e come sia riuscito a pubblicarla senza beccarsi un'accusa di plagio.
«Jane, pensavo fossi già andata a casa».
È la voce gentile della signora Sternwood. Con il suo cardigan color pesca e la sua collana di perle, la padrona del negozio è comparsa silenziosamente sulla porta: è una donna di quasi settanta anni, molto minuta e con dei capelli biondi, tinti, tagliati corti. Gli occhi azzurri non hanno ancora preso la sfumatura opaca della vecchiaia e Jane sa — perché l'ha vista in una fotografia — che la signora Sternwood da giovane è stata una gran bellezza, con un fascino alla Lauren Bacall, qualcosa che le rughe e il tempo si sono inevitabilmente portati via.
Jane appoggia le lunghe mani affusolate sui bordi dello scatolone. «Sistemo questi e vado». Non fa mai nulla per dissimulare il suo marcato e pulito accento inglese.
«Tesoro, ogni mattina arrivi qui in anticipo e tutte le sere rimani oltre l'orario del tuo turno». La signora Sternwood va verso il tavolo e si ferma di fianco a Jane — che la supera in altezza di tutta la testa e anche qualcosa di più. «Non hai un fidanzato che si lamenta perché passi troppo tempo chiusa qui dentro e troppo poco tempo con lui?»
Jane arriccia il naso e sbuffa un sorriso a labbra serrate. Non è timidezza e nemmeno disagio. È l’espressione di chi vuole scacciare con garbo un argomento noioso.
«Lo sa che non ho nessun fidanzato».
La signora Sternwood le sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Be', dovresti trovartene uno».
«Non è che ne senta particolarmente il bisogno. Se proprio devo scegliere, preferisco di gran lunga i libri» butta lì Jane e, di riflesso alla sua ammissione, abbassa lo sguardo sulla scatola. Inarca un sopracciglio. «Ma magari non questi libri. Dobbiamo proprio venderla certa roba?»
«È quello che la gente compra di questi tempi, cara. E possono restare nella scatola fino a domani mattina. Su, va a casa, ci penso io a chiudere il negozio».
E Jane obbedisce. Recupera giacca, borsa e sciarpa dall'appendiabiti a muro. Quando ha finito di chiudere la doppia fila di bottoni, la stoffa marrone della giacca lascia scoperti appena dieci centimetri della sua gonnella nera a pieghe, cosparsa di una fitta fantasia floreale. Jane sfila i capelli da sotto il colletto, drappeggia per bene la sciarpa attorno alla gola e si sistema la borsa in spalla.
«A domani, signora Sternwood».
«A domani, cara».


* * *


La libreria — che in tutto conta due piccole sale — ha un aspetto molto ordinato, al contrario del retro. Non c’è un solo volume che non sia al posto giusto nella sezione giusta. Sopra al bancone della cassa, non c’è un solo volantino pubblicitario che sporga di un solo millimetro fuori dal proprio mazzo. Eppure, nonostante tutta la pulizia e l'ordine, Jane, fin dal suo primo giorno di lavoro, ha avuto la sgradevole impressione che nel negozio aleggi qualcosa di tetro e soffocante. Forse è per via del legno scuro e lucido degli scaffali, spaventosamente simile a quello di un feretro. O forse è colpa di tutti quei soprammobili kitsch che la signora Sternwood ci tiene ad avere lì. Vecchie lampade in stile liberty e spettrali animaletti di vetro soffiato. Un carosello che non gira mai e un carillon perennemente muto. Due bambole di porcellana che si tengono per mano e un ritratto di donna: una pallida sconosciuta dai capelli neri, chiusa in una blusa bianca dal colletto alto, che scruta il negozio con uno sguardo serio e malinconico.
Con il tempo, però, Jane ha semplicemente imparato a non dare peso a quella sensazione e ormai tutto nella piccola libreria — dallo scricchiolio leggero delle assi di legno del pavimento, passando per le decorazioni floreali della vecchia tappezzeria, fino al trillo limpido del campanello sopra alla porta, che suona anche questa sera non appena la ragazza esce dal negozio — le è diventato piacevolmente familiare.


* * *


Alla luce degli eleganti lampioni in ferro battuto, la strada appare deserta. Jane getta un'ultima occhiata all'esterno della libreria: il negozio occupa il pian terreno di un edificio a tre piani, con la facciata coperta di mattoni rossi disposti a spina di pesce. Ce ne sono tanti di edifici così nel centro di Mansfield: pittoresche costruzioni vittoriane, tirate su durante il diciannovesimo secolo, tutte portici, colonnine e torrette. Sopra all'architrave della porta, in una calligrafia fin troppo piena di riccioli e onde si leggono le parole 'Sternwood Book Shop'. Ancora più in alto, le finestre degli altri due piani sono buie. Lo sono sempre. Le stanze, là sopra, sono disabitate.
Jane nasconde le mani nelle tasche e s'incammina svelta verso la fermata dell’autobus, a due traverse di distanza. Il leggero impattare dei suoi stivali neri sul liscio marciapiede è l'unico suono udibile... fin quando un'automobile non sbuca dal fondo della via. La vettura scivola veloce sull’asfalto, anticipata dal fascio di luce dei fanali. Svolta all'incrocio e sparisce in un batter d'occhio dalla visuale di Jane — che è di nuovo sola, mentre passa davanti a un vicolo tra due edifici: uno spazio senza illuminazione largo quel poco che basta per farci stare due bidoni della spazzatura.
Ed è ora che qualcosa l'agguanta per un braccio e la trascina nel buio.
Jane non riesce nemmeno ad urlare. Prima lo strattone, poi l’urto doloroso della sua schiena contro il muro, infine una mano premuta sulla bocca e sul naso quasi le impedisce di respirare.
«Se ti agiti, ti sparo subito».
Una voce maschile ed affannata è tutto quello che Jane riesce a cogliere del suo aggressore: un uomo grosso, ben più alto di lei, con il cappuccio di una felpa tirato sul capo — e che le sta puntando una pistola alla tempia, mentre la tiene bloccata contro il muro, usando tutto il peso del proprio corpo. Jane ha istintivamente stretto entrambe le mani attorno al polso dell'uomo, ma non osa muoversi.
«Ecco cosa facciamo adesso» ansima l’uomo. «Torniamo in quel negozietto dal quale ti ho vista uscire, va bene? Tu cammini vicino a me. Piano e in silenzio. Se provi a scappare, se provi ad urlare…» Spinge con forza la bocca della pistola contro la tempia della ragazza. «Intesi?»
Jane muove la testa in un cenno di assenso appena percepibile.
Con un altro strattone, sono di nuovo sul marciapiede.
Jane fa come che le è stato detto. Cammina, senza aprir bocca e senza opporre resistenza. Ha i lineamenti immobilizzati in un'espressione vuota, da automa, ma le brucia le fronte e le sudano le mani. Sta accadendo tutto così in fretta che, per un misero attimo, ha l'impressione di essere nel pieno di brutto sogno ad occhi aperti — mentre è sull’autobus, diretta a casa, come ogni sera.  A ricordarle che è tutto reale c'è la stretta ferrea dell'uomo sul proprio braccio, appena sopra la gomito, e la pistola premuta contro i reni.
 

* * *


La signora Sternwood non ha ancora sistemato l’incasso della giornata. È davanti al bancone e sta raddrizzando un cartellino che ricorda ai clienti i vantaggi di munirsi di una carta-soci. Quando sente lo scampanellio della porta e vede la sua commessa rientrare, accompagnata da uno sconosciuto incappucciato, ha una attimo di sorpresa — che muta all’istante in terrore, quando l’uomo mostra la pistola.
«Stai ferma lì!»
La signora Sternwood si è appena coperta la bocca con le mani. Jane la vede guardare verso la telecamera di video sorveglianza, sopra alla porta d'ingresso. Ed è ora che un improvviso fiotto di rabbia scuote la ragazza dal torpore dello spavento: gran coraggio ci vuole a sbraitare contro una povera vecchia quando si è un uomo grande, grosso ed armato.
«Non puntarle la pistola contro».
Jane si stupisce del tono della sua voce, quasi fosse stata un'altra donna a parlare. Non ha biascicato un'umida supplica da vittima e non ha ringhiato come un animale in trappola. Ha dato un ordine, fermo e deciso. Le sue parole ovviamente non sortiscono nessunissimo effetto sul rapinatore, che intima a lei di stare zitta e alla signora Sternwood di svuotare la cassa e mettere i soldi sul bancone. Ma, anziché obbedire, la signora Sternwood scosta le mani dalla bocca per sussurrare: «Oh, mio dio, ma io so chi sei. Sei quello di cui parlano in televisione. Sei quello che ha rapinato la gioielleria…»
Jane si volta di scatto.
L’uomo ha ancora il cappuccio sulla testa, ma qui, all’interno del negozio perfettamente illuminato, niente gli nasconde il profilo: labbra grosse, naso largo, fronte sporgente. La signora Sternwood potrebbe avere ragione. Somiglia all'uomo nelle foto segnaletiche mostrate nei notiziari.
«I soldi!» abbaia il rapinatore, agitando la pistola verso la signora Sternwood, e ora stringe con tanta forza il braccio di Jane che la ragazza non riesce a dissimulare una smorfia di dolore.
«V-va bene! Va bene! Ma lascia andare la ragazza, per favore. Falla uscire» supplica l'anziana donna. È sull'orlo delle lacrime.
Il rapinatore ha uno strano scatto: trema e ride piano. E Jane si chiede se, oltre ad essere un criminale, non sia anche uno squilibrato.
«Oh, no, no. Lo so che mi stanno alle calcagna. Lei viene con me. Lei mi serve».
Come ostaggio.
Jane lo capisce. E deve averlo capito anche la signora Sternwood — che a quelle parole diventa più pallida delle bambole di porcellana, sul ripiano alle sue spalle.
E poi accade qualcosa che costringe perfino il rapinatore a distrarsi dai suoi intenti: la luce del lampadario sfrigola e trema. Subito dopo, di colpo, il negozio piomba nel buio. Resta solo il chiarore dei lampioni della strada a disegnare le sagome dei mobili. Il rapinatore non lascia la presa dal braccio di Jane. Impreca, la strattona verso di sé, ma poi tutti restano immobili, confusi. La porta è chiusa, le finestre sono chiuse, eppure sembra che qualcuno abbia appeno aperto un passaggio sull’Antartide.
Fa freddissimo.
Così freddo che ogni respiro dei presenti si condensa in una nuvoletta di vapore.
Nel giro di un istante, Jane il respiro se lo sente morire in gola. Si è resa conto con orrore di star vivendo un deja-vù e questo la terrorizza più di qualsiasi criminale armato. Non ha il tempo di dire nulla. Sente la presa del rapinatore allentarsi fino a lasciarla andare completamente. Poi un tonfo e la luce torna, all'improvviso come se n'è andata.
La signora Sternwood urla e Jane trasale.
Il rapinatore è crollato sul pavimento. Immobile, riverso su un fianco, ha la pistola tra le dita, ora bluastre. Le palpebre sono rimaste spalancate, le labbra violacee sono socchiuse, il petto è immobile. Qualcosa ricopre i suoi vestiti e la sua pelle: minuscole scaglie di ghiaccio.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: _Blanca_