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Autore: Macaron    28/12/2013    5 recensioni
“Sono il fantasma del Natale passato” dice Victor cercando di fare la voce minacciosa. Non è mai stato un buon attore, è sempre stato troppo limpido.
“Non sei il fantasma del Natale passato, sei Victor Trevor. A meno che Victor Trevor non sia morto.”
“Sono il fantasma del Natale passato.”
“I fantasmi non esistono. E sicuramente non esistono i fantasmi di una festività.”

Di fantasmi del Natale passato/presente/futuro, com'erano i tuoi migliori amici quando ancora non ti conoscevano e facevano i medici in Afghanistan, cadaveri sul pavimento che ti fanno la predica e ritorni dopo due anni d'assenza.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: Storiellina scritta per la Lotteria di Natale segreta *segue musichetta natalizia* del TCaTH organizzata dalla sottoscritta, per una volta che ho un’idea figa diciamolo, con tanto amore per il prompt di Whitelily_ che spero di aver onorato almeno un po’ perché era così Natalizio e coccoloso da spezzare il cuore. 

Grazie a tutte per questi mesi che sono stati un sacco più belli di quelli in cui non c’eravate.

E come sempre grazie a Nat perché si becca tutti i miei deliri in fase di stesura.

(note lunghissime, chiedo venia. E chiedo venia per tutte le volte in cui perculo un po' Sherlock ma non riesco a trattenermi, mi sa che gli sto facendo scontare questi due anni d'assenza pure io.)

 

Prompt: Una specie di A Christmas Carol con Sherlock sui motivi perche’ dovrebbe tornare da John… Il Natale passato potrebbe essere il primo Natale a Baker street oppure un Natale per Sherlock prima che arrivasse John; quello presente vede i nostri due eroi separati, John che fa ancora fatica ad andare avanti; e quello futuro vede John con Mary. Ma Sherlock puo’ cambiare tutto questo, tornando prima che sia troppo tardi, quindi non disperate! :D P.s. Scegliete voi quali personaggi volete usare per i tre fantasmi. Ci vedo, comunque, Sherlock tremendamente sarcastico perche’ rifiuta l’irrazionale e non vuole ammettere che quello stia vedendo sia vero. 

 

 

 

A Sherlockian Christmas Carol.

 

 

Sherlock Holmes non sogna. Non sognava da bambino quando la governante lo accompagna recalcitrante a letto e arruffandogli i capelli lo invitava a “Fare tanti bei sogni!” facendogli alzare solo il sopracciglio perché chi ha bisogno dei sogni quando ci sono gli esperimenti e le cose vere? Non sognava nel periodo in cui utilizzava con maggior frequenza la cocaina perché quello che vedeva nei momenti successivi al black out non erano sogni, erano solamente alterazioni mentali dovute alla droga e lui era ben capace di distinguerle. Non sognava prima d’incontrare John Watson e non ha sognato nei diciotto mesi trascorsi insieme. Il suo coinquilino si svegliava durante la notte in preda alle urla (per cui si scusava sempre al mattino successivo con un borbottio) e ai tremori (per cui non si scusava invece perchè pensava Sherlock non sentisse e invece sentiva sempre perché Sherlock Holmes sente sempre John Watson) e lui scuoteva il capo e allontanava da se stesso l’idea del sonno e soprattutto dei sogni. Lui era Sherlock Holmes e Sherlock Holmes era in grado di comandare il suo cervello, il suo gigantesco cervello, a tal punto da impedirgli di sprecare tempo sognando. Dormire era una tale perdita di tempo che sprecare quel tempo non riposandosi davvero, si era documentato sui sogni e su certi tipi di sogni, era davvero inconcepibile.

Sherlock non sogna ed è per questo che quando la sera della vigilia Natale chiuso in quella sorta di cantina che Mycroft insiste a chiamare monolocale (in tutte le sue fantasie peggiori Sherlock non pensava sicuramente di essere costretto a passare i due anni lontano dalla sua vita in un appartamento di Mycroft e vicino a Mycroft) sente un rumore provenire da dietro la tenda, una tenda che non copre nessuna finestra perché non ci sono finestre ed evidentemente chi ha arredato e progettato quel luogo maledetto dev’essere “un Anderson”,  e si trova davanti Victor Trevor il suo cuore perde un battito. Se Sherlock fosse il tipo di persona che sogna in questo momento potrebbe stropicciarsi gli occhi, darsi un pizzicotto da solo o fare una di quelle cose che le persone normali sono solite a fare davanti a situazioni così insolite. Invece Sherlock Holmes non sogna e quindi questo non è un sogno. Sherlock Holmes non sogna e non crede alla magia, non crede alle favole, non legge i romanzi di Dickens e non guarda melensi film di Natale e quindi quando si trova davanti Victor Trevor è obbligato a credere che sia reale. Non ha usato cocaina, non ha usato alcun tipo di droga, non ha nemmeno ancora mangiato quindi nessuno può avergli intossicato il cibo e quindi quel ragazzo davanti a lui che esce da una finestra immaginaria (non c’era una finestra lì, non c’era!) è per forza reale ed è per forza Victor Trevor. Lo è anche se non ha senso. Non tanto perché è lì in quel momento, come fa ad averlo trovato? Mycroft non è così intelligente come si è sempre creduto?, quanto perché quello davanti a lui è un ragazzo di ventidue anni e Victor Trevor ormai ne dovrebbe avere almeno una decina di più. Quello davanti a lui è Victor Trevor l’ultima volta che l’ha visto, indossa anche gli stessi jeans lisi, e Sherlock in questo momento vorrebbe davvero essere il genere di persona normale che sogna.

Victor Trevor è stato il suo primo amico, è stato il suo amico prima di John. Perché nella vita delle persone c’è sempre un evento che cambia tutto, che divide la tua vita a metà e se fosse una persona sentimentale Sherlock direbbe che quello che stabilisce il suo “prima e dopo” è John Watson. Victor Trevor è il suo unico amico AJW (Avanti John Watson) e lo conosce quando da bambino il suo stupido cane* decide che la gambetta sottile di Sherlock è proprio l’osso più succulento del mondo. Lo conosce quando non ha nessun altro, quando la scuola è noiosa e i compagni di classe sono stupidi e lo isolano e gli ripetono “freak” ogni volta che lo vedono e lui è intelligente ma non abbastanza intelligente da essere capace di lasciar correre. Victor Trevor è il suo unico amico in quello che è tecnicamente il momento in cui gli è più necessario un amico perché non è ancora abbastanza forte da farne a meno, perché non ha ancora imparato come sia poco produttiva tutta quella storia del fregarsene delle persone, del tenerci alle persone. Victor è il suo primo amico e rimane il suo amico per tredici anni, quando decide di lasciare l’Europa per andare in cerca di avventure in Asia o qualcosa di simile con indosso solo un paio di jeans lisi, una maglietta e uno zaino da militare che deve aver comprato su qualche bancarella. Quando parte la loro amicizia è già solo l’eco di quello che era in passato e Sherlock non è troppo concentrato sui primi casi che gli capitano tra le mani e sulle prime esperienze con la droga per provare qualcosa di simile alla malinconia, al dolore di essere lasciato indietro. Guarda quel ragazzo con i jeans lisi e un grande sorriso aperto, tutto l’opposto di quello che è lui, e non sente niente. Sorride a sua volta perché pensa di dovergli almeno quello e perché è il modo migliore per poter archiviare la faccenda e potersene tornare all’esperimento che sta conducendo. Non è più lo Sherlock Holmes che ha incontrato Victor Trevor da bambino, non ha più bisogno di qualcuno, non ha più bisogno di un sostegno davanti all’ultimo degli imbecilli che lo chiama “freak” e sicuramente non ha bisogno di fregarsene  di qualcuno. Victor Trevor è il suo primo amico ma non è così importante da essere poco più di un ricordo sbiadito. Si chiede quando sarà lui a diventare un ricordo sbiadito per John. Scaccia il pensiero e si concentra sull’individuo davanti a lui che non dovrebbe esserci e invece c’è.

“Sono il fantasma del Natale passato” dice Victor cercando di fare la voce minacciosa. Non è mai stato un buon attore, è sempre stato troppo limpido.

“Non sei il fantasma del Natale passato, sei Victor Trevor. A meno che Victor Trevor non sia morto.”

“Sono il fantasma del Natale passato.”

“I fantasmi non esistono. E sicuramente non esistono i fantasmi di una festività.”

Victor, o quello che dovrebbe essere Victor, sbuffa. Non andranno da nessuna parte, staranno a discutere fino alle quattro del mattino e la vigilia passerà e nulla sarà servito.

“Tu mi vedi come Victor Trevor perché ho scelto di assumere una forma a te familiare per essere rassicurante, in realtà sono il fantasma del Natale passato.”

Sherlock alza appena il sopracciglio. Non l’ha convinto.

“Oh andiamo non l’hai visto lo speciale del cinquantesimo di Doctor who? Quello dove c’era l’arma cattivissima che si trasformava in Rose Tyler per essere familiare al Dottore?”

“Non guardo quella trasmissione senza senso.”

“Sì che la guardi, la guarda John.” Sherlock ha un sussulto appena impercettibile, Victor Trevor quel sussulto non l’avrebbe notato, il fantasma del Natale passato lo nota. O forse è semplicemente lui che è diventato troppo sentimentale. Colpa di John, anche questo. “Adesso ho la tua attenzione. Vieni con me, devo farti vedere una cosa.” Gli indica la tenda dove non c’è nessuna finestra.

“Non sono rimasto due anni in uno scantinato per far ammazzare John andando a prendere una pinta con il fantasma di un mio conoscente.”

“Pensavo fossimo amici.”

“Pensavo fossi un fantasma.”

“Touché. Allora facciamo così, non usciamo. Accendi il televisore e guarda.”

Controvoglia Sherlock si allunga verso il telecomando. Tutto questo non ha senso. Tutto questo dev’essere per forza un sogno ma è talmente annoiato che anche un sogno sembra andargli bene.

Quello che vede quando accende il televisore non è uno sciocco film di Natale, non è l’ennesima replica di Love Actually o simili ma sembra lo spezzone di un filmato fatto da una telecamera di sorveglianza almeno una decina d’anni prima a giudicare dalla qualità video. L’audio non è dei migliori, non c’è nessuno dietro la macchina da presa e la maggior parte degli attori sono assolutamente insoddisfacenti ma, Sherlock lo riconoscerebbe anche solo dalla visione della sua spalla destra per pochi secondi, uno di loro è John.

“Non è un film, non è nemmeno una vera registrazione lo sai vero?”

Questo Victor che capisce le cose ancora prima che le dica non gli piace, con John era più facile. In ogni caso lo sa, mica è un Anderson qualunque lui.

“E’ il suo Natale passato, pensavo lo volessi vedere.”

“ Era appena entrato nell’esercito. Non si vede solo dai capelli che sono più folti e biondi di adesso o dall’uniforme con pochissime toppe. Sono le mani che lo dicono, la pelle è poco più colorita del normale. Un caso che abbiamo seguito una volta ci ha portati fuori Londra per un paio di settimane e la pelle delle sue nocche aveva lo stesso colore. Considerando il momento dell’anno in cui è stato girato e il clima afghano doveva essere stato assegnato alla base non più di un mese prima.”

“Non hai perso il tuo tocco, vedo” Victor ride.

“Non ho mai avuto bisogno del mio tocco con John.”

Rimane a fissare il video. John che sistema alcuni piatti sulla tavola, ha sempre avuto la sindrome della donna di casa che deve assicurarsi che tutti mangino, qualcuno che lo prende in giro. Risate, scherzi camerateschi. Tutto estremamente noioso, tutto estremamente prevedibile ma non riesce comunque a distogliere lo sguardo. Quello è John e lui non vede John da due anni. Peggio ancora, lui non ha mai visto John in quel modo, non l’ha mai visto prima della guerra. Non l’ha mai visto quando rideva e parlava del conquistare questo o quest’altro posto. Non l’ha mai visto quando era meno un dottore e più un ragazzo, quando era più simile a lui.

L’inquadratura stacca su un ragazzo dai capelli rossicci che ride, sembra visibilmente ubriaco, e parla alla telecamera.

“Adesso cerchiamo di fare i seri” qualcuno alle sue spalle si fa scappare un rutto. “ Lascio la telecamera in questo stanzino e ognuno registrerà il suo pensiero di Natale, per i suoi cari. Così se domani ci fanno saltare in aria, avranno comunque un buon Natale!”

Insulti in sottofondo, battute di scherno. Qualcuno che minaccia di farlo saltare in aria personalmente. Seguono una serie d’insulsi video. Ragazzini, sono poco più di questo, che parlano alle fidanzate. Figli che tranquillizzano le madri, qualcuno che fa la lo spaccone e il forte, qualcuno che è più rassegnato. Dovrebbe provare qualcosa? Sentire qualcosa li farebbe tornare tutti in vita? Eviterebbe che ne morissero altri? Queste sono cose che fa John, lui non è così.

E poi arriva lui e Sherlock si chiede se Victor noti come la sua attenzione sia visibilmente aumentata.

John ha i capelli in disordine e una macchia di vino sulla giubba che sicuramente gli costerà una qualche ramanzina, chissà se anche nell’esercito ha una sua Mrs.Hudson che l’ha preso in simpatia. Sorride, come prima e in modo diverso.

“Ciao Harry! Parlo con te perché la mamma con le cose elettroniche non è proprio in sintonia!” una risata “Noi stiamo bene, va tutto bene. Mi piacciono le persone qui, mi piace star diventando un dottore, penso che potrebbe essere la cosa giusta per me. E mi piacciono le avventure…” ha un’esitazione, la sua bussola morale evidentemente gli ha fatto notare che è sembrato un po’ troppo contento “… ovvio è tutto molto difficile e non dovrebbero esserci le guerre, ma ci sono un sacco di cose che succedono.“ Sherlock sorride. Il suo (suo?) John è ancora lì, con la stessa voglia di avventure.

“ Ho ricevuto già due lettere della mamma!” le sventola “ Mi ha detto che sei uscita dalla riabilitazione, che stai molto meglio e che ce la stai mettendo tutta. Devi mettercela tutta così potrai occuparti della mamma nel caso succedesse qualcosa di brutto!” gli sfugge una risata nervosa e nella voce per la prima volta legge una forzatura “Ci sono un sacco di ragazzi giovani qui, ma anche tante persone che hanno una famiglia e che hanno paura di non riuscire a tornare a casa a riabbracciarli però io so che a casa ci sei tu e che quindi posso stare tranquillo per la mamma. Non devo preoccuparmi di niente, vero? Non farmi preoccupare per niente, mi raccomando” la voce di John è molto più debole adesso. Malinconica. Vuole essere simpatico, vuole essere rassicurante ma c’è tanto di non detto. Non dice che non ha nessuno per cui tornare, che non ha paura di lanciarsi nelle missioni perché quello che l’aspetta a Londra non è così importante da essere prudente. Non che voglia farsi ammazzare, semplicemente non è così preoccupato di non tornare indietro. È sorridente, è all’apparenza felice. È un momento di tranquillità prima della ferita, prima dell’attacco, prima della depressione e prima del ritorno a Londra eppure c’è malinconia nella sua voce, c’è qualcosa che manca e che non funziona. Torna, gli vorrebbe dire se non si sentisse troppo umano a farlo ad alta voce, se non si vergognasse di quella fragilità. Torna a casa perché ci aspettano un sacco di avventure. Torna.

“ Beh allora Buon Natale eh!”

Buon Natale John.

La televisione si spegne senza che abbia schiacciato alcun tasto.

“Buon Natale Sherlock.” Victor è già sparito e davanti a lui c’è un’altra persona.

 

 

 

 

“Buonasera Mr.Holmes”

La persona a rivolgergli quel saluto è una donna sulla trentina, ha i capelli tra il castano e il rossiccio ancora arruffati dalla pioggia, indossa un completo rosa e tre anni prima era indiscutibilmente morta. A questo punto l’opzione più valida, visto che credere che i suoi sensi lo tradiscano non è ammissibile, è che da una qualche tubatura sia entrata in casa della droga.

“Mi faccia indovinare, lei è il fantasma del Natale presente. Almeno è morta davvero ed è più adatta ad interpretarlo.”

La donna ride, non si è mai chiesto che tipo di risata dovesse avere ma quando la sente ride pensa che sia perfetta per una donna come Jennifer Wilson. Una risata squillante, quasi seducente, adatta a una donna abituata ad affascinare il suo pubblico anche durante la più semplice della conversazione.

“Sa, Mr. Holmes, ho sempre trovato piuttosto offensivo sentirla definire la signorina Adler come La Donna. Tutte quelle maiuscole, tutto quel rispetto, non pensa che spettassero a me? Non sono stata io la sua prima donna?”

“Lei non è mai stata nulla di più di un cadavere sul pavimento.”

“Dice? Eppure mi ha definita furba, intelligente ed è rimasto piegato ad ammirarmi per così tanto tempo… questo non mi rendeva speciale?”

“Sono rimasto piegato vicino al suo cadavere per 45 secondi più del necessario perché mi ero fermato ad ascoltare John, non si dia troppe arie.”

John. Prima e dopo John, anche in quel caso. Anche in quei 45 secondi passati sul pavimento vicino a un cadavere solo per ascoltarlo meravigliarsi delle sue capacità di deduzione.

“Adesso che abbiamo sprecato fin troppo tempo in inutili chiacchiere, possiamo andare al punto? A quell’inutile sceneggiata in cui lei ripete le sue battute e tutti ci sentiamo in un noiosissimo racconto di Dickens?”

Jennifer Wilson ride di nuovo. “Per lei nessuna battuta ad effetto, Sherlock…”

“Mr. Holmes va benissimo”

“ Venga con me, Sherlock. Niente battute ad effetto per lei, le voglio mostrare una cosa” e così dicendo la donna in rosa sparisce fuori dalla finestra e il corpo di Sherlock sembra impossibilitato a rimanere fermo e non seguirla.

Fuori nevica e non è assolutamente possibile che la villa di Mycroft si sia improvvisamente spostata in periferia o che qualcuno abbia deciso nei suoi due anni di reclusione di spostare degli alloggi poco più che popolari al centro di Londra. Non dovrebbe essere eppure è. Succede troppe volte quel giorno.

Jennifer Wilson si ferma improvvisamente e gli indica un modesto appartamento con la luce accesa e la finestra priva di tende.

Sa che potrebbe semplicemente entrare all’interno di quell’appartamento e che nessuno lo noterebbe, perché andiamo questa cosa è assurda quindi cosa ci sarebbe di strano?, ma lui rimane comunque Sherlock Holmes e c’è qualcosa in lui che gli impedisce semplicemente di fare cose stupide quindi si accosta alla finestra facendo attenzione a non farsi vedere.

Quello che vede dentro non lo sorprende e contemporaneamente lo terrorizza.

John. Non avrebbe voluto vedere nessun altro e contemporaneamente è l’ultima persona che vuole vedere in questo momento.

L’appartamento di John è modesto e quello se l’aspettava, ma è anche povero di arredi natalizi e questo invece lo sorprende. Nel tempo trascorso a Baker Street John si è sempre mostrato estremamente sentimentale per tutta quella faccenda del Natale, delle feste e simili. Si è trovato palline e festoni appesi sopra al camino e ricorda benissimo di un’assurda conversazione in cui si è ritrovato a rifiutare categoricamente di fare un regalo di Natale al loro teschio. Nel nuovo appartamento di John non ci sono luci intermittenti, festoni e palline. La stanza è illuminata eppure non c’è luce e per Sherlock che ha sempre pensato a John come un “conduttore di luce” tutto questo è quasi surreale. Non sa cosa si aspettasse di vedere. Quando si è trovato a pensare al suo migliore amico in questi due anni d’assenza ha sempre immaginato una realtà completamente congelata a cui tornare. Ha immaginato John a Baker Street, perché non è a Baker Street maledizione? Eppure Mycroft si dev’essere offerto di pagare metà dell’affitto, seduto sulla sua poltrona ad aspettarlo. Non ha immaginato che potesse andare avanti, trasferirsi, continuare con la sua vita ma contemporaneamente non ha nemmeno immaginato di scoprire che non è andato avanti.

Non è pronto a vedere una casa senza luce e trovare il bastone vicino alla poltrona, un bastone in legno questa volta e non in ferro molto meno da ammalato e più da nonno e da invalido così definitivo da far male, dove John non c’è fisicamente e dove nulla parla di John. Non c’è un computer sempre aperto, andrebbe bene qualsiasi cosa anche uno dei tanti siti porno che trovava ogni volta che glielo confiscava, non ci sono avanzi del suo cibo piccante preferito, non ci sono nemmeno maglioni di Natale da desiderare di bruciare. John non è andato avanti ma non è nemmeno rimasto fermo dov’era. John è andato indietro e lui non si immaginava che potesse soffrire così tanto da rinunciare al Natale, da comprare più di un bastone da passeggio (più di uno. Definitivo. Definitivo. Definitivo.), da non lasciar perdere.

Il telefono squilla e parte la segreteria telefonica, automatica e impersonale come se ascoltare la voce di John non gli fosse concesso.

“ John, sono Greg. So che hai detto che avresti lavorato stanotte anche se è la vigilia e che non ha risposto alle ultime…mh… a tutte le telefonate dell’ultimo mese…ma volevo solo ricordarti che se hai voglia di passare da me domani, c’è sempre posto per prendersi una birra. Lo so che non risponderai, come sempre ma ci provo lo stesso. Fatti sentire amico, buon Natale.”

Non s’immaginava che potesse stare così male. Non s’immaginava di poter stare così male nemmeno lui.

Improvvisamente la sua vista s’appanna ed è di nuovo nel seminterrato di Mycroft ed è pronto a fare una nuova conoscenza.

 

 

 

 

Un bambino. A Sherlock Holmes i bambini non piacciono. Non gli piacevano nemmeno quando era lui ad esserlo. Non gli piacciono i bambini degli altri. Non gli piacerebbe nemmeno averne di suoi (con chi poi? Con chi considerando che come ha detto in un certo ristorante “Girlfriend, not my area). Quando ad essere stato ricoperto di semtex era stato un bambino questo non aveva minimamente influito sul suo desiderio di risolvere il caso che rimaneva solo un nuovo puzzle da mettere a posto.

A Sherlock Holmes i bambini non piacciono quindi dovrà fare una conversazione con il suo subconscio quando ricomincerà a collaborare perché va bene essere impazzito e vedere una persona che non senti da dieci anni, va bene pure incontrare il cadavere del tuo primo caso con John, ma quest’esperienza non è già abbastanza ridicola e grottesca senza metterci dentro anche un bambino? Un bambino che non conosce, tra l’altro. E che non vuole conoscere.

Ad essere onesti, e Sherlock è sempre onesto con se stesso perché è troppo intelligente per riuscire ad impedirselo, non è un brutto bambino. Non dovrà avere più di cinque o sei anni. È moro, con i capelli che hanno evidentemente bisogno di un buon taglio e su cui iniziano a intravedersi dei riccioli. È magrolino e sotto la frangetta s’intravedono degli occhi che riconoscerebbe da qualsiasi parte.

Ha sempre immaginato che John sarebbe finito con una scialba biondina, non con una donna dai capelli scurissimi, strano. Bugia. In realtà ha sempre immaginato che John non sarebbe finito da nessuna parte e sarebbe rimasto bloccato in quella situazione con lui.

“Sono il fantasma del Natale futuro uuuuuuuh” dice il bambino cercando di far sembrare il suo tono di voce molto tenebroso e non riuscendoci per niente.

Sherlock alza appena il sopracciglio. Vorrebbe non provare niente, vorrebbe non essere incuriosito da chi ha davanti ma c’è una parte di John (almeno a livello di geni e dna) in quel bambino e tutto quello che riguarda John lo distrae irrimediabilmente.

“Hai preso questa tendenza al dramma da tuo padre?”

“No papà dice che l’ho presa dalla sua metà. Sono il fantasma del Natale futuro ma tu puoi chiamarmi Hamish”

Hamish? Davvero John? Hai chiamato tuo figlio con il tuo secondo nome? Con l’avanzare dell’età hai iniziato a soffrire di demenza senile e per paura di dimenticarti il suo nome hai preferito sceglierne uno che conosci bene? E chi è la donna priva di personalità e di buongusto che ti ha permesso di farlo? Sherlock non riesce a fare a meno di chiederselo.

“Allora Hamish, dove mi porti? Poniamo fine a questa pagliacciata. Vuoi farmi vedere lo schermo del tuo videogioco, vuoi mostrarmi il Natale futuro di tuo padre all’interno del tuo castello giocattolo?” Sbuffa.

“I castelli sono roba per bambini” stavolta è Hamish ad alzare gli occhi al cielo, come se fosse esasperato all’idea di parlare con qualcuno di così poco acuto “Ho portato il mio microscopio, puoi guardare lì, se vuoi.”

Quel piccoletto è più intelligente di quanto sembra, forse nel futuro che adesso vedrà nel microscopio lui e John sono ancora amici, forse il loro rapporto in qualche modo è rimasto ed è riuscito ad influenzarlo. Per le cose utili almeno, visto che a guardare il ridicolo maglione che Hamish indossa la mano di John nella sua educazione pare evidente.

Si avvicina al microscopio e guarda al suo interno.

L’appartamento dove vive John è diverso. Più grande, più luminoso. In salotto ci sono due calze appese sopra al camino e lucine ovunque. C’è un tocco femminile nell’arredamento ma nulla di troppo stucchevole, a John probabilmente piace sul serio. Non c’è un albero vero e proprio ma uno di quelli mignon fa la sua bella figura sul tavolo. Una donna, bionda capelli corti, un maglione rosso da uomo (di John?) addosso, sta sistemando gli ultimi pacchetti. John è seduto in poltrona. Nessuna traccia del bastone (dovrebbe esserne felice? Non lo è, doveva essere lui a guarirlo dal bastone. Di nuovo), sta leggendo un libro giallo di Nero Wolfe tutto concentrato (se ci fossi io non lo farebbe, pensa Sherlock, perché gli avrei già rivelato l’assassino solo guardando la copertina. Che è la moglie del cuoco, nel dettaglio) e ogni tanto lancia qualche sguardo alla finestra. È invecchiato, si è leggermente appesantito (ti manca correre per Londra, John?), i capelli sulla fronte sono sempre folti ma il biondo inizia a tingersi di grigio e sotto gli occhi si sono aggiunte diverse rughe che non conosceva. Sembra felice, sembra rilassato, sembra essere andato avanti. La sua fidanzata, non è ancora una moglie non ci sono anelli, gli dice qualcosa di sciocco e lui ride (e la risata di John è diversa dalla risata che conosceva) e lei gli va incontro con un rametto di vischio. Lui ride ancora e la chiama ( “Mary!”, si chiama Mary. Adatto alla vigilia di Natale) e la bacia ed è tutto stucchevole come nel peggiore dei film natalizi, come in quel genere di cose che piacciono a John. Fidanzate, cene natalizie con il vischio, tranquillità e baci. Tutto quello che non sono mai stati le vigilie con Sherlock. Sembra felice, sembra essere andato avanti. In quel John abbracciato alla fidanzata non vede nulla dell’uomo che Jennifer Wilson lo ha portato ad incontrare, dell’uomo spezzato per cui doveva tornare. Dovrebbe essere felice per lui (non lo è), dovrebbe pensare di andare avanti anche lui (come può John essere andato avanti se lui è stato via?), le cose con la rete di Moriarty sono quasi sistemate e presto non sarà più in pericolo di vita potrebbe andare ovunque e ricominciare anche lui (come può essere andato avanti, John, se Sherlock è stato via?).

“Guardi ma non osservi” La voce di Hamish interrompe i suoi pensieri e il bambino gli fa il cenno di muovere un po’ le rotelle del microscopio.

È una scena notturna quella che vede adesso. Mary è nel letto e russa debolmente, John accanto a lei è sveglio. I rintocchi dell’orologio dicono che sono le quattro del mattino e il suo blogger (ex blogger) a quell’ora di solito dorme. Il cuscino è leggermente macchiato, ha avuto un incubo. Ha ancora incubi? Ma non era andato avanti? Non era felice e innamorato e sereno. Perché la sua inutile fidanzata non se ne accorge? Sherlock non è una persona sentimentale, anche se è sceso a patti dopo un certo evento in una certa piscina con il fatto di avere dei sentimenti, ma nel primo periodo di convivenza quando John aveva gli incubi se n’è sempre accorto.

Adesso John è in piedi, con il cappotto pesante, e sta uscendo di casa e Sherlock si trova quasi a sperare che ci sia stata un emergenza, che gli sia arrivato un messaggio da qualche collega per una sostituzione d’urgenza.

Solo tre minuti prima voleva che non fosse andato avanti e adesso spera ardentemente che l’abbia fatto (non andare lì, non dopo questi anni e non la notte di Natale).

Cimitero. Non ha più visto la sua tomba dopo quel giorno in cui ha spiato il suo migliore amico e la sua padrona di casa dirgli addio nascosto dietro un albero, ma a quanto pare qualcuno si è preso cura di lei in questi anni. La neve l’ha un po’ coperta ma ci sono dei fiori freschi, Mrs.Hudson perché John sa benissimo che li odia, e la lapide è perfetta, ancora lucida, nessuno l’ha danneggiata. Gli viene in mente Irene e il suo “Qualcuno le vuole bene”, prendersi cura di una lapide è un modo di voler bene? Non lo capisce. Non è mai stato bravo con queste cose ma John è lì ed è Natale e dovrebbe essere con la sua nuova fidanzata ed è vero che non zoppica ma è lì lo stesso.

(sei tu lì e sono lì anche io, non è bellissimo?)

“Lo so che avevo detto che non sarei più passato. L’ultima volta c’era Mary con me e so che ti ha dato sui nervi, non l’ho portata apposta per farti innervosire, mi ha fatto piacere che fosse lì con me ma ammetto di averci pensato. Ho pensato che ti avrebbe dato fastidio e magari te ne avrebbe dato così tanto che saresti tornato indietro solo per lamentarti e fare il bambino offeso come al tuo solito.” Ride. È dritto in piedi e mentre si avvicina alla lapide non zoppica ma la sua mano ha un tremore. “Avevo deciso che non sarei più passato, ho anche smesso di mandarti sms e sono felice sai? Mary è fantastica, è il genere di donna di cui mi sarei innamorato anche prima… prima di questo… e siamo felici. Stiamo bene. Questo Natale è bello, bello in modo diverso da quello in cui sono stato mollato e ho passato la sera a rivoltarti il cassetto dei calzini…” ride di nuovo ma la sua voce si spezza per un momento “…ma bello e io sto andando avanti. Sono bravo ad andare avanti. Sono felice, Sherlock. Ma non potevo non passare. Non ce l’ho fatta, non riesco a non passare, a non tornare qui. Così ecco. Buon Natale. Lo so che lo odi, come odi tutti i miei maglioni a tema e le lucine e i regali e sono stato bravo perché non te ne ho portati questa volta quindi magari puoi farmene tu uno, uno solo. Torna. Lo so che non puoi, non ci spero più sono diventato bravo. Ma non potevo non chiedertelo lo stesso.”

Quello che vede sul microscopio sfuma sul nero, come quando arrivano i titoli di coda alla fine di un film.

“Torna” gli dice Hamish alle sue spalle mentre si aspetta a sparire “Ti stiamo aspettando. E poi ti pare che papà mi avrebbe potuto scegliere questo microscopio tutto da solo? Ha bisogno della supervisione della sua altra metà, e io voglio davvero quel microscopio mi piace un sacco.”

 

 

Torna.

Torna per me.

Torna per noi.

 

 

 

 

È ancora troppo presto, dobbiamo chiudere un’ultima faccenda e poi potrai tornare. È ancora troppo pericoloso. MH

 

Dev’essere adesso e sarà adesso. Buon Natale. SH

 

 

 

La luce nel suo appartamento è accesa e lui era sicuro di averla lasciata spenta quando è uscito per andare di turno in ambulatorio. Perché mai avrebbe dovuto accenderla se non ha nemmeno un albero o delle decorazioni da voler illuminare. Saranno entrati i ladri? Ci mancherebbe proprio quello, la vigilia di Natale. Non che abbia chissà cosa d’importante che possa essere rubato, giusto una scatola di ricordi di poca importanza per chiunque che non è lui, ma non ha voglia di passare ore a Scotland Yard e rischiare di essere riconosciuto o incontrare Greg o entrambe le cose. Se sono i ladri spera che almeno abbiano rubato quello che dovevano senza fare troppo rumore perché non ha voglia di rumore, ha solo voglia di addormentarsi e non sognare nulla. Non sognare lui, soprattutto.

Quella poltrona non dovrebbe essere lì. Quelle due poltrone non dovrebbero essere lì. Erano in un altro appartamento, in un'altra zona di Londra, in un’altra vita.

“Buon Natale John.”

Bentornato.

 

 

 

 

 

 

*Lo so che Holmes e Trevor nel Canone si conoscono in un altro momento ma amo le kidlock e mi piaceva come idea.

  
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