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Autore: anonymous_prongs    28/12/2013    2 recensioni
Se la mente di Sherlock, nella sua genialità, avesse raggiunto il limite? Se il nostro consulente investigativo venisse rinchiuso in un istituto mentale, in un centro psichiatrico? Quanto potrebbe annoiarsi attendendo una visita di John? E se lo stesso dottor Watson in realtà non fosse mai esistito?
(accenni di Johnlock)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardai intorno. Il non sapere come mai mi trovassi in quel luogo era per me un illogico e fastidioso enigma irrisolvibile. Mi portai una mano alla testa, ma non sentii i ricci neri, bensì stoffa. Inarcai un sopracciglio. Improvvisamente la stanza vuota si riempì di specchi e potei osservare da ogni angolazione la mia figura alta con i consueti sciarpa e cappotto, a cui si aggiungeva quel dannato berretto.
Feci mezzo passo indietro. Da ciò che vedevo negli specchi potei dedurre di essere andato recentemente dal dentista (io non andavo mai dal dentista! Che cosa mi era preso?) e che era da molto tempo che non suonavo il violino. Mi infastidì molto non riuscire a capire niente di più.
Feci mezzo passo indietro e la mia schiena incontrò qualcosa di gelido. Cautamente, mi voltai. Un piccolo foro nero era situato nel bel mezzo di uno specchio. Sentii una goccia di sudore freddo colarmi lungo la fronte. Anche senza gli specchi avrei saputo di avere le pupille dilatate. Avvicinai il viso al foro, e intravidi solo oscurità. Ma fu quando udii i ticchettii frenetici e violenti che provenivano dal piccolo spazio tenebroso, che il mio respiro si fece affannoso. Chiusi gli occhi. Sentivo il battito cardiaco martellarmi nelle orecchie. Me le afferrai. Cosa mi prendeva? Iniziai a gemere. Mi accasciai a terra.
“John … john …” chiamavo tra un gemito e l’altro. Non arrivava nessuno. “John!” urlai.
Ecco, l’eco dei passi mi raggiunse. Socchiusi gli occhi e vidi una figura sfocata venirmi incontro. Per quanto provassi, non riuscivo a vederla in volto. Ma non ce n’era bisogno, sapevo benissimo chi fosse.
“Sherlock, va tutto bene. Cos’è successo?” la sua voce calda e tranquilla fece smettere di girare la stanza attorno a me, e anche i ticchettii cessarono. Ma il mio respiro rimaneva affannoso.
Tentai di prendere fiato, inutilmente. Stavo soffocando. Tossii violentemente. John si era chinato su di me, gridando allarmato parole che non riuscii a sentire. Poi, tutto svanì.

Silenzio. Apro gli occhi. Sopra di me, il soffitto grigio, come le pareti. Sotto di me, uno scomodo materasso con una coperta ruvida. La stanza è piccola e spoglia. Sicuramente non presenta specchi. Sposto lo sguardo sulla finestra alla sinistra del mio letto. Fuori il cielo è nero, piove. Ma il vetro attutisce il rumore della pioggia. Devo essere almeno al quinto piano.
Sbatto le palpebre. Impiego qualche secondo a capire che conosco molto bene, fin troppo, questa camera, e che quello di prima era un sogno. L’amarezza mi sale nella gola, mentre sospiro. Rimango immobile.
Passi. Lo sapevo. Frenetici. Allarmati. Eccoli. La porta della stanza si apre di scatto e io neanche fingo di dormire. Alfred, gli occhiali storti sul naso, camice bianco sempre ordinato, fissa su di me il suo sguardo inquieto. Io rimango in silenzio. Non nutro alcun interesse verso di lui, non ho intenzione di parlargli.
“Ti ho sentito urlare, Sherlock. Cosa ti è successo?” il suo tono è controllato, ma le sopracciglia sono inarcate e formano un solco in mezzo alla sua fronte.
Giro appena la testa sul cuscino ruvido. È bagnato. Mi disgusto della mia debolezza.
“Sherlock, parlamene. Voglio aiutarti, non …” la sua insistenza mi nausea. A volte mi chiedo che senso abbia un’esistenza inutile come quella che mi trovo davanti.
Alfred smette di parlare, sconfortato. Si alza gli occhiali con una mano, per passarsela sugli occhi, e sospira.
“Per favore” se possibile, il senso di ribrezzo cresce a questa sorta di supplica dovuta alla sua incapacità “Sherlock, davvero, voglio aiutarti, perché dovrei essere qui altrimenti?”
Basta, mi sta annoiando. La mia sopportazione è già stata messa alla prova, non credo di poter resistere a lungo a questa esasperazione. “Sei qui perché tua moglie ti ha lasciato dopo che hai perso un’altra volta il lavoro, non riuscivi a trovare un posto vero, eri disoccupato e senza soldi, con un fratello ubriaco costantemente indebitato, oh, hai anche due figli, sì; allora hai seguito un semplice corso di psicologia su consiglio di un amico e sei riuscito ad ottenere un posto da infermiere in questa sorta di istituto mentale.” ho spiegato tutto molto velocemente, soddisfatto nel vederlo impallidire sempre più dopo ogni parola.
“Come sai … tutte queste cose?” mi chiede con voce strozzata.
Di nuovo, non rispondo. Con la coda dell’occhio lo vedo stringere una cartella di documenti che si porta dietro così tanto che le nocche gli diventano bianche. Rassegnato, finalmente decide di andarsene.
Ma mentre la porta si sta per richiudere dietro di lui, gli chiedo ad alta voce: “Alfred, aspetta un attimo! Avete notizie del dottor Watson? Sapete quando verrà?”
La sua mano blocca l’uscio semichiuso e sento la sua voce che mi risponde lentamente: “No. Nessuna. Non ci ha … non ci ha fatto sapere nulla, mi dispiace.”
Qualcosa mi sprofonda nel petto. Una spiacevole morsa mi si chiude attorno alla gola. Non voglio provare questo dolore, sentirmi così debole. Alfred non aggiunge niente e se ne va, chiudendo a chiave la porta della mia stanza.       
Mi alzo, inizio a camminare avanti e indietro per la minuscola camera. Sono passate molte settimane ormai da quando mi hanno chiuso in questa “prigione mentale”, come la chiamiamo noi pazienti. Dovrebbero farci guarire dalle nostre presunte patologie mentali. Pare che la mia genialità sia vista come una forma di pazzia. Trovo illogica la mia reclusione dentro questo posto. Sono sicuro di non essere matto, ma forse lo diventerò restando qui. Ogni giorno è uguale agli altri, ci fanno fare sempre le stesse attività: sedute terapeutiche di gruppo, dove la mia sensazione abituale di essere circondato da idioti si accentua notevolmente; incontri privati con gli psicologi; pasti; docce; un poco di movimento; un’ora di tv, che compiace tanto i cretini che stanno qui; e un’ora libera tra le sei e le sette, ma veniamo costantemente sorvegliati.
Non c’è mai nulla di stimolante, o di interessante. Il mio cervello si atrofizzerà restando inutilizzato così tanto tempo. Ho bisogno di un caso, ho bisogno di qualcosa da fare. Ho bisogno di John. John, poi! Dove diavolo è finito? Da quando sono chiuso qui non l’ho mai visto. Quando mi hanno portato via dal 221B di Baker Street ha tentato di opporre resistenza, invano. Ma ora, dovrebbe venirmi a trovare! Durante l’ora delle visite non c’è mai nessuno per me, solo una volta è venuto Mycroft, ma non si può dire che sia stata una piacevole sorpresa. John almeno potrebbe scrivermi. Gli è forse successo qualcosa?
Prendo un profondo respiro. Le emozioni non sono un vantaggio. Devo controllarle, o impazzirò più velocemente del previsto. Mi avvicinò alla finestra imperlata dalle gocce di pioggia. Picchietto pigramente sul vetro gelido. Mi manchi, John. Ti prego, vieni. Mi annoio terribilmente senza di te.


“Pronto?”
“Salve Alfred.”
“Oh, signor Mycroft, buongiorno.”
“Come sta mio fratello?”
“Oggi sono riuscito a farlo parlare, ma non è stata  una conversazione particolarmente lunga. Non sta facendo progressi, nessuno riesce a smuoverlo dalle sue convinzioni.”
“Crede ancora che il dottor John Watson  andrà a trovarlo?”
“Sì, purtroppo. Non ho cuore di dirgli che il dottore non esiste. Pare esserci talmente affezionato … dev’essere stata un’illusione molto realistica.”
“Me ne parlava spesso. A me come ad altri. Ci trovavamo costretti ad assecondarlo. Il dottore è stato l’unico amico che abbia mai avuto. Be’, grazie comunque, arrivederci Alfred, spererò in notizie migliori.”


****NOTE DELL’AUTRICE****
Salve a tutti! Ecco la mia prima ff su Sherlock! Grazie a coloro che sono riusciti a leggere questa roba!
Se vi piace, mi farebbe tanto piacere che mi lasciaste una recensioncina (anche piccola piccola), anche perché io l’ho messa come one-shot completa, ma se vi piace credo che la continuerò :D
Basta, non vi tedio più, alla prossima ff!
 

  
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